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Mentre
per le popolazioni "barbariche" meridionali, grazie ai loro contatti,
pacifici o bellicosi, con l'Impero Romano, possiamo, sebbene in misura
variabile da gruppo a gruppo, tracciare una linea di sviluppo storico
basata su tratti documentali, lo stesso non si può dire per tutti quei
popoli che, per la loro perifericità, ebbero scarsi se non nulli
contatti con le civiltà dominanti. Tenendo conto della presenza molto
tarda di documentazione cronachistico-storica di matrice interna,
oltre, naturalmente, della tardività della comparsa della scrittura,
gli unici metodi di ricostruzione delle vicende pre e protostoriche di
tali gruppi etnici in nostro possesso risultano derivati da campi
di ricerca quali l'archeologia, la paleo-biologia e l'antropologia.
Se ciò è vero per quanto riguarda alcuni gruppi tribali di ceppo celtico, germanico o asiatico, in alcune occasioni, relative a etnie particolarmente isolate e lontanissime dal Mediterraneo, centro propulsore della civilizzazione europea, l'oscurità riguardante origini e primi sviluppi è praticamente totale. Tra essi, Balti e Finni, "sperduti" nelle regioni più nordiche ed inaccessibili, risultano paradigmatici. Tuttavia, anche per queste popolazioni è possibile ricostruire, almeno parzialmente, un percorso evolutivo che, per quanto pieno di "buchi neri", ci possa fornire qualche informazione in più sul loro sviluppo.
Le
evidenze archeologiche dimostrano che, probabilmente intorno al
3.500-2.500 a.C., abbia avuto luogo una migrazione di massa di
quei popoli che rappresentano la cosiddetta "cultura della ceramica
cordata". Si hanno buone certezze che essi giunsero da sud-est e si
diffusero in tutta l'Europa centrale e
orientale, raggiungendo anche la Finlandia meridionale. Si ritiene che
i popoli della
cultura della ceramica cordata siano stati gli antenati
indo-europeidi di molte etnie europei, tra cui i Balti.
Quasi certamente questi nuovi arrivati indo-europei erano abbastanza numerosi e sul Baltico orientale si assimilarono a precedenti culture indigene (culture europediche, in particolare la cultura Narva e la cultura Neman), finendo, nel corso del tempo, per formare un nuovo gruppo, i Balti, che si diffuse dal mare che da esso prenderà il nome fino al Volga [1]. Tale gruppo, unificato da una lingua comune, riuscì ad occupare un'area pressoché disabitata tra la Vistola inferiore e la Daugava superiore, facendo, comunque, centro lungo il corso finale dello Dnieper: a causa delle migliaia di laghi e paludi di quest'area, essi vissero a lungo in un quasi totale isolamento geografico, che, tra l'altro, ha contribuito al mantenimento sia sociale che linguistico di una serie di caratteristiche conservatrici o arcaiche, tali per cui, a tutt'oggi, il lituano può essere considerato la lingua europea che più si avvicina al proto-indoeuropeo [2]. Proprio studi legati a toponimi linguisticamente relati all'idioma baltico hanno permesso ad alcune delle maggiori autorità storico-archeologiche del settore (Buga, Vasmer, Toporov e Trubachov), così come sintetizzato nel fondamentale I Balti di Maria Gimbutas, di stabilire le aree di contatto che questi popoli possono aver avuto con l'ambiente circostante. Tali aree risultano, ancora una volta, molto limitate, circoscritte ad una sorta di mezza luna che comprende le attuali Pomerania,Varsavia, Kiev, Kursk, forse Mosca e, con sporadici rilevamenti irregolari, la costa del Golfo di Riga [3]. è certamente questa chiusura verso l'esterno che ha causato una mancanza di menzione dei Balti da parte delle cronache coeve, con la sola possibile eccezione di Tacito [4] che, nel 98 d.C., descrive una delle tribù che vivono in prossimità del Mar Baltico ("Mare Svebicum") definendola come "Gentes Aestiorum", raccoglitori di ambra. In realtà, però, non è chiaro se egli si riferisse realmente ai Balti, dal momento che nessun altro testo è disponibile per riferimenti incrociati e le prime menzioni (per altro scarsissime) riguardo alle popolazioni dell'area si hanno solo a partire dal VII secolo, quando gli Scandinavi cominciarono ad inoltrarsi nelle odierne Lituania e Lettonia. Indubbiamente, comunque, i ritrovamenti archeologici suggeriscono un notevole grado di mobilità interna e flussi di insediamento molto variabili nel tempo, probabilmente legati sia ad assimilazioni progressive con gruppi locali che ad invasioni subite dai popoli circonvicini. In questo quadro, è interessante notare che, secondo una delle teorie che hanno assunto sempre maggior peso man mano che emergevano siti archeologici nell'odierna Russia, forse a causa di pressioni