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A volte, leggendo i testi di
storia antica e altomedievale, parrebbe quasi che la nostra visione,
riguardo a determinati periodi storici, non sia poi molto diversa da quella
dei nostri antenati latini: il mondo finisce là dove finiva l'Impero (o,
prima di esso, dove finivano gli stanziamenti consolidati delle popolazioni
mediterranee) e si allarga là dove l'Impero si espandeva. Niente di più.
In questo modo, però, si rischia di avere una visione limitata del mondo antico e, soprattutto, di avere improvvise sorprese, con la comparsa di questo o quel popolo che non si capisce bene da dove derivi. ![]() In realtà, però, gli Sciti erano, secondo parametri un po' più moderni, un antico popolo iraniano di pastori nomadi a cavallo, per molti versi tutt'altro che "barbaro", che in tutta l'antichità classica ha dominato la Steppa dell'area Ponto-Caspica oggi nota come Scizia, per poi essere inglobato nella grande ondata sarmata. Certamente, dunque, meriterebbe un approfondimento ben maggiore di quello che, normalmente, nel comune eurocentismo che domina la nostra storiografia, viene loro concesso.
![]() Secondo Sulimirski, forse il maggiore studioso di questo popolo, Erodoto, da cui, come vedremo, ci vengono la maggior parte delle informazioni sulla fase più antica della storia scitica, fornisce una rappresentazione sostanzialmente corretta dei loro sviluppi, non fosse che il grande storico greco sapeva ben poco della parte orientale della Scizia e, a tratti, sembra confondere popoli diversi [2]. Secondo Erodoto, i Persiani antichi chiamavano tutti gli Sciti "Saca" (Erodoto. VII, 64) ma la loro tribù principale, gli "Sciti Reali", che occupavano la zona centrale del territorio poi noto come "Scizia" (Erodoto. IV, 20), si autodefiniva "Skolotoi", che, secondo Oswald Szemerényi (che ha dedica un lungo studio all'etimologia di tale termine [3]) semplicemente significava, dall'antico indo-europeo "* skuza", "Arceri" (da cui deriverebbe l'odierno termine iraniano "Ishkuzi"). Quando scrive, comunque, Erodoto segnala tre possibili versioni riguardo alle origini degli Sciti, ma ritiene più probabile la seguente: ![]() Lasciando da parte Erodoto, sappiamo con certezza che, intorno al 676 aC, gli Sciti (guidati da un tale Ishpaki), in alleanza con i Mannei, attaccarono l'Assiria (il gruppo appare per la prima volta negli annali assiri, sotto il nome "Ishkuzai", in quel periodo) ma, secondo un breve passaggio dell'iscrizione di Esarhaddon, l'Impero Assiro riusci a sconfiggere l'alleanza. La successiva menzione degli Sciti si trova in testi babilonesi che li pongono in Media e, poi, in alcuni scritti antico-persiani e greci arcaici che li collocano nelle steppe tra i fiumi Dnepr e Don, mentre Giuseppe Flavio, in seguito e con un tocco di fantasia, li farò discendere da Magog, nipote di Noé [5]. ![]()
In realtà, anche
Erodoto collega, in qualche modo, Sciti e Cimmeri, ma vede questi ultimi
come una tribù distinta e autoctona, espulsa dagli Sciti stessi dalla costa
settentrionale del Mar Nero (Erodoto 4,11-12).
Lo storico greco distingue, piuttosto, (Erodoto 4,6) la popolazione in quattro grandi tribù: gli Auchatae, i Catiaroi, i Traspiani e i Paralatae (o "Sciti Reali" di cui si è già fatta menzione). Soprattutto, in tutta la sua opera egli distingue specificamente tra gli Sciti nomadi del sud e gli Sciti agricoli a nord. ![]() Di fatto, tra V e II secolo a.C., gli Sciti devono aver conosciuto una grande prosperità: già nel V secolo, Erodoto stesso distingue tra una Scizia Minore, che comprende le odierne Romania e Bulgaria, e una "Scizia Maggiore", che si estendeva per 20 giorni di viaggio ad est dal Danubio, attraverso la steppe orientali dell'odierna Ucraina fino al bacino del Don meridionale. Tenendo conto che il Don (allora chiamato Tanais), rappresentava una delle più importanti vie commerciali del tempo, è altamente probabile che proprio dal suo controllo gli Sciti abbiano ottenuto l'altissimo grado di ricchezza che, stando ai manufatti rinvenuti, li caratterizza. Tale ricchezza, comunque, potrebbe essere dervata anche dal florido commercio di schiavi provenienti dalla Grecia settentrionale che avveniva nei porti del Mar Nero quali Olvia, Cherson e Gorgippia, noti anche per la compravendita di grano, greggi e formaggio, sempre provenienti dalla Grecia [7]. Strabone (c. 63 a.C. - 24 d.C.) riferisce che il re Ateas riuscì, nel IV secolo a.C., ad unire sotto il suo potere tutte le tribù che vivevano tra il Mar d'Azov e il Danubio e iniziò una espansione verso ovest che lo portò in conflitto con Filippo II di Macedonia (che regnò dal 359-336 aC): quest'ultimo mosse, dunque, contro gli Sciti e li sconfisse in battaglia nel 339 a.C.. Ateas morì nello ![]() E', comunque, certo che, al momento del racconto di Strabone (primi decenni del primo millennio d.C.), gli Sciti di Crimea avevano creato un nuovo regno che si estendeva dal basso Dniepr al Crimea, dopo che i re Skilurus e Palakus avevano mosso guerra a Mitridate il Grande (che regnò dal 120-63 aC) per il controllo del litorale di Crimea e dei porti di Cherson e del Bosforo. Loro capitale era la città di Neapolis Scitica (più o meno alla periferia della moderna Simferopol), distrutta in seguito, a metà del 3 secolo d.C., dai Goti [9]. ![]() Verso la fine dell'Era Antica la nozione di etnia scita di fa via via più vaga, andando ad includere numerosi popoli della Steppa del Ponto-Caspica, indipendentemente dalla loro lingua, tanto che come "Sciti", Prisco, un emissario bizantina a Attila, indica addirittura gli alleati di quest'ultimo che Eunapio, Cladiano Claudio e Olimpiodoro indicano invece come "Goti". In realtà, proprio le migrazioni gotiche avevano, già nel II secolo, portato Sciti e Sarmati più vicino alla frontiera romana, e all'inizio del Medioevo, le migrazioni turche emarginaranno sempre più i "Saka", fino a condurli ad una completa assimilazione linguistica [11].
![]() E' forse a causa di questa imprecisione nell'uso del termine che, in molte nazioni europee, si fa riferimento ad una origine scita di parte della popolazione. Così, in Irlanda, Edmund Spencer ha parlato di una origine scitica dei Chefest che vi si stabilirono probabilmente in contemporanea con gli ultimi nuclei celti; in Polonia, il cronista del XV secolo Jan Dlugosz fu il primo a collegare il preistoria della Polonia con i Sarmato-Sciti, e la connessione è stata ripresa da altri storici e cronisti e, nei secoli XVII e XVIII, molti stranieri consideravano il Russi come discendenti degli Sciti. ![]() In realtà, però, gli unici popoli odierni che, per le loro caratteristiche fisiche (in particolare l'alta statura rispetto ai vicini ) possono ad oggi vantare una ascendenza sono Osseti, Pashtun, Kazaki e Jakuti [12] . ![]()
NOTE:
(1) E.V. Cernenko, A. McBride, Scythians
700-300 B.C., Osprey Publishing 1983, p. 24. |
©2009 Lawrence M.F. Sudbury