è
possibile che una tribù diventi più importante e famosa dell'intero popolo
di cui fa parte?
Analizzando la storia degli Alani la risposta non può che essere positiva:
questa tribù, quasi certamente parte del popolo dei Sarmati, infatti,
riuscì, in un arco di tempo vastissimo che va dal VII secolo aC al XVII
secolo aC, ad avere una estensione territoriale enorme, dalla Cina al
Portogallo, ad avere un ruolo preponderante al tempo delle invasioni unne e,
infine, a tramandare il proprio nome attraverso la fondazione di uno Stato
ancora esistente (l'Ossezia).
Come accennato,
tracciare una storia degli Alani significa coprire un arco temporale
vastissimo.
La loro primissima comparsa nella storia avviene verso il 650 aC
nelle cronache assire, nelle quali sono definiti con il nome scita di
"Ishkuza", da Ish-Oguz ("Popolo Ish"). "Ish" è, in realtà, una variante di
"As", parola che, in odierno turco significa "a perdere la strada", "errare"
e che sta ad indicare il loro stile di vita nomadico (e, proprio in virtù
della presenza di numerosissime popolazioni nomadi gli antichi Greci usavano
il nome "Asia" per le steppe a Oriente) legato all'allevamento ovino [1].
Verso
il 300 aC, alcune cronache cinesi menzionano erroneamente gli Alani come
come una delle quattro tribù degli Unni : Xu-la, Hiu-bu, Siu-lin e
(A-)Lan, dichiarando, in almeno un caso, che essa era la tribù favorita dai
re degli Unni Orientali. Possiamo pensare che l'errore nasca dal fatto gli
Alani si fossero espansi verso oriente, entrando in contatto, appunto, con
gli Unni e sottomettendosi ad essi, tanto da diventare, per le loro capacità
belliche, una parte importante dell'esercito di tale popolo [2].
Di fatto, comunque, una alleanza di questo genere deve essere cessata (forse
per questioni territoriali o per mancanza di risorse naturali nell'odierna
area della Cina settentrionale) nel giro di un secolo circa, costringendo
questo gruppo di Sarmati che si era spinto particolarmente a est ad una
migrazione di massa verso occidente.
è in questa fase, che va all'incirca
dal 200 al 100 aC che gli Alani, riunendosi al corpus dei Sarmati, danno
forza a questa popolazione fino a spingerla, nel tempo, all'ottenimento del
predominio in tutta l'area del caucasica e del Ponto a spese degli Sciti.
A questo punto, stanziati nell'area attorno al Mar Nero, gli Alani
cominciano a frazionarsi in sotto-tribù che diventano via via più potenti:
all'inizio del I secolo aC fanno la loro comparsa i Roxolani, posizionati
tra Dnieper e Don, come alleati del re scita di Crimea, mentre a metà del
secolo troviamo gli Aorsi, stanziati tra il Don e il nord-ovest del Mar
Caspio, come alleati di Farnace, re del Bosforo [3].
Nel
frattempo, l'espansione alana deve essere ripresa anche verso est, se Sima
Qian, autore della antica cronaca cinese chiamata "Shiji" (datata
anteriormente al 90 aC) ci relaziona: «Yancai
si trova a circa 2.000 li [832 km]
nord-ovest di Kangju [più o meno la zona della Sogdiana, intorno
all'area di Tashkent]. Qui le persone sono
nomadi e le loro usanze sono generalmente simili a quelli del popolo di
Kangju. Il paese ha più di 100.000 arcieri e confina con un grande lago
[che potrebbe essere il Mare d'Aral]». La potenza degli Alani nella zona
doveva essere notevole e, circa un secolo più tardi, il "Hanshu Hou"
(una cronaca della dinastia Han) racconta: «Il
regno di Yancai
[letteralmente "Vaste Steppe"] ha cambiato
il suo nome in regno di Alanliao.
Essi occupano le campagne e le città. Si tratta di una dipendenza di Kangju.
