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Rispetto alle grandi tribù come quelle dei Vandali e alle grandi coalizioni come quella gotica, la tribù dei Burgundi, con le sue stimate circa 10.000 unità (inclusi vecchi, donne e bambini) (1), non può essere considerata che una piccola, quasi insignificante realtà nel grande oceano germanico nord e centro-europeo. Eppure, non vi è pressoché alcuna cronaca antica o alto-medievale che, almeno di passaggio, non citi questo gruppo etnico molto coeso come uno dei grandi protagonisti del tumultuoso periodo che vide la fine dell'Impero Romano d'Occidente e la nascita della nuova cultura europea. Perché? Come fu possibile per i
Burgundi non venire dispersi e assorbiti e formare almeno due
grandi regni (in Sabaudia, o meglio "Sapaudia", e in Borgogna,
dall'antico "Burgundia") che ancora oggi conservano tante
vestigia del loro passaggio? Chi erano i Burgundi?
I Burgundi (Burgundes, cioè "uomini alti") facevano certamente parte etnicamente del ceppo germanico orientale e, in una prima fase stanziale in occidente, dovevano, come molte altre tribù, essersi stabiliti in Scandinavia:il poeta e antico mitologo Viktor Rydberg (1828–1895) ( 2), basandosi sull''antica fonte medioevale Vita Sigismundi, afferma che gli stessi Burgundi mantenevano tradizioni orali sulla loro origine Scandinava e, per altro, tali tradizioni sembrano trovare conferme nella toponomastica successiva e nelle evidenze archeologiche (ad esempio a Stjerna), risultando completamente verosimili (3) . Il momento della loro individuazione etnica probabilmente avviene con una migrazione successiva che li porta ad occupare l'isola di Bornholm, che nella forma del Norvegese antico era detta Burgundarholmr (l'isola dei Burgundi): nella Thorsteins Saga Víkingssonar, infatti, troviamo che il protagonista Veseti si stabilisce proprio in un'isola chiamata Borgund's holm, ovvero, in forma contratta, Bornholm. Fino a questo punto, i Burgundi, come tutti i popoli che risiedono in area scandinava, sono sconosciuti alla storia romana: persino Tacito, la nostra fonte più ricca sulle popolazioni barbariche, non nomina alcuna tribù di quest'area (con la sola eccezione degli Suiones, che, comunque, non vengono chiaramente localizzati). Intorno all'anno 300, comunque, qualcosa dovette accadere: forse a causa di una carestia dovuta all'inasprirsi progressivo delle condizioni climatiche, la popolazione di Bornholm sparì quasi completamente dall'isola: la maggior parte dei sepolcreti cessarono di essere usati, e quelli che continuarono ad esserlo ricevettero pochissime sepolture (4). Con una migrazione massiccia verso le aree continentali orientali, in particolare attorno alla Vistola, i Burgundi, in qualche modo, entrarono nella storia, venendo a contatto con quell'insieme fluido di popolazioni dal cui "gioco" di movimentazione territoriale si svilupparono quelle che chiamiamo "invasioni barbariche".
Quasi certamente, furono i movimenti migratori provocati dai Goti (a loro volta sotto la pressione delle popolazioni di origine asiatica) a frammentare i Burgundi in due tronconi ben distinti: una piccola parte della tribù si mosse verso sud, raggiungendo le coste del Mar Nero, ma il grosso della popolazione, che, per la sua esiguità numerica, aveva ben poche possibilità di opporsi all'onda d'urto della federazione gotica, si stabilì sulla riva sinistra del medio Oder in quella regione che successivamente i Longobardi, insediandosi più o meno nella stessa zona, chiamarono "Burgundaib" (5). Bisogna ricordare che, dopo lo sfondamento del limes da parte degli Alemanni (259/260), il passaggio verso le aree settentrionali dell'Impero era pressoché libero e non è, dunque, un caso che già attorno al 270 troviamo una primissima avanguardia burgunda che entra a contatto con i romani, andando ad occupare le zone abbandonate della regione fra Reno e Meno (6). Solo nel IV secolo, comunque, questi primi gruppi vennero raggiunti dalla gran massa del popolo, i cui capi cercarono di allearsi con Roma contro gli Alemanni, ma una spedizione comune fallì nel 369/370, perché l'inatteso ed elevato numero di guerrieri burgundi giunti per combattere fece intravedere ai Romani una grave minaccia.
