a cura di Felice Moretti |
Cattedrale di Bitonto, Galleria dell'esaforato: capitello raffigurante una coppia di asini.
Certo,
1’immissione nelle chiese di questo tipo di raffigurazione ci lascia alquanto
perplessi; tale presenza potrebbe essere giustificata solo se si pensa ad una
particolare simbologia religiosa il cui archetipo affondi in antiche culture. La
famosa immagine “satirica” dell’asino che suona la lira, ad esempio, ha un
archetipo che affonda probabilmente le sue radici nella cultura di Ur.
Tale figura è stata adeguatamente commentata da Marius Schneider, il quale ha
osservato come tamburo e arpa, i due strumenti più di qualunque altro connessi,
sia pure per differenti motivi, all’asino, siano per eccellenza strumenti di
dolore e di rapporto con 1’aldilà. Ma nell’Occidente medievale 1’asino
musicante vuol significare “1’assurdità”. Già nel XII secolo, Filippo di
Thaun scriveva che i presuntuosi sono incapaci e insulsi come «gli asini a
suonare 1’arpa». Né furono poche le caricature che ritraevano personaggi
ecclesiastici o laici con grandi orecchie d’asino. Erano attributi di
inequivocabile chiarezza che richiamavano il peccato d’orgoglio ostinato.
L’asino,
che fu chiamato ad assumere un ruolo non indifferente in vari episodi della
Sacra Scrittura, ebbe soprattutto nella Francia del XII secolo un riconoscimento
che equivaleva ad un culto. A lui era dedicata addirittura una festa: “la
festa dell’asino”, in ricordo della fuga in Egitto di Maria col piccolo Gesù.
In occasione di quella festa, appariva una fanciulla riccamente vestita. Non
v’era né Maria, né Gesù, ma 1’asino che, condotto in solenne processione
sull’altare, veniva addestrato ad inginocchiarsi in momenti indicati e a
ragliare tre volte alla risposta rituale del Benedicamus Domine. «Alla
fine della Messa – è scritto in un codice manoscritto risalente all’XI
secolo – il prete, anziché pronunciare Ite
missa est, raglierà tre volte, e in luogo di Deo
gratias il popolo risponderà tre volte hi-ha».
Al
raglio asinino Schneider associa il grido altissimo di Gesù sulla croce. Scrive
Jung: «è chiaro che il pericolo
di teriomorfismo era reale: esistevano infatti determinate tendenze a porre
1’asino in relazione simbolica con Cristo, tanto più che fin dai tempi
antichi il Dio dei Giudei era volgarmente rappresentato con i tratti di un
asino, e la stessa figura di Cristo non era immune da questo pregiudizio, come
dimostra il graffito del Paedagogius del Palatino, che è una
raffigurazione satirica del Crocefisso». Il graffito del Paedagogius de
Palatino accompagnato dalla scritta Alexamaenos
sebete Theon (Alexamenos adora Dio) risale al II secolo d.C. e testimonia la
confusione presso il paganesimo declinante tra Ebrei e Cristiani, accusati
questi ultimi, di asinolatria il
cui archetipo è forse da ricercarsi in certi culti dionisiaci di Asia Minore e
di Creta o in quello egiziano legato al Dio Typhon
dalla testa d’asino, oggetto di adorazione nel tempio di Gerusalemme, come
testimonia il grammatico Apione nel racconto della Storia
d’Egitto del II secolo a.C.
Riesce
difficile cogliere i nessi che nel corso dei millenni hanno contrapposto e
ribaltato i ruoli della simbologia animale. Nel caso dell’asino, simbolo
evangelico dell’umiliazione e della docilità, riesce ancora più difficile
spiegare certe parodie medievali legate all’animale, in bilico fra deviante ed
osceno. L’oscenità del gesto (demisso pene) dell’asino di
Fedro che provoca il cinghiale, mostrandogli il proprio fallo smisurato, è in
perfetta consonanza con altre testimonianze dell’antico mondo pagano. Tale
oscenità, al contrario, non è adattabile alla sensibilità religiosa medievale
in cui la morale prende il sopravvento sulla favola che viene svuotata dei suoi
elementi significativi, sostituiti da altri gesti e altri vocaboli che sviano o
fanno perdere di vista il significato dell’episodio favolistico. Ora, pur
volendo ammettere col Bachtin che 1’asino, uno dei simboli più antichi e più
duraturi del «basso materiale corporeo», ha nello stesso tempo un valore
abbassante (di mortificazione) e rigenerante, è indubbio, tuttavia, che il
fallo dell’asino, che rinvia peraltro al culto priapico, come simbolo
rigenerante, sia estraneo alla cultura cristiana medievale e alla sua
letteratura; mentre è uno degli attributi caratterizzanti il diavolo
nell’iconografia medievale e rinascimentale, e allusivo ai caratteri materiali
del peccato: la sessualità, la sregolatezza, la bestialità.
Ma
1’asino non finisce di stupire. Se il cristianesimo, infatti, ha domato
1’impulsività animale dell’antichità pagana, ribaltandone addirittura i
segni, è sorprendente considerare come 1’asino, più specificatamente
1’asino rosso, considerato come una delle entità più temibili fra tutte
quelle che doveva incontrare il morto nel corso del suo viaggio
nell’oltretomba, associato alla “bestia scarlatta” dell’Apocalisse,
abbia potuto subire in età cristiana una metamorfosi così radicale. Oggetto di
culti misterici ai quali i primi cristiani furono accusati di ricollegarsi –
come al culto del ”dio dalla testa d’asino”, che suscitò 1’indignazione
di Tertulliano – 1’asino fu poi cavalcato da Gesù nel suo ingresso a
Gerusalemme. E i Vangeli non specificano se 1’animale fosse di pelo rosso,
bianco o nero. Solo una pia leggenda medievale trae dall’episodio della
Domenica delle Palme la traccia cruciforme di pelo nero che gli segna la
schiena.