Il clima è mite. Alberi della cera, pini, e 'erba bianca' [aconito]
sono abbondanti. Il loro modo di vivere e vestire sono gli stessi di quelli
di Kangju". Infine, nel III secolo, un'altra cronaca, il "Weilüe"
afferma: "Poi c'è il regno di Liu, il
regno di Yan [a nord di Yancai], e il regno di Yancai [tra il Mar
Nero e Mar Caspio], che è anche chiamato
Alan. Hanno tutti lo stesso modo di vita dei Kangju. A ovest, confina con il
Da Qin [territorio romano], a
sud-est con il Kangju. Questi regni hanno un gran numero di allevamenti di
famosi zibellini ma vi si allevano anche bovini e gli abitanti si muovono in
cerca di acqua e foraggio. In precedenza erano vassalli del Kangju ma ora
non sono più vassalli». Insomma, appare chiaro che gli Alani
orientali avessero creato un grande regno (o, più probabilmente, una
federazione tribale), capace di rendersi indipendente e di imporsi su
un'area di notevole estensione [4].
Anche gli Alani occidentali, comunque, non dovevano essere una forza di
minore importanza. Nel suo Geografia Strabone, che, nativo del Ponto,
doveva conoscere bene questo popolo, afferma che Spadines, re degli Aorsi,
fosse in grado di schierare duecentomila arcieri a cavallo attorno al 50
a.C., ma che gli "Aorsi settentrionali", dai quali quelli meridionali
si erano allontanati, ne potevano schierare molti di più, ed era per questo
che dominavano tutta la regione costiera del Mar Caspio. Nel suo testo
troviamo: «Di conseguenza potevano importare tramite
cammelli le mercanzie indiane e babilonesi, ricevendole dopo che venivano
passate agli Armeni e ai Medi, e così, per via di tale benessere, potevano
permettersi di indossare ornamenti d'oro. Gli Aorsi vivono lungo il Tanais,
e i Siraci vivono lungo l'Achardeüs che scorre lungo il Caucaso fino a
riempire il Lago Maeotis» [5].
D i
certo, nel 35 dC troviamo gli Alani a nord del Caucaso in un raid contro i
Parti, regno vassallo di Armenia, ed è probabile che tale raid fosse nato su
suggerimento di Tiberio. Le relazioni con i Parti devono essersi poi
ulteriormente evolute in senso bellicoso, visto che in una iscrizione
partica del 62 d.C. troviamo che Vologeses, re dei Parti è «nel
suo undicesimo anno di guerra contro Külük, re degli Alani».
L'iscrizione è completata dallo storico ebreo Giuseppe Flavio
(37-100), che, trattando della guerra ebraica, menziona gli Alani
(che definisce una tribù "scita") come un popolo che vive in prossimità del
Mare di Azov, e che ha attraversato le "Porte di Ferro" per saccheggiare e
sconfiggere gli eserciti di Pacoro, re di Media, e Tiridate, re d'Armenia,
due fratelli di Vologeses I [6].
La crescita della potenza alana e la sua progressiva espansione verso
occidente certamente mette in allarme Roma, che, nel 69, manda contro di
loro (in particolare contro i Roxolani) la III Legione, riuscendo
momentaneamente a bloccarli.
Si tratta, però, di una vittoria solo temporanea: nel 93, a capo di
un'alleanza di popolazioni barbariche della steppa, gli Alani cominciano ad
effettuare raid continui nella Mesia Inferiore e, intorno al 117, i Roxolani
da est e gli Iazigi da ovest invadono la Mesia e la Dacia romana, mentre
Adriano non può fare altro che tamponare la loro penetrazione, arrivando ad
un accordo (firmato dal generale Publio Elio Rasparagano) che permette lo
stanziamento delle tribù nelle aree già conquistate. Verso gli anni '30 del
I secolo, gli Alani continuano le loro incursioni contro l'Albania, la
Media, l'Armenia e la Cappadocia, respinte da parzialmente da Flavio Arriano
(il quale ci ha lasciato una relazione dettagliata della campagna, Ektaxis
kata Alanoon, che, però, non rivela molto degli usi del nemico) e poi
riprende sotto il regno di Antonino Pio. A metà degli anni '50 gli Alani
sconfiggono l'esercito romano a Olvia e, pochi anni dopo, cominciano a fare
le loro prime apparizioni nella Bassa Valle del Danubio.
Nel
161, poi, gli Alani aderiscono ad una federazione sarmatica a cui si
uniscono anche i Marcomanni e diventano davvero pericolosi per l'Impero di
Marco Aurelio che si dovrà impegnare in una lunghissima campagna (167-175)
per vincere contro la prima grande invasione barbarica (I Guerra
Marcomanna), comunque non risolvendo la situazione se, tra 178 e 180, una
nuova invasione (di cui gli Alani sono parte integrante) porta alla II
Guerra Marcomanna.
