 Sono
conosciuti con un nome, "Berberi" che altro non è se non una variante
(secondo alcuni dal greco "barbar" che ben conosciamo, secondo altri
dall'arabo "berbereh" - "stranieri") di quel "barbari" che ha il
solo significato di rimarcare un senso di estraneità totale. Tra loro
si
chiamano "Amazigh" che già secondo Leone l'Africano significa
"uomini liberi", ma anche questa interpretazione è stata contestata,
perché non c'è radice della "MZ-Gh" con significato di "libero" nelle
moderne lingue berbere e molti ritengono il termine più affine alla
parola Tuareg "amajegh", che significa "nobile" [ 1]. Storicamente, li
hanno chiamati con molti altri nomi: sono stati i Meshwesh o Mashewesh
per gli Egizi, i Libici per i greci antichi, i Numidi e i Mauri
per i Romani e i Mori per gli europei alto e bassomedievali [ 2].
In ogni caso, con qualunque nome siano stati conosciuti, i Berberi
hanno avuto un ruolo fondamentale, anche se spesso misconosciuto, nello
sviluppo dell'area mediterranea e meritano di essere analizzati un po'
più da vicino.
Sebbene
alcune pitture rupestri risalenti a 12.000 anni fa siano state trovate
a
Tadrart Acacus in Libia, abbiamo la certezza solo che una cultura
neolitica, caratterizzata dalla domesticazione degli animali e dalla
formazione di una agricoltura di sussistenza, si sia sviluppata
nel Sahara e nella regione del Mediterraneo meridionale (Maghreb)
unicamente
tra il 6000 a.C. e 2000 a.C. Questa cultura, che è riccamente
rappresentata nei dipinti rupestri di "N'Ajjer Tassili" del sud-est
dell'Algeria, risulta predominante nel Maghreb fino al periodo
classico. Questi proto-Berberi, però, mancavano di una lingua scritta e
per questo tendono a essere conosciuti solo attraverso resoconti
storici di popolazioni altre [3].
è indubbio, in ogni caso, che i Berberi siano vissuti in Nord Africa,
tra l'Egitto e l'Oceano Atlantico, fin dai tempi più remoti: le prove
dell'esistenza di questi primi abitanti della regione si trovano
nell'arte rupestre in tutto il Sahara e, per altro, riferimenti
alla loro esistenza si riscontrano molto spesso in tutte le antiche
fonti egiziane, greche e romane. Alcune tribù berbere ricevono le loro
prime menzioni scritte addirittura nel Periodo Predinastico dell'Antico
Egitto, e durante il Nuovo Regno gli Egiziani combatterono lungamente
contro gruppi Meshwesh e di "Libu" ai loro confini occidentali. A
partire dal 945 a.C. circa, gli Egiziani furono addirittura
governati da immigrati Meshwesh che fondarono la XXII dinastia sotto
Shoshenq I, iniziando un lungo periodo di dominio berbero
in
Egitto. Sicuramente rimasero la popolazione principale del deserto
occidentale e compirono numerose incursioni verso oriente, tanto che i
cronisti bizantini spesso si lamentano delle frequenti razzie dei
"Mazikes" (Amazigh) contro i monasteri delle aree più periferiche
dell'Impero [4]. Allo stesso modo, nel corso del tempo, le
regioni costiere
del Nord Africa videro una
lunga sfilata di invasori e coloni compresi Fenici (che fondarono
Cartagine), Greci (soprattutto a Cirene, Libia), Romani, Vandali e
Alani, Bizantini, Arabi, Ottomani, Francesi e Spagnoli. La maggior
parte se non tutti questi invasori hanno lasciato qualche impronta
sulla berberi moderni, così come hanno fatto gli schiavi prelevati
dalle coste di
Italia, Spagna, Francia, Portogallo, Inghilterra, Irlanda, Scozia e nel
nord (soprattutto dall'Islanda), in particolare durante il periodo
delle incursioni moresche e del "commercio schiavistico in Berberia"
(tenendo conto che
alcune stime sul numero degli schiavi europei portati in Nord Africa
hanno proposto, solo per il periodo ottomano, un numero che
si aggira intorno agli 1,25 milioni). Infine, anche le interazioni con
i vicini imperi sudanesi, con gli africani sub-sahariani e
con i nomadi dell'Africa orientale ha lasciato impronte profonde sui
popoli
berberi, soprattutto allorché alcune tribù in precedenza dislocate
