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Probabilmente
se si dovesse chiedere a qualunque studente quale popolo
germanico abbia raggiunto il maggior grado di sviluppo e di
splendore nel corso della storia, la risposta risulterebbe
invariabilmente essere: i Franchi.
La ragione di ciò è assolutamente ovvia: solo i Franchi, con Carlomagno, sono riusciti a costruire un vero Impero duraturo che, per alcuni versi, ha rappresentato, dopo la fine di Roma e forse ben più di Roma stessa, il primo e unico reale esperimento di unità di buona parte dei popoli europei [1]. Ma come è stato possibile per una popolazione in fondo a lungo marginale, giunta piuttosto tardi sulla scena internazionale dominata dalla caduta delle aquile per mano di altre tribù, assurgere così rapidamente ad una potenza mai più raggiunta in Europa da alcun altro gruppo etnico? Per comprenderlo, è necessario seguire il lungo cammino storico di questa tribù centro-europea, dalle sue origini, fino al trionfo dell'incoronazione imperiale dell'800 d.C. e alla nascita del Sacro Romano Impero.
Come
molte altre popolazioni germaniche, i Franchi svilupparono una
storia delle loro origini che li mettesse in connessione con con
popolo della storia classica. In questo caso, tale popolazione
era quella dei Sicambri e, prima ancora, dei Troiani. Un'opera
anonima del 727 intitolata Liber
Historiae Francorum afferma, infatti, che, a seguito
della caduta di Troia, 12.000 Troiani, guidati da Priamo e
Antenore, fuggì verso l'area del fiume Don, si insediò in
Pannonia, nei pressi del Mare d'Azov e fondò la città chiamata
"Sicambria". In sole due generazioni dopo la caduta di Troia
(quelle di Priamo e di suo figlio Marcomer), oggi datata verso
la fine dell'Età del Bronzo, intorno alla fine del IVsecolo,
essi arrivarono a stanziarsi lungo le sponde del Reno [2].
Una variante, probabilmente anteriore, di tale storia, redatta
da tale Fredegar, vuole che il primo grande re dei Sicambri
fosse un certo "Francio", che risulta essere un chiarissimo
patronimico, probabilmente ripreso dalla tradizione latina
legata al binomio Romolo-Roma [3].
Al di là di queste origini mitiche, i Franchi entrano nella storia effettuale intorno al 50 d.C., a causa di una invasione dei territori dell'Impero Romano lungo il corso del Reno. In questo senso, essi vengono per la prima volta menzionati nella Tabula Peutingeriana come "Chamavi qui et Pranci" (cioè "Chamavi, che sono Pranci", con un probabile errore di comprensione tra Pranci e Franci) [4]. Nel corso del secolo successivo, altre tribù franche oltre i Chamavi emergono in varie fonti, tra le quali le più importanti risultano essere i Panegyrici Latini, Ammiano Marcellino, Claudiano, Zosimo, Sidonio Apollinare e Gregorio di Tours [5]: in particolare, già nel 357 si narra di un re franco della tribù dei Salii che entrò nel territorio romano per stanziarvisi [6]. In linea generale, gli studiosi moderni che si occupano del periodo migratorio concordano nel ritenere che l'identità dei Franchi emerse durante la prima metà del terzo secolo, dall'unione di vari gruppi minori precedenti quali i Salii, i Sicambri, i Chamavi, i Bructeri, i Chatti, i Chattuarii, gli Ampsivarii e i Batavi, tutti stanziati nella vallata del basso Reno e nelle zone immediatamente ad Est di essa. Tale unione sarebbe stata di tipo sociale prima che politico e militare e, quindi, non avrebbe portato