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MEDIOEVO ERETICALE |
a cura di Andrea Moneti |
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L’Anabattismo:
la Riforma “radicale”
Il termine “anabattista” venne usato per la prima volta da Ulrico Zwingli (significa letteralmente “ribattezzatore”). Il movimento anabattista (detto anche della Riforma radicale) proveniva dalla Svizzera e dalla Germania meridionale, ma gli esempi più eclatanti avvennero in Germania settentrionale ed in Olanda. Il movimento, conobbe vari filoni che comunque presentavano i seguenti elementi comuni: una sfiducia verso l'autorità civile e religiosa, il battesimo degli adulti, la comunanza dei beni, l'importanza attribuita al pacifismo. Oltre a Lutero, Zwingli e Calvino, la Riforma partorì altre figure di riformatori e teologi che si distinsero per il loro acceso estremismo e entusiasmo religioso: Carlostadio, Capitone, Bucero, Ecolampadio. Ma il loro radicalismo non giunse a mettere in dubbio la struttura sociale del tempo. Così non fu per il movimento anabattista dissidente nei confronti del messaggio e della struttura teologica-ecclesiastica dei riformatori e la gerarchia cattolica, e non a caso i suoi componenti furono considerati eretici sia dai cattolici che dai luterani.
Il nome di “anabattisti” dato ai
seguaci di varie comunità religiose svizzere e tedesche stava a indicare
quelle persone che ritenevano non valido il battesimo ricevuto da bambini e
che si facevano ribattezzare da adulti, raggiunta la piena consapevolezza. A
partire dal 1520, la diffusione di queste comunità fu rapida: dalla Svizzera
e dalla Germania meridionale e occidentale verso il 1525-1530 passarono a
tutta la Germania, ai Paesi Bassi, all'Italia e all'Europa orientale. Solo la
violenta repressione messa in campo sia dai riformati che dai cattolici riuscì
ad avere la meglio sul movimento, costringendo i superstiti o a esiliare in
zone periferiche dell'Europa (Polonia, Boemia, Transilvania), o a nascondere
la loro fede raggruppandosi di piccoli gruppi. Le idee del movimento
anabattista rivestono notevole importanza per l'elaborazione del principio di
tolleranza e per il rifiuto dello Stato come fondato sulla violenza. I
pensatori di maggior rilievo furono oltre a Thomas Müntzer (1485-1525), di cui
ancora oggi si discute se fu veramente anabattista, Konrad Grebel (1498-1526),
Hans Denck (morto nel 1527), Balthasar Hubmaier (1485-1528), tutti morti
perseguitati. Stessa fine anche per Michael Sattler autore, nel 1527, della
cosiddetta Confessione di Schleitheim, dove vennero definite le
dottrine fondamentali degli anabattisti (arso sul rogo nel maggio dello stesso
anno).
Come i luterani anche gli anabattisti
insistevano sull'importanza della fede personale in Dio opponendosi a ogni
ritualismo, ma, a differenza degli altri gruppi riformati, rifiutavano la
violenza e l'istituzione delle chiese di stato, organizzandosi in comunità di
convertiti dal nuovo battesimo con connotazioni fortemente egalitaristiche e
antigerarchiche. Forti della loro condizione di veri credenti, puri e
incontaminati, gli anabattisti rifiutavano di riconoscersi cittadini d'uno
Stato e di riconoscere a esso un qualsiasi potere in materia religiosa. Ogni
cosa legata al potere dello Stato era rifiutata: la guerra, le magistrature,
le convenzioni sociali. Soprattutto il rifiuto della violenza, come elemento
della fede cristiana, quindi la guerra e la violenza, in cui vedevano il
motivo del perpetuarsi dello Stato. Per essi contava solo la forza spirituale:
le persecuzioni non li spinsero quasi mai a prendere le armi per difendersi.
L’importanza data al ruolo della coscienza nella fede si concretizzava nella
tolleranza, respinta da tutte le altre confessioni religiose in lotta tra di
loro. L'appartenenza alla comunità religiosa era una scelta del tutto libera.
