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di Lawrence M.F. Sudbury

  

Vessillo abbasideIl califfato abbaside, fondato dai discendenti del più giovane zio del profeta Maometto, Abbas ibn Abd al-Muttalib (566-653), a Kufa nel 750 e, successivamente (dal 762), con capitale a Baghdad, segnò probabilmente il massimo momento di apogeo della cultura islamica oltre a risultare il più lungo periodo di dominio dinastico sul mondo arabo, tenendo conto che, pur perdendo progressivamente potere rispetto alle dinastie di emiri locali (che finirono per riconoscerne l'autorità solo nominalmente) e dovendo abbandonare le province occidentali di al-Andalus, Maghreb e Ifriqiya nelle mani rispettivamente degli Aghlabids omayyadi e del califfato fatimide, di fatto gli Abbasidi mantennero costantemente il governo dell'Islam fino a quando,
nel 1258, Hulagu Khan, il khan mongolo, saccheggiò Baghdad (e, comunque, essi ripresero il potere nell' Egitto mamelucco dal 1261, rivendicando l'autorità in materia religiosa fino al 1519, anno in cui il potere centrale si trasferì formalmente all'Impero Ottomano a Costantinopoli) [1].
  • L'ASCESA

Come già accennato, i califfi abbasidi arabi erano discesi da Abbas ibn Abd al-Muttalib, parente del Profeta e, per questo, si consideravano i vero successore di Maometto in contrasto con gli Omayyadi, discendenti da Umayya. Fu, probabilmente, proprio questo sentimento di continuità con il fondatore dell'Islam a caratterizzare in senso fortemente morale tutto il clan e, una volta che questo giunse al potere, tutta l'amministrazione dell'impero che da essi dipendeva [2].
Direttrici della rivolta abbasideNon è casuale, allora che la loro rivolta venisse sostenuta, secondo quanto quello che afferma Ira Lapidus, "soprattutto dai coloni arabi poveri del Marw, con l'aggiunta della fazione yemenita e dei Mawali", cioè da strati depressi della popolazione che vedevano nella promessa di un ritorno all'Islam delle origini la loro sola speranza di riscatto sociale. Particolarmente importante è che gli Abbasidi facessero anche appello ai non arabi musulmani, noti appunto come Mawali, che erano rimasti esclusi dalla società basata sulla parentela tipica degli arabi e che venivano percepiti come una classe inferiore all'interno dell'impero omayyade [3].

Già Muhammad ibn 'Ali, un pronipote di Abbas, aveva iniziato una campagna per il ritorno del potere alla famiglia di Maometto (gli Hashemiti), in Persia durante il regno di Umar II, ma fu durante il regno di Marwan II, che questa Area della Battaglia dello Zabopposizione culminò nella ribellione dell'Imam Ibrahim, quarto in linea dinastica a partire da Abbas.

Supportato dalla popolazione della provincia di Khorasan, in Iran, egli ottenne notevoli successi, ma fu catturato nel 747 anni e morì in prigione (alcuni ritengono per mano di un sicario omayade).

La lotta venne, comunque, ripresa da suo fratello Abdallah, conosciuto con il. nome di Abu al-'Abbas as-Saffah, che finalmente sconfisse gli Omayyadi nel 750 nella battaglia dello Zab e, in conseguenza di questa vittoria, venne proclamato califfo [4].


