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Li
conosciamo indirettamente, per qualche immagine sparsa su quei
libri di storia che raffigurano schiere di armati di colore tra
le fila dei faraoni egiziani o legionari scuri nel periodo
basso-imperiale, ma spesso questi "soldati africani" rimangono
un mistero ammantato da un nome che, in definitiva, ci dice
poco: "nubiani". Chi erano, dunque, questi Nubiani, questi
rappresentanti, pressoché unici, dell'Africa nera nel mondo
classico e medievale?
I primi insediamenti
umani sviluppatisi a sud del Basso Egitto possono essere
collocati nella pianura alluvionale tra Alta e Bassa Nubia, nei
fertili terreni agricoli a sud della terza cataratta, con quella
che è oggi conosciuta come cultura "Pre-Kerma" e che gli scribi
egiziani definivano come Popolo di "Ta-Seti".
Ciò data la civiltà nubiana all'incirca al 5000 a.C.: con ogni probabilità si trattava dello stesso gruppo etnico presente nella zona compresa tra Sahara e Sudan che, nel V secolo a.C., partecipò alla rivoluzione neolitica, come comprovato dalle numerose immagini di allevamento di bestiame delle pitture rupestri presenti in tutta l'Africa orientale e nella Valle del Nilo. E' evidente che tale civiltà raggiunse piuttosto presto gradi di sviluppo molto elevati se è vero che alcuni megaliti scoperti a Nabta Playa potrebbero essere uno dei primi dispositivi astronomici del mondo, anticipando Stonehenge di quasi 2000 anni. Questa complessità, che va di pari passo con una società che i rinvenimenti archeologici ci mostrano come stratificata e con diversi livelli di autorità, potrebbe, secondo alcuni, essere alla base delle successive culture nubiane e, forse, addirittura dell'Antico Regno d'Egitto, sebbene non vi sia univocità nelle valutazioni degli antropologi [1]. Maggiori certezze esistono riguardo alla "seconda cultura nubiana" (talora definita anche "Gruppo A"), databile intorno al 3.800 a.C., etnicamente e culturalmente, soprattutto per quanto riguarda la strutturazione politica, simile alla civiltà predinastica "di Naqada" in Egitto. Intorno al 3.300 a.C., vi è, infatti, evidenza di un regno unificato, come dimostrano i reperti rinvenuti a Qustul, che mantiene interazioni sostanziali (sia culturali e genetiche) proprio con la cultura pre-dinastica e che può avere anche contribuito all'unificazione della valle del Nilo, così come allo sviluppo dell'iconografia faraonica (ad esempio, la corona bianca e il serekh, tratti reali nel "Gruppo A", verranno poi utilizzati dai faraoni egiziani). A cavallo del periodo protodinastico, la civiltà di Naqada, nel suo tentativo di conquistare e unificare tutta la valle del Nilo, sembra aver conquistato i "Ta-Seti" (occupando il regno Qustul dove vivevano) e armonizzato il suo sviluppo culturale con quello del nascente regno egiziano, trasformando l'ex stato indipendente nel primo nomo dell'Alto Egitto. Al tempo della prima dinastia, la zona del "Gruppo A" sembra essere stata del tutto spopolata, molto probabilmente a causa di migrazioni verso le zone occidentali e meridionali legate ad un declino progressivo della cultura di riferimento, probabilmente iniziato tra il 2.900 e il 2.800 a.C. Successivamente la Nubia cadde sotto l'influenza di una civiltà oggi conosciuta come "Gruppo B". A lungo si è pensato che tale civiltà fosse stata portata da un popolo invasore, a un livello di sviluppo nettamente più arretrato, ma oggi si tende a ritenere che, semplicemente, il "Gruppo B" rappresenti una sorta di impoverimento culturale del precedente "gruppo A", probabilmente dovuto a invasioni e saccheggi egiziani che iniziano proprio intorno al 2.900 a.C. dopo che, già dal 3.100 a.C., la Nubia era stata utilizzata come corridoio commerciale per l'avorio e l'ebano proveniente dall'Africa tropicale [2]. Intorno al 2.300 a.C., in ogni caso, la Nubia appare per la prima volta nei resoconti contabili dell'Antico Regno egiziano: a quanto pare, da Assuan, proprio sopra la prima cataratta, limite meridionale del controllo politico egiziano, gli Egiziani avevano sviluppato una serie di missioni commerciali atte a importare oro, incenso, ebano, avorio e animali esotici dall'Africa tropicale proprio attraverso la Nubia. E' in questo periodo che, con l'aumento degli scambi tra l'Egitto e Nubia, la regione incrementa la propria ricchezza e stabilità politica, frazionandosi, però, al tempo della VI dinastia, in una serie di piccoli