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di Angelo Basta

Le fonti      La vita      L'Islam dopo Maometto      Temi e problemi      Bibliografia


Le fonti

Per tentare di scrivere un profilo di Maometto si deve inevitabilmente far riferimento a tre tipi di fonti che sono, tuttavia, la base della teologia islamica. 

Il Corano, innanzitutto, libro "dettato" dall'arcangelo Gabriele al profeta Muhammad in un periodo che va dal 609-610 al 632. Il possesso di libri e la possibilità di leggerli restò per lungo tempo limitata ad un ristretto numero di persone, cosicché alla gran massa il Corano continuò ad esser comunicato oralmente. Le edizioni manoscritte hanno continuato ad essere preferite anche dopo l'introduzione della stampa, la quale non permetteva, specialmente all'inizio, di avere un prodotto elegante che fosse paragonato a quello degli abili calligrafi. Avvenne così che il Corano fu stampato in arabo prima in Europa che nel mondo islamico. Di recente ne è stata ritrovata a Venezia la più antica edizione: quella di Paganino da Brescia (anche se piena di notevoli errori) che risale agli inizi del '500. Una buona traduzione è quella di Alessandro Bausani, il quale ha saputo produrre un'opera non solo priva di pregiudizi, ma anche saldamente impostata su solide basi storico-critiche.

La seconda fonte è l'Imitatio Muhammadis: la sua importanza è soprattutto giuridica, ma fra i numerosi hadit (tradizioni) specialmente interessanti sono quelli in cui anziché il profeta, è Dio stesso che parla in prima persona: si tratta di mistiche rivelazioni divine al suo profeta in momenti di grazia, non tramandate dal Corano perché non aventi valore normativo per tutta la comunità. L'insieme del "contegno del profeta" espresso con detti e fatti tramandati dalla tradizione si chiama sunna.

Terza fonte, in ordine di importanza, è il cosiddetto "consenso" dei teologi o dei giurisperiti, intesi come rappresentanti della comunità.

    

La vita

Dante così presentava il profeta nella Divina Commedia

«Mentre che tutto in lui veder m'attacco,
guardommi, e con le man s'aperse il petto,
dicendo: "Or vedi com'io mi dilacco!

Vedi come storpiato è Maometto!
Dinanzi a me sen va piangendo Alì,
fesso nel volto dal mento al ciuffetto.

E tutti li altri che tu vedi qui,
seminator di scandalo e di scisma
fuor vivi, e però son fessi così».

Inferno, Canto XXVIII, vv. 28-36.

  
Non alla stessa maniera Maometto appariva agli occhi di
Abu Bakr, che su di lui compose il distico: «come non c'è oscurità nella notte illuminata dalla luna così è Mustafa, il sostenitore, brillante».

Muhammad era di un'altezza poco sopra la media, robusto, ed aveva dita lunghe ed affusolate. I suoi capelli erano lunghi e spessi con «delle onde fra loro», così come lunghe e spesse erano le sue ciglia. La sua fronte era grande e prominente, il suo naso «stava inclinandosi», la bocca era piuttosto grande ed i suoi denti «erano in ordine». Aveva un sorriso piacevole. I suoi occhi erano grandi e marroni. La sua barba era spessa. Il suo portamento era costante e camminava così velocemente che «molti trovavano difficile mantenere il passo». La sua risata era soprattutto un sorriso.

Viveva in una capanna con muri di creta ed un tetto ricoperto di paglia e foglie di palmo, con pelli di cammello come rivestimento. Oltre a chiedere ai fedeli di respingere ogni forma di discriminazione razziale, Muhammad invitava a mostrarsi "superiori" alla vita mondana: così, quando una volta alcuni suoi discepoli, osservando «l'impronta del suo corpo sul materasso», decisero di dargli un letto più molle, lui declinò cortesemente l'offerta. Gli piacevano i bambini e lo testimonia la sua pratica di farli salire sul suo cammello quando tornava dai viaggi.