IL CONSOLIDAMENTO
Guerrieri abbasidiSubito dopo la vittoria, Abu al-'Abbas as-Saffah inviò il suo esercito in Nord Africa e nell'Asia centrale, dove le forze del clan si opposero all'l'espansione dell'Impero cinese in aiuto della dinastia Tang nella Battaglia di Talas (è qui che gli Abbasidi divennero famosi presso il loro nemici come i "Tazi [-guerrieri-] vestiti di nero").
Più che sulle doti belliche del loro esercito, comunque, Abu al-'Abbas as-Saffah e i suoi successori poterono contare sull'appoggio intellettuale dei Bermacidi, una potente famiglia irniana, originariamente mazdea (o, secondo altre fonti, buddista) che, convertita all'Islam, fornì i più lungimiranti visir che l'impero avesse fino a quel momento conosciuto: furono loro che contribuirono alla costruzione di Baghdad, costruirono il primo opificio al mondo per la produzione Zab di carta e diedero inizio ad una nuova era di rinascita intellettuale nel dominio abbaside.
Fu proprio lo spostamento della capitale da Damasco a Baghdad la prima grande sfida che gli Abbasidi si trovarono ad affrontare. La decisione di procedere a tale operazione nasceva sia dalla volontà di dare un taglio radicale con il passato della precedente dinastia sia dalla volontà di risiedere più vicino all'area persiana che, con i suoi  Mawali , aveva dato forza alla rivolta abbaside [5].
Vizir bemacideCiò, però, comportò un progressivo infiltrarsi della cultura persiana, portata a corte dai "non arabi" e, conseguentemente, un sempre maggior potere di questi ultimi. Così, quando  Baghdad venne fondata sul fiume Tigri nel 762, la corte che vi si insediò cominciò a vedere lo sviluppo di una figura nuova, quella del visir, a cui era delegata l'autorità centrale (mentre quella locale venne messa nelle mani di emiri autoctoni delle varie aree): col tempo, il visir cominciò, di conseguenza, ad avere sempre più potere, tanto che, già una cinquantina d'anni dopo, molti califfi abbasidi finirono per essere relegati ad un ruolo più che altro cerimoniale, mentre il ruolo della vecchia aristocrazia araba veniva lentamente sostituito da quello di una nuova classe burocratica persiana.
Si trattava di uno sviluppo piuttosto ovvio: come visto, gli Abbasidi erano dipesi in larga misura dal sostegno dei Persiani nel loro rovesciamento degli Omayyadi e risultava naturale che il successore di Abu al-'Abbas', Al-Mansur, accogliesse molti non arabi musulmani a corte. Se, però, questo aiutò notevolmente nell'integrare cultura araba e Al Andaluspersiana, finì per alienare agli Abbasidi molti dei loro sostenitori arabi, in particolare gli arabi Khorasanian che li avevano sostenuti nelle battaglie contro gli Omayyadi [6].
Queste fratture nel fronte abbaside portarono problemi immediati. Gli Omayyadi, pur estromessi dal potere, non erano stati distrutti completamente (sebbene gran parte della famiglia fosse stata sterminata) e uno dei pochi membri  superstiti della famiglia reale degli Omayyadi, che era stata quasi annientata, Abd ar-Rahman I, portate le sue truppe verso la Spagna, costituì qui un emirato indipendente nel 756. Tale emirato prosperò al punto che, nel 929, Abd ar-Rahman III assunse il titolo di califfo, costituendo il regno di  "Al Andalus" con capitale Córdoba che divenne così importante da rivaleggiare con Baghdad come capitale legittima dell'impero islamico.
Ciò fu possibile soprattutto perché gli Abbasidi erano notevolmente più interessati alla politica orientale: dopo l'alleanza con i Tang contro gli Shi An Lushan, in Cina, un forte contingente dell'esercito rimase nelle aree dei combattimenti e, qualche anno dopo, il califfo Harun al-Rashid stabilì un'alleanza con la nuova dinastia cinese che aprì la strada al commercio di sete e spezie orientali facendo dell'impero islamico un ponte tra est e ovest e arricchendo incredibilmente la corte [7].
  • LA CULTURA ABBASIDE