Delle scritture riconoscevano come sacri solamente i Vangeli, e di questi solo
le parole pronunciate direttamente da Cristo; una particolare importanza aveva
il Discorso della montagna (o delle Beatitudini. Anche se le concezioni
sociali delle varie comunità anabattiste non erano omogenee, presentavano
comunque tutte delle caratteristiche comunistiche.
Nella Cronaca di Sebastiano Frank
leggiamo in proposito: «Alcuni si reputano santi e immacolati. Questi
avevano tutto in comune. .Altri mettono in comune solo quanto basta a
che nessuno sia nel bisogno. Tra di loro comparve una setta che voleva
rendere comuni le donne, come pure ogni proprietà». In un altro passo,
in un libro di Bullinger, scritto nel XVI, è scritto che gli anabattisti: «Affermano
seriamente che nessuno deve possedere nulla, che tutte le proprietà e i beni
devono essere comuni in modo che non si possa essere a un tempo cristiani e
ricchi». Ogni credente era ispirato dallo Spirito Santo e poteva parlare
e predicare in nome suo, come meglio credeva poiché direttamente ispirato da
Dio e dallo Spirito. Non riconoscevano l'autorità del Papa e credevano che la
salvezza dell'anima fosse possibile anche al di fuori della Chiesa cattolica,
sostenendo il sacerdozio universale. Rifiutavano anche la costituzione di
chiese strettamente legate allo stato e sottomesse a una rigida ortodossia,
come invece auspicava Lutero. Il maggior teorico del rifiuto di una chiesa in
tal maniera “riformata” in Germania fu Sebastian Franck (1499 - 1542):
sacerdote cattolico, passato alla riforma di Lutero, che abbandonò per darsi
a una vita umile, ma libera. Nel 1524, a Norimberga si tenne una grande
riunione segreta cui presero parte Denck e Hut, due dei più importanti
teorici del movimento anabattista.
Molti furono catturati, ma Denck riuscì
a fuggire in Svizzera. Là ebbe luogo una nuova riunione dei “fratelli” di
vari paesi, in cui fu deciso di procedere a un secondo battesimo pubblico. La
decisione fu messa in pratica a Zurigo e a San Gallo, come reazione ad una
decisione di censura del Consiglio di Zurigo presieduto da Zwingli, senza
comunque riuscire a imporsi all'interno del movimento riformista (soprattutto
grazie all'opposizione di Zwingli). Molti degli anabattisti svizzeri
esiliarono in Boemia, fondendosi con i fratelli boemi. Là dettero vita a
grandi comunità basate sui loro principi collettivisti, dove fu introdotta la
comunione dei beni. In Tirolo l'anabattismo fu introdotto dal cappellaio Jakob
Hutter, bruciato sul rogo nel 1536 per ordine del futuro imperatore Ferdinando
I. I suoi seguaci furono espulsi e si rifugiarono in Moravia, dove rimasero
fino alla guerra dei Trent'anni (1618-1648), dopo la quale intrapresero una
serie di migrazioni che li portarono in Moravia, Transilvania, fino a giungere
negli Stati Uniti (Sud Dakota), dove tutt’ora vivono le loro comunità. In
Germania, invece, l'anabattismo, che si era contraddistinto per il suo
atteggiamento pacifista, cominciò ad assumere un carattere sempre più
rivoluzionario.
In Turingia, al confine con la Boemia, il
centro del movimento divenne la città di Zwickau, dove svolsero la loro
attività rivoluzionaria i cosiddetti profeti di Zwickau, capeggiati
dall’anabattista Klaus Storch, che ebbe strette relazioni anche con Thomas
Müntzer. Essi credevano di essere gli eletti di Dio e, a imitazione di Cristo,
Storch si circondò di dodici apostoli. Questi “profeti” predicavano
l'invasione dei turchi, il regno dell'Anticristo, lo sterminio degli empi e
dei potenti, l’annullamento dei legami matrimoniali, la comunione dei beni e
l'avvento del regno millenario di Dio. Dopo i fatti di Mulhausen, quando
Thomas Müntzer prese il potere della città, la partecipazione degli
anabattisti alla guerra contadina non fece che inasprire ancora di più la
repressione contro di loro. In tutta la Germania centrale e meridionale
dilagarono le persecuzioni di contro gli anabattisti, accompagnate da orrende
brutalità. Sotto Ferdinando d'Asburgo le repressioni furono sistematiche e
feroci. Ai condannati (con processi sommari) venivano strappati pezzi di carne
con tenaglie roventi per poi venire bruciati sul rogo; solo a chi ritrattava
veniva tagliata la testa. Il duca di Sassonia condannava all’affogamento
coloro che esprimevano semplicemente delle idee vicine a quelle anabattiste.
