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di Lawrence M.F. Sudbury

  

I Celti sono probabilmente il popolo (o meglio l'insieme di popoli di origine comune) più antico in cui ogni europeo possa riconoscere la propria origine.
celti800400Tra il 900 ed il 400 a.C., il loro dominio si estendeva dal Ponto alla Britannia e dal Mare del Nord alla penisola iberica. Eppure, su questo grande insieme di genti accomunate da simili strutture sociali, da una religione pressoché comune e da lingue dello stesso ceppo, il silenzio dei libri di scuola è inspiegabilmente quasi totale.

Sicuramente gioca  molto l'immagine di barbarie e primitivismo (in realtà per nulla confacente al vero) che certa cultura illuminista ha attribuito a tutte le popolazioni estranee alle civiltà ellenico-romane del Mediterraneo, una immagine solo parzialmente riabilitata dal romanticismo (incluse le teorie, spesso più fantasiose che scientifiche, della Irish croceirlRenaissance) e che ha fatto sì che solo da pochissimi anni, anche sull'onda di mode culturali quali quella della Next Age, che, pur con una certa approssimazione, hanno voluto vedere nella cultura celtica una sorta di antesignana dell'ecologismo e dello spiritualismo naturalistico, si sia cominciato ad effettuare seri studi antropo-storici sulle popolazioni celtiche.

Di fatto, però, questo silenzio, questa "mistericità" che ancora avvolge alcuni tratti della cultura più importante sviluppatasi nell'Età del Ferro, è, in gran parte, un frutto proprio di tale cultura, che non solo prediligeva, ma addirittura imponeva una trasmissione unicamente orale del proprio sapere. Il risultato è che ciò che conosciamo lo dobbiamo  praticamente solo a fonti scritte da "stranieri" venuti in contatto con i Celti, da Cesare (1) a Strabone (2), da Tito Livio (3) a Cassio Dione (4), e non ai Celti stessi e che, dunque, pur con i grandi passi avanti dovuti a numerose recenti scoperte archeologiche, per ricostruire la maggior parte della storia dei Celti, praticamente tutta quella che precede il VI secolo, ci dobbiamo affidare unicamente a supposizioni.

  • PROTOSTORIA

Proviamo a tracciare una linea evolutiva sulla base delle attuali conoscenze e delle teorie più diffuse.
Abbiamo già detto che l'origine comune dei Celti è indoeuropea, ma non abbiamo alcuna idea di quale fosse il nome che essi attribuivano alla loro razza (sempre ammesso che si riconoscessero in un ceppo comune e non unicamente nelle tribù o addirittura nei clan in cui erano divisi): la parola "celtico" ha origine dal greco uneticekeltai usata dai Focei di  Marsiglia per denominare questi "barbari" con cui erano venuti a contatto.
Sappiamo con certezza che la loro principale area di stanziamento intorno all'inizio del I millenio a.C. doveva essere nell'Europa centrale, tra la Boemia e la Baviera, ove i Celti entrarono in contatto con la  cosiddetta "Cultura di Unetice", legata alla lavorazione dei minerali ed alla pastorizia (5).

Resta, però, ancora da capire come e quando fossero giunti in quest'area e, in quest'ambito, le ipotesi sono numerose. stonhange Secondo alcune teorie (6), verso l'inizio del IV millennio a.C.doveva esistere nella zona baltica una civiltà, che potremmo definire proto-celtica e che alcuni, senza alcuna prova effettiva, dipingono come  "atlantidea", già notevolmente progredita, con una cultura religiosa già fortemente sviluppata in senso unitario e con  una certa esperienza nella navigazione. La capacità di spostamento di questi proto-celti e il loro avanzamento scientifico sarebbero, secondo gli assertori di questa ipotesi, provate dalle costruzioni megalitiche dei menhir della Bretagna (Carnac), dell'Irlanda, del Galles e dell'Inghilterra (Stonehenge), che dovevano avere come scopo la guida agli astri, in cui tali popolazioni credevano.