Il profeta predicò ai credenti di essere aperti e ben disposti non solo l'uno verso l'altro ma anche con tutti gli esseri viventi. Tra l'altro, vietò l'antica pratica di tagliar code e criniere ai cavalli, e ammonì chi li maltrattava ("Tema Allah per il suo comportamento verso gli animali"). Un'altra testimonianza del suo rispetto verso gli animali è data da questo episodio: quando il suo esercito marciava verso Makkah (La Mecca) per conquistarla, al passaggio di un cane con i suoi cuccioli egli ordinò di non disturbarli, ed anzi incaricò un fedele di assicurarsi che non venissero in alcun modo molestati, affermando: «Per ogni atto di gentilezza fatto ad un animale ci sarà una ricompensa in paradiso».

Il profeta raccomandava ai credenti di trattare anche con il povero con dignità e disponibilità, e di aiutarlo con elemosine: «Non è un musulmano perfetto chi mangia il suo piatto pieno e lascia il suo vicino di casa affamato».

L'epoca storica antecedente all'Islam e alla comparsa di Muhammad è conosciuta col nome arabo jahjiljìa: rappresenta il periodo in cui gli arabi «disprezzavano ancora Dio, i suoi profeti e le prescrizioni religiose». Fino a quel momento, infatti, le tribù della penisola araba seguivano prevalentemente culti politeisti, caratterizzati da divinità astrali, dall'adorazione di pietre (la più nota era la "pietra nera", il frammento meteoritico venerato nella Ka'ba), e dalla presenza di vari spiriti. Numerose le divinità femminili, e questo è un elemento alquanto singolare, tanto che per convertire le comunità pre-islamiche alla nuova religione monoteista, il profeta dovette attaccare e distruggere i culti delle dee. Questa decisione potrebbe essere interpretata anche come una delle ragioni della sottomissione della donna all'uomo. Va aggiunto che, sempre "nell'età dell'ignoranza", molte donne avevano l'uso di stabilire relazioni sessuali con più uomini, generando in tal modo forme di poliandria. L'avvento dell'Islam determinò non solo un rovesciamento del modo di vivere della comunità pre-musulmana, ma anche il superamento e il rovesciamento della stessa poliandria.

L'Islam ha piantato le sue radici nella regione di Higaz, lungo la costa occidentale dell'Arabia. In questa regione due erano i centri più attivi della vita sociale, economica e culturale, La Mecca e Yatrib (la futura Medina). Al confine vi erano i regni cristiani-bizantino e l'impero persiano, da cui monaci erranti spesso penetravano nell'Arabia. Vi erano poi numerose colonie ebraiche anche nella stessa Yatrib. Questi sono dati importanti: prima della nascita di Maometto esistevano già le condizioni perché potesse affermarsi una religione monoteista, o per lo meno si realizzasse un avvicinamento ad una concezione monoteista.

Basandoci su alcuni dati coranici, Maometto sarebbe stato risvegliato al divino verso i 40 anni. Si può quindi con una certa sicurezza porre la sua data di nascita fra il 569 e 571 della nostra era. Le altre due date certe della vita di Maometto sono quella dell'égira (higra in arabo) o migrazione a Medina (622), e quella della sua morte (632). Orfano di padre dall'età di sei anni, egli dovette lavorare duro, anche servendo come pastore presso alcuni parenti. La sua vita resta comunque priva di importanti eventi fino al matrimonio con la ricca Khadijah, di quindici anni circa più anziana di lui. In quel periodo sembra che Maometto abbia preso parte a parecchi viaggi che lo avrebbero messo sempre più in contatto con le tradizioni religiose ebraiche e cristiane. Ma è il 612 l'anno della rivelazione. Una rivelazione che avrebbe ordinato a Muhammad di iniziare il suo apostolato pubblico. 