Unica voce di una certa tolleranza religiosa fu quella di Filippo d'Assia, che
quando fu costretto a perseguitarli, si limitò per lo più a espellerli dal
suo territorio.
Dopo tutti questi fatti, nei “sinodi”
anabattisti diminuì l'influenza del moderato Denck, mentre occupò un ruolo
di primo piano l’ex discepolo di
Müntzer, Hans Hut, che predicava
l’instaurazione di una totale comunione dei beni terreni, prefiggendosi di
“sterminare tutti i poteri e i signori” (comunque la maggior parte
dei membri della “Fratellanza” non era a conoscenza dei piani più
radicali, rivelati solo a una ristretta cerchia di adepti, detti “i
sapienti”). Nel 1534-35 questa atmosfera di attesa sfociò in un nuovo
tentativo di rivoluzione anabattista nell'Europa settentrionale, il cui gesto
più famoso fu l’occupazione della città di Munster. Per molti anni,
infatti, nella Germania del nord erano confluiti numerosi anabattisti
perseguitati nella Germania centrale e del sud. Sfruttando i forti contrasti
esistenti tra cattolici e luterani, gli anabattisti, guidati da Melchior
Hofmann, Jan Matthys e Jan Bockelson, detto Giovanni di Leida, riuscirono a
prendere la maggioranza nel consiglio municipale di Munster, imponendo il
controllo sulla città. Tutti quelli che rifiutavano di aderire al movimento
furono espulsi dalla città dopo essere stati spogliati di tutti gli averi.
Ogni proprietà nella città fu collettivizzata, obbligando tutti a consegnare
i propri averi. Fu abolito l’uso del denaro e fu anche introdotta la
poligamia con l’abolizione dei vincoli matrimoniali. Munster divenne un
centro di diffusione dell'anabattismo; da qui partivano predicatori per la
Germania, la Danimarca e l'Olanda esortando ad accorrere in aiuto di Munster.
Il vescovo Waldeck, che aveva la
giurisdizione della città, e i principi vicini, capitanati da Filippo,
langravio d'Assia (1504-1567), spaventati da questi avvenimenti, raccolsero un
esercito, composto sia da cattolici che luterani, e circondarono la città.
L'assedio si protrasse per più di un anno (ben 14 mesi). Nel frattempo, nella
città, Jan Bockelson era stato eletto re di Munster, che ribattezzò la
“Nuova Gerusalemme”. In questo periodo gli anabattisti fecero scoppiare
altre rivolte in tutta la Germania settentrionale e in Olanda, riuscendo
persino a impadronirsi per breve tempo del municipio di Amsterdam. Tuttavia
tali e tanti furono gli eccessi compiuti dagli anabattisti a Munster, con il
risultato di isolarli dal resto del territorio, che le forze dei principi e
del vescovo riuscirono ad avere al meglio. Nel giugno del 1535 la città fu
occupata e Bockelson e altri capi anabattisti furono giustiziati. I loro
corpi, posti in gabbie, furono appesi al campanile della chiesa di S.
Lamberto. Quasi tutta la popolazione fu massacrata.