A seguito di cataclismi  e carestie, questo primo nucleo celtico sarebbe migrato verso Europa centrale, Grecia (dove avrebbero distrutto le culture achea e micenea), Anatolia, Palestina  ed Egitto, divenendo noto come Popoli del Mare: solo l' Egitto riuscì a respingere la loro invasione, la cui coda sarebbe stata rappresentata dai Dori che si stanziarono in Grecia ed in Egeo. è, in effetti, probabile che i Dori fossero un popolo di ceppo celtico, ma, alla luce di numerosi studi (7), sia una identificazione dei Popoli del Mare con nuclei celtici, sia una loro "discesa" da nord sono, in realtà, quantomeno dubbie.


migrazioniSecondo un'altra teoria (8), ben più accreditata, tra il 3000 e il 2500 a.C., tre popolazioni indoeuropee: i Kurgan della zona del Volga - alto Mar Caspio, i Transcaucasici del Caucaso e i Nordpontini della zona del Mar Nero, tutte di origine indo-europea, si sarebbero mescolate e avrebbero proceduto ad una migrazione di massa che avrebbe coinvolto l'Anatolia (in cui sarebbero entrati in contatto con gli Ittiti), la Mesopotamia (in cui si sarebbero mescolati agli Arii), la Grecia Micenea e l' Europa centrale (contatto con la cultura di Unetice in Boemia).  La coda di questa migrazione orientale ebbe forti contatti con gli Sciti che, attorno all'800 a.C., si diffusero in Mesopotamia (dando luogo alla cultura caldea e in seguito a quella assira), in Anatolia (in cui erano già presenti Frigi, Lidi e Pontini), in Grecia, in Italia (dove, dal 900 a.C., erano presenti gli Etruschi e, ancora prima, i Liguri e gli Italici ) ed in Europa centrale. Dagli Sciti i protocelti mutuarono molte usanze, dall'uso delle tombe a tumulo, all'allevamento del cavallo, ritenuto sacro, dal rito di tagliare e conservare la testa del nemico a protezione della propria capanna, alla suddivisione in classi sociali, ove aristocratico era colui che possedeva più cavalli.

Red head AfghanDue teorie radicalmente differenti, dunque. Entrambe, però, non danno conto  della origine primaria della razza. Una  terza ipotesi (
9), basata su studi etno-storici e recentemente sviluppata, sembra colmare tale lacuna. Come già altrove accennato (10), alcuni studiosi (11), basandosi sulla presenza di particolari cromosomi (specificamente quelli che provocherebbero il colore rossiccio dei capelli) lungo una sorta di "scia" migratoria da est a ovest, hanno ipotizzato una origine celtica nella zona settentrionale dell'India, un loro passaggio con lunga permanenza, intorno al IV millenio a.C., nell'odierno Afghanistan e una successiva migrazione (forse dovuta a inaridimento del territorio o alla pressione di altre popolazioni) occidentale che avrebbe portato i protocelti a ridosso degli Urali (e ci riagganciamo, qui, alla seconda ipotesi proposta).

   

  • STORIA

lateneQuali che siano state le origini più remote di questo ceppo etnico, fu in Europa centrale, intorno al 700 a.C., nella zona del Salzkammergut (Salisburgo e Carinzia), e fino al 450 a.C., che si sviluppò la prima vera cultura celtica, quella di Hallstatt, resa fiorente dal commercio del sale e basata prevalentemente su due classi sociali legate manufatto La Teneall'aristocrazia guerriera e al popolo dedito alla pastorizia. La fine della cultura di Hallstatt, dovuta probabilmente a conflitti interni, con nuovi ceti che aspirano al potere e soppiantano la vecchia aristocrazia hallstattiana (12), segna l'inizio della  cultura di La Tene (450 - 50 a.C.), sviluppatasi sul lago di Neuchatel e caratterizzata, oltre che da una spettacolare attività artistica, soprattutto dalla nascita di una forte rete di commercio di massa e dalla conseguente nascita di una protoborghesia (13). Dalla zona tra  basso Rodano e alto Danubio, a  partire già dal 700 circa a.C., principalmente per ragioni demografiche di sovrappopolamento, la loro espansione interessò le isole britanniche (già raggiunte da una prima ondata precedente) e la penisola iberica (Celtiberi) e, successivamente, l'Italia settentrionale e i territori dei Balcani, in cui vennero a contatto con l'impero di Alessandro Magno e svolsero attività di mercenari, mentre una parte ritornò verso l'Asia Minore (Galati) (14).