Muhammad amava la solitudine e la meditazione, e solitamente si recava in ritiro spirituale in una grotta del Monte Hira', nei pressi della Mecca. Una notte, nel suo quarantesimo anno d'età, in quello che sarà poi il mese detto Ramadan e tradizionalmente dedicato al digiuno e al ritiro, mentre era solo nella grotta, egli vide un angelo in forma umana, che (secondo alcune fonti) lo invitò a leggere. Spaventato, fuggì dalla grotta. Raccontò l'accaduto alla moglie, che corse a riferire tutto al cugino Waraqah, un hanif (asceta e credente monoteista) grande conoscitore delle antiche scritture. Questi annunciò alla donna che il marito era il Profeta promesso. A questa seguirono altre conferme, direttamente dal Cielo sotto forma di rivelazioni. Incoraggiato dalla moglie, Muhammad cominciò a narrare dell'angelo e delle rivelazioni a coloro che gli erano più vicini e più cari. I primi ad accettare le regole della nuova religione, dopo Khadijah, furono il cugino Alì, il figlio adottivo Zayd, e l'amico fidato Abu Bakr, un uomo amato e rispettato poiché era amabile, gentile e di grande cultura. Per suo tramite molti aderirono alla nuova religione, e anch'egli, come Khadijah, non esitò a dedicare tutte le sue ricchezze alla causa dell'Islam.

Il gruppo dei credenti, uomini e donne, cresceva sempre più, anche se nessun invito ad aderire alla nuova religione era stato fatto pubblicamente. Nel 612 una visione avrebbe ordinato a Maometto di iniziare il suo apostolato pubblico. Nelle sure del Corano (il libro sacro della civiltà islamica) questo periodo è chiamato "primo periodo meccano"; i suoi temi centrali sono l'annuncio del giorno del giudizio  e quelli della rinascita dei corpi, della necessità della purificazione e di un miglioramento etico.

Tuttavia l'oligarchia coreiscita (della tribù dei Quraish, cui pure apparteneva Muhammad) della Mecca, che esercitava un discreto potere sulla comunità, cominciava a guardare con sospetto il neo profeta che predicava un Dio unico e si opponeva decisamente al politeismo, destabilizzando in qualche modo il suo potere. Così iniziarono i contrasti: Muhammad venne accusato di esser un mago o un visionario, di aver inventato personalmente le rivelazioni. Gli avvenimenti successivi costituiscono il secondo periodo meccano (615-619), in cui aumentano i riferimenti profetici, i racconti dei fatti compiuti da Maometto, la condanna del politeismo.

Inevitabile, si prospetta a quel punto una rottura insanabile con i potenti della Mecca. Rottura che segna l'inizio del "terzo periodo meccano" (619-622). Il 622 è l'anno dell'égira, cioè della migrazione che portò il Profeta e i suoi ad abbandonare la loro città d'origine. Questo accadde come conseguenza dell'inasprirsi della conflittualità tra i musulmani e i loro concittadini non credenti. La conversione di una forte personalità, il futuro secondo califfo Omar, diede un duro colpo in quegli anni a quanti sospettavano ancora della falsità del profeta. La situazione precipitò e l'opposizione ai musulmani assunse la forma di esclusione dai diritti tribali, il che significava una sorta di morte civile.

Intanto diversi abitanti della città di Yatrib si convertirono alla nuova fede. La città era dilaniata dalle lotte interne tra i gruppi di monoteisti e gli ebrei, fra le due grandi tribù-fazioni degli Aus e dei Hazrag che chiedevano un capo imparziale. Il profeta decise di raggiungere Yatrib, che prese allora il nome di Medina (letteralmente «città del profeta»), una città di modesta importanza e, a differenza della Mecca, di un peso economico non rilevante, e ne venne riconosciuto dagli abitanti capo indiscusso.

Si apre così il periodo medinese (622-632), caratterizzato da un Maometto ormai condottiero e quasi capo di Stato. Le sure di quel decennio riportano la soluzione di problemi pratici, regole sulla spartizione del bottino, norme sulla divisione dell' eredità, e via dicendo. In seguito ebbe inizio una lunga e dura lotta contro i coreisciti della Mecca che diventavano sempre più diffidenti verso gli "opportunisti" ebrei. Nel 630 Muhammad con una schiera di circa 10.000 seguaci marciò sulla Mecca e vi entrò senza colpo ferire. 

La sua morte avvenne l'8 giugno 632 fra le braccia della nuova moglie 'A'isa.

