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Quante
volte, scherzando, per riferirci al Mediterraneo abbiamo
parlato di "Mare Nostrum"? Ebbene, c'è stato un tempo in cui
questa affermazione corrispondeva, sempre volendo ammettere
l'identità (per altro storicamente se non culturalmente
piuttosto erronea) tra Impero Romano e odierna Italia, alla
verità, in cui tutta la culla della civiltà occidentale era
una sorta di "lago" interno di Roma, un lago la cui sponda
meridionale era formata dalle terre strappate a Cartagine e
abitate dai popoli berberi. Roma le aveva sottomesse,
creando, da regni indipendenti e semi-indipendenti che
erano, le provincie imperiali di Mauretania e Numidia. Poi,
con la caduta dell'Impero e la conquista araba, queste zone,
questi popoli, hanno smesso di essere parte della koiné per
diventare quella alterità assoluta, nemica, che storicamente
ha preso il nome di "Mori ...
Come già visto in precedenza, nell'antichità la Mauretania
era originariamente un regno berbero indipendente sulla
costa mediterranea del Nord Africa, che derivava il proprio
nome dalla tribù dei Mauri (quella dalla cui storpiatura
deriverà il nome "Mori" [1]).
Il territorio dei Mauri corrispondeva più o meno all'odierna
Algeria occidentale e al Marocco settentrionale-orientale,
ma della sua storia antica e indipendente sappiamo
pochissimo, mancando completamente fonti scritte in materia,
tanto che, in realtà, persino il nome "Mauri" è allogeno,
derivando dall'aggettivo greco "Mavros", "nero", ad indicare
la pelle abbronzata (e non di colore) degli abitanti
dell'area così come percepita dai mercanti ellenici capitati
casualmente in queste regioni occidentali. La prima "storia"
registrata in nostro possesso riguarda alcuni insediamenti
fenici e cartaginesi, come Lixus, Volubilis, Mogador e
Chellah, sviluppatisi nel momento in cui Cartagine assunse
una sorta di "protettorato" sulla Mauretania, ma anche in
questo caso, si tratta più che altro di documentazione
commerciale che ci parla di una zone piuttosto ricca e
prospera ma che non fornisce grandi indicazioni né sulla
popolazione che la abitava, né sugli eventi storico-politici
che la interessavano [2].
In effetti, dunque, una vera entrata della Mauretania nella storiografia ufficiale si ebbe soltanto, pur brevemente, quando, dopo la sconfitta di Cartagine da parte di Roma, il regno divenne un cliente romano. I Romani posero Giuba II di Numidia come loro re-fantoccio e, quando questi morì nel 23 d.C., suo figlio Tolomeo, un mauretano per nascita ma cresciuto e istruito a Roma, gli successe sul trono. Purtroppo, però, erano i tempi più bui dell'alto impero e, qualche anno dopo, nel 40 d.C., Caligola fece uccidere Tolomeo, creando una sorta di "vuoto di potere" che perdurò fino a che Claudio semplicemente annesse la Mauretania direttamente come una provincia romana nel 44 d.C., sotto un governatore imperiale (e non senatorio). La ragione per la creazione di una provincia imperiale e non senatoria ci viene fornita, due secoli più tardi (circa nel 247 d.C.), da Cipriano che, quasi certamente citando un geografo precedente e non basandosi sull'osservazione personale, ci parla di un popolo che «ha un culto manifesto per il re, che non infinge sotto idoli» [3] e che, quindi, sarebbe stato sbagliato privare di una linea regale, potendo questo risultare negativo per la fedeltà a Roma. E che la Mauretania rimanesse fedele all'Impero per secoli lo dimostra la rarità delle menzioni riguardanti questa provincia nelle cronache imperiali, una provincia che non si ribellò mai al potere dell'aquila, neppure quando, poco dopo l'inglobamento, sempre da Claudio venne divisa in due lungo la linea del fiume Muluya River, a circa 60 km a ovest della moderna Orano, con la creazione delle province della Mauretania Tingitana, dal nome del suo capitale Tingis (oggi Tangeri), che corrispondeva al nord del Marocco tra le enclave spagnole di oggi, e la Mauretania Caesariensis, composta dall'Algeria centrale e occidentale. In seguito, la Mauretania diede un imperatore a Roma, l'equestre Macrino, che prese il potere dopo l'assassinio di Caracalla nel 217 ma fu sconfitto ed egli stesso assassinato l'anno seguente per mano di Eliogabalo. Poi, dall'istituzione della Tetrarchia per mano dell'imperatore Diocleziano (293 d.C.), il Paese venne ulteriormente suddiviso in tre province, con la piccola regione orientale della "Mauretania Sitifensis" che venne scorporata dal "Mauretania Caesariensis", in una divisione che rimase anche sotto Bisanzio e fino all'invasione vandalica, con due province governate dal Vicario della Diocesi d'Africa e una (la "Mauretania Tingitana") sotto il dominio del Vicario della Diocesi Hispanica [4].
