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a cura di Stefania Mola
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Esterno della basilica, prospetto
Un nuovo capitolo: il romanico pugliese Tradizionalmente si fa coincidere l’inizio del romanico pugliese con la definitiva affermazione del potere normanno nella regione, evento che si lascia alle spalle il dominio bizantino e le radici mediterranee della cultura, per introdurre definitivamente la Puglia nella sfera culturale dell’Occidente. Le cose non stanno poi del tutto così: come si è dimostrato in tempi recenti, il linguaggio architettonico e plastico pugliese dei secoli XII e XIII si fonda solidamente su importanti esperienze dei secoli precedenti - soprattutto l’XI - maturate nel corso del dominio di Bisanzio e soggette ad influssi culturali anche longobardi; in tempi cioè in cui i Normanni erano soltanto i signori dell’arte della guerra. Il romanico pugliese come fenomeno di portata innovativa nasce dunque ben prima, e si accompagna - come nel resto d’Europa - alla rinascita delle città ed alla riorganizzazione della Chiesa. Ne sono espressione le poche cattedrali sopravvissute (perché rimaneggiate o ricostruite in seguito), molte chiese urbane minori, le tante chiesette rurali, nonché alcune grandi abbazie; ed anche alcuni eccellenti scultori (come Acceptus o David) che firmarono la preziosa suppellettile dei maggiori cantieri. Su questa tradizione ricca di spunti, la cultura di marca occidentale che si vuole legata ai Normanni si innesta e si fonde generando espressioni artistiche nuove secondo un linguaggio ed una sensibilità che vanno letti in chiave “mediterranea”. I Normanni sono però soprattutto alle spalle di questi fermenti, in veste di munifici committenti piuttosto che di progettisti o artefici. Dal punto di vista architettonico l’edificio simbolo della “svolta” è la basilica di S. Nicola a Bari, dal cui cantiere emergono proposte nuove anche nel campo della scultura grazie all’anonimo Maestro della Cattedra di Elia ed alla sua cerchia che a lungo influenzeranno i modi ed i modelli dei più importanti cantieri del XII secolo.
L'interno Un nuovo edificio: la basilica del Santo La basilica di S. Nicola venne fondata nel 1087 dall’abate benedettino Elia nell’area originariamente occupata dal praetorium bizantino, con lo scopo primario di accogliere le reliquie del Santo trafugate a Mira (in Asia Minore, attuale Turchia) da marinai baresi; si presenta come una basilica a tre navate con colonnato interrotto dalla presenza di pilastri, transetto libero, cripta ad oratorio triabsidata, absidi incluse da muro rettilineo inglobante le torri campanarie, fiancate serrate da arconi ciechi che annullano l’aggetto del transetto. La costruzione si protrasse per più di un secolo, ma l’avvio dovette essere particolarmente celere, se già nel 1089 papa Urbano II poteva consacrarne la cripta e nel 1105, alla morte di Elia, il successore Eustasio (1105-1123) proseguiva nel programma dedicandosi al decoro e all’arredo. Il cantiere nicolaiano interruppe la sua attività più volte; non toccato dalla repressione di Guglielmo il Malo (1156), l’edificio subì nella seconda metà del XII secolo una serie di trasformazioni, per giungere, nel 1197, alla solenne consacrazione. Sulla sua vicenda costruttiva sono state avanzate diverse ipotesi, invocate per giustificare una serie di anomalie e particolarità strutturali: le profonde arcate sormontate da gallerie che corrono lungo le fiancate “pareggiando” il transetto poco aggettante, le torri asimmetriche che serrano la facciata, la parete continua ad oriente che ingloba le absidi e due torri e si pone come vera e propria facciata rivolta al mare. Secondo alcuni la