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SENIGALLIA, ROCCA ROVERESCA
a cura di Fabio Mariano (Istituto Italiano Castelli - sezione Marche)
La Rocca di Senigallia. Ibasso: veduta aerea e altre immagini.
In basso: a sinistra, cortile; a destra, scala a lumaca.
clicca sulle immagini in basso per ingrandirle
Epoca:
l'attuale configurazione è
prevalentemente della seconda metà del secolo XV, ma nella Rocca sono
distinguibili diverse
fasi costruttive.
Conservazione: sottoposta a recenti restauri conservativi, la struttura è attualmente anche sede di mostre e manifestazioni culturali.
Come arrivarci: con l'autostrada A-14, uscita Senigallia.
La tipologia architettonica della Rocca di Senigallia costituisce un modello caratteristico di fortilizio militare definitile nell'ambito delle “rocche di pianura”.
Queste nascono, nella loro accezione e forma quattrocentesca, per ragioni eminentemente di deterrente militare e presidio simbolico degli interessi delle locali signorie, non strettamente legate all'evoluzione di un insediamento di matrice demografico-economica nel territorio ma come avamposto isolato in localizzazioni periferiche dell'abitato, spesso ai vertici di cinte urbiche come ricetto preminente e talvolta residenza del Signore locale.
La loro conformazione è funzionale all'orografia pianeggiante del luogo che consente forme regolari e simmetriche. Esse si caratterizzano infatti per planimetrie quadrangolari con torrioni cilindrici incastonati ai vertici a circa un terzo del loro diametro, solitamente di dimensione omogenea. Esse rappresentano l'evoluzione rinascimentale del modello medievale del recinto con torre, a presidio delle principali vie di fondovalle, di bacini fluviali o del litorale, le cui preesistenze - come nel caso marchigiano-romagnolo - spesso venivano inglobate al loro interno. La ricorrente presenza di ampie corti interne, oltre a sottolineare necessità distributive e di illuminazione interna legate alla compresente funzione residenziale, consentiva, in funzione di piazza d'armi, l'acquartieramento e la movimentazione di consistenti guarnigioni in caso di lunghi assedi.
Nella fase evolutiva della pratica fortificatoria e della balistica, nella
seconda metà del XV secolo, si procede anche in queste rocche al
pareggiamento delle emergenze dei masti antichi, delle torri angolari e dei
merli, oramai considerati inutili ai fini militari, che vengono portati alla
quota delle cortine murarie di raccordo, per meglio difenderle così dalla
crescente potenza delle artiglierie.
La
rocca, come oggi possiamo vederla, rappresenta il prodotto di una
sovrapposizione più che bimillenaria di successivi interventi fortificatori
succedutisi pressoché sullo stesso sedime litoraneo, a conferma del valore
strategico del luogo prescelto: fra la foce del fiume Misa (già Nevola) e del
torrente Penna (oggi interrato). Seppure quella prevalente sia attualmente la
sua configurazione tardoquattrocentesca, nella rocca possono identificarsi
almeno quattro fasi costruttive.
La prima
fase viene fatta risalire al periodo successivo alla fondazione da
parte dei Romani della colonia di Sena Gallica (circa 280 a.C.), prima
colonia adriatica, della quale rimangono parziali resti in massicci blocchi
tufacei (vaganti ma parte di una struttura il cui piano di posa è stato
identificato a circa tre metri di profondità) visibili nella parete
nord-ovest della corte.
Alla seconda fase appartiene il basamento intatto della torre medievale quadrangolare visibile nel lato nord-est, edificata in conci calcarei isodomi di ottima ed elegante fattura, che venne poi inglobata nel cassero o “rocchetta “ trecentesca voluta dal cardinale Egidio Albornòz a cavaliere d'angolo di due cortine delle mura urbiche (1363-67 circa), che forse rimase incompiuta. Pandolfo III Malatesta ottenne la signoria di Senigallia dopo il 1385, inaugurando il dominio alterno della sua famiglia sulla città che si evidenzierà nell'opera di Sigismondo Pandolfo a partire dal 1445.
Fu nel periodo malatestiano (terza fase) che la rocca senigalliese assunse la sua conformazione più ampia: cioè a forma quadrangolare con bastioni rettangolari ai vertici, cortine laterizie a piombo con beccatelli e merli ghibellini, i cui resti sono oggi resi visibili dai recenti restauri che ci mostrano la fortificazione malatestiana inscritta nel perimetro attuale. La rocca malatestiana ebbe a sua volta una successiva ristrutturazione, attuata da Sigismondo, a partire dall'Anno Santo del 1450, nell'ambito del suo complessivo piano di riedificazione, ripopolamento e ristrutturazione urbanistica e militare della città sulla base delle preesistenze romane. In questo intervento venne operata la foderatura dei baluardi angolari della rocca mediante conci sagomati di arenaria per fornirla dell'oramai ineludibile scarpatura obliqua atta a deviare il tiro dai sempre più offensivi calibri da fuoco.
