Nel corso dei secoli le Metamorfosi,
opera famosissima dello scrittore latino Ovidio, fu copiata svariate
volte dai miniatori che, oltre a trascrivere non proprio fedelmente il
testo, affiancavano alla parte scritta delle immagini, per poter sia
rendere più facile la lettura del brano sia per abbellire le edizioni
dei codici manoscritti. La miniatura con Mercurio e Argo (fig. 1) focalizza l’attenzione su un episodio raccontato nel primo libro delle Metamorfosi in cui il figlio di Giove, sotto suo ordine, addormenta Argo per poi ucciderlo e liberare Io, l’ex amante del padre degli dei. L’opera in questione è stata dipinta su un manoscritto conservato alla Biblioteca Municipale di Lione e accompagna un testo che porta il titolo di Ovide Moralisé, di uno scrittore anonimo, tradotto da Chrétien Legouais. Il codice è datato nello stesso arco di tempo in cui videro la luce altre due celebri edizioni dell’Ovidé Moralisé oggi conservate a Roma e a Ginevra.
Anticipando quella che sarà
l’iconografia che caratterizzerà la maggior parte delle opere
seicentesche, in questo disegno si vedono Mercurio, intento a suonare
una cornamusa (generalmente lo si trova impegnato a suonare la siringa
di Pan o un flauto, ma mai una cornamusa! Boccaccio nella sua opera Genealogie Deorum Gentilium, scritta tra 1350 e il 1374, riferisce,
rimanendo fedele al testo di Ovidio, che Mercurio addormentò Argo al
suono di una zampogna.), e Argo, seduto su una roccia già
addormentato e appoggiato al suo bastone (entrambi sono vestiti con
abiti tipicamente medievali). Manca la figura animale o umana di Io,
ma al suo posto sono state raffigurate delle pecore, che, molto
probabilmente costituiscono il gregge del pastore Argo. La
disposizione del paesaggio con gli alberi posti solo a destra e a
sinistra su un piccolo promontorio si avvicina alle soluzioni
paesaggistiche adottate dai miniatori dei manoscritti dell’Ovide
Moralisé conservati a Roma e Ginevra. In stretto rapporto figurativo con la miniatura che illustra il
manoscritto dell’Ovide Moralisé
conservato a Lione (fig. 1), è il disegno di mano sconosciuta
eseguito per decorare le pagine del testo del Tacuinum
Sanitatis conservato alla Biblioteca Nazionale di Vienna (fig. 2).
I taccuini, immediati successori degli
erbari da cui discendono, sono dei trattati di carattere enciclopedico
in cui vengono descritte le conoscenze relative alle piante, agli
animali, alla medicina, alle condizioni climatiche, alle stagioni,
all’igiene e agli umori degli uomini (sui quali i composti delle
erbe esercitano un influsso positivo). Il Tacuinum
Sanitatis esistente in diversi esemplari, è una copia di un testo
arabo scritto nell’XI secolo da Ibn Botlan (un medico arabo allievo
di Ibn el Taijib a Bagdad; nel 1047 si recò in Egitto, poi a
Costantinopoli e ad Antiochia, dove si ritirò in convento; molto
probabilmente fu anche teologo. Morì dopo il 1068), e giunto in
Italia nel XIII; non si conosce la data esatta della traduzione del
testo dalla lingua originale al latino. Non è accertato neppure se le
figure, che trasportano in immagine le didascalie, siano state tratte
dal testo di Ibn o se siano state aggiunte dai copisti in un secondo
momento: infatti nella cultura letteraria araba raramente si ricorreva
all’utilizzo di immagini per rendere più comprensibile o gradevole
un libro, ma ciò non esclude che dei disegni fossero presenti nel Tacuinum
Sanitatis. Si ipotizza che l’opera abbia raggiunto l’Occidente
tramite gli arabi che all’epoca vivevano nella Spagna Meridionale.
Il Tacuinum spiega gli effetti che le sostanze presenti in natura
procuravano sull’organismo: da ciò che influiva positivamente o
negativamente sugli umori dell’uomo ai fenomeni meteorologici
dannosi o benefici per la salute fino al consumo di cibi e bevande; il
Tacuinum comprendeva la descrizione dei prodotti più diversi del
regno vegetale e del regno animale, degli abiti, degli atti della vita
umana (dal sonno al riposo, dai pasti al vomito), dall’equitazione
alla lotta; importante era far conoscere in che modo si potesse
restare in salute attraverso la compilazione di tutto ciò che potesse
influire sulla salute, ma anche porre rimedio alla malattia. La miniatura mostra due uomini seduti su un promontorio e diversi
animali nei dintorni: data la somiglianza dei due individui con quelli
che raffigurano Mercurio e Argo
nella miniatura di Lione e data la presenza di una gigantesca mucca in
primo piano (assente nell’altro manoscritto), l’episodio, pur non
facendo riferimento ai racconti ovidiani, potrebbe raffigurare Mercurio,
Argo e Io (fig. 2). Il fatto che nessun attributo che determini l’identità di Mercurio
sia presente non può far sì che venga respinta l’ipotesi che
l’uomo sia il figlio di Giove perché nemmeno nella rappresentazione
miniata del dio dell’Ovide
Moralisé lionese compaiono il caduceo, il petaso o le ali;
l’uomo/Mercurio sta suonando il flauto (che nel disegno di Lione era
diventato una cornamusa, figg. 3 e 4), mentre accanto a sé ha
appoggiato un bastone (molto simile a quello su cui si appoggia Argo
dormiente nel disegno di Lione); entrambi sono indizi a favore
dell’interpretazione di vedere nell’uomo la figura di Mercurio: il
flauto perché il suono della musica serve per far addormentare Argo e
il bastone perché per ingannare Argo si fa credere un pastore.
L’uomo seduto accanto al musicista rimanda in tutto al ruolo di
pastore qual’era Argo e sono: il bastone che tiene in mano, il
gregge di pecore, le capre, i maiali e la mucca, che potrebbe
raffigurare Io trasformata in giovenca.
Nel Tacuinum Sanitatis le
figure completano le informazioni dello scrittore riportate sottoforma
di semplici tabelle, perché, come è chiarito nel testo di
presentazione al codice, i discorsi molto articolati e lunghi possono
annoiare i lettori che vogliono conoscere dalla scienza chiare
definizioni e non leggere lunghe discussioni scientifiche. In generale
le immagini risultano inessenziali per l’individuazione delle varietà
botaniche spiegate, quindi è presumibile che l’illustratore si sia
ispirato per la realizzazione delle miniature ad un repertorio
figurativo già esistente; nel Medioevo frequentemente accadeva che
alcune immagini venissero ad “accompagnare” libri diversi. Del Tacuinum esistono diverse
versioni, delle quali quelle di lusso erano principalmente libri di
immagini; una di queste copie fu commissionata da Bernabò Visconti
(1323-1385) come dono per la figlia Verde (1364-1414) che sposò
l’arciduca Leopoldo d’Asburgo (1349-1386), una versione posteriore
di 60-80 anni (datata al XV secolo) appartenne al conte Luigi di
Wurtemberg e a sua moglie Matilde, figlia di Luigi di Baviera, conte
Palatino del Reno.
Testi da consultare:
|
©
ì su |