ad alcun indebolimento delle parti coinvolte [7]. Ciò che risulta completamente accertato è che, a seguito dell'invasione dei Salii, l'imperatore Giuliano l'Apostata li accettò come "foederati" nel 358 e che, da questo momento in poi, tale tribù iniziò una progressiva azione di allargamento sul territorio, cosicché, per la fine del V secolo, i Franchi Salii avevano occupato un territorio che includeva i Paesi Bassi a sud del Reno, il Belgio e la Gallia Settentrionale, dove, incontrando altri popoli di etnia franca, diedero origine all'Impero Merovingio [8]. Per quanto riguarda i contatti con Roma fino a questo momento, i Franchi appaiono nelle fonti annalistiche sia come alleati che come nemici ("laeti" o "dediticii"). Verso il 250 , un gruppo di Franchi, approfittando della debolezza imperiale, arrivò a penetrare fino a Tarragona, razziando l'area per circa un decennio prima che le forze imperiali riuscissero a sottometterlo e a ricacciarlo verso nord. Solo settant'anni dopo, però, i Franchi occuparono la regione intorno al fiume Schelda (nelle odierne Fiandre) e arrivarono ad assumere una tale capacità di controllo della regione da poter effettuare un pattugliamento continuo della Manica, tale da bloccare a loro piacimento i contatti con la Britannia. Dopo qualche tempo, l'esercito romano riuscì a pacificare l'area ma non ad espellere i Franchi che continuarono ad esercitare azioni di pirateria lungo la costa almeno fino al periododi Giuliano l'Apostata (358), quando, come accennato e come riportato da Ammiano Marcellino, fu loro concessa la Toxandria in qualità di foederati.[9]
Nel frattempo i Franchi stavano sviluppando al loro interno la
dinastia che può essere vista come la prima grande casa reale di
Francia, quella dei Merovingi, dapprima propria di una delle
tante tribù germaniche locali (e nata nel V secolo per opera di
un tale re Merovech, di cui conosciamo solo l'esistenza
effettiva [10]), senza
alcuna altra specificazione e, in seguito, estesa a tutte le
aree sotto il controllo dell'etnia franca
Le fortune dei Franchi iniziano con il nipote di Merovech, Clodoveo. Quando questi eredita la corona reale, nel 481, ha solo quindici anni, ma il suo regno segna un punto di svolta della storia europea su due fronti: in primo luogo egli riesce a creare il primo grande e duraturo regno barbarico a nord delle Alpi e, in secondo luogo, egli è il primo ad adottare il Cristianesimo cattolico in una regione come quella della Gallia, in cui tutte le altre tribù erano ariane. Colodoveo riuscì ad estendere il suo dominio dalla Somme alla Loira attraverso uno spregiudicato utilizzo di una particolare miscela di capacità bellica, intrighi e assassinii politici che gli permise di assumere il controllo di tutte le tribù franche della regione e, in seguito, di poter esigere tributi ai Burgundi del sud-est e di cacciare i Visigoti dal sud-ovest. Nel 507, tutta la Francia, con la sola eccezione di una stretta striscia lungo le coste del Mediterraneo, è in suo possesso. Buona parte del suo successo nell'acquisizione di territori, Clodoveo lo dovette, comunque, proprio all'accettazione del Cattolicesimo, che lo fece apparire, per molti abitanti della Gallia fedeli a Roma, come una sorta di liberatore dai Visigoti ariani. Il racconto della sua conversione giunto fino a noi segue lo sviluppo classico della mitologemetica cristiana, con una vittoria in battaglia (come