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“Gotico”: quante volte abbiamo sentito questo termine? “Gotica” fu l'invasione che travolse l'Impero di Roma, o almeno quello che ne restava; “gotica” fu l'arte che informò di sé, senza per altro alcun reale contatto con l'originaria cultura gotica, il medioevo; “gotica” è, persino, oggi, una sub-cultura giovanile improntata, più che altro, ad un certo “ossianismo”. Ma cosa sappiamo realmente dei Goti originali? In realtà, sebbene non si presentino come un popolo totalmente misterioso, di essi e, in particolare, delle loro origini più remote, conosciamo molto meno di quanto vorremmo...
“Nomina nuda tenemus”. Per i Goti, questa celebre frase de “Il Nome della Rosa” è vera solo in parte e, anzi, proprio il nome che i Goti si attribuirono, è, secondo molti, la nostra miglior (per quanto discutibile e ampiamente discussa) traccia per comprendere il periodo più antico della loro presenza europea. Etimologicamente, infatti, “Guton” deriva dalla stessa radice di “Gutar”, che, in norreno, stava ad indicare gli abitanti dell'area del Gotland. Probabilmente, entrambi i termini potevano discendere dal proto-germanico “Gutaniz” il cui significato è, sostanzialmente, “coloro che versano”, intendendo “coloro che versano il seme” e, di conseguenza, come riscontrabile per gli etonimi di decine di popoli a tutte le latitudini, semplicemente “gli esseri umani”(1). Effettivamente, alcuni elementi starebbero ad indicare una origine autoctona del “gruppo gotico” (inteso come sotto-insieme di un ben più vasto gruppo germanico di migrazione dall'oriente) nel Gotland. In primo luogo, infatti, il numero di similarità riscontrate dal linguista Elias Wessén tra lingua gotica e “Vetero-Gutnish” (la base della variante germanica usata Gotland) sembrerebbero avvalorare una possibilità in tal senso. In secondo luogo, nessuna testimonianza vetero-norrena distingue i Goti dai Gutar, ed anzi, alcune fonti norreno-orientali arrivano addirittura a utilizzare il termine Gutar proprio per definire i Goti (così, ad esempio nella iscrizione runica di Rökstone)(2). Tutti questi elementi sono stati, comunque, come detto, ampiamente discussi: fin dal XIX secolo, infatti, vi è stato chi ha affermato che la presunta somiglianza tra Gotico e Gutnish sia, in effetti, apparente, non presentando le due lingue che le normali comunanze di tutti i dialetti germanici (3) e che, in realtà, vi siano molte più probabilità (il che è, comunque, molto discutibile) che il nome di questo popolo derivi dal Göta älv, un fiume del Västergötland in Svezia, che congiunge il lago Vänern al Kattegat (4). Soprattutto, in una serie di studi tra il 1982 e il 1992, Witold Mańczak, sulla base di interessanti studi linguistici, ha tentato di dimostrare come, per la vicinanza molto maggiore tra gotico e idiomi germanici che tra gotico e lingue scandinave, sia possibile ritenere che il luogo d'origine dei Goti sia piuttosto la Germania meridionale che il Gotland (5). In questo caso, potremmo semplicemente pensare al Gotland come una tappa migratoria intermedia, probabilmente con uno stanziamento prolungato, ma non come alla terra che diede i natali alle formazioni di un sub-raggruppamento gotico.
Ciò che, però, rende una tale teoria, per altro perfettamente logica, almeno problematica, è che non troverebbe alcuna rispondenza nella sola testimonianza storiografica attendibile sui Goti scritta nell'antichità, quella “De Origine Actibusque Getarum” (6) del monaco Iordane (551 d.C.), pubblicata dal Momsen nei “Monumenta Germaniae Historica” e divenuta il caposaldo per la ricostruzione delle migrazioni gotiche precedenti al contatto con Roma. Iordane, al capitolo II della sua opera, infatti, certifica chiaramente una origine prima nell'area scandinava (7) e, per lungo tempo, ciò ha significato mettere un punto fermo alle ricerche sulla questione. Lo storico bizantino, infatti, pur non essendo il primo autore a trattare dei Goti (le “Res Gestae” di Ammiano Marcellino sono di almeno un secolo precedenti, così come precedente, seppure di poco, è il “De Bello Gotico” di Procopio), deriva la sua “autoritas”, come sottolineato una ventina di anni fa da Peter Heather, da almeno due elementi: il primo luogo, il fatto di coprire estesamente l'intero arco della storia gotica (mentre gli altri autori ne trattano unicamente in relazione allo scontro