da parte di nuclei vichinghi, una delle tribù baltiche occidentali, quella dei Galindi, avrebbe potuto, alla fine del IV secolo, spingersi in profondità nella Russia occidentale, stabilendosi permanentemente nell'area dell'odierna Mosca. In questo senso, potrebbero essere significative le tracce rinvenibili in alcune cronache slave di di qualche secolo posteriori di una sorta di conflittualità permanente tra Balti e Slavi nell'area indicata, conflittualità che potrebbe essersi risolta con il respingimento o l'assimilazione dei primi tra XI e XIII secolo [5]. Sempre da ritrovamenti archeologici di siti risalenti al II - I secolo a.C. provano che i Balti non formarono mai una nazione unitaria, divisi com'erano in due tronconi principali, i Balti Occidentali (Proto-Prussiani, Sudoviani, Scalviani, Nadruviani, Curi) e Balti orientali, stanziati per lo più nelle odierne Bielorussia, Ucraina e Russia. E', comunque, possibile che le tribù si unificassero parzialmente (in una sorta di confederazione) quando l'ondata germanica li spinse verso un'area limitata a nord-est e, soprattutto, quando la spinta slava li risospinse ad occidente (con la slavizzazione dei pochi nuclei rimasti a sud-est) fino a farli attestare, tra XIII e XIV secolo, nelle aree di stanziamento finale dell'odierna Prussia, Lituania e Lettonia. La prima regione, comunque, rimase solo brevemente sotto il controllo baltico, dal momento che le tribù ivi stanziate (Galindi, Curi, Yotvingiani) subirono nel XII e XII secolo le successive colonizzazioni dei Ruteni, dei Polacchi e dell'Ordine teutonico, finendo per distaccarsi dal nucleo originale e per venire definitivamente germanizzati nel secoli tra il XV e il XVII, anche in relazione all'assorbimento della Riforma luterana [6]. Nella pratica, dal XIII secolo in poi, unicamente due delle tribù più importanti, i Litani e i Latgalli sopravvissero in piena indipendenza, dando vita ai due stati baltici ancora esistenti, la Lituania e la Lettonia (l'Estonia, per quanto inclusa normalmente tra le Repubbliche baltiche, risulta etnicamente disomogenea rispetto alle altre due, essendo formata da gruppi etnici germanici che hanno progressivamente assorbito la cultura e la lingua finnica).
Gli studi più recenti sottolineano un notevole grado di continuità nei reperti archeologici a partire dal I millennio a.C.. Gli stessi reperti, comunque, dimostrano un fortissimo grado di osmosi dai tratti culturali dei popoli vicini, sia di sud-ovest che di sud-est, unificati, però, in un risultato originale e omogeneo. Così come per i Balti, il problema fondamentale per la ricostruzione del periodo pre-proto-storico finnico risulta la mancanza totale di fonti scritte dal momento che la lingua finlandese rimase unicamente orale fino addirittura al XVI secolo. Proprio gli studi linguistici, comunque sembrano suggerire una matrice uralica risalente all'VIII-VI millennio a.C. e una separazione tra lingue baltiche, lingue finniche e radici sami che si attua nel corso del II millennio. Si tratta, però, unicamente di supposizioni dal momento che solo la paleontologia e l'archeologia possono fornirci dati probabili sui periodi più oscuri della storia dell'area [7]. Sembra confermato che il primo nucleo antropico finlandese sia la Grotta Wolf di Kristinestad, databile a periodo pre-glaciale neaanderthaliano, ma le successive tracce umane sono molto più tarde, risalendo, come costatato dai rilevamenti con C14, al periodo mesolitico (cultura Kunda e cultura Suomusjärvi), con la presenza, intorno all'8500 a.C., di passaggi di cacciatori-raccoglitori stagionali. Intorno al 5.300 a.C. la cultura della "ceramica a pettine" fece la sua comparsa in Finlandia, con lo sviluppo di una fitta rete di scambi in tutto il Paese e verso nord-est, ma di essa ci restano solo poche pitture rupestri, apparentemente correlate a sistemi di credenze sciamaniche e totemiche. è solo a partire dal 3.200 a.C. che si ha una stabile presenza di appartenenti alla cosiddetta "cultura dell'ascia da guerra", probabilmente un nucleo indistinto balto-finnico di ceppo indo-europeo migrato da est, che, entro il 1.500 a.C. va a coprire l'intera area costiera. Durante questo periodo si ha la separazione tra Balti e Finni, con l'assunzione da parte di questi ultimi di una lingua uralica (ugro-finnico), presente nell'area già a partire dal 400. a.C. L'entrata, per altro solo per cenni, nella storia da parte dei Finni si ha solo intorno al 50 d.C., quando si hanno le prime indicazioni di uno scambio più intenso e a lunga distanza di merci con Balti e soprattutto con Scandinavi nelle zone costiere. In questo periodo l'esistenza di