per Costantino) e una moglie già devota credente (come per Ethelbert del Kent), la principessa burgunda Clotilde, che spiega al marito che la sua vittoria contro gli Alemanni, che da poco avevano attraversato il Reno per stabilirsi in Alsazia, è frutto della protezione divina. Che le cose siano andate così o meno, certamente la vittoria conto gli Alemanni, che possiamo situare in un momento imprecisato tra il 495 e il 506, è seguita storicamente da un battesimo di massa dell'esercito (e, d'altra parti, una fede seguita dal re deve, naturalmente, risultare in una fede che viene abbracciata anche dalle truppe a lui fedeli), con il vescovo di Reims che, in una sola grande funzione battezza Clodoveo e i suoi 3000 soldati. Dopo la conversione Clodoveo spostò la sua capitale a Parigi e commissionò la stesura per iscritto dell'antico codice di leggi saliche che da sempre formava la spina dorsale giuridica del suo popolo. Se è vero che vi furono momenti in cui il suo regno cadde nel caos, che la centralità di Parigi non venne accettata immediatamente da tutte le tribù e che lo stesso "Codice Salico" potè essere adottato solo parzialmente in tutto il regno, certamente, comunque, il periodo di Clodoveo segnò uno spartiacque notevole per la Francia e buona parte dell'Europa Settentrionale [11]. Dopo la morte di Clodoveo, nel 511, i suoi territori furono divisi tra i suoi quattro figli. Nel lungo termine, questa forma di divisione ereditaria egualita- ria rischierà di indebolire il regno, ma, per il momento, la fase espansiva continua: il ricco territorio burgundo, formalmente tributario del regno franco, ad esempio, viene annesso nel 534. Gradualmente, tre regni separati emergono all'interno del grande dominio franco: i territori tribali dell'odierno Belgio e della Francia nord-orientale vanno a formare l'area definita Austrasia, le terre acquisite da Clodoveo nella Francia centrale formano la Neustria (da "neu", "nuovo") e la Burgundia mantiene la sua identità originaria. Per più di due secoli dopo la morte di Clodoveo questi regni sono dominati almeno nominalmente da suoi discendenti, in varie combinazioni (con Neustria e Burgundia spesso unite) e, occasionalmente, alcuni re sono abbastanza forti per riunire l'intero reame sotto un unico controllo centrale, come, ad esempio, nel periodo di Clotario II e di suo figlio Dagoberto I, dal 613 al 639. Dopo la morte di Dagoberto, però, i re franchi perdono gradualmente potere a favore dei loro luogotenenti, i cosiddetti "maggiordomi di palazzo", in un processo per molti versi non dissimile da quello dell'ascesa degli Shogun in Giappone [12].
Anche nell'Impero Romano i grandi
possedimenti erano spesso retti da una sorta di amministratore
chiamato "maior domus" ("superiore della casa") e i Franchi
avevano da tempo ripreso questa carica, chiamando il loro più
importante ufficiale amministrativo "maior palatii" o,
semplicemente, ancora "maggiordomo". E' normale che
amministratori di questo tipo tendano ad allargare il loro
potere: i maggiordomi gradualmente aggiunsero ai loro ruoli
quelli di tuttori dei principi reali, di consiglieri del re
sugli affari politici e, in alcuni casi, persino di comandanti
dell'esercito reale. Da metà del VII secolo si può
tranquillamente affermare che i normali conflitti tra Austrasia,
Neustria e Burgundia evolvano in una lotta di potere tra i
maggiordomi dei rispettivi palazzi [13].