Si diceva, però, che ciò che risulta più stupefacente della dinastia abbaside è l'enorme sviluppo culturale che il suo governo portò al mondo arabo: praticamente in ogni campo dello scibile, dall'astronomia all'alchimia, dalla matematica alla medicina, all'ottica e così via, vide gli scienziati arabi in prima linea del progresso scientifico.
Ciò fece del periodo abbaside una età dell'oro islamica che si protrasse dalla fondazione di Baghdad alla metà del XIII secolo.
Harun al-RashidTale sviluppo aveva primariamente un fondamento religioso: gli Abbasidi, nella fortissima impronta islamica del loro governo, furono fortemente influenzati da ingiunzioni del Corano e dagli Hadith quali "l'inchiostro di uno studioso è più sacro del sangue di un martire", che sottolineavano il valore della conoscenza per lo sviluppo della vera fede e fecero del mondo musulmano un centro intellettuale per la scienza, la filosofia, la medicina e l'istruzione, a partire dalla creazione di una "Casa della Saggezza" a Baghdad, nella quale studiosi sia musulmani che non musulmani cercarono di tradurre e raccogliere tutte le conoscenze presenti sotto il dominio arabo. E' qui che molte opere classiche dell'antichità che altrimenti sarebbero andate perdute vennero tradotte in arabo e persiano e poi, da queste "lingue franche" ritradotte in turco, ebraico e latino, arricchite di commentari che radicavano la loro profondità nell'essere, in questo periodo, il mondo musulmano un calderone di culture che raccoglieva, sintetizzava e dava nuovo significato al sapere acquisito dalle culture romana, cinese, indiana, persiana, egiziana, nord africana, greca e  bizantina. In particolare i regni di Harun al-Rashid (786-809) e dei suoi successori promossero un'epoca di grandi conquiste intellettuali.
In gran parte, questo processo fu anche il risultato dell'osservazione di quanto  forze scismatiche avessero minato il regime degli Omayyadi, che si basava, come base della sua pretesa di legittimità, sulla affermazione della superiorità della cultura araba. Al contrario,  i califfi abbasidi, rendendosi conto dell'assurdità di una supposta gerarchizzazione La corte di Al-Ma'munculturale, si aprirono a modelli culturali non arabi, arrivando addirittura a improntare l'amministrazione imperiale su quella dei Sassanidi, tanto che si riporta che il figlio di Harun al-Rashid, Al-Ma'mun (la cui madre era persiana), arrivò ad affermare: "i Persiani hanno governato per mille anni e non hanno avuto bisogno di noi arabi neppure per un giorno. Noi li abbiamo governati per uno o due secoli e non possiamo fare a meno di loro nemmeno per un'ora".
Un buon numero di pensatori e scienziati medievali vissuti sotto il dominio islamico ebbe un ruolo importante nella trasmissione della cultura classica al mondo cristiano occidentale: essi contribuirono non solo a far conoscere Aristotele nell'Europa cristiana, ma permisero il recupero di gran parte della matematica alessandrina e delle conoscenze geometriche e astronomiche, facendo riscoprire Euclide e Claudio Tolomeo in occidente (si pensi all'importanza in questo senso di scienziati persiani come Al-Biruni e Abu Nasr Mansur).
Muhammad ibn Musa al-KhwarizmiL'algebra, in particolare, venne significativamente sviluppata da Muhammad ibn Musa al-Khwarizmi  nel suo testo Kitab al-Jabr wa-l-muqabala: il termine stesso "algebra", deriva dal titolo di tale testo ed egli è, pertanto, considerato considerato da molti il padre di tale materia (anche tenendo conto che egli fu responsabile dell'introduzione dei numeri arabi e del sistema numerico indo-arabo al di fuori del subcontinente indiano).
Ibn al-Haytham (Alhazen), poi, fu il primo a sviluppare un metodo scientifico nel suo Libro dell'ottica (1021), in cui sosteneva l'uso di esperimenti per distinguere tra teorie scientifiche concorrenti stabilite all'interno di un orientamento generale empirica.