Alla
fine del IV sec. i Burgundi scalzarono gli
Alemanni dalla regione compresa fra il Taunus e
il Neckar e raggiunsero il Reno, superandolo in
massa dopo l'incursione di Vandali, Svevi e
Alani (406/407). A questo punto, l'Impero fu
obbligato ad accettarli come "foederati" con
l'incarico di proteggere il limes renano, ma
essi, nel 411, al comando di Gundicario (Gundahar)
appoggiarono (o, per meglio dire, guidarono) la
rivolta e il tentativo di usurpazione imperiale
di Giovino nella provincia di Germania Secunda
e, nel suo tentativo di invasione, lo
accompagnarono nella Gallia meridionale.
Verso
il 430 i Burgundi della riva destra del Reno
sconfissero un reparto di Unni, ma poco dopo
caddero sotto la dominazione di questo popolo
(dal quale adottarono l'usanza di deformare
artificialmente il cranio). Nel 436 gli Unni,
probabilmente alleati di Flavio Ezio, posero
fine al regno burgundo di re Gundahar sul medio
Reno (e questa vicenda sarà all'origine della
leggenda dei
Nibelunghi) e, sette anni dopo, Ezio
destinò gli scampati del popolo burgundo alla
Sapaudia, che divenne il loro nuovo regno. Perchè il grande generale romano avrebbe dovuto dare in mano a dei barbari una larga fetta della francia settentrionale e praticamente metà dell'odierna Svizzera? La risposta è che in questo modo Ezio puntò, probabilmente, non tanto a frenare l'avanzata degli Alemanni nell'Altopiano svizzero, sostanzialmente troppo deboli per costituire una minaccia reale, quanto ad assicurare i passi alpini e il collegamento Rodano-Reno, procurandosi inoltre un'ulteriore riserva di truppe per gli scontri in Gallia. Non è un caso, dunque, che già nel 451 i Burgundi combatterono gli Unni ai Campi Catalaunici, nei pressi di Troyes (9). Di nuovo nel 456, condotti dai loro re Gundioco e Chilperico, menzionato allora per la prima volta, i Burgundi aiutarono l'imperatore Avito contro gli Svevi in Spagna; nel 457 ampliarono il loro territorio verso sud ovest, nell'area fra Rodano e Saona, e nel 461 occuparono definitivamente Lione. Dopo la morte di Gundioco (470), Chilperico proseguì l'espansione verso sud; nel 478 fissò il confine meridionale del regno sul fiume Durance, stipulando un trattato con i Visigoti; a nord scacciò gli Alemanni da Langres e da Besançon. Alla sua morte (480) il regno burgundo, che aveva raggiunto la sua massima estensione, fu spartito fra i suoi quattro figli: Gundobado ricevette il regno principale con Lione capitale, mentre Godigiselo, Chilperico II e Godomaro ereditarono regni minori, con capitali a Ginevra e probabilmente in Francia (Valence, Vienne) (10). Alla fine del V sec. i Burgundi subirono la pressione crescente dei Franchi a nord, e dei Visigoti e degli Ostrogoti a sud. Gundobado cercò di garantirsi la protezione attraverso due matrimoni: quello fra suo figlio Sigismondo e Ariagne, figlia del re ostrogoto Teodorico il Grande (492/494), e quello fra Clotilde, figlia di Chilperico II, e il re franco Clodoveo I (492/493). Purtroppo, però, la manovra di un'alleanza dinastica fallì e, nel 500, in occasione del conflitto che oppose i re di Lione e di Ginevra, i Franchi si schierarono a favore del ginevrino Godigiselo e i Visigoti a favore di Gundobado. Questi, benché sconfitto a Digione (500), uscì vittorioso dallo scontro, recuperando il suo regno con l'aiuto visigoto ma, nel 506/507 si alleò con l'antico nemico Clodoveo I contro Alemanni e Visigoti, protetti da Teodorico. Alla morte di Gundobado (516) gli succedette il figlio maggiore, Sigismondo e la conversione di quest'ultimo dall'Arianesimo al cattolicesimo, avvenuta probabilmente fra il 501 e il 507 aggravò le tensioni fra Burgundi e Ostrogoti. In questo contesto si colloca anche l'assassinio, voluto da Sigismondo, di Sigerico, suo figlio e nipote di Teodorico, sospettato di complotto con lo stesso Teodorico (522) per ottenere il regno. I re merovingi sfruttarono l'occasione attaccando il regno burgundo e conquistandone la parte settentrionale, mentre Teodorico occupò la zona tra i fiumi Durance e Isère (523). Catturato mentre stava cercando rifugio nel convento di Saint-Maurice, da lui fondato, Sigismondo fu consegnato ai Franchi e fatto uccidere da re Clodomiro (11). Nel 524 Godomaro, succeduto a Sigismondo, sventò il secondo tentativo merovingio di conquista (battaglia di Vézeronce, a est di Vienne) ma nel 532 dovette tuttavia soccombere a un nuovo attacco a Autun. Questa sconfitta sancì la fine del regno burgundo, che nel 534 venne diviso tra i sovrani merovingi: a Teodoberto, re di Reims, spettò il nord, comprendente Langres, Besançon, Autun, Chalon, Aventicum-Vindonissa e Octodurus (gli ultimi due nell'odierno territorio svizzero); Childeberto, re di Parigi, ricevette il centro con Lione, Mâcon, Vienne, Grenoble e forse Ginevra e Tarantasia; il sud (fino alla Durance) finì probabilmente a Clotario, re di Soissons. Da questo momento in poi, i Burgundi vennero inglobati dai Franchi, dei quali seguirono le sorti (12).