chiesa, nata come struttura basilicale ispirata al modello desideriano di Montecassino, sarebbe stata modificata in fieri con l’aggiunta dei matronei e delle arcate esterne per l’influenza di modelli settentrionali pervenuti con la mediazione benedettina e normanna; altri, all’opposto, ipotizzano un totale recupero delle strutture del complesso catepanale bizantino. Secondo più recenti letture, è impossibile negare l’esistenza di un progetto unitario, comprensivo sin dall’inizio di tribune, torri e facciata absidale, concepito da Elia per rispondere ad esigenze di natura tanto strutturale e funzionale quanto simbolica e rappresentativa. Il santuario, tappa obbligata sulle vie di pellegrinaggio, costituisce un punto di riferimento imprescindibile per l’architettura e la plastica medievali. Si tratta infatti della prima fabbrica pugliese nella quale le novità strutturali provenienti dal nord (Jumièges, Modena) si innestano sulla tradizione locale di ascendenza bizantina e campano-cassinese, prototipo e modello a sua volta di numerosi altri edifici religiosi di Terra di Bari eretti tra XII e XIII secolo. Il portale maggiore Il portale maggiore, affiancato insolitamente da due monumentali buoi stilofori che rimandano simbolicamente a Cristo, vittima del sacrificio, è incorniciato da un protiro cuspidato alla cui sommità troneggia una sfinge, ispirata ad antichi modelli in terracotta. Il vasto poema dell’Eucarestia è celebrato dalla presenza - tra le sculture e nelle anse del tralcio abitato che si snoda nascendo dai càntari - dei pavoni, delle colombe che beccano grappoli d’uva, degli angeli offerenti che reggono il pane consacrato nonché, al centro dell’archivolto interno, del carro della vendemmia e, sul timpano, del trionfo del Cristo/Sole sulla quadriga. Il tralcio accoglie però anche motivi di diversa natura. Nella metafora della lotta tra Bene e Male, rappresentata da una piccola scena di combattimento in un’ansa del doppio tralcio dello stipite sinistro, è adombrato il riferimento all’epopea crociata, intuibile nella diversificazione degli scudi (rotondi quelli dei vinti, a mandorla quelli dei vincitori). La porta “dei Leoni” Nella terza arcata del fianco sinistro della basilica si apre la cosiddetta “porta dei Leoni”. La fascia interna della lunetta è percorsa da una fila di cavalieri normanni al galoppo, che attaccano una città (forse Bari stessa) secondo un’iconografia - che ricorre anche nel duomo di Modena sulla Porta della Pescheria - tratta dall’epopea di Artù e tipica della cultura occidentale. Reminescenze padane emergono nei motivi che decorano la cornice dell’archivolto: fogliami, uccelli, animali fantastici, cui si ricollegano anche le figurazioni presenti nei due blocchi d’imposta (il mietitore a sinistra, e il potatore di viti a destra) simbolicamente alludenti all’Eucarestia, e coerentemente legati al tema celebrato nel portale maggiore della basilica. La cattedra di Elia S. Nicola è la chiesa dei pellegrini e della gente del mare, ma è anche basilica palatina. Come tale, in passato si schierò generalmente con il potere centrale, fu protetta dai Normanni, dagli Angioini e da tutti i sovrani che si avvicendarono sul trono di Napoli, ricevendone preziosissimi doni. Per queste sue caratteristiche fu quasi sempre in opposizione alla cattedrale, sede del vescovo, attorno alla quale si raccoglievano l’aristocrazia e la grossa borghesia cittadina, votate alla difesa di interessi più strettamente locali e per forza di cose generalmente in conflitto con il potere centrale. L’unico momento di incontro si verificò tra il 1098 ed il 1105 allorché Elìa, abate e fondatore della basilica, divenne vescovo di Bari, riunendo idealmente i due centri religiosi.