Dopo la caduta di Munster tra gli
anabattisti si creò di nuovo la scissione tra moderati ed estremisti. Nel
1536, a Buchholz, in Westfalia, si riunì un “sinodo” che sancì la
divisione del movimento in due partiti. Quello di Battenburg che sosteneva di
proseguire l’esperienza degli anabattisti di Munster (ovvero continuare a
combattere con le armi nella certezza che il Regno di Dio è prossimo), e
quello di Phillips (esattamente su posizioni opposte). La corrente di Phillips
prese il sopravvento, isolando la fazione più estremista, e incominciò da
quel momento l’allontanamento degli anabattisti da ogni attività sociale e
rivoluzionaria sul continente. I loro rappresentanti più radicali emigrarono
attraverso l’Olanda in Inghilterra che poi, all'inizio del XVII secolo, si
fusero con il preesistente movimento dei lollardi. La rivoluzione
inglese del 1648 coincise con un ritorno di fiamma del movimento anabattista e
altre sette collegate. Verso la metà del XVII secolo si diffuse in
Inghilterra la setta dei ranters, che aveva una dottrina molto
simile a quella dei “fratelli del libero spirito”. Tra i nuovi gruppi
conobbe un una certa risonanza quello
dei mennoniti, guidati dal riformatore olandese Menno Simons emigrati
negli Stati Uniti, in Pennsylvania (gli amish ancora caratterizzati da
una strettissima osservanza biblica, che li porta a rifiutare qualsiasi
modernità, come automobili, telefoni, televisori e lampadine elettriche).
L'insurrezione contadina che sconvolse la
Germania nel 1525 non fu isolata, ma la precedettero una serie di insurrezioni
di portata più limitata, scoppiate nella valle del Reno e nei villaggi del Württemberg
negli anni 1493, 1502, 1513 e 1514. Inizialmente le sommosse si diffusero
nelle regioni meridionali, dove l'oppressione feudale, laica ed ecclesiastica,
era più forte. Il primo atto di rilievo avvenne alla fine del 1524, quando,
nella città di Willingen, il magistrato, dopo false promesse, fece piombare
sugli insorti l'esercito. La reazione dei contadini non si fece attendere e
numerosi castelli e monasteri venenro occupati e saccheggiati. Uno degli
elementi più importanti della rivolta fu la stesura dei Dodici Articoli,
a Memmingen, nel marzo del 1525, da parte del laico Sebastian Lotzer (un
pellicciaio) e il pastore Christoph Schappeler, ispirati dalla predicazione e
dalle attese escatologiche di Thomas Müntzer (un predicatore ex-seguace di
Lutero trasformatosi in un rivoluzionario radicale, che annunciava lo
sterminio degli empi, credeva nella rivelazione diretta da parte di Dio e
sosteneva prossime la fine del mondo e la rigenerazione dell’umanità
intera). Alla base delle rivendicazioni c’era una netta restrizione del
regime feudale esistente e la realizzazione di una sorta di democrazia
sociale, reclamando, ad esempio, una redistribuzione delle terre meno iniqua,
la fine delle corvées e di imposte esose e ingiuste, la parziale eliminazione
e la comunalizzazione delle decime ecclesiastiche, i cui proventi sarebbero
stati utilizzati esclusivamente per mantenere il parroco (le eventuali
eccedenze sarebbero state distribuite ai poveri), l'uso libero delle terre
comuni (per la caccia, la pesca, il pascolo, ecc.). Si chiedeva anche la
libera elezione del parroco da parte dei villaggi e l'abolizione della pena di
morte.
La vera novità dei Dodici Articoli
stava nel fatto che mentre nelle rivendicazioni precedenti ci si rifaceva
all'antico diritto consuetudinario, adesso invece ci si appellava al “diritto
divino”, secondo il quale l'intera società sarebbe dovuta essere
riformata in base alle Scritture. La classificazione della guerra come rivolta
contadina non permette, però, di cogliere l'ampiezza della sua base sociale.
Il sollevamento, infatti, non fu affatto una ribellione della sola popolazione
rurale, ma coinvolse anche la società urbana. Tra i partecipanti alla
rivoluzione (che si definivano una “fratellanza cristiana”)
troviamo, infatti, non soltanto alcuni nobili (principalmente con funzioni di
capi militari), ma anche molti borghesi, che si allearono coi contadini per
contrastare i governi delle loro città (alcuni storici preferiscono
sostituire la definizione di “guerra dei contadini” con quella di
“rivoluzione dell’uomo comune”).
