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è
possibile per la storia dimenticare quasi completamente
l'esistenza di un popolo?
Sembrerebbe incredibile. Eppure, si provi a sfogliare l'indice di qualunque testo scolastico italiano e, più in generale, europeo, alla ricerca delle vicende del popolo khazaro (o, italianizzando, cazaro): è impossibile trovarne traccia. è ovvio che qualunque manuale sia sempre italo-centrico o, al più, euro-centrico, cosicché molto difficilmente, nella necessità di dover tagliare alcune parti poco inerenti alla propria ottica di focalizzazione, un autore europeo, in un trattato di storia generale, si soffermerà sulla dinastia Ming o sulle diatribe feudali giapponesi (sebbene alcuni provino almeno ad accennarne). Allo stesso modo, qualora una popolazione sia così ridotta da avere una scarsa incidenza sul contesto generale (chi di noi può, ad esempio, dire di avere una conoscenza approfondita della storia ladina?) è assolutamente normale che venga, inevitabilmente, trascurata. Perché, allora, stupirsi del silenzio storico sui Khazari? Semplicemente perché stiamo parlando di un popolo che, nel suo periodo di massima espansione, tra VIII e X secolo, occupava un territorio tra il Mar Nero e il Mar Caspio oggi suddiviso tra cinque nazioni e soprattutto perché stiamo parlando di un impero che, per lungo tempo, difese, nel suo ruolo di cuscinetto neutrale (legato, come vedremo, anche alle sue scelte religiose) l'Europa intera dagli attacchi delle orde arabiche che premevano ad oriente.
Ma
chi erano i Khazari, l'unica popolazione che, molto dopo la
caduta del Tempio di Gerusalemme e molto prima della nascita di
Israele, decise di assumere l'ebraismo come religione di stato?
Perché sviluppò questa scelta a dir poco particolare in un
periodo in cui, invece, nell'Europa cristiana era già da tempo
in corso una ghettizzazione (per non dire una persecuzione) del
popolo ebraico? Come poterono fiorire, schiacciati tra la grande
massa araba a sud-est e la cristianità a nord-ovest? Come si
delineò la loro decadenza che li portò in un tempo relativamente
breve addirittura a sparire non solo dalle mappe ma anche dalla
memoria dell'Europa?
La maggior parte delle informazioni sui Khazari in nostro possesso deriva dall'antica storiografia araba, ebraica, armena e bizantina, da antiche leggende slave e, soprattutto, dalla notevole quantità di reperti archeologici che questo popolo ci ha lasciato e che ci fornisce molte informazioni sul suo sistema socio-economico. Ciononostante, le origini khazare sono ancora piuttosto misteriose. I Khazari facevano risalire le loro radici a partire da Kozar, figlio di quel Togarmah menzionato nella Genesi come nipote di Japhet [1]. Si tratta ovviamente di un dato assolutamente leggendario, ma che ha una grande importanza per noi perché ci dice che già dalla più remota antichità essi non si ritenevano discendenti diretti dei semiti (cioè la progenie di Sem) ma vedevano il loro israelitismo come un'acquisizione posteriore, in piena contrapposizione con la nota tesi di Arthur Koestler che vedeva nei Khazari la Tredicesima Tribù perduta di Israele (una tribù perduta, probabilmente inesistente, che, d'altra parte, dovrebbe essere, a seconda degli autori, progenitrice di praticamente tutti i gruppi israeliti d'enclave, come, ad esempio, dei Falashà in Etiopia), origine di tutto il ceppo ebraico-ashkenazita [2]. Come l'origine indicata dal Koestler, così anche l'idea, piuttosto diffusa tra gli storici dell'ex-Unione Sovietica che i Khazari fossero autoctoni del Caucaso settentrionale appare piuttosto azzardata, soprattutto sulla base degli studi di genetica comparata effettuati su alcune inumazioni dell'area caspica e, allo stesso modo, anche i riferimenti di alcuni manoscritti armeni ad una genesi scito-sarmatica sembrano, per le stesse ragioni, più dettati da elucubrazioni fantastiche che da basi reali . Più sensata appare, invece, la tesi di Dunlop, che vede i Khazari come connessi agli Ugri, a causa della loro lingua chiaramente di ceppo ugrofinnico e di ramo prossimo all'antico bulgaro [3]. L'ipotesi più probabile rimane, comunque, quella di una origine turcomanna, o meglio quella di una origine mista di matrice turcomanna, dal momento che notoriamente, i turcomanni non formarono mai una etnia omogenea, sulla base della loro usanza di inglobare ogni popolazione conquistata. D'altra parte, anche il nome “Khazar” sembrerebbe derivare dalla radice turca “*qaz”, che significa “vagabondare” [4]. Come per le loro origini nomadiche, anche per quanto riguarda tutta la iniziale storia khazara di stanziamento nell'area a sud dell'odierna Russia, le certezze sono molto poche. Certamente i Khazari dovevano essere parte dell'impero Göktürk, fondato dal clan Ashina dopo la loro vittoria contro gli Juan Juan nel 552. Molto probabilmente, quando le guerre tribali portarono alla frantumazione di tale impero e allo sviluppo di numerose confederazioni minori, i Khazari rimasero fedeli agli Ashina, tanto che nel 670 li troviamo in guerra