Nel 687, per la prima volta, un maggiordomo controlla tutti e tre i regni: è Pipino II, che riesce ad ottenere il predominio dopo essere divenuto maggiordomo di Austrasia nel 679. In prospettiva, la sua presa di potere può essere vista come il reale inizio di una nuova dinastia reale, ma il caos che segue la sua morte, nel 714, non avrebbe mai fatto pensare ad una simile evenienza. I soli discendenti maschi di Pipino, infatti erano alcuni nipoti legittimi e un figlio illegittimo, Carlo, che riuscì ad imporsi sugli altri solo nel 727, dopo una lunga guerra civile, durante la quale, per la sua capacità di schiacciare i nemici in battaglia, gli venne dato il soprannome di "Martello", che lo fece passare alla storia, appunto,come "Carlo Martello". Dal suo nome, tutti i suoi discendenti presero il patronimico di "Carolingi". Dopo aver consolidato il suo potere su tutti i territori tradizionalmente sottomessi ai Franchi, Carlo intraprese lunghe campagne contro le tribù germaniche pagane che, praticamente da sempre, razziavano i confini settentrionali e orientali della Gallia: Frisoni, Sassoni e Bavari (tra l'altro dando un grande aiuto alla missione di San Bonifacio nella cristianizzazione di questi ultimi). L'altro grande problema che da qualche decennio affliggeva la Gallia era quello relativo alle invasioni da sud degli Arabi provenienti dalla Spagna, che erano avanzati rapidamente verso nord dal loro arrivo nel 711, fino ad arrivare ai Pirenei. Narbona era stata presa nel 720 e una massiccia penetrazione, nel 725, aveva condotto le armate della mezzaluna fino all'interno della Burgundia. Nel 732, un' armata mussulmana conquistò Bordeaux, distrusse una chiesa nei pressi di Poitiers e mosse verso Tours. A questo punto Carlo Martello fu obbligato a fronteggiarla in campo aperto. Non sappiamo precisamente dove la battaglia ebbe luogo (le fonti parlano sia di Poitiers che di Tours) ma, certamente, la vittoria franca segnò la fine, a ovest, della apparentemente inesorabile avanzata araba: qualche anno più tardi i mussulmani si stanziarono definitivamente in Spagna e non tentarono mai più di conquistare la Gallia, forse anche a causa di una rivolta dei mercenari berberi nel 741 che indebolì notevolmente l'esercito invasore [14]. Certamente la vittoria sui mussulmani è l'episodio che assicura stabilmente a Carlo Martello il suo posto nella storia, ma ugualmente importante fu anche la capacità sua e dei suoi discendenti di soppiantare la dinastia merovingia. Carlo mantenne una parvenza di potere reale merovingio, per altro unicamente formale e, inizialmente, suo figlio Pipino III, noto come Pipino il Breve, seguì la stessa politica, mettendo sul trono il re fantoccio Childerico III nel 743. Nel 751, però, Pipino decise di ascendere egli stesso al trono e, prima di farlo, si assicurò l'appoggio preventivo del papa, che, comprendendo in quali mani risiedesse il reale potere francese, lo diede praticamente incondizionatamente, avallando anche il regicidio di Childerico [15]. L'apice dell' "imperium" franco giunse, comunque, con il figlio di Pipino, Carlo (noto poi come Carlomagno), l'unico uomo capace (a parte Napoleone per breve tempo qualche anno dopo) di unificare Francia e Germania in un solo grande regno. Alla morte del padre, nel 768, Carlomagno aveva ereditato la parte occidentale dell'impero franco, una lunga striscia costiera che dalla Francia sudoccidentale correva lungo l'Olanda e fino alla Germania. Tre anni dopo, alla morte di suo fratello Carlomanno, Carlomagno annesse la zona da questi ereditata, comprendente la Francia centrale e la Germania sud-occidentale. E' solo l'inizio di una campagna di estensione dei territori che lo porterà, nell'814, anno della sua morte a dominare l'intera Germania e l'Italia settentrionale. La campagna di Carlomagno nell'Italia settentrionale, attuata nei primi anni