nelle arre dell'Azer e del Bafour hanno cominciato a spostarsi verso
sud, dopo essere stati, a loro volta, culturalmente assimilati in gran
parte del
Nord Africa dagli Arabi, in particolare dopo l'incursione dei Banu
Hilal nel XI secolo [5]. Tutti
questi contatti di vario tipo hanno fatto
dei Berberi una delle popolazioni più fortemente sincretiche dell'area
mediterranea, ma non per questo hanno eliminato quelle connotazioni
culturali
che da sempre risultano proprie di questo gruppo etnico. Ciò è
soprattutto vero per quelle zone che hanno sempre mantenuto la lingua e
le tradizioni berbere tra gli altipiani della Cabilia e il
Marocco, la maggior parte delle quali sono rimaste indipendenti, almeno
praticamente, anche in epoca romana e ottomana e in cui i Fenici non
sono mai penetrati molto
oltre la costa. Nelle aree di più intensa colonizzazione, laddove
la penetrazione culturale, in particolare romana, fu più forte, è
possibile ricordare che un autore come Apuleio trasse certamente
ispirazione per le sue opere da leggende berbere e che i berberi
pre-islamici, cristianizzati (a parte quella porzione che
mantenne la religione politeista tradizionale e un nucleo consistente
che aderì all'Ebraismo), furono protagonisti di un momento importante
nella storia del Cristianesimo come lo sviluppo della dottrina
donatista e diedero alla Chiesa grandi pensatori come sant'Agostino, e
tre papi (oltre che un imperatore romano, Settimio Severo, che
era un nordafricano di
ascendenza romano- punica ma con un percentuale di sangue berbero) [6] .
 Dal
punto di vista politico, durante l'epoca pre-romana tutta l'area
berbera era suddivisa in vari stati successivi indipendenti (Massylii),
parzialmente unificati solo successivamente, relativamente alla zona
della Numidia, dal re Massinissa.
In una fase successiva, corrispondente all'incirca al periodo
medievale, tutti i gruppi di Berberi Mazigh si separarono in due rami
chiaramente distinti (Botr e Barnes), a loro volta divisi in
tribù e sotto-tribù. Conseguentemente, ogni regione del Maghreb era
abitata da diverse tribù (ad esempio Sanhadja, Houaras, Zenata,
Masmouda, Kutama, Awarba, Berghwata, ecc.), tutte indipendenti e con
piena sovranità sul territorio che occupavano.
Provenendo la nobiltà da differenti clan tribali, é facile comprendere
la ragione per la quale diverse dinastie berbere emersero durante il
Medioevo nel Maghreb, in Sudan, in Andalusia, in Italia, in Mali, in
Niger, in Senegal, in Egitto e in altre aree minori: Ibn Khaldun arriva
addirittura a fornire una tabella che riassume le dinastie berbere al
potere nel periodo in cui scrive (XVI secolo) e menziona Zirid, Banu
Ifran, Maghrawa, Almoravidi, Hammadid, Almohadi, Merinidi, Abdalwadid,
Wattasid, Meknassa e dinastie Hafsid [ 7].
Approssimativamente i due macro-rami Botr e Barnes possono essere fatti
corrispondere alle divisioni imperiali (provinciali e clientelari) tra
Mauretania e Numidia.
 Nell'antichità, la Mauretania era
originariamente un regno indipendente sotto il re Bocco I (110-80 aC),
sulla costa mediterranea occidentale (tra Algeria e Marocco) del Nord
Africa. Prese il suo nome dalla tribù reale dominante, i Mauri, quelli
che, qualche secolo più tardi (ed estendendo il termine in forma
collettiva) divennero tristemente noti sulle coste europee come Mori.
Ben più importante dal punto di vista storico fu l'altra provincia,
quella della Numidia, sopravvissuta come indipendente dal 202 a.C. al
46 a.C. e posizionata sul confine orientale della moderna Algeria, tra
Mauretania e provincia d'Africa.
Il nome di Numidia fu attribuito da Polibio e da altri storici nel
corso del III secolo a.C. per indicare il territorio ad ovest di
Cartagine, fino al fiume Mulucha (Muluya), circa 100 miglia a ovest di
Orano. I Numidi erano visti dai Romani come due grandi gruppi tribali:
i Massylii nella parte orientale della Numidia, e il Masaesyli a ovest.