In brevissimo tempo il movimento di
rivolta si estese a quasi tutti i territori - signorie nobiliari, territori
ecclesiastici, zone dipendenti da città imperiali - nell'area compresa fra
Turingia e Lorena a nord, Tirolo e Confederazione svizzera. a sud. La sua
vasta risonanza si può spiegare solo con l'affinità tra le rivendicazioni e
il messaggio della Riforma (specialmente la Riforma di impronta zwingliana e
anabattista che prospettavano una società futura di ispirazione cristiana,
ugualitario-collettiva). I Dodici articoli vennero inviati a Lutero.
Nell'aprile 1525 rispose con lo scritto Esortazione alla pace sui dodici
articoli dei contadini della Svevia, rivolgendosi ai principi e ai signori
feudali cui rimproverava il loro atteggiamento bellicoso, invitando, però, i
contadini a essere pazienti e a non usare mezzi violenti. In un primo momento
guardò con favore alle rivendicazioni dei contadini, che, in parte, traevano
ispirazione dalla sua Riforma. Quando, però, si rese conto che stava
prendendo ovunque piede la ribellione e che predicatori estremisti come Müntzer
avevano il sopravvento, reagì esortando i principi al massacro. Il suo
linguaggio si fece allora di una violenza estrema; in un opuscolo del 1525
scrisse infatti: «Perciò, cari signori, liberate, salvate, aiutate e
abbiate misericordia della povera gente; ma ammazzate, scannate, strangolate
quando potete; e se ciò facendo sopraggiungerà la morte, buon per voi, non
potreste incontrare mai morte più beata, perché morite in obbedienza alla
parola ed al comando di Dio».
I
primi veri scontri si nella primavera del 1525, quando gli eserciti della Lega
sveva, una federazione militare tra i principi e le città imperiali della
Germania sud-occidentale, si mossero contro i rivoltosi che, pur essendo male
armati e organizzati, seppero difendersi egregiamente contro gli eserciti
della reazione. In Svevia, Franconia e Turingia vennero
distrutte svariate centinaia di castelli e monasteri. In Franconia e
nell'Alta Svevia gli eserciti imperiali ebbero, però, la meglio
(battaglia di Leipheim, 4 aprile 1525). Fu poi la volta della Sassonia
e della Turingia, dove le forze contadine (circa 8.000 uomini) erano guidate
da Müntzer. A causa della scarsa preparazione militare e organizzativa dei
contadini, i lanzichenecchi, dotati di una superiore tecnica militare, guidati
da Filippo d'Assia, Giorgio di Sassonia ed Enrico di Braunschweig (principe
luterano il primo, cattolici gli altri due), il 15 maggio 1525, ebbero
facilmente la meglio nella battaglia di Frankenhausen. Vi morirono più 5.000
contadini; venne catturato lo stesso Müntzer, poi torturato e decapitato
dal boia a Mühlhausen il 27 maggio.
Nella repressione
che seguiva le operazioni militari, vennero massacrati migliaia e migliaia di
contadini (decine di migliaia) Lutero, nel testo Una terribile storia e un
giudizio di Dio sopra Thomas Müntzer, considerò l'eccidio un segno della
giustizia divina. Seguì una durissima reazione da parte dei principi e, dopo
quella terribile primavera del 1525, il movimento contadino perse terreno.
Altre fiammate rivoluzionarie, comunque con notevoli punte di organizzazione
politico-militare, si ebbero in zone marginali dell’Impero, tra le quali il
Tirolo, dove emerse la figura di Michael Gaismair. La rivolta dei contadini
determinò gravi divisioni all'interno del movimento riformatore ponendo
Lutero in una posizione molto scomoda. Esso, infatti, venne condannato dai
ceti più deboli che lo considerarono un traditore e, in conseguenza di ciò,
molti furono quelli che abbracciarono il credo anabattista già professato da
Müntzer.