Questo riadattamento, oggi ben visibile nei sotterranei, venne realizzato molto probabilmente su progetto dell'ingegnere Giovanni di Sant'Arcangelo di Romagna, chiamato da Sigismondo nell'ottobre del 1454 a verificare le nuove fortificazioni ed eseguito da M. Antonio da Vercelli e da Baroccio da Fano. Morto Sigismondo nel 1468, Giovanni della Rovere divenne signore di Senigallia e Vicario del Papa nel 1474, nel 1475 divenne Duca di Sora e Prefetto di Roma.
Attendendo all'aggiornamento militare delle fortificazioni cittadine sotto la pressione del pericolo delle incursioni turchesche, Giovanni si rivolse all'architetto croato Luciano Laurana per la creazione di un fossato perimetrale alla rocca, allagabile dalle acque salmastre, collegato alla terraferma da un pontile in muratura e sezionato da un ponte levatoio. L'architetto croato morì nel 1479 senza aver completato la ristrutturazione militare della rocca ma avendo probabilmente progettato la sistemazione a residenza del nucleo centrale, dove il Duca venne ad abitare nel 1480 come sua prima residenza provvisoria in città. Questa realizzazione venne portata a compimento dall'architetto fiorentino Baccio Pontelli che interpretò il progetto del Laurana eseguendo nel suo stile le finestre ed il fregio corrente di stile urbinate affacciantesi sul cortile, parte delle cornici e delle decorazioni dei saloni interni e la profonda scala a chiocciola che fu posta a snodo e servizio verticale nella gola del torrione nord.
A partire dal 1480 il Pontelli progettò e realizzò la nuova rocca (quarta fase), inglobando il perimetro di quella malatestiana con nuove cortine terrapienate e quattro torrioni cilindrici angolari e scarpati (realizzati nell'ordine: nord ed est, verso mare, ovest e sud verso terra), posti sul medesimo filo dei parapetti secondo i nuovi dettami balistici, sorretti da eleganti beccatelli lapidei decorati con frapposte caditoie per la difesa piombante e troniere per la difesa radente.
Il doppio cordone lapideo a toro e le proporzioni dei torrioni (oggi in parte
interrati) confermano lo stile del Pontelli che lavorò per il Duca anche nel
Convento di S. Maria delle Grazie.
La Rocca, arresasi nel 1503 a Cesare Borgia che a Senigallia compì la celebre strage descritta da Nicolò Machiavelli nel suo Il Principe, non fu solo una fortezza bensì anche dimora signorile. L'interno della rocca presenta, nella sua parte centrale, tre livelli residenziali serviti da una scala a due rampe con accesso dal cortile: quello più basso adibito alla guarnigione ed agli ufficiali, dal 1533 ospitò la Scuola dei Bombardieri voluta da Guidubaldo II. I locali superiori erano adibiti alla rappresentanza (tre saloni) e residenza del Duca. Il locale oggi adibito a cappella risale al periodo della devoluzione del Ducato urbinate alla Chiesa. Altri locali sotterranei, già sede delle cannoniere, vennero allora adibiti a carcere di rigore, la cui efficacia punitiva era esaltata dalla forte umidità di risalita, che nelle stagione invernale giungeva ad allagare i pavimenti.
La cappella di corte quattrocentesca, a pianta quadrilatera, è invece voltata a calotta con cuffie a conchiglia nei raccordi d'angolo e putti, con decori scultorei che ricordano quelli degli artisti lombardi nel Palazzo Ducale di Urbino.
La struttura militare era prevista come autosufficiente in caso d'assedio,
essendo fornita di camino a fuoco, di depositi sotterranei di derrate
alimentari con granaio, ed infine di un ampio serbatoio sotterraneo per la
raccolta dell'acqua meteorica, a forma di bulbo e posto nel cortile dove venne
abbellito da una vera da pozzo lapidea con gli stemmi di Giovanni della
Rovere.
Estintasi
la dinastia ducale nei Della Rovere, dopo il ritorno della città sotto il
dominio della Chiesa nel 1631, fu adibita a carcere pontificio ed anche ad
orfanotrofio. Oggi ospita mostre d'arte e prestigiose manifestazioni
culturali. Gran parte della complessa stratificazione storico-costruttiva
della Rocca roveresca è resa attualmente visibile e comprensibile grazie ai
recenti appropriati interventi di restauro conservativo che hanno reso
possibili anche nuovi passaggi e collegamenti interni per la fruibilità
collettiva del monumento.
Da:
AA.VV., I
Della Rovere e la Rocca di Senigallia. Tra storia e restauro. Guida alla
Mostra, Soprintendenza per i BB.AA.AA. delle Marche, Rimini 1995.
©2003 Fabio Mariano. Il video non è stato realizzato dall'autore della scheda.