regni. Si discute se tale frazionamento, avvenuto sotto quello che definiamo "Gruppo C", che ebbe il suo apogeo dal 2.240 a.C. al 2.150 a.C., fu dovuto a un'altra evoluzione interna o a invasori: stante il fatto che esiste una certa somiglianza tra la produzione di ceramiche del Gruppo A e quella del gruppo C, molti sono propensi a dar credito alla prima ipotesi, ma è anche vero che in questo periodo il deserto del Sahara stava diventando troppo arido per il sostentamento degli esseri umani ed è, dunque, possibile che si sia assistito ad un improvviso afflusso di nomadi del Sahara, i quali avrebbero ripreso uno stile precedente copiandolo per le loro produzioni. Durante il Medio Regno egiziano (ca. 2040-1640 a.C.), l'Egitto cominciò a espandersi in Nubia per ottenere un maggiore controllo sulle rotte commerciali nel nord del Paese e per avere accesso diretto al commercio con l'Africa tropicale: è in questo periodo che, lungo il Nilo, sotto la seconda cataratta, vengono erette una serie di fortezze, la cui stuttura dimostra da un lato relazioni pacifiche con la popolazione locale nubiana ma dall'altro ancora poca interazione tra i due gruppi [3].
In linea generale, comunque, le relazioni tra i due popoli si dimostrano per lo più improntate a un pacifico interscambio culturale e a rapporti di cooperazione, rafforzati anche da numerosi matrimoni misti. Gli antichi Egizi definivano la regione a nord del Sudan "Medjay" e una serie imponente di resoconti trattano di come molti dei suoi abitanti, nel corso del tempo, fossero stati integrati nei reparti militari egizi o venissero utilizzati come esploratori o lavoratori salariati. In particolare durante il Medio Regno, allorché, sempre dai resoconti possiamo arguire che l'area del Medjay, fino a quel momento prevalentemente nomadica, avesse visto un certo grado di unificazione etnica legata all'ascesa di un clan prevalente, risulta che i faraoni utilizzassero soldati di questa zona della Nubia come truppe di guarnigione nelle fortificazioni di tutto l'Alto Egitto e come una sorta di gendarmeria che pattugliava il deserto per impedire attacchi di nomadi (probabilmente del loro stesso gruppo etnico) da sud-ovest [4]. In seguito i Nubiani furono anche utilizzati durante la campagna di Kamose contro gli Hyksos e, nel tempo, divennero fondamentali per la potenza militare egiziana, finendo per formare, al tempo della XVIII dinastia, una sorta di forza d'elite (tanto che nei documenti degli scribi diventa difficile comprendere quando il termine "Medjay" viene usato riferendosi al gruppo etnico o al corpo militare) spesso utilizzata per proteggere aree di particolare valore, in particolare i complessi dei palazzi reali e dei siti religiosi, ma presente in tutto l'Alto e Basso Egitto. Per un certo periodo, in particolare per quanto riguarda la XII dinastia, questo corpo di "pretoriani" arrivò addirittura ad ottenere il potere faraonico, senza che cambiasse nulla nello stile monarchico (cosa che testimonia di una affinità enorme raggiunta dalle due culture). Per altro, proprio la XII dinastia (1991-1786 a.C.), proveniente dalla regione di Assuan e con forti caratteristiche nubiane, quali la pelle scura, evidente sia in dipinte che sculture, fu tra le più grandi della storia egizia. Particolarmente interessante è il fatto che i membri di questa dinastia decretarono che nessun Nehsy (nubiano fluviale del principato di Kush), a meno che non venisse per motivi commerciali o diplomatici, avrebbe dovuto passare i posti di guardia all'estremità meridionale della seconda cataratta del Nilo. Perché questa famiglia reale di ascendenza nubiana avrebbe dovuto vietare ad altri Nubiani di entrare in territorio egiziano? Perché i governanti egiziani di origine nubiana erano diventati culturalmente egiziani e, come faraoni, avevano adottato gli atteggiamenti tipici egiziani di protezione politica del regno [5]. Nel Nuovo Regno, poi, Nubiani ed Egiziani erano spesso così strettamente correlati che alcuni studiosi li considerano praticamente indistinguibili, come se le due culture si fossero fuse e mescolate insieme. In realtà si tratta di un compito estremamente difficile cercare di descrivere i Nubiani nel corso del Nuovo Regno egiziano, perché la loro presenza sembra essere quasi evaporata dalla documentazione archeologica. Praticamente ci troviamo di fronte ad una sorta di assimilazione totale dei Nubiani nella società egiziana, un'assimilazione