del suo regno, viene sviluppata in alleanza con il papa, alleato fondamentale, come visto della famiglia carolingia. Non a caso Carlomagno, già all'età di dodici anni, nel 754, era stato unto da papa Stefano II, a St.Denis, insieme a suo padre e suo fratello, e aveva partecipato alla campagna paterna conto i Longobardi, nata proprio da una richiesta papale. Nel 772, un nuovo papa, Adriano I, gli chiese di intervenire una seconda volta nello stesso senso e Carlomagno, esattamente come il padre, rispose invadendo i territori longobardi due volte, nel 773 e nel 774, con il risultato di aggiungere nuove aree ai suoi possedimenti e un nuovo titolo alla sua già notevole lista: quello di re dei Longobardi. [16] A nord delle Alpi, Carlomagno estese progressivamente i suoi territori verso est per includere la Baviera, ma i suoi maggior sforzi si concentrarono contro una tribù mai assoggettata da alcun altro popolo: quella dei Sassoni. Questi da anni saccheggiavano le aree di confine franche per poi nascondersi nelle foreste e Carlomagno, imperatore e cattolico fervente, non poteva sopportare né le loro incursioni, né i loro culti pagani: dal 772 la guerra contro di loro è di estrema ferocia, a partire dalla distruzione di uno dei loro luoghi più sacri, l'"Irminsul", il grande albero "colonna del mondo" che, secondo la religione sassone, sorreggeva l'intero universo. Ci vollero, comunque, qualcosa come trent'anni a Carlomagno per sottomettere completamente i Sassoni e farne, verso l'804, dei "buoni cristiani" all'interno del suo impero. Soprattutto, gli ci vollero metodi trai più brutali tra quelli riportati nelle cronache altomedievali, con veri e propri massacri compiuti sia nel processo di conquista, sia, soprattutto, in quello di conversione forzata (il famoso "o baci la croce o assaggi la spada") e formazione di nuovi vescovati missionari nelle aree più avanzate di conquista. I risultati furono, a volte, davvero terrificanti (le cronache narrano addirittura che, durante la campagna, in un solo giorno 4500 Sassoni che si rifiutavano di convertire venne uccisi) ma ottennero i risultati sperati [17]. Al contrario, una delle poche campagne infruttuose dell'imperatore fu il tentativo di liberare la Spagna settentrionale dalla presenza mussulmana. Quasi paradossalmente, il suo intervento era stato richiesto dai mussulmani che si opponeva allo strapotere del califfo di Cordoba, ma, probabilmente, ciò che spinse il re dei Franchi a marciare verso sud nel 778 fu soprattutto il ricordo della grande vittoria di Carlo Martello e la volontà di eguagliarne la fama. Carlomagno riuscì piutosto agevolmente (comunque meno di quanto si aspettasse) a prendere Pamplona, ma il suo assedio di Saragozza fu completamente infruttuoso, tanto da convincerlo a ritirarsi nuovamente verso nord. Fu proprio durante questa ritirata che una piccola retroguardia dell'esercito venne presa in un'imboscata presso un passo alpino, tradizionalmente identificato con il passo di Roncisvalle, da una formazione basca o guascona e massacrata: stranamente, questo episodio minore, ripreso dalla Chanson de Roland, finì per divenire uno degli episodi più noti della vita leggendaria del grande re franco [18]. Nel 799, per la terza volta in mezzo secolo, il papa richiese ancora l'aiuto dei Franchi: dopo aver subito addirittura un attacco personale dai suoi nemici (pare intenzionati ad accecarlo e tagliargli la lingua) in una via di Roma, Leone III fuggì dall Città Eterna e, attraversate le Alpi,si incontrò con Carlomagno a Paderborn. Che cosa venisse deciso durante tale incontro non è ben chiaro, ma Carlomagno si mise in marcia verso Roma nell'800 per dare supporto al papa. In una cerimonio svoltasi a San Pietro nella notte di Natale di quell'anno, Leone unse il figlio del re come successore dei Franchi e, forse inaspettatamente per Carlomagno stesso, quando