Durante la prima parte della seconda guerra punica, i Massylii orientali, sotto il re Gala, erano alleati con Cartagine, mentre i Masaesyli occidentali, sotto il re Siface, erano alleati con Roma. Tuttavia, nel 206 a.C., il nuovo re dei Massylii orientali, Massinissa, si alleò con Roma, e Siface dei Masaesyli, probabilmente anche in funzione anti-Massylii, portò la sua fedeltà al lato cartaginese. Alla fine della guerra i Romani vittoriosi diedero, naturalmente, tutta la Numidia a Massinissa dei Massylii, cosicché, al momento della sua morte, nel 148 a.C., il territorio del re si estendeva dal confine della Mauritania al confine del territorio cartaginese e in tutta la Cirenaica. Dopo il passaggio del regno al figlio di Massinissa, Micipsa, e da questi, nel 118 a.C., ai suoi due figli Iempsale e Aderbale e al nipote (di madre libica) Giugurta, si assistette all'omicidio di Iempsale da parte dei suoi due congiunti e alla lotta per il trono tra i due contendenti rimanenti. Dopo essere stato sconfitto da Giugurta, Aderbale chiese l'aiuto di Roma foraggiando i senatori con forti tangenti e facendo sì che le legioni scindessero il regno in due parti, assegnando, però, a Giugurta quella occidentale, meno popolata e sviluppata [5]. Nel 112 Giugurta, scontento delle scarse rendite del suo regno, riprese la guerra con Aderbale e la cosa non fu gradita da Roma, che, dopo l'uccisione di alcuni imprenditori romani fornitori di Aderbale, intervenne con l'esercito nella regione. Dopo una breve guerra Giugurta si arrese e ricevette un trattato di pace molto favorevole, che, ancora una volta, per le sue clausole tutte a favore dell'ex-nemico di Roma, sollevò molti sospetti di corruzione. Per questo il comandante locale romano venne convocato a Roma per rispondere delle accuse di aver ricevuto ingenti somme dal re numida e anche Giugurta fu costretto a recarsi nella città eterna per testimoniare contro il comandante romano. Durante il processo Giugurta fu umiliato e completamente screditato e il suo passato violento e spietato divenne ampiamente noto, soprattutto per quanto riguardava le trame per l'uccisione di Iempsale [6]. Il risultato fu che al ritorno di Giugurta in patria scoppiò una guerra tra la Numidia e Roma, che inviò in Nord Africa numerose legioni sotto il comando del console Quinto Cecilio Metello Numidicus. La guerra si trasformò ben presto in una campagna improduttiva e apparentemente interminabile, tanto che, frustrato dall'evidente mancanza di azione del suo comandante, il luogotenente di Metello, Caio Mario, tornò a Roma per candidarsi a nuovo console. Una volta eletto, Mario tornò in Numidia per prendere il controllo della guerra: mandò il suo questore Lucio Cornelio Silla nella vicina Mauritania per eliminare le sacche di ribelli che sostenevano Giugurta e questi, con l'aiuto di Bocco I di Mauretania, riuscì a catturare Giugurta e a portare la guerra ad una conclusione definitiva. Giugurta fu portato a Roma in catene e, dopo essere stato portato in parata nel trionfo di Mario, fu posto nel Tullianum e successivamente giustiziato (nel 104 a.C.). Dopo la morte di Giugurta, la Numidia occidentale fu annessa alle terre di Bocco di Mauretania, mentre il resto del territorio (escluse Cirene e le località limitrofe) continuò ad essere governato da principi indigeni fino alla guerra civile tra Cesare e Pompeo. In quell'occasione, dopo che Catone