contro i bulgari, della cui migrazione verso occidente furono probabilmente causa. E' in questo periodo che i Khazari divengono indipendenti (pur mantenendo molte delle istituzioni del vecchio impero) e fondano un loro khanato con capitale prima a Balanjar (oggi identificata con il sito archeologico di Verkhneye Chir-Yurt), poi, intorno al 720, a Samandar, città costiera del Caucaso settentrionale, infine, verso il 750, a Itil (oggi Atil), ai margini del Volga, che rimase il cento amministrativo del loro regno per più di 200 anni. In questa prima “fase nazionale” i Khazari dovevano essere già divisi nelle due caste dei Khazari bianchi, guerrieri e nobili con supremazia territoriale e dei Khazari neri, artigiani e commercianti sottomessi ai primi, dovevano aver già adottato il sistema turcomanno di successione monarchica, che prevedeva la presenza di un potere dualistico, con un re supremo (kargan) e un comandante dell'esercito (bek), e stavano per compiere quello stranissimo processo storico-religioso che li avrebbe resi un unicum nella storia: la conversione di massa all'ebraismo [5].
Il khanato khazaro fu, sin dai suoi esordi, rinomato per la sua ricchezza (sia dovuta alla fertilità del territorio, sia, soprattutto alla sua posizione sulla Via della Seta) e per la sua tolleranza (i kargan del khanato intrattenevano relazioni commerciali e politiche con tutti i paesi circostanti e permettevano libero culto a chiunque, addirittura, cosa che perdurerà per tutto il loro periodo di dominio, lasciando che ogni gruppo religioso basasse il proprio sistema giuridico sui propri dettami religiosi) [7]. Era ovvio, dunque, che gli ebrei, perseguitati a Bisanzio da Eraclio, Giustiniano I, Giustiniano II, Leone III e Romano I, in Persia dai Sassanidi (soprattutto dopo la rivolta di Mazdak) e, successivamente, anche se in forme minori, dagli islamici, cercassero rifugio in massa laddove già esistevano ricche comunità di loro correligionari e notevoli possibilità di instaurare fiorenti commerci. Questi esuli finirono, ben presto, per formare una sorta di elité mercantile che si trovò ad avere stretti contatti con l'aristocrazia locale, favorendone la conversione. Sicuramente verso la fine dell'VIII secolo, le famiglie reali khazare e la nobiltà si convertirono in massa all'ebraismo, seguite da buona parte della popolazione. Le proporzioni di tale conversione popolare rimangono tuttora incerte: lo storico arabo Ibn al-Faqih riporta, nel X secolo, che tutti i Khazari erano ebrei, ma è più probabile che il fenomeno avesse interessato particolarmente i Khazari bianchi, sebbene le odierne indagini archeologiche sulle sepolture tendano a mostrare che tra 850 e 950 almeno il 70% della popolazione utilizzasse inumazioni israelitiche. è fortemente possibile che alla base di una scelta religiosa così particolare sussistessero importanti ragioni politiche. Non dobbiamo dimenticare che l'impero khazaro si trovava chiuso tra due grandi popolazioni in costante crescita: i mussulmani a est ed i cristiani ad ovest. Entrambe le religioni, pur con numerosi esempi di intolleranza interna, vedevano nell'ebraismo un predecessore dei propri culti e l'istituzione di uno stato ebraico poteva, dunque, rappresentare anche un buon espediente per mantenere una specie di neutralità nel grande scontro che stava sviluppandosi [8]. Dopo l'830, comunque, l'ebraismo divenne sicuramente religione di stato dal momento che numerosi ritrovamenti numismatici riportano nomi ebraici (Zaccaria, Isacco, Sabriele, Obadiah, ecc.) scelti dai re al momento della loro incoronazione. è difficile dire di che tipo di ebraismo si trattasse, ma alcuni ritrovamenti a Rostov fanno pensare ad un ruolo centrale esercitato dall'istituzione del Tabernacolo e ad un culto molto prossimo a quello descritto nell'Esodo. Sicuramente i Khazari instaurarono strette relazioni con tutte le comunità ebraiche del Levante e della Persia (tanto che gli ebrei persiani chiesero espressamente ai kangan khazari di occupare il Califfato, insorgendo per “distruggere Babilonia”) ma anche con comunità più lontane, come testimoniano carteggi tra ebrei khazari ed ebrei spagnoli. è probabile che i governanti khazari si vedessero come una sorta di protettori internazionali dell'ebraismo, spesso compiendo ritorsioni sui mussulmani e i cristiani dei loro territori qualora le persecuzioni anti-ebraiche all'estero raggiungessero picchi troppo elevati. Sappiamo, ad esempio, dallo storico persiano Ibn Fadlan che quando gli islamici, intorno al 920, distrussero una sinagoga in Persia, il re Samuele II fece abbattere il minareto di Itil e lapidare il muezzin, dicendo che, in caso di ulteriori danni alla comunità ebraica, avrebbe fatto radere al suolo la moschea della città. Allo stesso modo, durante la persecuzione di Romano I, il governo khazaro si vendicò attaccando e distruggendo i possessi bizantini in Crimea [9]. Veniamo così alla complessa questione delle relazioni internazionali del khanato ed al suo ruolo di “scudo” contro la penetrazione islamica in occidente.