Thomas
Müntzer: il martello di Dio
Nacque
nel 1490 ca. a Stolberg, da una famiglia benestante e studiò a Lipsia e a
Francoforte. Diventato un canonico regolare agostiniano, nel 1519 aderì alla
Riforma. Conobbe Martin Lutero, con il quale rimase in contatto epistolare,
così come con gli altri principali riformatori. Nel Maggio 1520, raccomandato
proprio da Lutero, Müntzer fu chiamato a Zwickau, una ricco centro della
Sassonia, vicino al confine con la Boemia, che aveva basato il suo sviluppo
sull’estrazione mineraria dell'argento, per sostituire il precedente pastore
della Chiesa di Santa Maria, Johannes Egranus. La sua retorica si rivelò fin
dal principio forte e radicale; durante le sue prediche si scagliò con
violenza contro i monaci francescani locali. Il 26 Dicembre 1520, una folla
eccitata da un sermone di Müntzer contro i frati e i preti, quasi lapidò a
morte un prelato. Per questo episodio, il 16 Maggio 1521 il consiglio
cittadino decise di espellere da Zwickau Müntzer, nonostante disordini di
piazza. Müntzer si recò a Praga, dove continuò nelle sue prediche sempre più
radicali, ma senza riuscire a fare presa sui praghesi, già abituati a sentire
simili prediche dai taboriti, circa cento anni prima. Lasciò la città e,
passati alcuni mesi inattivo, riuscì a convincere Lutero a raccomandarlo per
la posizione di pastore della chiesa di San Giovanni ad Alstedt, vicino ad
Eisleben in Sassonia, dove iniziò a predicare dalla Pasqua 1523. Qui, dopo
aver sposato l'ex suora Ottilie von Gersen, svolse un'intensa attività
liturgica e riformatrice. Müntzer si batté per
una facile comprensione delle Scritture da parte delle masse popolari e per la
loro emancipazione. Officiò la messa in lingua tedesca e pubblicò un
nuovo libro di preghiere contenente liturgie per tutti i sacramenti,
suscitando un'adesione popolare vastissima. Ristrutturò anche
l'organizzazione della chiesa, ma soprattutto fondò la Lega degli Eletti,
una sorta di comunità di santi, senza preti, principi, nobili, abolendo la
proprietà privata.
La
Lega si distinse in atti di violenza, come il saccheggio e l'incendio di
alcuni conventi, e Müntzer
ebbe forti contrasti con il signore locale, il
Conte Ernst II di Mansfeld. I principi di Sassonia, Federico III, detto il
Saggio e il fratello Giovanni, cominciarono
a preoccuparsi seriamente della piega che stavano prendendo gli avvenimenti.
Giovanni si recò, su incarico di Federico e insieme a altri notabili, ad
indagare il comportamento di Müntzer; questi tenne, davanti al principe, il 13
Luglio 1524, un apocalittico sermone, pubblicato poi come Sermone ai
principi di Sassonia sullo spirito della rivolta. In questo sermone Müntzer
pose il problema
della legittimità dell'autorità politica: un principe è legittimo solo
se usa la spada di Davide per ristabilire e difendere una comunità cristiana
autentica. In caso contrario, il suo potere è usurpato e un cristiano ha
il diritto all'insurrezione. In un’ottica di questo genere, per realizzare
in terra del Regno di Dio, ogni compromesso con il potere temporale, con i
signori della terra, significava l'abbandono della fede, la corruzione del
peccato.
La
Chiesa, che si era integrata in uno Stato che preservava la disuguaglianza
secondo una gerarchia autoritaria, aveva tradito la sua funzione salvatrice. Müntzer
sosteneva, quindi, che il fine ultimo della Chiesa era quello di
instaurare una comunità umana egualitaria, incoraggiando il sacrificio e
l'amore, opponendosi, con la violenza, se necessario, a tutti coloro che
ostacolavano l'attualizzazione del Vangelo. Affermò anche la riforma
radicale, partita da Alstedt, doveva espandersi in tutto il mondo, massacrando
tutti coloro che vi si opponevano, minacciando gli stessi suoi attoniti
astanti, se non avessero aderito a questa crociata. Federico decise di
convocare Müntzer
a Weimar per ulteriori spiegazioni, dove ribadì le sue tesi
davanti al duca e fece ritorno ad Alstedt. Il duca fece pressioni sul
consiglio cittadino di Alstedt perché egli venisse espulso dalla città, ma
inaspettatamente, senza attendere l'ingiunzione dei magistrati, Müntzer
lasciò
Alstedt la notte del 7 Agosto 1524, abbandonando moglie, figli e proprietà
per recarsi a Mühlhausen (in Turingia), dove un altro predicatore radicale,
Heinrich Pfeiffer, stava cercando di imporre una Lega degli Eletti. I nobili
locali, allarmati da quello che era successo a Alstedt, li fecero cacciare da
una compagnia di lanzichenecchi. Si recarono, quindi, a Norimberga, dove
Müntzer
fece pubblicare da uno stampatore, probabilmente il futuro anabattista
Hans Hut, uno dei suoi più violenti opuscoli contro Lutero, Apologia ben
fondata e risposta alla carne senza spirito che vive mollemente in Wittenberg.