il re si alzò dalla preghiera, il papa pose sul suo capo una corona, proclamandolo imperatore. Carlomagno espresse umilmente il suo dispiacere nell'essere gravato di un tale incarico (in effetti, tale dispiacere era sostanzialmente diplomatico, dal momento che, legalmente, l'imperatore legittimo era ancora quello di Costantinopoli) ma, ugualmente, accettò un tale onore. Quali che fossero gli accordi preventivi, questa alleanza pubblica tra papa e re di una confederazione di tribù germaniche rifletteva la realtà del potere politico in occidente, creando una nuova entità territoriale e, soprattutto, politico-spirituale: quella del Sacro Romano Impero che tanto peso avrebbe avuto nelle successive vicende medievali. In effetti il Sacro Romano Impero venne formalmente creato nel secolo successivo, ma è già implicito nel titolo adottato da Carlomagno proprio a partire dall'incoronazione dell'800: "Carlo, serenissimo Augusto, incoronato da Dio, grande e pacifico Imperatore, Signore dell'Impero Romano". [19] Cinque anni dopo l'incoronazione romana, Leone III è ancora al fianco di Carlomagno in una cerimonia religiosa, questa volta in Germania: si tratta delle consacrazione della spettacolare basilica voluta dall'imperatore a Aachen, la cui costruzione era cominciata nove anni prima, nel 796. Il nome francese di Aachen, Aix-la-Chapelle, sta specificamente ad indicare la presenza nella città di questa cappella ottagonale, non eccessivamente grande, ma riccamente decorata, esplicitamente modellata sulla chiesa imperiale di San Vitale a Ravenna. Ciò che è più significativo è la scelta di Aachen come sede imperiale di Carlomagno, a nord dell'impero, all'estremo opposto di Roma: il viaggio del papa nell'805 rende chiaro che Roma non può vantare alcuna precedenza nella nuova alleanza cristiana tra papato e impero e così, quando Carlomagno decide di incoronare il suo unico figlio ancora in vita come co-imperatore nell'813, la cerimonia si svolge a Aachen e la presenza del papa non è neppure richiesta. La localizzazione di Aachen, inoltre, risulta perfetta dal punto di vista dell'impero unificato franco: tra i regni franchi occidentali e orientali, la città diventa il simbolo stesso della nuova Europa unificata sotto il segno carolingio [20].
NOTE:
(1)
R. Hodges,
Mohammed, Charlemagne and the Origins of Europe,
Cornell University Press 1983, pp. 61 ss.
(2) B. S. Bachrach (a cura di), Liber Historiae Francorum, Coronado Press 1973, passim. (3) R. A. Gerberding, The Rise of the Carolingians and the Liber Historiae Francorum, Oxford U. P. 1987, pp. 79-81 (4) E. James, The Franks, Wiley-Blackwell 1991, pp. 32 ss. (5) Ivi, p. 11. (6) Gregory of Tours, A History of the Franks, Penguin 1976, pp. 93 ss. (7) L. Sergeant, The Franks, from Their Origin as a Confederacy to the Establishment of the Kingdom of France and the German Empire, Adamant Media Corporation 2002, pp. 21-22. (8) E. James, The Franks cit., pp. 46 ss. (9) Ivi, pp. 49 ss. (10) P.J. Geary, Before France and Germany: The Creation and Transformation of the Merovingian World, Oxford University Press 1988, p. 27. (11) I. Wood, The Merovingian Kingdoms, Pearson Education 1995, pp. 58-81. (12) R.A. Gerberding, P.Fouracre, Late Merovingian France: History and Hagiography, Manchester U.P. 1996, pp. 46 ss. (13) P. Riché, M. Idomir Allen, The Carolingians : A Family Who Forged Europe, U. Penn. Press 1993, pp. 18-23. (14) Ivi, pp. 91 ss. (15) Ivi, pp. 47 ss. (16) E. James, The Franks cit., pp. 101 ss. (17) D. H. Green, F.Siegmund, Continental Saxons from the Migration Period to the Tenth Century: An Ethnographic Perspective, Boydell Press 2003, pp. 208-226. (18) P. Delogu and M. Moran, Introduction to Medieval History, Duckworth Publishers 2005, pp .104 ss. (19) D. Willson, Charlemagne, Doubleday 2007, pp. 187 ss. (20) Ivi, pp. 203 ss. |
©2009 Lawrence M.F. Sudbury