nonostante la città fosse nominalmente sotto il dominio bizantino e che verso la metà dell'VIII secolo anche i Goti della penisola vennero sottomessi e la loro capitale, Doron, occupata. L'alleanza con Bisanzio divenne sempre più stretta, tanto che quando Giustiniano II, nel 704, venne esiliato a Cherso, scappò in Khazaria e sposò la sorella del kagan Busir (sebbene poi, per l'appoggio fornito da questi all'usurpatore Tiberio III, dovette rifugiarsi in Bulgaria), mentre nel 711 l'imperatore Filippico ebbe proprio i Khazari come maggiori sponsor per la sua ascesa al trono. L'imperatore Leone III arrivò addirittura a dare in moglie suo figlio Costantino (poi Costantino V Copronimo) alla principessa khazara Tzitzak e, non a caso, loro figlio Leone IV passò alla storia con il soprannome di “Leone il khazaro”. Nel frattempo le ostilità con il Califfato continuavano: il principe khazaro Barjik invase l'Iran nord-occidentale e, nel 730, sbaragliò le forze omayyadi a Ardabil, per poi venire ucciso sette anni più tardi nella disfatta di Itil, che venne occupata brevemente (l'instabilità politica del Califfato non permetteva occupazioni di lunga durata) ma venne poi liberata nel 740 (e alcuni storici ritengono che l'idea dell'assunzione dell'ebraismo come religione di stato cominciasse in questo periodo e fosse, in qualche modo, legata all'asserzione di indipendenza del khanato) [10]. Anche se i Khazari furono in grado bloccare per qualche anno l'espansione araba verso l'Europa Orientale, furono poi costretti dal soverchiante numero delle truppe nemiche a ritirarsi a ovest del Caucaso, in un'area delimitata dal Mar Caspio a est, dalle steppe del Mar Nero a nord e dal Dnieper a ovest, dove, però, riuscirono a fortificarsi, tanto che gli Abbasidi, subentrati agli Omayyadi, decisero di porre fine alle ostilità (sebbene qualche attacco in territorio nordiraniano continuasse ad essere portato da milizie khazare anche negli anni successivi) con un matrimonio tra una principessa khazara ed il governatore militare abbaside dell'Armenia nel 758. Da quel momento in poi, le relazioni con la Persia furono sempre più cordiali e il khanato visse una costante ascesa, tanto che, nel momento del suo massimo apogeo, nel IX secolo, Slavi orientali, Magiari, Peceneghi, Burti, Nord Caucasici, Unni e numerose altre tribù erano tributari diretti dei Khazari e che il Caspio veniva denominato geograficamente come “Mare khazaro” (termine che rimane a tutt'oggi in arabo). Nel suo ruolo di “stato cuscinetto”, in questo periodo, la Khazaria diventa sempre più importante ed internazionalmente riconosciuta per la sua ricchezza, produttività (manufatti khazari sono stati trovati in tutte le aree mediorientali e in numerosi siti archeologici balcanici) e tolleranza verso qualunque popolazione, tanto da instaurare in tutta l'area caspica quella che passò alla storia come “Pax khazarica” [11]. Come poté, dunque, accadere che in brevissimo tempo uno stato così potente sparisse praticamente nel nulla? Le ragioni furono molteplici. In primo luogo, già alla fine del IX secolo, una guerra civile interna, mossa da tre clan detti “dei Kabari” in alleanza con alcuni clan magiari e in rivolta contro il bek dell'epoca devastò intere aree del paese prima di essere sedata. Successivamente, una guerra contro i Peceneghi che si erano ribellati al vassallaggio, pur vinta, mosse questa popolazione verso nord-ovest, spingendo i magiari fuori dai confini del regno e creando una pericolosa “zona vuota” nelle steppe a nord del Mar Nero. Nel