il Giovane, generale pompeiano, fu sconfitto da Cesare e si suicidò (46 a.C.) a Utica, la Numidia divenne per breve tempo la provincia di "Africa Nova" fino a che Augusto restaurò Giuba II (figlio di Giuba I) sul trono dopo la battaglia di Azio [7]. Poco dopo, nel 25 a.C., Giuba venne trasferito sul trono di Mauretania e la Numidia venne divisa tra Mauretania e, nuovamente, la provincia di "Africa Nova". Sotto Settimio Severo (193 d.C.), una parte dell'"Africa Nova" venne separata dalla Numidia per formare l'"Africa Vetus", governata da un procuratore imperiale e, più tardi, sotto la nuova organizzazione dell'impero introdotta da Diocleziano, tutta la Numidia fu divisa in due province: il nord divenne "Numidia Cirtensis", con capitale a Cirta, mentre il sud, che comprendeva i Monti Aures ed era spesso minacciato dalle incursioni di tribù nomadi, divenne "Numidia Militiana", "Numidia militare", con capitale nella base legionaria di Lambaesis. Successivamente, infine, l'imperatore Costantino il Grande riunì le due province in una sola, ammi- nistrata da Cirta, ora ribattezzata Costantina (nella odierna Algeria) in suo onore. Il suo governatore venne elevato al rango consolare nel 320 e la provincia rimase una delle sette province della diocesi d'Africa fino all'invasione dei Vandali nel 428 d.C., anno in cui iniziò la sua lenta decadenza, accompagnata dalla desertificazione. La provincia restò formalmente sotto il dominio dei Vandali, ma il loro dominio era effettivamente limitato alle zone costiere, mentre l'interno era continua preda di incursioni berbere, in una situazione che perdurò anche quando venne ripristinato il dominio romano (bizantino) dopo la guerra vandalica, allorché tutta la Numidia entrò a far parte della prefettura del pretorio dell'Africa e che subì qualche cambiamento unicamente con l'invasione musulmana [8].
Nel 711 d.C. i "Mori" islamici, partendo dall'Africa, avevano ormai conquistato tutta l'Hispania visigota cristiana: il loro generale, Tariq ibn Ziyad, aveva portato la maggior parte dell'Iberia sotto la dominazione islamica in una campagna di soli otto anni e solo quando gli Arabi cercarono di trasferirsi a nord-est attraversando le montagne dei Pirenei, furono sconfitti dal franco Carlo Martello durante la battaglia di Poitiers nel 732 d.C. Sebbene lo "stato arabo" (la Ummah) cadesse in un conflitto civile nel 750, la dominazione araba in Nord Africa e nella maggior parte della penisola iberica (con le poche eccezioni delle aree nel nord-ovest come il Regno delle Asturie, che sconfisse i Musulmani nella battaglia di Covadonga, e gran parte delle regioni basche dei Pirenei) resistette per secoli. Sebbene il numero dei coloni mori fosse piccolo, molti abitanti indigeni iberici, infatti, si convertirono presto all'Islam: secondo Ronald Segal, nel 1200 d.C. circa 5,6 milioni abitanti dell'Iberia su 7 milioni di abitanti erano musulmani e quasi tutti erano nativi della penisola [10] e non è un caso che nel tardo XV secolo la persecuzione dei Musulmani e la conversione forzata al Cattolicesimo provocato un esodo di massa. In un processo di progressivo declino, l'"Al-Andalus" (cioè la Spagna moresca) si frantumò in un certo numero di feudi islamici (Taifas) praticamente indipendenti e solo parzialmente dipendenti, più che altro formalmente, dal Califfato di Cordova [11]. I Cristiani, dal canto loro, già dall'inizio