sepolture riccamente arredate, di solito con le armi, suggerisce l'esistenza di un elite soprattutto in alcune parti del Paese ma non ci sono prove certe di una formazione statale, anche se esistono pochi riferimenti a re presenti in Finlandia in saghe norrene solitamente considerate storicamente inaffidabili [8]. Ancora una volta è Tacito a menzionare, nella Germania, per la prima volta i "Fenni", ma è difficile dire se si riferisse agli abitanti della Finlandia, mentre, certamente, fanno riferimento ad una "terra dei Finlandesi" due pietre runiche scandinave, la prima svedese e databile al VI secolo e la seconda del Gotland e databile all'XI secolo. La cosa non stupisce, tenendo conto che i contatti tra Finni e Vichinghi devono essere stati, sia in forma pacifica, sia in forma di saccheggi dei secondi sui primi, notevoli già a partire dal V secolo, con un insediamento vichingo sicuramente esistente nelle Isole Åland fino all'XI secolo [9]. Proprio nell'XI secolo, stando ai reperti archeologici, il Cristianesimo deve aver preso piede in Finlandia, sebbene secondo i pochi documenti scritti germanici del periodo, la Chiesa doveva essere ancora nel suo primo sviluppo nel XII secolo e, infatti, il primo Vescovo finlandese sarà un certo Thomas, all'inizio del XIII secolo. Intanto, vari poteri secolari miravano a portare i Finlandesi sotto il loro dominio: Svezia, Danimarca, Repubblica di Novgorod e, probabilmente, gli Ordini crociati tedeschi. I Finlandesi, che pure avevano i loro capi tribali, non svilupparono mai alcuna autorità centrale e ciò li rese soggetti a continue dominazioni differenti. Proprio la cosiddetta Crociata Svedese del 1249 portò al potere il reggente svedese Birger Jarl, il cui intento era ricristianizzare le popolazioni tribali finniche che stavano tornando a culti animisti. Nello stesso periodo Novgorod ottenne il controllo in Carelia, aprendo un contenzioso che ebbe una prima definizione nella Terza Crociata finlandese nel 1293 ma che si risolse definitivamente solo con il trattato di Nöteborg nel 1323, che stabilì la divisione della Carelia in occidentale, sotto il controllo scandinavo e orientale, sotto il controllo slavo: così i Finni vennero definitivamente separati in occidentali (l'odierna Finlandia) e orientali, che vennero rapidamente slavizzati. Di fatto, in ogni caso, nel XIII secolo la Finlandia può ritenersi definitivamente integrata nella civiltà europea, con la predicazione dell'Ordine Domenicano (arrivato intorno a 1249 e che esercitò un'influenza culturale enorme), con la nascita della prima grande città mercantile con contatti con tutti i Paesi nordici (Turku), con la colonizzazione svedese di buona parte delle zone occidentali e con la definitiva incorporazione nel Regno di Svezia nel 1362 [10].
Tale ipotesi si basa sugli studi antropo-biologici relativi al DNA del National Geographic Genographic Project e del DNA-Suomi projekti, che hanno dimostrato come esistano, a livello mitocondriale e Y-cromosomico, notevoli affinità di base tra Lettoni, Lituani e Finlanesi di ceppo non scandinavo. In particolare, in relazione al cromosoma Y, l'Aplogrouppo N3, che si trova solo in nelle popolazioni Europee menzionate (oltre che, in misura radicalmente minore, in Svezia e Russia), è un sottogruppo del aplogruppo N (Y-DNA) distribuito solo in tutto il nord dell'Eurasia e stimato in un recente studio risalire a 10.000-20.000 anni fa. Questo potrebbe suggerire che Balti e Finni siano migrati verso l'Europa come gruppo coeso, partito circa 12.000-14.000 anni fa da Asia. Inoltre, l'analisi di 10.000 marcatori genetici ha individuato una correlazione diretta del gruppo balto-finnico, comprovatamente coeso, unicamente con alcune popolazioni siberiane, il che potrebbe gettare un po' di luce sulle origini completamente oscure di queste etnie [11]. NOTE:
(1) J. Rosales,
Goths and Balts: The Missing Link of European History, Vydunas Youth Fund 2004, pp. 26-42.
(2) Ivi, pp. 68 ss. (3) M.A. Gimbutas, The Balts, Praeger 1968, passim. (4) Tacito, Germania, II. (5) A. Spekke, Balts and Slavs: Their Early Relations, Alpha Printing 1968, pp. 91 ss. (6) M.A. Gimbutas, Citato, pp. 106 ss. (7) R.D. Lewis, Finland: Cultural Lone Wolf, Intercultural Press 2004, passim. (8) E. Jutikkala, A History of Finland, Dorset Press 1989, pp. 23-64 passim. (9) D. Kirby, A Concise History of Finland, Cambridge U.P. 2006, pp. 38-74 passim. (10) E. Jutikkala, Citato, passim. (11) AA.VV., Baltic Peoples: Pomesanians, Balts, Prussian Lithuanians, Lithuanian People, Old Prussians, Haplogroup T, Kursenieki, Yotvingians, Aesti, Books LLC 2010, passim. |
©2010 Lawrence M.F. Sudbury