con Roma e con solo vaghi accenni ai periodi precedenti); in secondo luogo, dall'origine stessa di Iordane, che si dice di razza gotica e che attinge pesantemente sia ad opere precedenti, per noi perdute, di Ablabio e di Cassiodoro (quasi certamente scritte su ordine di re germanici, quindi attingendo a testimonianze dirette), che a resoconti orali da lui ascoltati in gioventù (8). In realtà, però, proprio questo punto ci permette di dubitare sull'oggettività del monaco-storico: egli stesso riporta altre ipotesi e varianti sulla origine del suo popolo e l'origine scandinava da lui prescelta come più rispondente alla realtà effettuale, è, in realtà, solo una delle possibili scelte soggettive, compiute forse da lui stesso, forse dalle sue fonti, all'interno di una idea generica di origine “nordica” (ricordiamo che il concetto di “Thule” era a dir poco nebuloso e piuttosto indistinto in periodo proto-alto-medievale), circolante nel periodo di composizione del “De Origine”, probabilmente, come messo a fuoco dal Wolfram, anche in relazione alle tradizioni di clan gotici dominanti a Bisanzio (9). Storicamente, però, alcuni elementi non sembrano rientrare così facilmente nel quadro messo a punto da Iordane: numerosi indizi storici (usi, termini, linguaggio) sembrerebbero indicare, come rilevato da Hachmann (10), che i Goti avessero attraversato il Baltico da sud a nord e non viceversa; Heather afferma che non vi sia alcuna prova di una migrazione dal Baltico verso il Mar Nero e anzi, che sarebbe assurdo pensare ad una migrazione da aree più fertili ad aree meno fertili, attraversando, per di più, i territori degli Slavi Carpatici (11); infine, è altamente improbabile che i Germani che diedero poi origine ai Goti si comportassero diversamente dalle altre tribù germaniche, la cui tendenza era quella di muoversi verso aree di civiltà più ricche in un andamento che, costantemente, prima delle grandi pressioni delle popolazioni da oriente, è stato direzionato verso sud-ovest e non verso nord (12). Su queste basi, sembrerebbe più plausibile che l'area di origine dei Goti sia, più o meno, l'odierna Austria e che, anzi, il nucleo “gotico” originario sia stato piuttosto esiguo e che si sia andato via vai ingrandendo per un processo di assimilazione progressiva di altre tribù minori. Fu, probabilmente, a partire da questa assimilazione che, come riportato dalla maggior parte delle leggende gotiche, si creò un problema demografico in territori piuttosto poco produttivi. A ciò va, senza dubbio, unita la pressione romana da sud e il risultato fu uno spostamento verso nord-est che definì un'area di stanziamento prolungato tra Oder e Vistola, nell'odierna Polonia, con propaggini verso nord (appunto fino al Gotland) e un progressivo scivolamento verso la Scitia (l'odierna Ucraina). Queste regioni, a loro volta, contenevano già una notevole mescolanza di etnie, a cui i Goti, proseguendo nella loro tendenza assimilatoria, con ogni evidenza si unirono, creando una popolazione tutt'altro che omogenea, ma certamente numericamente di grande importanza.
Verso la metà del III secolo, tale forza numerica si manifestò nel contato con i Romani, quando un esercito gotico attraversò il Danubio (238 d.C.) e, prima di ritirarsi, compì devastazioni tali da potersi permettere di estorcere grandi quantità di denaro ai possidenti locali solo per andarsene. Non ci volle molto prima che contingenti sempre maggiori di Goti entrassero nei ranghi dell'esercito imperiale come “guardie del limes” ed è persino probabile che venisse stipulato addirittura un trattato formale in tal senso con l'imperatore Gordiano III. Ciò, comunque, non prevenne (e forse favorì) una seconda invasione nel 250, quando i Goti, guidati dal loro re Kniva, al comando anche di altre tribù germaniche, fra cui i Vandali, e di numerosi disertori romani, penetrarono profondamente a sud e sbaragliarono le truppe dell'imperatore Decio a Filippopoli e, dopo aver saccheggiato la città, di nuovo a Abritto nel 251. Nuove invasioni seguirono, così come attacchi via mare, che portarono addirittura alla conquista di Trebisonda. A questo punto, cominciò una vera e propria invasione di massa dell'Asia Minore, con enormi saccheggi e bottini che inclusero quantità elevatissime di schiavi. Paradossalmente, fu questo e non il momento della conquista di Roma il vero apice del dominio dei Goti (13).