La cattedra di Elia: particolare della base La cattedra marmorea troneggia al centro del mosaico che riveste il presbiterio e la curva absidale. La collocazione attuale, risalente agli anni Cinquanta del XX secolo, riprende con tutta probabilità quella originaria, considerato il fatto che la sedia marmorea è un oggetto a tutto tondo, destinato per questo ad occupare uno spazio centrale che permetta la sua osservazione da ogni lato. Proprio sulla parte posteriore, oltre tutto, scorre l’iscrizione celebrativa di Elia, chiave di lettura e di interpretazione di tutto il manufatto. Si tratta di uno dei più noti pezzi della scultura romanica, ritenuto tradizionalmente eseguito proprio per Elìa nell’epoca in cui fu vescovo. In realtà si tratta di una sorta di falso documento, realizzato nella prima metà del XII secolo da un anonimo Maestro locale formatosi in cantieri lontani, e destinato a tramandare, insieme alla memoria del fondatore, le aspirazioni della basilica ad essere riconosciuta sede vescovile. Risvolti simbolici e squilibri inquietanti si incontrano in un oggetto che è da sé la negazione di una concreta destinazione d’uso: ben lungi dal trasmettere la solidità di un seggio destinato a sostenere il peso di una persona reale, la cattedra ondeggia infatti in equilibrio precario sulle instabili schiene degli schiavi che si divincolano azzannati dalle leonesse. La cripta È il cuore pulsante della basilica, luogo reale della reposizione delle venerate reliquie, nonché luogo simbolico nel quale le chiese d’Oriente e d’Occidente si incontrano nel nome di San Nicola. Ma è anche un ampio spazio assai articolato, esteso quanto l’area presbiteriale e situato in corrispondenza di essa, una vera e propria chiesa nella chiesa, con un’autonomia anche strutturale che le permette da sempre una vita ed una liturgia svincolate da quanto accade nel resto dell’edificio. Solo nella basilica nicolaiana lo schema architettonico detto “ad oratorio” raggiunge un particolare grado di equilibrio e proporzioni, caratterizzandosi - per impianto, dimensioni e concezione spaziale - in modo tale da divenire un modello seguito da quasi tutte le maggiori cattedrali di Terra di Bari. Le varianti rispetto alla cripta della cattedrale di Otranto (che fu la prima di questo tipo in Puglia) comprendono la riduzione del numero delle campate a trentasei, ed il restringimento delle absidi laterali per lasciare spazio all’impianto quadrangolare delle torri postiche innalzate agli spigoli del transetto, nonché una minore profondità dell’abside centrale il cui raggio appare proporzionato al lato delle stesse torri. La griglia delle colonne che sostengono le crociere tiene conto esclusivamente dell’asse dell’abside centrale, tanto che una colonna per parte si trova, decentrata, sulla corda di quelle laterali. Questa anomalia, messa a confronto con quanto accade in altri ambienti ipostili simili, è stata spiegata ipotizzando che il sistema di copertura a crociere sia stato programmato come operazione autonoma, subordinata soltanto ai piani di imposta presenti sulle murature perimetrali e non collegata ad un più generale progetto di sviluppo dell’intera struttura. L’impostazione della cripta appare qui in profonda relazione con la soluzione del blocco orientale transetto-absidi-torri racchiuso in un muro rettilineo continuo, nonostante alcune innegabili incongruenze costruttive nello sviluppo dell’edificio facciano pensare che contestualmente ci si sia dovuti adattare alla presenza di strutture preesistenti. Il corredo scultoreo testimonia dell’attività del primo cantiere attivo nella basilica, ed offre un importante punto di riferimento anche per la qualità e la quantità del reimpiego: le colonne sono di provenienza eterogenea e di materiali talora pregiati, molti capitelli sono di riporto e variamente databili tra IV e IX secolo. Ma è nei capitelli appositamente approntati in età medievale che emerge il carattere tipicamente romanico delle maestranze, di uno sperimentalismo giocato tra le infinite varianti del repertorio tradizionale e le possibili aperture all’orizzonte romanzo e ad una cultura occidentale.
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Vedi anche, nel sito: Pavimenti musivi figurati. Bari, Basilica di San Nicola (di Luisa Derosa).
Le immagini che corredano questa pagina (ne sono autori Nicola Amato e Sergio Leonardi), sono tratte da volumi di Mario Adda editore, Bari.
©2002 Stefania Mola