Probabilmente, comunque, il campo scientifico in cui si ebbe il maggiore sviluppo durante il regno degli Abbasidi fu la medicina. Nel corso del IX secolo Baghdad contava oltre 800 medici, autori di grandi scoperte: il più famoso di tutti fu il persiano Ibn Sina (noto in Occidente come Avicenna), che elaborò trattati che riassumevano e Muhammad ibn Musa al-Khwarizmisistematizzavano l'intero corpus di conoscenze che gli scienziati avevano accumulato fino a quel momento e che avrebbe notevolmente influenzato la ricerca di scienziati europei durante il Rinascimento.
Anche astronomia e chimica furono oggetto di studio approfondito: Al-Battani precisò la misura della precessione dell'asse terrestre e le rettifiche apportate al modello geocentrico da lui, Averroè, Nasir al-Din al-Tusi, Mo'ayyeduddin Urdi e Ibn al-Shatir furono in seguito incorporate nel modello eliocentrico copernicano, mentre gli scritti attribuiti a Jabir ibn Hayyan (Geber) diffusero in Europa un notevole numero di processi chimici, in particolare in relazione alle  tecniche di distillazione.
Se la scienza venne coltivata assiduamente, non per questo si trascurò di dedicarsi alla letteratura: il miglior romanzo prodotto sotto gli Abbasidi fu il libro delle Mille e una notte, il cui  concetto originale deriva dalla letteratura pre-islamica iraniana mescolata ad elementi indiani e che raccoglie storie provenienti da tutto il Medio Oriente e dal Nord Africa, con un arco di elaborazione che va dal X al XIV secolo, ma anche la poesia araba raggiunse il suo massimo splendore in epoca abbaside, in particolare prima della decadenza dell'autorità centrale e dell'aumento delle dinastie di origine persiana, con scrittori come Abu Tammam e Abu Nuwas, strettamente collegati alla corte califfale di Baghdad all'inizio del IX secolo.
Dal punto di vista della filosofia, tre pensatori speculativi spiccano su tutti gli altri: al-Kindi, al-Farabi e Avicenna, che combinarono aristotelismo e neoplatonismo con idee introdotte con l'Islam, in un sistema sincretico il cui risultato è originale e sorprendentemente avanzato.
Mulino arabo fortificato a PartinicoLo sviluppo culturale abbaside, in ogni caso, non si limitò unicamente al campo speculativo: in questo periodo il mondo musulmano adottò, come accennato, la  fabbricazione della carta dalla Cina, facendone pervenire la tecnologia produttiva in Spagna e poi in tutta Europa, così come la conoscenza della polvere da sparo fu trasmessa dalla Cina grazie ai mercanti islamici, ma grandi progressi vennero fatti anche in relazione alle tecniche d'irrigazione e all'agricoltura, con lo sviluppo dei mulini a vento e l'introduzione di culture come quelle delle mandorle, degli agrumi e della canna da zucchero che arrivarono in Europa  attraverso Al-Andalus e con la meccanizzazione (con pompe e sistemi idrici) di numerose operazioni prima possibili solo con notevoli sforzi manuali: tutte queste innovazioni portarono molti studiosi a parlare di una vera e propria "rivoluzione agricola islamica" ben precedente alla rivoluzione agricola europea [8].


NOTE:
(1) A.J. Silverstein, Islamic History: A Very Short Introduction, Oxford University Press 2010, pp. 63 ss. passim.
(2) H. Kennedy, Early Abbasid Caliphate, Croom Helm Ltd. 1986, pp. 26 ss.

(3) I.M. Lapidus, A History of Islamic Societies, Cambridge University Press 2002, pp. 494-511.
(4) H. Kennedy, When Baghdad Ruled the Muslim World: The Rise and Fall of Islam's Greatest Dynasty, Da Capo Press 2006, pp. 26 ss.
(5) Ivi, pp. 119 ss.
(6) A.K. Bennison, The Great Caliphs: The Golden Age of the 'Abbasid Empire, Yale University Press 2010, pp.186 ss.
(7) M.B. Barry,  Homage to al Andalus, the Rise and Fall of Islamic Spain, Amazon Digital Services 2011, pp. 11-37 passim.
(8) S.L. Montgomery, Science in Translation: Movements of Knowledge through Cultures and Time, University Of Chicago Press 2002, pp. 82-119 passim.
 


 

 

   

©2013 Lawrence M.F. Sudbury

  


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