Per
meglio determinare 1’intrecciarsi di funzioni che potrebbero sembrare ambigue
e contraddittorie, Franco Cardini ricorda come 1’asino rosso, che conosciamo
attraverso il De Osiride et Iside di Plutarco, si collega al mito isiaco
dell’antico Egitto, ed è un animale sacro a Seth e simbolo ctonio e malvagio.
Questo asino si differenzia da quello dei popoli indoeuropei, in particolare di
quelli stanziati fra Anatolia e la catena dell’Elburz, simbolo di regalità di
saggezza per quelle popolazioni, in special modo per gli Ittiti e gli Hyksos per
i quali le lunghe orecchie asinine erano un simbolo regale e sapienziale.
Cavalcatura
di entità celesti, di principi e di eroi in India e in Cina, in tale veste e
ruolo 1’asino emigrò dal mondo asiatico a quello greco e a tutto il bacino
del Mediterraneo. La Bibbia ce lo presenta come cavalcatura dei potenti: «Benedite
il Signore voi che montate asine bianche e splendenti» – cantava Deborah ai
potenti di Israele. Con la profezia di Zaccaria che annuncia la venuta del
Messia, 1’asino diventa cavalcatura dei profeti e dello stesso Gesù nel
Vangelo: «Esulta di gioia, esulta figlia di Sion, perché ecco che il tuo Re
viene a te. Egli è giusto, e umile; arriva sul dorso d’un asino». è
con Cristo, quindi, e con i due episodi della sua vita nei quali 1’asino gioca
un ruolo importante, che 1’aspetto positivo del suo simbolo viene legittimato
presso i cristiani, anche se i Padri della Chiesa erano di avviso diverso.
Sostenevano infatti che 1’asino cavalcato da Gesù nel suo ingresso a
Gerusalemme era la sintesi delle forze del male che il Cristo dominava
cavalcandole e che 1’asino e il bue presso il presepio erano il simbolo delle
forze ctonie, infere, che assistevano alla nascita di Gesù.
Il Medioevo erediterà molte storie e tradizioni legate all’asino il cui simbolo, continuamente rielaborato, «fa parte del metabolismo culturale del Medioevo». I Bestiari medievali, debitori di Apuleio e del suo Asino d’oro, sottolineano 1’ottusità, 1’ostinazione e la lussuria dell’asino, ma anche la sua docilità; trasferiscono invece – come fa il “Bestiario di Cambridge” i significati demoniaci al suo parente stretto, 1’onagro.
L'onagro (da un manoscritto del secolo XI del Physiologus)
«L’onagro
– dice il Fisiologo – è il demonio, quando la notte, cioè il popolo
dei Gentili, è divenuto eguale al giorno, cioè ai fedeli profeti: allora ha
ululato 1’onagro, cioè il demonio». Il Bestiario di Cambridge: «L’onagro
rappresenta il demonio che, venuto a conoscenza della conversione a Dio e alla
fede da parte del popolo errante [...] raglia ogni ora reclamando la sua preda».
Tale immagine deriva dalla credenza che 1’onagro, simbolo dell’ignavia,
preferisca le lunghe notti ai giorni e che come animale del crepuscolo, il
venticinquesimo giorno di marzo, cioè nell’equinozio di primavera, esso
raglia ventiquattro volte, una all’ora, perché fa come 1’equinozio, la
notte (cioè il paganesimo) uguale al giorno (cioè il cristianesimo).
Per
altri autori di Bestiari medievali, 1’onagro che sazio si riposa nella serenità
della solitudine, rappresenta il simbolo di coloro che hanno trovato nel Vangelo
sazietà alle loro anime. Altri glossatori hanno interpretato 1’isolamento
volontario dell’animale come la figura di Cristo nel deserto. Per associazione
d’idee 1’onagro divenne cosi 1’immagine spirituale dell’eremita
cristiano che vive in solitudine con la sua anima e non parla se non con Dio
solo. Ma furono tuttavia rare le voci di questi glossatori. L’autorità dei
grandi pensatori, come Guglielmo di Normandia o Vincenzo di Beauvais, non aveva
lasciato spazio ad interpretazioni positive sulle qualità dell’onagro nella
simbologia: esso continuava ad essere una figura demoniaca come quella della
scimmia.
Da leggere:
G. Finzi, L'asino nella leggenda e nella letteratura, Modena 1892.
G.
Cocchiara, Il
mondo alla rovescia, Torino 1963.
M.
Schneider, La
simbologia dell’asino, in «Conoscenza religiosa», 2 (1980), pp. 129-148.
F. Bertini, Gli animali nella favolistica medievale. Dal Romulus al secolo XIII, in L’uomo di fronte al mondo animale, II, Spoleto 1985.
F. Cardini, L’asino, in «Abstracta», 11 (1987), pp. 46-53.
F. Moretti, Specchio del mondo. I ‘Bestiari fantastici’ delle cattedrali. La cattedrale di Bitonto, pref. di F. Cardini, ed. Schena, Fasano 1995
(dal volume sono tratte le immagini di copertina di questa pagina).
©2002
Felice Moretti