così completa da mascherare tutte le identità etniche nubiane sia dal punto di vista culturale che addirittura architettonico: questo è particolarmente evidente nel periodo "Kushita" della XXV dinastia (750-655 a.C. circa), quando i Nubiani, tornati brevemente sul trono, semplicemente non cambiarono una virgola delle regole egiziane e, anzi, costellarono l'intero paesaggio della Nubia, fino alla regione della terzo cataratta, di templi e tombe indistinguibili per stile dai monumenti coevi eretti in Egitto. Ciò che più stupisce di questo processo è che, inizialmente, la Nubia poteva vantare una cultura peculiare di livello paritetico a quello egiziano, allorché era sottoposta al cosiddetto "Regno di Kerma" (dalla sua capitale, Kerma, uno dei primi centri urbani nell'Africa sub-sahariana): entro il 1750 a.C., i re di Kerma erano abbastanza potenti da organizzare il lavoro per l'edificazione di grandi strutture monumentali sia politiche che funerarie e, nello stesso periodo, Kerma arrivò molto vicino a conquistare l'Egitto, che subì una grave sconfitta per mano del Kushiti. Forse è proprio qui il punto: secondo Davies, capo del dipartimento di studi egizi del British Museum, l'attacco fu così devastante da permettere alle forze di Kerma di rimanere e occupare l'Egitto in posizione sociale elevata, finendo, per non distruggere il regno conquistato con uno scontro di culture, per adattarsi alla cultura dei perdenti. Quando poi il potere egiziano ebbe un nuovo svluppo sotto il Nuovo Regno (circa tra 1532 e 1070 a.C.), proprio l'unione tra egiziani e questi "invasori" di Kerma, ormai indistinguibili, iniziò ad espandersi ulteriormente verso sud., finendo per distruggere il regno di Kerma e la sua capitale e ampliando il potere egizio fino alla quarta cataratta: entro la fine del regno di Thutmose I, nel 1520 a.C., tutta la parte settentrionale della Nubia era stata annessa (tanto che venne costruito un nuovo centro amministrativo a Napata) e utilizzata per una estrazione di oro tanto imponente da rendere l'Egitto una fonte primaria del metallo prezioso in Medio Oriente [6]. In questo quadro di totale assimilazione culturale, forse l'unico tratto eccettivo, che almeno mantiene aspetti di cultura propria riguarda il cosiddetto Regno di Meroë. Meroë (800 a.C. - c. 350 d.C.), nel sud della Nubia, giaceva sulla riva orientale del Nilo, a circa 6 km a nord-est della attuale stazione di Kabushiya e circa 200 km a nord-est di Khartoum. Il popolo, in quella zona, prese molti costumi dell'antico Egitto, ma li rese unici sotto molti aspetti, ad esempio sviluppando una propria forma di scrittura, in primo luogo nata utilizzando i geroglifici egiziani ma in seguito modificando questi ultimi in un alfabeto di 23 segni o costruendo piramidi con stili propri e differenti da quelli egizi [7]. Probabilmente, questa "autonomia culturale" fu possibile grazie alla forza militare del regno: una famosa leggenda narra che Alessandro il Grande giunse nell'area con le sue forze ma di fronte alla brillante formazione militare dell'esercito guidato da Candace di Meroe decise di ritirare le sue truppe. In realtà, storicamente Alessandro non invase mai la Nubia, ma la presenza di un racconto di questo genere ci fa comprendere quale fosse la visione degli egiziani riguardo a quella che può essere considerata la sola parte realmente indipendente della zona nubiana. Ad avvalorare la tesi di una grande forza militare c'è, comunque, anche il racconto di Strabone che descrive uno scontro tra Nubiani e Romani in cui questi ultimi furono sconfitti dagli arcieri della Nubia sotto la guida di una "regina cieca da un occhio" [8]. Il vero problema del Regno di Meroë fu la divisione interna che lo caratterizzò, con le diverse parti della regione frazionate in piccoli gruppi con i singoli leader, o generali, ciascuno a capo di eserciti mercenari e costantemente in lotta per il controllo della Nubia e dei territori circostanti: questa divisione interna lasciò l'intera regione debole e vulnerabile agli attacchi ed è per questa ragione che Meroë venne poi sconfitta da vari gruppi armati: così, nel corso del IV secolo, la regione fu conquistata dal popolo Noba, da cui è probabile derivi il nome Nubia (un'altra possibilità è che venga da Nub, la parola egiziana "oro") e, ben presto, venne di fatto inglobata, come protettorato, nella provincia (romana dal 30 a.C.) d'Egitto sotto il nome di "Nobatae" [9].