dell'invasione, nell'VIII secolo, avevano dato luogo a una resistenza che si profilava come primo seme della "Reconquista", a partire dalle Asturie, unico piccolo regno ad essere rimasto indipendente e, nel tempo, riuscirono lentamente ad estendere il loro dominio da nord-ovest sul resto della penisola iberica: Navarra, Galizia, León, Portogallo, Aragona, Catalogna o Marca Hispanica, e Castiglia proprio grazie alla bandiera unificante della Reconquista iniziarono un processo di espansione e consolidamento interno nel corso dei secoli successivi e nel 1212 una coalizione di re cristiani sotto la guida di Alfonso VIII di Castiglia riuscì infine a respingere i Musulmani dalla Iberia centrale. Il lato portoghese della Reconquista si concluse nel 1249 con la conquista dell'Algarve (arabo الغرب - Al-Gharb) sotto Afonso III, primo monarca portoghese di rivendicare il titolo di "re di Portogallo e Algarve", mentre in Spagna il regno moresco di Granada continuò per ancora tre secoli a resistere nel sud dell'Iberia. Il 2 gennaio 1492, il comandante della ultima roccaforte musulmana di Granada si arrese agli eserciti di una Spagna cristiana da pochissimo unificata (dopo il matrimonio di Ferdinando II d'Aragona e Isabella I di Castiglia, i Re Cattolici) e da quel momento i vincitori cristiani iniziarono un processo di conversione forzata che costrinse i Musulmani rimasti e gli Ebrei a lasciare la Spagna, convertirsi al Cristianesimo cattolico romano o rimanere uccisi in caso di rifiuto dell'apostasia, nell'alveo dello stesso atteggiamento che aveva portato i "re cattolicissimi" a consentire, nel 1480, l'arrivo dell'Inquisizione in Spagna affinché essi potessero esercitare un controllo sociale e religioso maggiore sulla Nazione appena formata. L'Inquisizione si scagliò soprattutto contro Ebrei e Musulmani che si erano convertiti al Cristianesimo apertamente, ma che avevano continuato a praticare la loro fede in segreto, chiamati rispettivamente "moriscos" e "marrani" ma, in ogni caso, molti Musulmani convertiti realmente o per necessità al Cristianesimo rimasero stabilmente in Iberia: l'"alta percentuale media di ascendenza dal Nord Africa (10,6%)" presente nella Spagna meridionale rimane tutt'ora una testimonianza incontrovertibile dell'elevato livello di conversione religiosa del XV-XVI secolo, con episodi storici di incredibile intolleranza sociale e religiosa, che, paradossalmente, finirono, nel tempo e con costi umani spropositati, per portare all'integrazione dei discendenti dei perseguitati di quel periodo [12]. NOTE:
(1) B.C.
Shaw,
Rulers, Nomads, and Christians in Roman
North Africa, Variorum 1995, pp.
19-23.
(2) Ivi, pp. 31 ss. (3) Tascio Cecilio Cipriano, De Catholicae Ecclesiae Unitate, III. (4) N. Fields, Roman Conquests: North Africa, Pen and Sword 2011, passim. (5) A. Graham, Roman Africa: An Outline of the History of the Roman Occupation of North Africa, General Books LLC 2010, passim. (6) S.Raven, Rome in Africa, Routledge 1993, pp. 121 ss. (7) A. Graham, Citato, passim. (8) S.Raven,Citato, passim. (9) H. Coppee, History of the Conquest of Spain by the Arab Moors, Gorgias Pr Llc 2002, pp. 82 ss. (10) R. Segal, The Race War: the World-Wide Clash of White and Non-White, Viking Press 1967, pp. 63-64. (11) M. Florian, History of the Moors of Spain, Fili-Quarian Classics 2010, pp. 64 ss. (12) R. Segal, Citato, passim. |
©2011 Lawrence M.F. Sudbury