Durante la prima parte della seconda guerra punica, i Massylii
orientali, sotto il re Gala erano alleati con Cartagine, mentre i
 Masaesyli
occidentali, sotto il re Siface erano alleati con Roma. Tuttavia, nel
206 aC, il nuovo re del Massylii orientali, Massinissa, si alleò con
Roma, e Siface del Masaesyli convertí la sua fedeltà al lato
cartaginese. Alla fine della guerra i Romani vittoriosi,
conseguentemente, diedero l'intera Numidia a Massinissa dei Massylii.
Al momento della sua morte, nel 148 aC, il territorio di Massinissa si
estendeva dalla Mauritania al confine del territorio cartaginese,
allargandosi verso sud-est fino ad inglobare la Cirenaica, cosicché la
Numidia circondava interamente Cartagine (Appiano, Punica, 106) [ 8] lasciandole unicamente uno
sbocco verso il mare.
A Massinissa successe suo figlio Micipsa e quando Micipsa morì, nel
118, gli successero congiuntamente i suoi due figli Hiempsal I e
Adherbal e il nipote illegittimo di Massinissa, Giugurta, di madre
berbera (a differenza dei nipoti), che e  ra molto
popolare tra i Numidi. Hiempsal e Giugurta iniziarono a litigare subito
dopo la morte di Micipsa per questioni relative alle rispettive aree
d'influenza e Giugurta finì per uccidere Hiempsal, cosa che lo portò ad
uno stato di guerra aperta con Adherbal. Dopo che Giugurta lo
sconfisse in battaglia aperta, Adherbal fuggì a Roma per chiedere
aiuto. I funzionari romani, presumibilmente per questioni di tangenti,
ma forse (più probabilmente) a causa di un desiderio di porre fine
rapidamente ad un conflitto in un regno cliente redditizio, invasero in
massa il Paese, stabilendovi un numero notevole di contingenti, e lo
divisero in due parti, la parte occidentale delle quali venne data a
Giugurta. Tuttavia, subito dopo, il conflitto si accese di nuovo,
portando alla guerra tra Roma e Giugurta che risultò nell'inglobamento
da parte dell'Impero di tutta la Numidia [ 9].
 Il
Paese rimase sotto il potere imperiale (prima globale, poi orientale),
con la parentesi dei Vandali, con
i quali i Berberi non si mescolarono mai e che non lasciarono tracce
concrete del loro passaggio sulle cultura locali, fino alla conquista
araba. A differenza di precedenti
conquiste portate da altre civiltá con diverse religioni e culture,
l'avvento dell'Islam, portato dagli Arabi, era destinato ad avere
effetti pervasivi e duraturi sul Maghreb. La nuova fede, nelle sue
varie forme, avrebbe penetrato quasi tutti i segmenti della società,
infiammando gli eserciti e formando uomini dotti e mistici fervente,
finendo per sostituire quasi completamente le precedenti pratiche
tribali e portando a nuove norme
sociali e situazioni politiche [ 10].
Tuttavia, l'islamizzazione e l'arabizzazione della regione fu un
processo lungo e complicato, tenendo conto che i Berberi nomadi
finirono per convertirsi completamente e assistere i conquistatori
arabi nell'emarginare le comunità cristiane e israelite solo a partire
dal XII secolo circa.
Le prime spedizioni militari arabe nel Maghreb si ebbero, però, già tra
642 e 669 d.C.: queste prime incursioni partivano da basi situate
in Egitto e nascevano più per iniziative locali, che per ordini precisi
provenienti dal califfato centrale. Ma, quando la sede del califfato
venne spostata da Medina a Damasco, gli Omayyadi (la dinastia
musulmana regnante tra 661 e750 d.C.) riconobbero la necessità
strategica di
dominare il Mediterraneo e progettarono uno sforzo
 militare
sul fronte dell'Africa settentrionale. Nel 670, quindi, un esercito
arabo sotto ibn Nafi Uqba fondò la città di Qayrawan circa 160
chilometri a sud dell'odierna Tunisi e la utilizzarono come base per
ulteriori operazioni.
Abu al Muhajir Dinar, il successore di Uqba, si spinse verso ovest, in
Algeria e, infine, riuscì a elaborare una sorta di "modus vivendi" con
Kusaila, il capo di
una confederazione molto estesa di Berberi cristiani. Kusaila, che
aveva sede
a Tilimsan (Tlemcen), divenne un musulmano e trasferì il suo
quartier generale a Takirwan, vicino a Qayrawan.