E' interessante notare che il vescovo Atanasio di Alessandria consacrò un tale Marcus come vescovo di Philae prima della sua morte, nel 373 d.C., il che ci dice che il Cristianesimo era già penetrato nella regione nel IV secolo. Allo stesso modo, Giovanni di Efeso registra che un prete monofisita di nome Giuliano convertì il re e i nobili di Nobazia intorno al 545 e che il regno di Alodia fu convertito al monofisismo circa nel 569. Tuttavia queste notazioni potrebbero essere erronee sulla tipologia di Cristianesimo adottata dai tre regni, dal momento che il cronachista visigoto Iohannes Biclarensis ci parla di una conversione del regno di Makuria al Cattolicesimo proprio nel 569, e, un secolo dopo, una cronaca del Patriarca greco-ortodosso di Alessandria Eutichio afferma che solo nel 719 la chiesa di Nubia trasferì la propria fedeltà dalla Chiesa greco-ortodossa alla Chiesa copta [10]. Nel VII secolo, comunque, Makuria si ampliò notevolmente, diventando la potenza dominante nella regione e risultando abbastanza forte da fermare l'espansione meridionale dell'Islam dopo che gli Arabi avevano preso l'Egitto. Dopo varie invasioni fallite i nuovi governanti di Dongola, però, decisero di firmare un trattato (che sarebbe rimasto in vigore per 600 anni) con gli Arabi, consentendo la convivenza pacifica e il commercio tra i due popoli. Nel corso del tempo l'afflusso di commercianti arabi introdussero l'Islam in Nubia e gradualmente ls nuova religione venne a soppiantare il Cristianesimo: mentre esiste un chiaro riferimento alla nomina di un nuovo vescovo a Faras nel 1372, è altresì evidente che la Chiesa "Reale" a Dongola era stata convertita in una moschea già intorno al 1350 [11]. L'afflusso di Arabi contribuì alla soppressione definitiva della identità nubiana dopo il crollo dell'ultimo regno nubiano intorno al 1504: gran parte della popolazione divenne totalmente arabizzata e iniziò a utilizzare correntemente la lingua araba, cosa che perdura fino ai nostri giorni. NOTE:
(1) AA.VV.,
Archaeology
of Sudan: Archaeological Sites in Sudan,
Meroë, Naqa, Nubian Pyramids, Wad Ban Naqa,
Jebel Barkal, Cemetery 117, Uronarti,
H.u.n.e., Books LLC 2010, passim.
(2) Ivi. (3) D.N. Edwards, The Nubian Past, Routledge 2005, pp. 31 ss. (4) D. Valbelle, C. Bonnet, The Nubian Pharaohs: Black Kings on the Nile, AUC Press 2007, passim. (5) Ivi. (6) R.G. Morkot, The Black Pharaohs: Egypt's Nubian Rulers, Rubicon Press 2000, pp. 27 ss. (7) D.A. Welsby, The Kingdom of Kush: The Napatan and Meroitic Empires, Marcus Wiener 1999, pp. 88-123. (8) N.D. Harkless, Nubian Pharaohs and Meroitic Kings: The Kingdom Of Kush, AuthorHouse 2006, pp. 109 ss. (9) D.A. Welsby, cit., pp. 199 ss. (10) J.M. Trout, The Road to Meroe, Conch Limited Publishers 1984, passim. (11) D.A. Welsby, cit., pp. 211-232 ss. |
©2011 Lawrence M.F. Sudbury