  britainParticolarmente interessante è il fatto che la doppia migrazione verso l'odierna Gran Bretagna mostra una nettissima evoluzione di questo popolo tra 900 e 500 a.C.: la prima ondata migratoria fu legata a popoli di lingua gaelica, che, forse partiti dalla Spagna settentrionale, approdarono in Irlanda, Scozia e Isola di Mann e svilupparono una lingua denominata Celtico Q, poiché al posto della lettera k si utilizzava la lettera q; la seconda migrazione fu caratterizzata da popoli britannici, che partiti dal Belgio, in piena età lateniana, dunque nella massima fase dello sviluppo socio-economico, colonizzarono Inghilterra, Galles e Cornovaglia, sviluppando il Celtico P, poiché la k era sostituita da p (ad esempio, cavallo, in indoeuropeo ekuos divenne equos in gaelico e epos in britanno). La mutazione consonantica q-p non fu che una delle differenze tra le popolazioni delle due ondate: le prime vivevano in fortificazioni, le seconde in villaggi ed è probabile che la migrazione dei secondi spinse i primi verso zone più lontane (non a caso il termine "gaelico" deriva dalla parola "gwyddel" che significa "selvaggi" e fu attribuita, nella seconda migrazione, dai Gallesi agli avi degli Irlandesi della prima migrazione) (15).


celtiitaliaPer quanto riguarda, invece, la penisola italica, una prima mescolanza tra i Celti e gli Etruschi dell’Italia centro-settentrionale, probabilmente del V secolo a.C.,  è confermata da scavi archeologici di sepolture che fanno pensare a frequenti matrimoni misti fra i due popoli, e soprattutto di oggetti identici a quelli ritrovati in area celtica transalpina. Sono reperti significativi di una contiguità che venne a crearsi già dal primo momento, e forse anche di rapporti non sempre ostili. è difficile definire le caratteristiche delle prime invasioni; l’unica certezza è che i Celti italici mantennero relazioni con quelli d’Oltralpe e che la successiva invasione (IV sec.) fu preparata ed eseguita con la loro collaborazione.
I motivi che spinsero i Celti ad occupare l’Italia sono anch’essi oscuri: forse furono attratti dalla fertilità e dal clima mite del Meridione, o, più probabilmente, furono costretti a spostarsi, come detto, a causa della pressione demografica unita alla scarsità di terre coltivabili e ad altri problemi di carattere politico e sociale. Verso l’inizio del IV secolo a. C. i Celti - o Galli, secondo la definizione latina - si stanziarono in Lombardia fino ai confini con il Veneto, in Emilia (Anari e Boi), in Romagna (Lingoni) e nelle Marche (Senoni), regioni praticamente sottratte agli Etruschi e agli Umbri. La presa di Roma (390-386 a. C.) da parte di Brenno (in realtà Brennan, nome del dio della guerra, era assunto da ogni capotribù in battaglia) fu vissuta, secondo le fonti antiche, come un evento traumatico e fu  probabilmente per questo che  il fiero popolo romano volle giustificare quella sconfitta con la ferocia degli aggressori. Oggi, invece, si tende a considerare l’invasione celtica non come quella di un’orda selvaggia, ma piuttosto di una vasta comunità costretta a lasciare il proprio territorio d’origine per problemi di sopravvivenza. E’ possibile che l'espansione sia poi proseguita verso sud-est senza ulteriori grossi traumi (
16).

Il IV secolo segna l'apogeo della grandezza delle tribù celtiche, stanziate praticamente ovunque in Europa, come  facilmente visibile dando un'occhiata ad una cartina degli stanziamenti del periodo.

insediamenti tribù

    

Tribù Galliche stanziate in Europa nel periodo di Cesare:

Gallia (attuale Belgio, Francia e Svizzera): Allobrogi(Vienne); Ambiani (Amiens); Ambiliati; Andecavi o Andi (Angers); Aquitani (Bordeaux); Atrebati (Arras); Arverni (Auvergne); Aulerci Eburovici (Normandia); Ausci (Aquitania); Baiocassi (Bayeux, poi in Pannonia); Bellovaci (Beauvais); Betasii; Bigerrioni(Aquitania); Biturigi (Bourges); Boi (Aquitania, poi in Emilia Romagna, Pannonia e Boemia); Carnuti (Chartres); Catalauni (Chalons); Caturigi (valle dell'alta Durance); Cenomani (Le Mans, poi in Lombardia e Veneto); Ceutroni (valli dell'Isere e dell'Arc); Cocosati (Aquitania); Coriosiliti (Corseul); Diablinti; Edui - Bibracte (Saone et Loire); Elusati (Aquitania); Elvezi ( La Tene); Garonni (Aquitania); Gati (Aquitania); Graioceli (Moncenisio); Lemovici (Limoges); Lessovi (Normandia); Leuci; Lingoni; Mandubi; Mediomatrici (Metz); Meduli (Medoc); Meldi (Meaux); Menapi (Cassel); Morini ( Boulogne-sur-Mer); Namneti (Nantes); Nantuati (Martigny); Nervi (Bavay ); Osismi; Parisi (Parigi); Petrocori (Périgord); Pictoni (Poitiers); Ptiani (Aquitania); Redoni (Rennes); Remi (Reims); Santoni (Saintes); Seduni (Martigny); Segusiavi (Loira); Senoni (Orleans); Sequani (Besançon); Sibuzati (Aquitania); Soziati (Aquitania); Suessioni (Soissons); Tarbelli (Aquitania); Tarusati (Aquitania); Tolosati (Tolosa); Treviri, Treveri (Trier); Tricassi (Troyes); Tungri (Tongeren); Turoni (Tours); Unelli (Normandia); Vangioni (Worms); Veliocassi (Rouen); Vellavi (Ruessium); Veneti (Bretagna); Veragri (Martigny); Viducassi (Vieux); Viromandui (Vermandois); Vocati (Aquitania); Voconzi (Vaison-la-Romaine); Volci.
- Inghilterra, Irlanda, Scozia e Galles: Ancaliti (Hampshire e Wiltshire, Inghilterra); Atecotti (Scozia o Irlanda); Atrebati (Hampshire e Berkshire, Inghilterra); Autini (Irlanda); Belgi (Wiltshire e Hampshire, Inghilterra); Bibroci (Berkshire, Inghilterra); Briganti (Inghilterra settentrionale); Briganti (Irlanda); Cereni (Sutherland, Inghilterra); Caledoni (Invernessshire, Scozia); Cantiaci (Kent, Inghilterra); Carnonaci (Highland scozzesi occidentali); Carvezi (Cumberland, Inghilterra); Cassi (Inghilterra); Catuvellauni (Hertfordshire, Inghilterra); Cauci (Irlanda); Corieltauvi (Leicestershire); Coriondi (Irlanda); Corionotozi (Northumberland, Inghilterra); Cornovi (Caithness, Inghilterra); Cornovi (Cheshire, Inghilterra); Cornovi (Cornovaglia, Inghilterra); Creoni (Argyllshire, Scozia); Damnoni (Strathclyde, Inghilterra); Darini (Irlanda); Deceangli (Flintshire); Decanzi (Ross orientale, Inghilterra); Demezi (Dyfed, Galles); Dobunni (Gloucestershire); Dumnoni (Devon, Inghilterra); Durotrigi (Dorset, Inghilterra); Eblani (Irlanda); Epidi (Kintyre, Inghilterra); Gangani (Irlanda); Gangani (penisola di Lleyn); Erpeditani (Irlanda); Iberni (Irlanda); Iceni (East Anglia, Inghilterra); Lugi (Sutherland orientale, Inghilterra); Magnazi (Irlanda); Manapi (Irlanda); Novanzi (Galloway, Inghilterra); Ordovici (Gwynedd, Galles); Parisi (East Riding, Inghilterra); Regnensi (Sussex, Inghilterra); Robogdi (Irlanda); Segonziaci (Inghilterra); Selgovi (bacino superiore del Tweed, Inghilterra); Setanzi (Lancashire, Inghilterra); Siluri (Gwent, Galles); Smerzi (Sutherland meridionale, Inghilterra); Tassali (Aberdeenshire, Scozia); Trinovanti (Essex, Inghilterra); Vacomagi (Banffshire, Inghilterra); Velabri (Irlanda); Veniconi (Strathmore, Inghilterra); Vennicni (Irlanda); Vodie (Irlanda); Votadini (Lothian, Scozia).
- Italia settentrionale: Anari (Emilia); Boi (Emilia); Carni (Carnia); Cenomani (Brescia); Anari (Oltrepò Pavese); Graioceli (Moncenisio); Insubri (Lombardia); Lingoni (Ferrara); Orobi (tra Como e Bergamo); Salassi (Aosta e Canavese); Senoni (dalla Romagna ad Ancona);Taurini (Torino); Vertamocori (Novara)
- Europa centrale: Anartii (Ungheria); Arabiati (Illiria); Boi (Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria e Germania); Cotini (Slovacchia); Eravisci (Ungheria); Ercuniati (Illirico); Osii (Slovacchia); Scordisci (Croazia, Serbia); Taurisci (Norico).
- Spagna e Portogallo: Arevaci; Asturi; Cantabri; Carpetani; Celtiberi (Spagna); Cineti (Algarve, Portogallo meridionale); Calleci (Portogallo e Spagna); Lusitani (Portogallo); Vaccei; Vardulli.
- Turchia: Galati.

