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BIBLIOTECA. PROPOSTE DI LETTURA SUL MEDIOEVO

pag. 184

AA. VV.

Alla festa leggiadra. Ballate, madrigali e danze all’epoca di Boccaccio (XIV secolo)

CD

Edizioni Discografiche Micrologus, 2011

 

Ensemble Micrologus, Patrizia Bovi, Adolfo Broegg, Goffredo Degli Esposti, Gabriele Russo, Mauro Borgioni, Luigi Germini, Gabriele Miracle, Ulrich Pfeifer, Simone Sorini.

“È possibile cantare oggi, all’inizio del nuovo millennio, la Primavera, l’Amore, la gioia della Festa? È possibile cantare ancora con la stessa freschezza di sentimenti così come avveniva nel tardo Medioevo? E, soprattutto, è possibile trovare un altro significato, oltre a quello estetico, in tutto questo? Il progresso, la scienza, la tecnologia sembra ci abbiano portato lontanissimi da quel mondo. L’uomo del Medioevo aveva orizzonti così diversi che un mondo come il nostro era per lui non solo inimmaginabile, almeno fino a Leonardo da Vinci, ma neanche desiderabile! Eppure, pur nelle immense difficoltà del suo piccolo, ristretto universo, dove tutto era ciclico e il perfetto era in un altro mondo (non in terra, non nella materia), si sapeva distillare quella capacità, per noi sorprendente, di apprezzare la vita nelle piccole e grandi cose, perché anche dalle sventure si usciva, come dall’Inverno si rinasce nella Primavera. La morte era lì accanto, sempre in agguato (una carestia, una pestilenza, o i quotidiani atti di violenza), ma anche nelle più piccole manifestazioni della vita c’era quella forza naturale che, dalla sopravvivenza, arrivava alla gioia della vita (forse proprio per il continuo confronto con la caducità del tutto).

Anche la musica rientra in questo. Nella pur apparente semplicità o, forse è meglio dire, essenzialità, la forza della musica prorompeva nella vita insieme a tutti i suoi significati simbolico-allegorici: ecco allora i canti d’amore (i madrigali e le canzoni), di primavera e di festa (sonetti e ballate); i balli più raffinati (le istampite e le carole) e quelli sfrenati (i salterelli). Ecco che poeti, come Giovanni Boccaccio e gli altri anonimi, 'cantano' per il loro uditorio; valenti musici, come Lorenzo, Gherardello, suonano e 'incantano' con la loro arte nella splendide città del Trecento, su tutte Firenze. …”.

    

 

 


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