Fin qui, seppur brevemente, le vicende di questo
piccolo popolo, così importante per la storia.
Ma chi erano i Burgundi? Come fu loro possibile, nonostante le scarse dimensioni, assicurarsi un ruolo ed un retaggio così superiore alle loro reali forze?
Sul
numero dei Burgundi insediati in Sapaudia nel
443 le opinioni sono molto divergenti: a lungo,
basandosi su cifre chiaramente molto gonfiate
dalle cronache tardo-imperiali (gli 80.000
guerrieri che sarebbero giunti in aiuto dei
Romani sul Reno nel 370, i 20.000 che sarebbero
caduti nel 436, i 3.000 che sconfissero gli Unni
sulla riva destra del Reno), alcuni storici
hanno pensato ad una tribù enorme e ad un
fenomeno massiccio di migrazione e
colonizzazione, che, però, non trovava alcun
conforto dalle emersioni archeologiche. Sicuramente,
occorre separare rigorosamente
il territorio a loro soggetto sul piano politico
(che dopo l'espansione del V sec. finì con
l'essere composto da 32 civitates), la loro
orbita culturale (che, specialmente nel periodo
merovingio, manifesta particolarità di
abbigliamento tipiche dell'area culturale
romano-brugunda) e l'area più ristretta abitata
da gruppi burgundi, la cui presenza è dimostrata
archeologicamente in particolare nella zona
intorno a Ginevra o nella Sapaudia. Nelle
inumazioni di queste aree, caratteristici sono
gli antichi monili gemmati (fibbie ad archetto e
a testa d'uccello), i collari in ferro, gli
orecchini a cestello, ad essi si aggiungono
specchi metallici di origine orientale e i
menzionati crani deformati artificialmente,
fatti risalire ai contatti che i Burgundi ebbero
con gli Unni. Le necropoli di Sézegnin e di
Monnet-la-Ville dimostrano che Burgundi e Romani
venivano sepolti negli stessi cimiteri, il che
starebbe a dimostrare un grado molto elevato di
integrazione, per altro constatabile anche dalla
mescolanza di oggetti di fattura romana e
germanica nelle sepolture di entrambi i popoli (15).
Per
molti versi, tale flessibilità si
riscontra, seppur unita ad un certo
grado di originalità, anche nelle
istituzioni giuridiche burgunde. Ad
esempio, il regno burgundo del Rodano
non fu, a differenza degli altri
contemporanei stati germanici, uno Stato
bietnico in senso stretto: nella
raccolta di leggi pubblicata da re
Sigismondo nel 517, basata sulla
legislazione di suo padre Gundobado (Liber
Constitutionum - Lex Burgundionum),
la distinzione etnica fra Burgundiones e
Romani appare solo nelle disposizioni
relative all'insediamento e
all'integrazione dei nuovi gruppi etnici
nelle province romane. Anche la
Lex
Romana Burgundionum, anch'essa
probabilmente redatta sotto Sigismondo,
era concepita più come riassunto
maneggevole del diritto provinciale
romano e come completamento del
Liber
Constitutionum che come Codice
dei Romani: così, nel regno burgundo,
Burgundi e Romani avevano gli stessi
diritti e avevano le stesse possibilità
di prestare servizio militare e di
accedere a funzioni amministrative e
giudiziarie in qualità di comites e
iudices; i matrimoni misti erano
permessi e le due comunità erano
sottoposte alla medesima gerarchia
sociale.