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  • TRAMONTO

Come poté accadere, dunque, che un insieme di popolazioni così vasto e, come vedremo meglio nella seconda parte di questa breve ricognizione, così socialmente strutturato sia sul piano delle relazioni interne che delle questioni politico-economiche internazionali, potesse essere sconfitto da un popolo molto più piccolo come quello romano?
La risposta a questa domanda risiede essenzialmente in due soli concetti: unità e organizzazione militare.
celtiIn primo luogo, si è in precedenza detto che è assolutamente scorretto parlare di un "popolo celtico": sia dai racconti degli storici romani che dagli scarsi documenti scritti celtici pervenutici (soprattutto da cronache irlandesi) risulta assolutamente evidente (
17) che nessun celta, pur comprendendo di far parte di un vasto gruppo etno-culturale, sentisse alcun legame verso il proprio macro-insieme di popolazione. I vincoli di fedeltà erano, tuttalpiù, personali verso un capotribù (con conseguente vincolo solo tribale), ma, in larga parte, unicamente sentiti verso il proprio nucleo familiare allargato, il clan.
È ovvio che, con queste premesse, fosse praticamente impossibile per i celti organizzare alleanze estese in funzione antiromana: solo in qualche caso, ad esempio contro Cesare, riuscirono ad organizzare qualche forma di unione provvisoria e instabile tra tribù, ma furono esperienze limitate sia nel numero che nel tempo, che mancarono sempre della coesione necessaria ad affrontare una organizzazione sociale come quella romana, che faceva del culto patrio una sorta di religione di stato: la società dei Celti, sebbene nell’ultimo periodo della sua storia fosse arrivata ad un ragguardevole livello di organizzazione, purtroppo rimase sempre prigioniera delle proprie divisioni interne. Fu principalmente questo, e non la barbarie, l’ignoranza e l’arretratezza di un popolo che non aveva nessuna di queste tre prerogative, a determinare la loro sconfitta vercingetorigeda parte dei Romani che ebbero la meglio prima sulle popolazioni insediatesi in Italia Settentrionale (la cosiddetta Gallia Cisalpina) e poi, con Cesare, anche su quelle che abitavano l’Europa continentale (la Gallia Transalpina). All’epoca delle guerre galliche, infatti, molte tribù non videro in Cesare l’ “invasore”, ma solo un altro potenziale alleato con il quale stabilire eventuali intese. Così, anche di fronte ai Romani, le tribù celtiche non trovarono una ragione di unione, ma si divisero fra quelle che avevano deciso di sostenere Cesare e quelle che invece avevano risolto di combatterlo. A parte la breve parentesi della ribellione guidata da Vercingetorige, quindi, le varie popolazioni celtiche non fecero mai causa comune. Fu questo il motivo di base della caduta di quella civiltà che, se solo più coalizzata, avrebbe potuto dominare su tutta l’Europa centrale (
18).