    

L'Islam dopo Maometto

Come, con quali norme e da parte di chi, designare il "sostituto" dell'insostituibile Muhammad? Questioni di non facile soluzione: tant'è che, sulla successione politica del profeta i trattati ufficiali di teologia spesso contengono, alla fine, una trattazione del problema dell'imamato. Imam è il capo della comunità musulmana, più comunemente chiamato khalifa, califfo. Dato che, come vedremo, il profeta è anche legislatore e la legge religiosa investe tutti i campi della vita individuale, sociale e politica del credente, il califfo ne sarà il successore solo in quanto esecutore pratico della sua legge, già data, e quindi in nessun modo suo successore nella qualità di profeta. L'Imam legittimo deve possedere queste qualità: appartenere alla tribù dei Quraish, dimostrare competenza e capacità, possedere scienza e virtù, esser degno di governare gli uomini conducendoli lungo il retto cammino, ed essere privo di difetti fisici. La sua nomina può avvenire o per via diretta dal profeta, o per designazione del precedente imam, ovvero per designazione da parte dei maggiorenti della comunità. 

I primi problemi che sorsero nella comunità musulmana al suo primo espandersi dopo la morte del profeta - un'espanzione che in pochi anni causò il crollo di una delle due maggiori potenze mondiali di allora, l'Impero persiano, e sconfitte e perdite territoriali enormi all'altra, l'Impero bizantino, fenomeno che desta tuttora l'interesse degli storici - furono soprattutto di organizzazione giuridica. Il Corano infatti, pur contenendo in sostanza le indicazioni fondamentali del fiqh (legge), era lungi dal precisarle organicamente e non ne forniva più che un abbozzo. Sembra certo che nel più antico periodo dello sviluppo dell'Islam le autorità, di fronte alla scarsità del materiale giuridico coranico e di dimostrabili "precedenti" cui ispirarsi, e di fronte all'assenza del non ancora codificato hadit, dovessero far ampio uso del ra'j (opinione personale). A Medina, poco meno di cinquant'anni dopo la morte del profeta, il sistema del diritto sembra essere stato già fissato nelle linee fondamentali, senza alcun intervento delle pubbliche autorità, che come è documentato storicamente si ritenevano incompetenti in quest'opera legislativa, consistente in sostanza nel conoscere con la maggior precisione possibile che cosa Dio avesse voluto prescrivere al suo popolo.

 

    

Dopo Maometto l'espansione dell'Islam continuò con Abu Bakr, ma fu soprattutto il califfo Omar a costruire una sorta di impero teocratico. A metà del VII secolo Siria, Egitto, Palestina, Iraq e Persia erano in mano agli arabi. Con il 661 terminava la serie di califfi imparentati con Maometto. Con la nuova dinastia, che si chiamò Omayyade, le due capitali originarie La Mecca e Medina furono sostituite dalla siriana Damasco nella funzione di centro coordinatore non solo degli aspetti religiosi ma anche di quelli politici. La vita politica e amministrativa venne riformata nel senso di una maggiore centralizzazione. Nel periodo Omayyade il califfato si allargò ancora: le truppe musulmane conquistarono l'antica provincia romana d'Africa (Tunisia), poi giunsero fino alla costa Atlantica del Marocco. All'estremità opposta arrivarono fin sotto Costantinopoli e fino al cuore stesso dell'Asia; da lì infine avanzarono nel nord-ovest dell'India, mentre un contingente passò dal Nordafrica nella penisola iberica. Nel 750, sotto la guida di Abu-l-Abbas, le popolazioni musulmane della Persia unirono gli scontenti e rovesciarono gli Omayydi, i cui ultimi esponenti si rifugiarono in Spagna, dando vita all'emirato di Cordova. Con la nuova dinastia persiana, gli Abbasidi, si affermava un'idea di eguaglianza tra tutti i musulmani e, dunque, diminuiva il predominio arabo.

  

Temi e problemi

Maometto era davvero analfabeta, come solitamente si ritiene?