Qualche anno dopo, attorno al 210, troviamo la Dacia definitivamente
occupata dalla federazione sarmatica guidata dagli Alani, i quali, sotto la
pressione dei Goti, continuano lentamente a muoversi verso occidente, fino a
penetrare, nel periodo di Massimino, nella Macedonia e, successivamente, in
alleanza con i Goti, in Tracia (242 circa) [7].
Intorno al 300, Ammiano Marcellino [8]
parla di loro vittorie a ripetizione, che li portano ad incorporare un
numero notevole di Nazioni, tra le quali lo storico menziona: "Geloni,
Agathyrsi, Melanchlaeni, Antropofagi, Amazzoni, e Seres", mostrando
una loro leadership su uno stato assurto ormai a potenza internazionale,
capace di attaccare (nel 351), in alleanza con il re armeno Arsak II,
l'Impero persiano.
Mentre il popolo alano sembra
raggiungere il massimo della sua espansione territoriale, però, qualcosa di
fondamentale per la storia europea stava avvenendo: un popolo mongolico
proveniente dall'Asia centrale, spinto da ragioni politiche e soprattutto
demografiche, da inizio ad una inesorabile espansione verso occidente
travolgendo tutto ciò che incontra sul suo cammino.
è iniziata l'epopea
degli Unni.
Intorno al 360 essi attraversano il Volga e attaccano con forze
preponderanti gli Alani, che non hanno alcuna possibilità di resistere. Una
parte del popolo si ritira verso il nord del Caucaso, mentre gran parte
delle tribù si sottomette ai nuovi conquistatori, creando un'alleanza
forzata, per altro piuttosto favorevole: secondo Giordane agli Alani viene
garantito un notevole grado d'indipendenza e una buona fetta del bottino in
cambio del loro aiuto nella guerra contro gli Ostrogoti di Ermanarico [ 9].
La guerra, che dura dal 370 al 376, vede gli Unno-Alani al comando di
Balamber vincitori (con gli Ostrogoti e poi i Visigoti che si ritirano sullo
Dniester) ma, di fatto, gli Alani, dal Caucaso alla Dacia, sono diventati
parte della "confederazione unna" e tali resteranno fino al 398,
partecipando anche alla penetrazione unna in Europa [ 10].
Una
piccola parte degli Alani, non accettando la situazione, andrà a servire
nella guardia dell'imperatore Graziano (375-383) ma la maggior parte degli
uomini, unito all'enorme esercito di Balamber e del suo primogenito Alyp-bi,
dopo aver sconfitto anche i "Sadumst" (probabilmente i Goti Scandinavi),
sarà parte attiva nella battaglia di Adrianopoli del 378 che vede le forze
di Bisanzio nettamente sconfitte da quelle della "confederazione unnica"
(che, a questo punto, vede unite un numero impressionante di tribù, dagli
Unni agli Alani, dai Sarmati ai Goti).
A seguito di questa vittoria e della morte dell'imperatore d'oriente,
Valente, Unni e Alani possono dilagare nella Pannonia Orientale, nell'intero
Banato e compiere incursioni nell'area costantinopolitana. Il nuovo
imperatore, Teodosio, l'anno seguente è costretto a risolvere la situazione
diplomaticamente, federando i Goti e assegnando agli Alani un grande
territorio a nord dell'Impero. A questo punto la situazione diventa un po'
confusa: certamente tra 380 e 395 gli Alani cacciano ogni altra tribù
dall'area della Dacia e della Bessarabia, stabilendovisi mentre gli Unni si
insediano stabilmente nel Ponto. Altrettanto certamente numerosi Alani
entrano nelle truppe ausiliarie di Teodosio in Pannonia (servendo sotto il
generale Saul nella guerra contro Arbogaste del 394) e nelle truppe
ausiliarie dell'Impero
d'Occidente
nel nord Italia (ma nel 400 - 401 sono segnalati anche tra le truppe del re
visigoto Alarico): è probabile che, semplicemente, diverse tribù si
offrissero come truppe mercenaria al miglior offerente, frazionando le
forze. Territorialmente, comunque, nell'area transcaucasica gli Alani
rimangono sotto il giogo dell'Impero unno ed è probabilmente intorno al 400
dC. che, nella zona tra Itil e Don, cominciano ad unirsi ai Bulgari. E'
certamente per questo che gran parte delle truppe alane entrano con gli
ausiliari unni nell'esercito di Stilicone, aiutando l'Impero d'Occidente
contro Alarico (nelle cui file, come detto, vi erano altri Alani) nel 402 e
contro Svevi e Ostrogoti nel 405. Nel 402, comunque, qualcosa (di cui non
siamo a conoscenza) deve avvenire tra Unni e Alani. Orosio ci informa che in
quell'anno le truppe ausiliarie alane e unne combattono le une contro le
altre: probabilmente è l'inizio del processo che porterà alla disgregazione
della confederazione unna nel 406 e alla fuoriuscita degli Alani dalle
truppe imperiali.