In realtà, comunque, la concordia tra Arabi e Berberi fu di breve durata
e i due gruppi etnici finirono per contendersi la regione e conquistarla
alternativamente fino al 697. Dal 711, però, le forze omayyadi
aiutato da clan di Berberi convertiti all'Islam, riuscirono in breve
tempo a conquistare tutto il Nord
Africa, cosicché governatori nominati dai califfi omayyadi finirono per
governare da Qayrawan tutta la nuova provincia islamica di "Ifriqiya",
che comprendeva Tripolitania (la parte occidentale della attuale
Libia),
Tunisia e Algeria orientale.
 La
diffusione dell'Islam tra i Berberi non garantì, comunque il loro
sostegno
al califfato arabo, soprattutto a causa dell'atteggiamento
discriminatorio
degli Arabi, che si alienarono ogni simpatia tassando pesantemente la
popolazione locale, trattando i convertiti come Musulmani di seconda
classe, e,
nei casi peggiori, riducendo interi clan in schiavitù. Come
risultato l'opposizione alla dominazione araba si diffuse rapidamente e
prese la forma di una aperta rivolta a partire dal
739-40, sotto la bandiera dell'Islam kharigita. Il Kharigismo, una
setta islamica nata da una costola Sciita ribelle nel 657 d.C., stava
combattendo la regola omayyade in Oriente e i Berberi, già in lotta
contro Damasco, furono molto
attratti dai precetti apparentemente egualitari del gruppo [ 11].
Dopo la rivolta vittoriosa, il Kharigismo stabilì una serie di regni
tribali teocratici, molti dei quali destinati ad avere una storia breve
e travagliata, ma
altri, come quelli di Sijilmasa e Tilimsan, grazie alla loro favorevole
posizione a cavallo delle principali rotte
commerciali, molto più vitali e prosperi. Nel 750, gli
Abbasidi, che erano succeduti, dopo lotte sanguinose, agli Omayyadi
come governanti musulmani,
spostarono il califfato a Baghdad e riuscirono a ristabilire l'autorità
califfale in
Ifriqiya, con la nomina di ibn Ibrahim al Aghlab, un berbero musulmano,
come governatore a Qayrawan. Anche se nominalmente asserviti al
califfo, Al
Aghlab e dei suoi successori, gli Aghlabidi, governarono in modo
praticamente totalmente indipendente fino al 909, creando una corte che
divenne un centro fondamentale di studi e cultura islamica.
 Appena
a ovest delle terre degli Aghlabidi, intanto, Abd ar Rahman ibn Rustam
governava la
maggior parte del Maghreb centrale da Tahert, a sud ovest di Algeri,
con la fondamentale caratteristica che dopo di lui tutti i
governanti dell'imamato rustamide, che durò dal 761 al 909, furono imam
kharigiti eletti da un consesso dei notabili locali, cosa questa che
favorì un notevole grado di concordia sociale, guadagnando ai governanti
un'ottima reputazione per la loro onestà, pietà e giustizia. Tra
l'altro, i
giudici di Tahert furono i primi regnanti al mondo a istituire borse di
studio
in matematica, astronomia, astrologia, teologia e diritto. Il problema
fu che i rustamidi non riuscirono, per scelta o per negligenza, ad
organizzare un
esercito affidabile e questo fattore fu importante, insieme ad un
progressivo collasso della dinastia in decadenza, nell'aprire la strada
di Tahert al successivo assalto dei Fatimidi [ 12].
(1) H. Ilahiane,
Historical Dictionary of the Berbers, The Scarecrow Press 2006,
pp. 19-20.
(2) K.E. Hoffman, S. Gilson Miller, Berbers and Others: Beyond Tribe and
Nation in the Maghrib, Indiana University Press 2010, passim.
(3)
M. Brett, E. Fentress, The Berbers:
The Peoples of Africa, Wiley-Blackwel 1997, pp. 7-38 passim.
(4) Ivi, passim.
(5)
K.E. Hoffman, S. Gilson Miller, citato,
pp. 63 ss.
(6)
A. Jolston, Northern Africa in the
Roman Empire, Oxford U.P., 2003, pp. 46-74 passim.
(7) M. Brett, E. Fentress,
citato, p. 39 ss.
(8) Appiano,
Punica, libro IV.
(9)
A.H.
Merrills, Vandals, Romans and
Berbers, Ashgate
Publishing 2004, passim.
(10)
E. Gellner, c. Micaud, Arabs and Berbers, Gerald
Duckworth & Co Ltd 1973, pp. 51 ss.
(11) I. Svoronev, The Kharigite Revolution in Northern Africa,
Stockton Press, 2008, passim.
(12) M.
Shatzmiller, The Berbers and the
Islamic States, Markus Wiener Pub. 2000, passim.
|