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Lucrezia Borgia nasce a Subiaco il 18 aprile 1480, figlia di Vannozza Cattanei (la donna che rimase al fianco di Alessandro VI per un quindicennio, devota come una moglie morganatica e madre di quattro dei suoi figli: Juan, Cesare, Jofrè e Lucrezia) e di Rodrigo Borgia, poi papa con il nome di Alessandro VI. Si sposa a 13 anni con Giovanni Sforza di Pesaro (il suo abito nuziale vale ben 15.000 ducati) e successivamente a 18 anni, dopo il decreto di annullamento del primo matrimonio, con Alfonso d'Aragona, duca di Bisceglie, fatto uccidere due anni dopo dal fratello di lei, Cesare Borgia, il celebre Valentino. Fra i due matrimoni intesse inoltre una relazione con Pedro Calderon, uomo di fiducia del padre. Anche questo rapporto viene troncato drammaticamente dalla famiglia: prima ferito di spada, Pedro viene poi ritrovato cadavere nel Tevere, mani e piedi legati. In seguito ai nuovi progetti matrimoniali della famiglia Borgia, Lucrezia si sposa con Alfonso d'Este, primogenito del duca Ercole I. Accompagnata da un grande corteo, il 2 febbraio 1502 entra a Ferrara, portando con sé la terribile fama di essere al tempo stesso "figlia, moglie e nuora" del papa Alessandro VI.
Bartolomeo Veneto, Lucrezia Borgia
A Ferrara vive diciassette anni amata dalla famiglia, idolatrata dai poeti di corte, come Strozzi, Bembo e Ariosto, benvoluta dai sudditi. È moglie fedele, fervente religiosa e madre di duchi. La sua condotta ferrarese risulta molto più lineare rispetto agli anni romani (Alfonso, timoroso nei confronti di una donna così chiacchierata, aveva voluto vederla di persona prima delle nozze, fatto del tutto inusuale in quell'epoca). Prolifica madre (sette figli tra il 1505 e il 1519) prudente e paziente con il duca Ercole I (subito pronto alle contestazioni dotali e al taglio drastico del suo seguito), dedita a pratiche religiose, a ritiri spirituali e a esercizi di penitenza, intreccia rapporti con esponenti di altre case regnanti e con artisti e letterati di primo piano della sua epoca: particolarmente toccante è l'intensa corrispondenza con Pietro Bembo.
Lucrezia morì di parto (alla sua ottava gravidanza) il 24 giugno 1519, a 39 anni d'età, terziaria francescana. È sepolta a Ferrara, nel convento del Corpus Domini.
All'epoca del matrimonio di Lucrezia con Alfonso d'Este, i letterati della corte estense composero testi poetici in onore della sposa. Tra questi Ludovico Ariosto che, nel suo epitalamio, paragona Lucrezia a Venere e canta il nuovo volto che Ferrara andava assumendo in quegli anni grazie all’"Addizione Erculea". Oltre a quello con Ariosto, anche il rapporto con altri letterati – Pietro Bembo, Ercole Strozzi e Giangiorgio Trissino – attesta il ruolo di musa ispiratrice da lei svolto a Ferrara. è Pietro Bembo, presente in mostra ritratto da Tiziano, colui che intrecciò con Lucrezia la relazione più intensa, che culminò nella dedica alla duchessa, nel 1505, del suo componimento più famoso: Gli Asolani che, con le lettere che i due si scambiarono e la celebre ciocca dei suoi biondi capelli da Lucrezia, sembra, donata al poeta, documentano una relazione diventata per alcuni l’ennesima conferma della sua dissolutezza, per altri la testimonianza di un legame profondo ma ideale e poetico.
Poche sono le immagini di Lucrezia. Unici documenti certi sono le due medaglie fuse per lei a Ferrara e la targa in argento, eseguita da Giannantonio Leli nel 1512, nella quale la duchessa è effigiata mentre rende omaggio a san Maurelio per aver protetto Ferrara e la dinastia estense. è un documento di vita vissuta questa targa, ma è anche testimonianza di un altro aspetto della sua personalità: una spiritualità che cresce con il trascorrere degli anni. Un segno di quella spiritualità è anche l’immagine della Beata Beatrice II d’Este, fondatrice del monastero di Sant’Antonio in Polesine, che Bartolomeo Veneto avrebbe raffigurato con le fattezze di Lucrezia Borgia per la quale lavorava.
Bartolomeo Veneto, Ritratto della Beata Beatrice II d'Este
Una copia settecentesca di quel dipinto si conserva in Sant’Antonio in Polesine e testimonierebbe la provenienza dell’originale da quel luogo. Un altro documento di tale spiritualità è la tavola di Dosso Dossi della National Gallery di Washington che raffigura santa Lucrezia di Mérida, voluta da Lucrezia come opera di devozione privata. Una devozione che le consente di affrontare con serenità la morte, il 24 giugno 1519, come dimostra la lettera da lei inviata a papa Leone X due giorni prima di morire.
L’immagine di una Lucrezia responsabile dei più orrendi misfatti (la si accusò di infamanti rapporti incestuosi con il padre papa e con il fratello: rapporti su cui in realtà nulla sappiamo di certo) fu sancita da Victor Hugo, nel suo dramma Lucrèce Borgia del 1833, e da Felice Romani, che, nello stesso anno, trasse dal testo di Hugo il suo libretto per il melodramma Lucrezia Borgia, musicato da Gaetano Donizetti. è soprattutto di Maria Bellonci, verso la fine degli anni Trenta del Novecento, il merito di aver restituito all'immaginario collettivo una Lucrezia più equilibrata e storicamente attendibile, immagine per altro già messa a fuoco nelle sue contraddizioni e nei suoi meriti dalla più avvertita storiografia.
Bibliografia
(cui si rimanda per le indicazioni sulle fonti)
Niccolò Macchiavelli, Il Principe. |
Ferdinand Gregorovius, Lucrezia Borgia, Le Monnier, Firenze 1874. |
Maria Bellonci, Lucrezia Borgia, Mondadori, Milano 1998 (I edizione Milano 1939). |
Maria Bellonci, Rinascimento privato, Mondadori, Milano. |
Sarah Bradford, I Borgia, Sperling e Kupfer. |
Vedi, nella sezione Medioevo in mostra, la scheda della mostra su Lucrezia Borgia.
©2002 su testi dei siti www.comune.ferrara.it e www.studioesseci.net.