A
questo punto, buona parte degli Alani si alleano con i Vandali e le truppe
congiunte del re vandalo Goar e del re alano Respendial marciano sulla
Gallia, sbaragliando oltre il confine del Reno le truppe federate dei
Franchi e penetrando in profondità in Bretagna, dove cominciano ad unirsi ai
Celti in fuga dalla Britannia invasa dai Sassoni (è in questo periodo che,
nella onomastica inglese e francese cominciamo a trovare il nome "Alan" o
"Alain"). Dopo una ripartizione delle Gallie tra Alani (che formano lo stato
di Alania), Vandali e Svevi, nel 409 Respedial nuove il suo popolo nella
Penisola Iberica, seguito dai Vandali e dai Visigoti,
e
si impossessa della Lusitania, mentre in Francia, tra 414 e 418, re Addak è
impegnato in una guerra contro i Visigoti che lo vedrà perdente (con la fine
del regno di Alania e la morte del re stesso. Con la morte di Addak, gli
Alani si scompa-ginano e si pongono sotto il patrocinio dei Vandali con i
quali, al comando di Genserico, si muoveranno in Africa settentrionale nel
428: il ramo occidentale degli Alani ha finito di esistere [11].
Più a ovest, comunque, gli Alani sopravvivono come federati romani,
posizionati da Ezio nella Gallia Transalpina: è in questa veste che essi
partecipano alla cosiddetta "Battaglia dei Popoli" dei Campi Catalaunici nel
451. Tale battaglia, che vede contrapposti da un lato Unni, Gepidi e parte
degli Ostrogoti e dall'altra legioni romane, Visigoti, Burgundi, Franchi e,
appunto, gli Alani guidati da Sangiban, si conclude con un nulla di fatto,
ma ormai l'Impero d'Occidente sta morendo e non riesce più a controllare la
situazione, cosicché è facile, due anni dopo, per il re visigoto Torrismondo
sottomettere gli Alani di Francia.
A questo punto, sopravvivono come popolo indipendente dolo solo gli Alani
orientali, alleati di Bisanzio: nel 455 essi combattono contro Ardarico, re
dei Gepidi e i figli di Attila nella battaglia diel fiume Neda in Pannonia
e nel 468, guidati da re Aspar, fanno parte delle truppe imperiali nella
guerra sul Danubio, ma nulla possono contro l'imponente esercito unno, che
li sconfigge e li sottomette, relegandoli nelle aree caucasiche.
Siamo
così giunti al VI secolo: dal Caucaso, in cui vivono dedicandosi alla
pastorizia nomadica, gli Alani, come ci spiega Zaccaria Scolastico, compiono
sporadiche incursioni contro l'Impero Sassanide e stringono alleanze con
Bisanzio, ma il loro periodo di splendore è definitivamente terminato,
sottomessi come sono agli Unni e soggetti come sono alle invasioni turche.