Ma è possibile parlare realmente di una popolazione gotica? In realtà, almeno fino al loro stanziamento sul Mar Nero, una vera e propria cultura gotica non si sviluppò mai. Come abbiamo visto, sarebbe il caso di parlare, più che altro, di una grande federazione germanica di tribù, capace, grazie ad un fortissimo spirito di assimilazione, di coalizzare gruppi diversi, uniti da necessità migratorie o di saccheggio e progressivamente sempre più formalmente inquadrati in strutture di tipo semi-monarchico. Non è un caso che i vari ritrovamenti Goti precedenti alla metà del III secolo (della necropoli slovena di Dravlje, posta a nord di Lubiana, l'antica Emona, ai recentissimi rinvenimenti carinziani di Globasnitz, ai piedi dell'Hemmaberg), rechino tracce di costumi molto diversi tra loro, quasi che i Goti si presentassero, per certi versi, come una epitome di tutti i popoli germanici orientali (14). Solo raggiunte le coste del Mar Nero settentrionale, i Goti si mescolarono ai gruppi nomadi locali di cultura scitica e sarmatica (in particolare Alana) e alle popolazioni autoctone della costa del Mar Nero, di matrice culturale greco-romana, costituendo una parvenza di stato tribale, retto da potenti gruppi aristocratici dediti al commercio di pelli, pellicce, legname e pesce. Diedero così luogo, finalmente, ad una cultura gotica, in continuità comunque con le precedenti culture della regione, e, mescolandosi con la popolazione locale, pur creando aristocrazie separate, sempre in una tendenza sincretistica che parrebbe essere l'elemento più connotante dell'insieme di popoli federati, assorbirono numerosissimi elementi completamente estranei ad una radice germanica pura. Non è un caso che i manufatti in metallo prezioso di epoca gotica si collochino lungo la linea artistica di sviluppo ed evoluzione già suggerita dalla compagine tribale sarmatica, in cui l’oro si mescola e si arricchisce costantemente grazie ad inserti in pietre semipreziose policrome e che uno degli elementi più interessanti ritrovati nelle sepolture gotiche sia la presenza di evidenti tracce di pratiche per la deformazione dei crani, eseguite per motivi estetici e tipiche, anche come riconoscimento di rango, di numerose popolazioni di origine orientale (15). Quasi paradossalmente, fu, comunque, un elemento completamente esterno sia alla cultura germanica che a quella sarmatica a divenire l'elemento più unificante e caratterizzante della popolazione gotica: l'arianesimo cristiano. E' probabile che già gli schiavi razziati nel territorio di Bisanzio avessero iniziato ad introdurre il cristianesimo tra i Goti (che, fino a quel momento, erano temuti per la loro devozione agli dei della mitologia germanico-orientale, tanto che tutti i prigionieri di guerra venivano sacrificati al dio della guerra, Tyz, il dio con una sola mano, e le loro braccia venivano appese ad alberi come offerte). La grande opera di evangelizzazione, si deve comunque a un monaco goto, nato probabilmente attorno al 311 e cresciuto a Bisanzio: Ulfila. Ulfila era stato consacrato vescovo addirittura da uno dei maggiori leader della corrente ariana, Eusebio di Costantinopoli e, all'inizio del IV secolo, anche grazie alla sua traduzione del Vangelo in lingua gotica, la sua predicazione ottenne un enorme successo tra la nobiltà stanziata sul Mar Nero e, conseguentemente, tra tutti i guerrieri legati ai nobili attraverso vincoli di "sippe" (sebbene, molto spesso, il Cristo degli Ariani venisse scambiato come un eroe leggendario, sul modello delle divinità del Walhalla), tanto che i Goti divennero essi stessi i maggiori evangelizzatori di tutto il mondo germanico. Per uno strano scherzo del destino, circa un secolo e mezzo dopo, l'arianesimo gotico diventerà uno dei maggiori elementi di distinzione etnica tra germani e romani cattolici (16).
NOTE:
(1) D. H. Green,
Language and History in
the Early Germanic World , C.U.P., Cambridge
1998, pp. 88 ss.
(2) Ivi, pp. 97-99. (3) G. Hollowitz, Historia Germaniae, Hauffman, Berlin 1891, pp. 654 ss. (4) H. Wolfram, History of the Goths, Berkeley, University of California Press 1988, p. 282. (5) W.Mańczak, Kamen die Goten aus Skandinavien?, in: IF 87, 1982, pp. 127-137. (6) Jordanes, The Origins and Deeds of the Goths, Dodo, Sydney 2007. (7) Ivi, I.2. (8) P. Heather, Goths and Romans 332-489, O.U.P., Oxford 1991, pp. 121-126. (9) H.Wolfram, Cit., p. 291-293. (10) R.Hachmann, Die Goten und Skandinavien, IGP, Berlin 1970, pp. 411 ss. (11) P. Heather, cit., pp. 136 ss. (12) A. Aardberg, The German Tribes: a nomadic conquest, Galmayer, Denver 1999, pp. 176-180. (13) Ivi, pp.186. (14) L. Lynne, The Goths, P.U.P., 2004, p. 79. (15) E. Oosgwoord, The Germans on the Black Sea, Accademic Press, Baltimora 1993, pp. 165 ss. (16) H. Chadwick, The Early Church, Penguin Classic, London 1986, pp. 176 ss. |
©2008 Lawrence M.F. Sudbury