Tra
Müntzer
e Lutero nacque un'aspra e irrisolvibile polemica religiosa e
politica. Müntzer
e i suoi seguaci, infatti, rimproveravano a Lutero di non
far nulla per combattere l'Anticristo e di non far nulla per realizzare sulla
terra in concreto il Regno di Dio. Gli rimproveravano inoltre di essere uno
strumento dell'autorità dei principi tedeschi dimenticandosi delle
rivendicazioni dei poveri. Le autorità locali reagirono espellendo i
due predicatori, arrestando lo stampatore e mandando al rogo il libello. Müntzer
si recò in Svizzera, dove incontrò il riformatore zwingliano
Ecolampadio e l’anabattista Hubmaier, e ritornò poco dopo a Mühlhausen,
dove, nel frattempo, il partito radicale di Pfeiffer aveva preso il controllo
della città. I due armarono i loro seguaci ed espulsero gli oppositori. Müntzer
si fece coinvolgere dalla rivolta contadina, che ormai si estendeva in
gran parte delle terre tedesche, e, fortemente influenzato da idee
millenaristiche e sull’avvento ormai prossimo dell’Apocalisse, si definì
il martello di Dio.
Da
tutta la Germania arrivarono esaltati, disperati, ma anche piccoli eserciti
organizzati. All'inizio di Maggio 1525 i rivoltosi arrivarono fino al numero
di 10.000 persone e si accamparono intorno a Frankenhausen, una città
conquistata dagli insorti di Mühlhausen. Il nuovo principe di Sassonia,
Giovanni, succeduto nel frattempo al fratello, detto il Risoluto (1525-1532),
dette l'incarico di reprimere la rivolta a Filippo, langravio di Hesse che,
forte di un esercito di 5.000 soldati, 2.000 cavalieri e vari pezzi di
artiglieria, si portò a Frankenhausen. Prima di dare vita alla battaglia
Filippo cercò di convincere i contadini ad arrendersi e di consegnare Müntzer.
Ma quest'ultimo chiamò a raccolta i suoi e fece una memorabile arringa,
promettendo di catturare la palle di cannoni con il proprio mantello e
garantendo l'incolumità dalle pallottole per i propri seguaci (il resto lo
fece un arcobaleno, simbolo dei rivoltosi, che apparve in cielo, proprio in
quel momento). I contadini respinsero le condizioni di Filippo, il quale
attaccò il 15 maggio 1525. Fu una carneficina: 5.000 rivoltosi furono
immediatamente massacrati dai soldati meglio addestrati, e successivamente ne
furono uccise altre migliaia in tutta la Germania. Müntzer, vista la sconfitta
irreparabile, fuggì per nascondersi in una soffitta in Frankenhausen, dove,
però fu trovato dai soldati in un letto, con le coperte tirate sopra la
testa. Tentò di dichiararsi estraneo ma vennero trovati i suoi appunti nella
stanza. Fu quindi consegnato a Filippo di Hesse, che lo inviò al Conte di
Mansfeld. Questi lo fece torturare tutta la notte ed il giorno successivo Müntzer firmò una piena confessione. Il 24
maggio 1525, l'esercito occupò Mühlhausen
e il 26 maggio Müntzer, Pfeiffer e altri capi rivoltosi furono decapitati in
piazza. Prima della sua morte, Müntzer ritrattò le sue idee e fece la
comunione. Martin Lutero disse di lui «chiunque abbia visto Müntzer può
dire di aver visto il diavolo incarnato nella sua furia più feroce».
©2005 Andrea Moneti