Durante il VII secolo gli Alani cercheranno di sopravvivere all'espansione
dei popoli vicini alleandosi strettamente ai Cazari, nuovi dominatori
dell'area, ma nel 651 sono sconfitti dall'esercito arabo di Abd Al Rahman e
nel 715 dalla spedizione contro di loro del Califfo Umar 'II. La loro area è
invasa da i
Turchi nel 721 e diventa terreno di battaglia tra Arabi e Turchi per tutto
il secolo successivo. Da questo momento in poi, tracce degli Alani (il cui
regno, ormai ridottissimo, rimane, comunque, formalmente indipendente) si
avranno solo come gruppi di soldati mercenari, di volta in volta al soldo di
Bizantini, Armeni e Cazari, fino alla distruzione del regno di Cazaria da
parte dei Rus nel 965. Ancora nel 1029, comunque, si ha notizia di una
spedizione guidata dal principe Yaroslav il Saggio di Kiev contro Alani e,
per tutto il secolo successivo, gli Alani sembrano legarsi a filo doppio con
Bisanzio, sia attraverso legami dinastici che con l'invio di truppe
ausiliarie (ad esempio, nel 1107 Rhosmices, "exusiocrator di Alania", è al
servizio dei Bizantini durante l'invasione dell'Epiro da parte dell principe
normanno Boemondo d'Antiochia, nel 1116 mercenari alani fanno parte
dell'esercito reclutato da Alessio I Comneno per affrontare i Turchi
selgiuchidi del sultano Melik Shah, nel 1185 mercenari alani sono utilizzati
nella difesa e riconquista di Tessalonica contro i Normanni di Sicilia e nel
1189 un corpo di Alani viene massacrato vicino a Filippopoli dai crociati
dell'imperatore tedesco Federico I Barbarossa ).
  Il
XIII secolo è caratterizzato dalla lotta contro l'Orda d'Oro mongolica : dal
1222 al 1240 gli Alan vengono costantemente sconfitti dai Mongoli, fino alla
conquista della loro capitale Magas da parte di questi ultimi e alla formale
sottomissione dell'Alania all'Impero Mongolo. Tale sottomissione
continuerà fino a tutto il XIV secolo, con un continuo alternarsi
di servizio mercenario nelle truppe imperiali del Gran Khan e ribellioni
locali (spesso fomentate dalle popolazioni vicine). E' a seguito di una di
tali ribellioni che, nel 1395, la regione dell'Alania settentrionale viene
invasa dall'esercito di Tamerlano, che compirà
un vero e proprio genocidio della popolazione. Anche questo ceppo alano,
dunque, termina qui, sebbene alcuni nuclei sparsi rimangano. A fine XIX
secolo gli Alani, in congiunzione con rimanenti tribù scite e sarmate,
verranno riclassificati come Osseto-Iranici, abitanti dell'Ossezia
settentrionale e meridionale [12].
Fin
qui la storia burrascosa di questo popolo frammentato e a tratti un po'
misterioso. Ma cosa sappiamo realmente della loro cultura?
Provenendo originariamente dalla civiltà nomadica
scita, gli Alani conservavano nel loro tradizionale modo di vivere
tutti gli elementi principali della vita e della visione del mondo dei loro
antenati sarmati.
Gli autori antichi ci parlano degli Alani come di veri nomadi che si
aggiravano per spazi enormi con tutti i loro averi, le famiglie e così via.
Ammiano Marcellino ci dice che essi non avevano alcun riparo, nessuna cura
per la coltivazione del grano, si nutrivano di carne e latte e vivevano su
carri coperti da corteccia arrotondata. Quanto al loro aspetto, lo stesso
autore narra che: "Quasi tutti gli Alani
sono alti e belli, con i capelli tendenti al biondo. Essi sono spaventosi
per il loro aspetto sempre serio e minaccioso e sono dotati di una grande
rapidità grazie alla leggerezza delle loro armi (archi, frecce, lance). Per
il resto, sono come gli Unni sotto ogni aspetto, tranne che per un sistema
di vita e una cultura più semplice. Come il barbaro [cioè gli Unni],
hanno un Dio dalle forme umane, che pregano piantando una spada per terra.
Esso è un dio della guerra ma è anche protettore della terra. In alcuni
periodi determinati, inoltre, essi ritengono di poter predire il futuro
guardando dei vimini che hanno
raccolto.
Presso di loro non esiste la schiavitù, essendo tutti di nascita altrettanto
nobile, e, fino ad ora,
giudici, capi e sovrani vengono eletti dal
popolo tra coloro che si sono particolarmente distinti nelle battaglie"
[13].
Naturalmente
questa descrizione si riferisce alla fase nomadica della storia alana. Con
la loro graduale sedentarizzazione parziale la loro cultura cambiò
notevolmente: in primo luogo, come risulta dagli scavi archeologici in Dacia
e nel Caucaso, cominciarono a scavare fossati e bastioni intorno ai loro
insediamenti permanenti e passarono ad un'architettura in pietra,
cominciando a costruire alloggi e tombe (cripte, tombe, ecc.).
