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IL SEGRETO DI SAN NICOLA

a cura di Danilo Tancini


La storia: pag. 1, pag. 2 - I personaggi: pag. 3, pag. 4 - Gli autori: pag. 5


 LA STORIA

In questa storia, apparsa per la prima volta su “Martin  Mystére Gigante n° 1 del settembre 1995”, il nostro eroe ha a che fare con nazisti ossessionati dall’occulto che vogliono recuperare la Heilige Lance (Lancia Sacra) con la quale Longino ferì Gesù al costato.

Secondo la leggenda, l’arma finì tra le mani di Maurizio, comandante di un distaccamento dell’esercito romano noto con il nome di “Legione Tebana”. Nel 285 questa venne distrutta dal generale Massimiano, in seguito nominato coimperatore da Diocleziano, perché i soldati che la componevano rifiutarono di partecipare ad una cerimonia pagana.

La lancia passò da Diocleziano a Costantino I e, poi, a Costantino il Grande il quale, abbandonato il paganesimo, la impugnò nel 312 a Ponte  Milvio.

La lancia passò da imperatore a imperatore permettendo a Teodosio di sconfiggere i Goti nel 425, a Flavio Ezio Attila nel 425 e a Carlo Martello di disperdere gli Arabi a Poitiers.

Da Carlo Magno passò poi agli imperatori Sassoni e di seguito agli Hohenstaufen e, infine, agli Asburgo che la conservarono all’Hofburg di Vienna, dove venne praticata un’apertura all’interno della lama per collocare un chiodo proveniente dalla Croce di Cristo.

Caduta nelle mani di Hitler a seguito dell’annessione forzata dell’Austria, la lancia venne collocata dapprima nella chiesa di Santa Caterina a Norimberga, quindi in un nascondiglio segreto dove gli Americani la recuperarono dopo aver occupato la città il 30 aprile del 1945 e restituita all’Austria. Oggi è ancora possibile ammirarla nella Weltiche Schatzkammer dell’Hofburg di Vienna.

In questa storia s’immagina che la lancia sia passata nelle mani di vari personaggi che la usavano per difendere il mondo dalle forze del male in ossequio alla leggenda di Artù di cui prendevano il nome.

Si presume, infatti, che la mitica Excalibur (Caliburnus o Caledfwlch, Caladbolg, letteralmente “Fulmine Solido”) sia stata ricavata dalla Lancia Sacra ad opera di Merlino.

Artù e i suoi cavalieri sono protagonisti di un corpus di narrazioni sterminato. Per alcuni studiosi il personaggio di Artù è ispirato a Cu Chulainn protagonista di poemi epici irlandesi; per altri ad un dio celtico, forse il simbolo della terra stessa (Art = roccia, da cui earth), poi trasformato dalla leggenda in un essere umano.

C’è invece chi ritiene che re Artù sia esistito veramente: nel VI secolo d.c. fu forse un re o il capo di una tribù britannica impegnata contro gli invasori sassoni. Dell’Artù storico, se mai è esistito, si conosce ben poco: lo stesso nome Arthur potrebbe derivare dal latino Artorius (in tal caso Artù era forse un Comes Britanniarum), dal celtico Atros Viros o dal corrispondente gaelico Arth Gwyr (Uomo Orso) o ancora dal già citato Art (roccia in irlandese).

Un principe britannico chiamato Arturius “figlio di Aedàn Mac Gabrain re di Dalriada” è citato dall’agiografo Adomnan da Iona nella Vita di San Colombano (VIII secolo); nella Historia Brittonum (IX secolo) lo storico Nennio racconta che il dux Artorius uccise personalmente novecentosessanta Sassoni durante la battaglia di Mons Badonis (forse Bath); gli Annales Cambrae (X secolo) descrivono la sua morte e quella del traditore Medraut (Morder) nella battaglia di Camlann “nell’anno 93” (539 d.c.?); ma altri storici dell’epoca, tra cui Gildas  e il Venerabile Beda, non fanno alcun cenno a un condottiero chiamato Artù.

Come in tutti i racconti di Mistère non mancano gli alieni. Ma cosa c’entrano con questa storia? Anche loro hanno la loro funzione poiché il racconto parte proprio con la discesa sulla Terra degli alieni venuti a portare apparecchiature scientifiche per lo studio dei suoi abitanti.

Secondo la tradizione braminica nell’anno 18.617.837 un gruppo di angeli chiamati Kumaras e provenienti da Venere sbarcarono su un’isola nell’attuale deserto del Gobi, e da lì cominciarono a diffondere le loro avanzate conoscenze.

Esiste una analoga tradizione di origine celtica: creature celestiali, note come Tuatha de’ Danaan, avrebbero regnato in tempi remotissimi sull’Irlanda, e, prima di ritirarsi per sempre nel Tir na n’og, il paese dell’ “Età dell’Oro”, avrebbero donato ai loro sudditi quattro potenti amuleti in grado di trasmettere la conoscenza: la “Pietra di Fal” (la pietra nere della Ka’ba?), la “Spada di Duada” (Excalibur?), il “Calderone di Dagda” (il sacro Graal?), e la “Lancia di Lugh” (la lancia di Longino?).

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©2002 Danilo Tancini

    


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