frattempo, le relazioni diplomatiche con Bisanzio si erano lentamente ma costantemente indebolite, tanto che le cronache arabe di inizio X secolo ci parlano di una ribellione di alcune popolazioni sottomesse “appoggiate e aiutate” dai “MQDWN” (cioè i Macedoni, come venivano spesso chiamati i Bizantini in arabo) e di una invasione alana non bloccata, come era accaduto fino a quel momento, dall'Impero d'Oriente. Ma la vera causa della morte del khanato ha un nome ben preciso: Rus. Originariamente i Khazari erano alleati di varie fazioni norrene stanziate nella zona di Novgorod ed è piuttosto certo che la politica dei Rus venisse fortemente influenzata dai Khazari, con cui i norreni condividevano traffici commerciali (in particolare per quanto riguarda il diritto di navigazione sul Volga) e l'ostilità più o meno latente verso le popolazioni arabe. Purtroppo, però, intorno al 960, la connivenza piuttosto esplicita del governo khazaro con i continui saccheggi dei Variaghi contro le città mussulmane del Caucaso meridionale portò ad una rivolta interna da parte della minoranza islamica del khanato, evidentemente ancora piuttosto numerosa. Per far fronte a questa emergenza e sedare la rivolta, la nobiltà ebraica decise un mutamento radicale di alleanze e chiuse le rotte di navigazione sul Volga per tutti i Rus, tentando di forzare un intervento degli arabi (tanto che il kangan Giuseppe I scrisse al governatore Hasdai ibn Shaprut: “Devo per forza muovere guerra [ai Rus], perché se dessi loro la minima possibilità, devasterebbero ogni lembo di terrà fino a Baghdad”) che, però, non arrivò mai. A questo punto, Oleg di Novgorod (che già aveva tentato incursioni in Khazaria intorno al 940, risultando sempre sconfitto) e Sviatoslav di Kiev cominciarono una serie impressionante di attacchi ai domini khazari, spesso portati con l'assenso e l'aiuto di Bisanzio. Rimasti soli, con continue rivolte di tutti gli alleati e i tributari che si andavano via via affrancando, i Khazari tentarono una disperata resistenza contro le numerosissime bande Rus, ma Sviatoslav riuscì a conquistare le fortezze di Sarkel e Tematarkha nel 965 e ad occupare Itil nel 969, ponendo fine all'impero khazaro. Un viaggiatore scrisse che ad Itil, dopo l'attacco dei Rus, “non rimase neppure un acino d'uva, né una sola foglia sugli alberi”. In breve i Khazari si dispersero lungo tutta l'area caspico-caucasica e vennero assorbiti dalle altre popolazioni fino a quel momento loro sottomesse. Così ebbe fine una esperienza di governo, di diplomazia (spesso “armata”) e di tolleranza politico-religiosa (pur nel quadro di un imperialismo normale per l'epoca) che non ebbe paragone nel mondo mediorientale nei secoli successivi [12]. NOTE:
(1) P.B. Golden, H. Ben-Shammai, A.
Rona-Tas,
The World of the Khazars, BRILL 2007,
pp. 28 ss.
(2) A. Koestler, The Thirteenth Tribe, Random House 1976, passim. (3) D. M. Dunlop, The History of the Jewish Khazars, Schocken 1967, pp. 26 ss. (4) P.B. Golden, H. Ben-Shammai, A. Rona-Tas, Citato, pp. 46 ss. (5) K.A. Brook , The Jews of Khazaria, Rowman & Littlefield Publishers 2006, pp. 61-66. (6) L. N Gumilev, New data on the History of the Khazars, Perikin 1967, pp. 49-51. (7) K.A. Brook , citato, pp. 83 ss. (8) N. Ritvin, History of Khazar - Jews, AuthorHouse 2010, pp. 106 ss. (9) Ivi. (10) D. M. Dunlop, citato, pp. 49-50. (11) P.B. Golden, Nomads and Their Neighbours in the Russian Steppe: Turks, Khazars and Qipchaqs, Ashgate Publishing 2003, pp. 96 ss. passim. (12) Ivi. |
©2010 Lawrence M.F. Sudbury