A poco a poco, si dedicarono alla coltivazione del grano e degli ortaggi,
all'allevamento sedentario e alla trasformazione dei prodotti
dell'agricoltura e dell'allevamento.
Come abbiamo osservato, con la caduta del Canato
Khazaro sotto i colpi di Arabi e Russi, il ruolo degli Alani nella politica
internazionale decrebbe notevolmente e sempre più la cultura alana venne
influenzata da quella degli Stati vicini, in particolare di Bisanzio: è
proprio da Bisanzio che il Cristianesimo cominciò a penetrare in questo
popolo, ma questa religione ecumenica s'intrecciò strettamente con i resti
di nozioni pagane, come possiamo notare dallo studio delle loro costruzioni
liturgiche più antiche (i templi sul fiume Arkhiz e il "Zelenchuk" sul sito
comune di Eski-Jurt) e in numerose regioni del Karachai, della Balkaria e
dei territori adiacenti.
Il
Cristianesimo si diffuse e crebbe nel Caucaso settentrionale fino all'arrivo
dell'Orda d'Oro. Nel XIV secolo, le prime moschee musulmane iniziarono ad
essere costruite sui siti di ex Chiese cristiane, presso il cancello di
Elkhot, nella zona tartara di Tup, nei pressi di Mais ky
in Kabardino-Balkaria e in altri luoghi, sebbene Chiese cristiane furono
presenti in Balkaria e Karachai fino alla fine del XVII secolo (anche se,
come accennato, il Cristianesimo rimanesse piuttosto mescolato con memorie
del paganesimo).
Dopo il 1767, tutta l'Alania passò sotto il dominio russo, cosa che rafforzò
notevolmente il Cristianesimo ortodosso in quella regione, tanto che la
maggior parte degli Osseti di oggi sono Cristiani ortodossi.
Dal punto di vista della lingua, i discendenti linguistici degli Alani, che
vivono nelle repubbliche autonome della Russia e Georgia, parlano la lingua
osseta, che appartiene al gruppo iraniano nord-orientale e che è,
oggi, l'unico resto del continuum di dialetti scito-sarmatici che un tempo
si estendeva su gran parte del steppe del Ponto e dell'Asia centrale.
Infine,
in Alania, l'arte era molto sviluppata, in particolare con la raffigurazione
dei contenuti dei vari miti e leggende. I risultati archeologici ci dicono
che nell'odierna zona osseta vi fu un fiorire senza precedenti della
lavorazione della pietra, dell'intaglio delle ossa, della conceria, della
lavorazione del legno e dell'industria della lana e mineraria, così come
molto sviluppata era la lavorazione di pietre preziose e metalli e la
fabbricazione di armi (archi, frecce, lance, coltelli, pugnali e sciabole) [14].
(1) A. Alemany, Sources on the Alans: A
Critical Compilation, Brill Academic Publishers 2000, pp.21-23.
(2) T. Yu, A History of the
Relationships between the Western and Eastern Han, Wei, Jin, Northern and
Southern Dynasties and the Western Regions, Sino-Platonic Papers No. 131
March 2004. Dept. of East Asian Languages and Civilizations, University of
Pennsylvania, 2003, pp. 18-19.
(3) W.M Pierce,
History of the Goths and the Alans, Germania Orientalica Books 1995,
passim.
(4) T.
Yu,
op. cit, passim.
(5) Strabone,
Geografia, libro IV.
(6) G.Flavio,
Bellum Iudaicum, libro VII.
(7) B.S. Bachrach, A History
of the Alans in the West; From Their First Appearance in the Sources of
Classical Antiquity Through the Early Middle Ages, University of
Minnesota Press 1973, passim.
(8) Ammiano Marcellino, Storie,
libro XXXI.
(9) Giordane,
De origine actibusque Getarum, libro XLVIII.
(10) Qui e in seguito, per la storia degli Alani, cfr. B.S.
Bachrach,
op. cit, passim.
(11) B.S. Bachrach, The Alans
in Gaul, Traditio 23 1967, passim.
(12) B.S. Bachrach,
op. cit., passim.
(13) Ammiano Marcellino,
Storie, libro XXXI.
(14) C.I. Beckwith, Empires
of the Silk Road: A History of Central Eurasia from the Bronze Age to the
Present, Princeton University Press 2009, pp. 297-323, passim.
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