In questo modo, l'insediamento dei Burgundi non comportò grossi cambiamenti né a livello di struttura sociale ed economica, né a livello di tecnica e produzione agraria. Anche l'artigianato rimase con tutta probabilità legato alla condizione servile, sebbene i diversi guidrigildi indichino una valorizzazione sociale dei mestieri inerenti alla lavorazione dei metalli e, ancora una volta, la qualità dei prodotti di questi artigiani evidenzia le tradizioni di bottega romane e i legami con l'area mediterranea. Persino nelle transazioni in denaro i Burgundi usavano monete che imitavano volutamente i "solidi" e i "tremissi" dell'Imperatore romano d'Oriente, contraddistinte solo dai monogrammi dei loro re, onde evitare qualsiasi problema di cambio (17). .L'assimilazione dei Burgundi fu indubbiamente favorita dall'uguaglianza giuridica e sociale e dalla doppia funzione che rivestivano i re burgundi. I sovrani della seconda dinastia (forse di origine visigota) erano da un lato dignitari romani (magistri militum, patricii), incaricati dall'Imperatore di proteggere i Romani residenti nel loro territorio, dall'altro anche re dei Burgundi (reges Burgundionum). Il trasferimento della residenza da Ginevra a Lione sotto Gundioco (461 ca.) non comportò, come presso i Merovingi, una divisione del regno con suo fratello Chilperico, ma gettò le basi per un sistema che prevedeva un re principale, residente a Lione, e altri sovrani minori, assolutamente autonomi nell'amministrazione interna, con sede a Ginevra (Chilperico I, Godigiselo, Sigismondo). Sembra che le lotte fratricide tra Godigiselo e Gundobado causarono un incendio che distrusse Ginevra attorno al 500. Benché un'iscrizione di poco posteriore annunci il restauro delle mura cittadine per merito di Gundobado, il vero sostenitore della ricostruzione fu Sigismondo, sotto il cui regno venne ampliata la chiesa cattedrale di S. Pietro e vennero costruite diverse chiese nella periferia della città. Esponenti romani appartenenti alla nobiltà senatoriale guidarono, fin dall'inizio, l'amministrazione del regno: basti pensare a Siagrio che, sotto Chilperico I, venne definito "nuovo Solone burgundo" (novus Burgundionum Solon) da Sidonio Apollinare. Crollato l'ordinamento provinciale romano, le civitates sopravvissero come elementi centrali dell'amministrazione locale, guidate da comites burgundi o romani (18). Infine,
anche dal punto di vista religioso, i
Burgundi mostrarono uno dei più alti
gradi di tolleranza dell'antichità. NOTE:
(1) M. Maltevitz,
The German Tribes, Kerrington Press
1998, p. 41.
(2) V. Rydberg , Our Fathers' Godsaga, O.U.P. 1868, pp. 93 ss. (3) L. Musset, The Germanic Invasions: The Making of Europe AD 400-600, The Pennsylvania State University Press 1975, p. 62. (4) B. Nerman, Det Svenska Rikets Uppkomst, Generalstabens Litagrafiska Anstalt 1925, p. 176. (5) R. Krieger, Untersuchungen und Hypothesen zur Ansiedlung der Westgoten, Burgunder und Ostgoten, HUP 1992, pp. 97 ss. (6) N. Davies, Europe: a History, Harper Perennial 1998, pp. 88 ss. (7) B. Saitta, I Burgundi, Viella 2006, pp. 23 ss. (8) J. Favrod, Histoire Politique du Royaume Burgonde (443-534), Canard 1997, passim (9) B. Saitta, op. cit., pp. 41 ss. (10) Ivi. (11) H. Gaillard de Semainville (a cura di), Les Burgondes, Clotard 1995, pp. 207-249. (12) Ivi, pp. 253 ss. (13) I. Wood, Ethnicity and the Ethnogenesis of the Burgundians, in Typen der Ethnogenese unter besonderer Berücksichtigung der Bayern, a cura di H. Wolfram, W. Pohl, 1, 1990, pp. 53-69. (14) Ivi, pp. 66 ss. (15) H. Domke, Burgund, Prestel 1995, pp. 99 ss. (16) P. Amory, Names, ethnic identity and community in fifth- and sixth-century Burgundy, in Viator, 25, 1994, 1-30
(17)
A. Paravicini Bagliani et al. (a cura di),
Les pays
romands au Moyen Age, Gallimard 1997,
pp. 103 ss.
(18) R. Kaiser, «L'entourage des rois du regnum Burgundiae aux époques burgonde et mérovingienne», in Actes du colloque L'entourage des princes, a cura di J. L. Kupper, A. Marchandisse, Bonnivert 2004, passim. (19) Citati in B.Coldwater, The Barbaric Christianity, O.U.P. 2002, pp. 176-178. (20) Ivi, pp. 176-181. |
©2008 Lawrence M.F. Sudbury