In secondo luogo (ma forse si potrebbe più propriamente parlare di un semplice corollario della ragione sopra accennata), forse proprio i punti di forza di quello che è oggi il  fascino peculiare dell'antico mondo celtico, la sua spiritualità e la sua individualità sfrenata, furono gli elementi che portarono al suo tramonto quando questo mondo entrò in contatto con la disincantata civiltà romana, che viveva agli opposti concettuali: alla spiritualità opponeva la prammatica praticità e all'individualismo, l'arma più distruttrice e dominatrice mai creata: il servizio militare con ferrea disciplina. L' individualismo guerriero venne meno al confronto con la fredda e calcolata strategia militare, nonostante i Celti fossero più numerosi dei romani e impugnassero armi spaventosamente armiceltepiù micidiali. «Se vuoi sapere come i Romani hanno conquistato il mondo conosciuto,» afferma il grande scrittore fantasy ed esperto di strategie militari David Gemmell (19), «la risposta è il gladio, la corta spada che usavano. Una lama di 18 pollici con cui effettui affondi è diversa da una spada di tre piedi con cui fai dei fendenti - questo significa che puoi stare spalla a spalla su un muro, dove una lama calata di taglio ti manterrebbe a sei piedi in ogni direzione dai tuoi compagni. Non importa quanto i Celti superassero in numero i Romani, al momento del contatto erano tre a uno per i Romani».
Così, dunque, la più grande civiltà dell'età del ferro, con la sola eccezione di Scozia e Irlanda, venne sottomessa, inglobata nell'Impero, colonizzata e romanizzata, snaturandosi e finendo per "scomparire" per oltre 2000 anni.


Note:

(1) Caio Giulio Cesare, De Bello Gallico, passim..

(2) Strabone, Geografia, libri III, IV, VI , VII.


(3) Tito Livio, Storia di Roma, libro V.


(4) Cassio Dione Cocceiano, Storia di Roma, libri LI-LIV.


(5) C. Renfrew, Archeology and Language - the Puzzle of IndoEuropean Origins, Penguin, Londra 1989, pp. 208 ss.

(6) Ad esempio, J. Layard, I Celti - alle radici di un inconscio europeo, Xenia, Milano 1995, pp. 28-42.

(7) Ad esempio, L. Melis,  Shardana - I Popoli del Mare, CDE, Cagliari 2002, passim e L. Sudbury, Hanebu. I Popoli Perduti che Crearono il Mediterraneo, in Hera, dicembre 2007.

(8) P. Berresford Ellis, The Celts, Carroll & Graf, Manchester 2003, passim.

(9) Ad esempio,  B. Cunliffe, The Ancient Celts, Penguin, London 2000, pp. 36-48.

(10) L. Sudbury, BarBar o «della genericità», www.storiamedievale.net, gennaio 2008.

(11) Tra gli altri, B. McEvoy, M. Richards, P. Forster, D. G. Bradley, The Longue Durée of Genetic Ancestry: Multiple Genetic Marker Systems and Celtic Origins on the Atlantic Facade of Europe, in The American Journal of Human Genetics, ottobre 2004.

(12) B. Cunliffe, The Oxford Illustrated Prehistory of Europe, Oxford O.U.P, 1994, pp. 250-254.

(13) J.Collis, The Celts: Origins, Myths, Invention, Tempus, London 2003, passim.

(14) P. Berresford Ellis, The Celts cit., pp. 112-141.

(15) J. Carey, J.T. Koch, The Celtic Heroic Age: Literary Sources for Ancient Celtic Europe & Early Ireland & Wales, David Brown Book Company, Cardiff 2003, pp. 81.

(16) J. De Galibier, L'epopea dei Celti. Storia e Mistero, Keltia, Aosta 1998, passim e www.celticanapoletana.org.

(17) Un'ampia sintesi è rinvenibile in J. Carey, J.T. Koch, The Celtic Heroic Age: Literary Sources for Ancient Celtic Europe & Early Ireland & Wales cit., passim.

(18) C.Nicolet, Rome et la Conquête du Monde Méditerranéen, tomo I, PUF, Parigi 2001, pp. 409 ss. e www.signainferre.it.

(19) Citato in F. Truppi, La riscoperta di una civiltà, in www.celticworld.it.
       

     

    

©2008 Lawrence M.F. Sudbury

    


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