Per ben due volte nella sura 7 (vv. 157 e 158) Maometto viene definito ummi, termine arabo che significa comunemente "analfabeta" e che in tal senso è stato spesso interpretato dagli esegeti musulmani. Il loro intento era chiaramente apologetico: quanto maggiore era infatti l'ignoranza del profeta, tanto più in termini divini e miracolosi sarebbe stato percepito il testo del Corano. Suggestivo è il parallelo, proposto da Paolo Branca, tra Maometto e Maria: come quest'ultima, pur essendo vergine, concepì Gesù «Parola di Dio fatta carne», il profeta dell'Islam, analfabeta, ricevette sempre da Gabriele il Corano, «Parola di Dio fatta libro». Altri studiosi hanno tuttavia avanzato riserve su questa interpretazione: il termine ummi, infatti, viene utilizzato dal Corano anche per indicare interi popoli che non possedevano e perciò ignoravano sacre scritture (2,78; 3,20 e 75; 62,2), sicché la sua corretta interpretazione dovrebbe essere posta in relazione con coloro che ancora attendevano la rivelazione. Dunque, Maometto profeta "dei pagani" piuttosto che "analfabeta". Significativi sono i passi coranici (25,5; 29,48), che lasciano intendere che il profeta sapesse leggere e scrivere. Se ne potrebbe quindi concludere che col termine ummi non si volesse indicare tanto una "ignoranza" in senso assoluto, quanto l'"ignoranza" della "Scrittura" intesa come rivelazione di un libro santo. Per questo la traduzione di "profeta illetterato" sembra essere una soluzione più accettabile, equidistante tra l'interpretazione islamica tradizionale e il parere degli studiosi.
  

Il concetto di Gihad

La parola gihad significa letteralmente «sforzo», e si precisa in genere sforzo "sulla via di Dio". È un fatto che nel Corano le prescrizioni relative al gihad mostrano un'evoluzione di significati cronologicamente definibili: da un'ampia tolleranza non violenta, a una guerra puramente difensiva, fino a prescrizioni più generali e violente. Comunque, secondo il diritto islamico, il gihad diventa obbligo personale di tutti i credenti capaci di portare armi solo in caso di aggressione. La traduzione comune, "guerra santa", è impropria, se non altro perché il concetto di santità è nell'Islam del tutto diverso dal nostro. Tuttavia è innegabile che nella storia islamica jihad abbia anche significato, in modo tutt'altro che accidentale, un comportamento bellico, una guerra, e non solo uno sforzo di perfezionamento.

Alcuni moderni apologeti e teologi si sono impegnati nel dimostrare come il jihad non sia mai stato inteso come una guerra offensiva, ma come reazione armata soltanto difensiva o, secondo altri, una guerra di liberazione. Tuttavia si può ben affermare che se nel Corano inizialmente il termine possiede un significato non di guerra ma di tensione, di sforzo personale (quasi, si può dire, come quello del ramadan), tuttavia già dal terzo periodo meccano, con l'aggravarsi della situazione politica e sociale, i termini derivati dalla radice jhd sembrano indicare qualcosa di diverso e di più che un semplice coinvolgimento nella nuova fede sino al sacrificio; così, dopo l'égira, i termini con radice jhd vengono quasi sempre abbinati a significati che contengono una piena disponibilità a combattere.

Tra gli storici medievisti e su un piano di alta divulgazione, è significativo il contributo di Gabriella Piccinni che scrive : «Spiegare l'espansione territoriale araba con il fanatismo musulmano e la sua guerra santa, tuttavia, è sbagliato: infatti i beduini avevano all'epoca una conoscenza molto superficiale dell'Islam e le motivazioni religiose entravano perciò pochissimo in gioco. Del resto dopo la conquista si convertivano alla religione dei nuovi venuti. L'espansione dei combattivi popoli arabi fu possibile soprattutto grazie alla forza che derivava loro da un sovrappopolamento marcato della penisola che li aiutava a traboccare fuori dalle proprie frontiere. L'islamismo si diffuse, semmai, perché ogni nuovo centro di popolamento arabo fuori della penisola diveniva, in modo naturale, anche un centro di diffusione della nuova religione».

 

Bibliografia (cui si rimanda per le indicazioni sulle fonti)

Erdmute Heller - Hassouna Mosbahi, Dietro il Velo, Laterza, Roma-Bari 1996 (ed. or. Hinter den Schleiern des Islam,    Munchen 1993);
Gabriella Piccinni, I mille anni del Medioevo, Bruno Mondadori, Milano 1999;
Il Corano, a cura di Paolo Branca, il Mulino, Bologna 2001;
Alessandro Bausani, L’Islam, Garzanti, Milano 2002.
www. cronologia.it;
www usc.edu.

  

  

©2003 Angelo Basta

  


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