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CASTELBUONO, CASTELLO

a cura di Vita Russo

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La facciata anteriore e l'ingresso del castello.

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 Castelbuono  Castelbuono  Castelbuono


       


Epoca: prima metà del secolo XIV, su preesistente struttura.

Conservazione: buona.

Visitabilità: possibile.

Come arrivarci: Castelbuono, 31 km a sud di Cefalù, sul luogo della bizantina Ypsigro, si raggiunge percorrendo la strada statale Palermo-Messina.

    

Cenni storici.  

Secondo la tradizione Castelbuono, o meglio l'antica Ypsigro, nacque nel 1269 quando Alduino Ventimiglia, conte di Geraci, vi fece trasferire gli abitanti di Fisaulo, per sfuggire all'"aria nociva". Il nuovo centro prese il nome dal castello costruito in luogo "più sano", sul colle di san Pietro.

In realtà il nome Ypsigro rimanda ad una origine greco-bizantina. Un'altra ipotesi identifica questo minuscolo centro abitato con Ruqquak Basili, il casale demaniale che Idrisi visitò nei secoli XI-XII in quei luoghi.

Dal 1062, anno della creazione della Contea di Geraci, al 1134, quando Ruggero II conferma un privilegio all'abate Giovanni di Lipari sulla chiesa della SS. Trinità, questo casale viene continuamente permutato tra i conti di Geraci e i vescovi di Lipari e Patti.

Nel 1269 l'Angiò privò i Ventimiglia della loro Contea con l'accusa di aver giurato fedeltà alla dinastia Hohenstaufen, mentre lasciava loro i casali di Fisaulo e Ypsigro.

Le varie attenzioni che i Ventimiglia riservarono a Ypsigro portano a interpretare la volontà di ripopolare quel territorio come tentativo di rinascita della loro signoria.

Giunta in Sicilia la dinastia aragonese, il conte Francesco intraprende la scalata politica che vede concretizzarsi nell'estensione territoriale del suo stato feudale. Pur di ottenere dei benefici per la sua contea egli stringe alleanza con i maggiori concorrenti del momento, i Chiaramonte, stipulando il matrimonio nel 1315 con Costanza, sorella del conte di Modica Giovanni. I suoi progetti sul futuro sviluppo politico della signoria vengono però compromessi dalla mancata nascita di un erede. Ciò non basta a mutare i progetti del conte Francesco sempre più convinto a portare avanti la sua linea politica giungendo a ripudiare la moglie per imparentarsi con i conti di Mistretta. Da qui l'odio della potente famiglia chiaramontana.

Con la morte di re Federico II d'Aragona (1337) e la successione al Regno del figlio Pietro II, la famiglia dei Chiaromonte torna in auge, a discapito dei Ventimiglia su cui cade il sospetto di complottare contro la Corona di Sicilia. Il conte Francesco viene perciò arrestato, condannato a morte e la contea confiscata.

Le sorti della famiglia di Modica tornarono alla ribalta nel periodo della reggenza dei Quattro Vicari, uno dei quali fu proprio Francesco II Ventimiglia. La stessa carica ricoprirà più tardi anche il figlio Antonio.

Nel 1448 re Alfonso nomina Giovanni Ventimiglia marchese di Geraci, Viceré e Grande Ammiraglio. La capitale dello stato feudale passa allora da Geraci a Castelbuono.

La cittadina col passar degli anni acquista sempre più importanza, allarga i propri confini grazie alle concessioni di feudi da parte del vescovo di Patti, fino a diventare una vera e propria Universitas con una propria amministrazione.

A cavallo tra il XVI e il XVII secolo il centro madonita diviene una piccola capitale della cultura e delle arti; il suo castello da emblema dello strapotere feudale diviene centro di interessi culturali assecondando le passioni della famiglia Ventimiglia.

Ottenuta l'elevazione del Marchesato in Principato da Filippo II di Spagna nel 1595 su richiesta del marchese Giovanni II, la compattezza del più antico stato feudale di Sicilia inizia a sfaldarsi. La piccola nobiltà locale, invece, in virtù della disponibilità economica cui è venuta in possesso per la sua intraprendenza, acquista piccoli e grandi feudi dalla vecchia contea, sostituendosi sempre più nell'amministrazione politica. Da qui la richiesta di affrancamento dai Ventimiglia e la demanializzazione della città.

    

Il castello. 

Il castello di Castelbuono, simile nella tipologia ad un dogione, sorge a nord dell'abitato, all'estremità della collinetta di San Pietro, a metri 423 sul livello del mare.

Si accede ad esso con una doppia gradonata tramite un portale ogivale. Tutt'attorno una corte esterna (l'attuale piazzetta), cinta da un muro, circondava il l'edificio, nella quale si aprivano due porte fortificate. All'interno della corte, addossate lungo il muro di cinta, stavano le costruzioni alle dipendenza del castello (stalle, fondaci, etc.), il teatro e una chiesa.

L'edificio o per lo meno il complesso edilizio, venne costruito a partire dal 1316, inglobando i resti di una precedente fortezza bizantina.

La sua struttura rispecchia vari stili architettonici: la forma a cubo del corpo centrale è un ricordo dell'architettura araba in Sicilia; le torri quadrate sono di stile normanno; la torre cilindrica, infine, è ispirata all'architettura sveva. Quest'ultima risulta abbinata ad una quadrilatera nello spigolo di nord-ovest.

I corpi di fabbrica, intervallati dalle torri che oggi appaiono leggermente più alte, ma che in origine dovevano essere di uguale altezza, insistono su un pianoterra e tre elevazioni, collegate da una scala sviluppata sulle pareti interne della piccola corte all'interno dell'edificio, a cielo aperto.

Le volte che coprono i locali del pianoterra sono a botte; tracce di volte a crociera costolonate si trovano nei piani superiori. Archi a tutto sesto e acuti sovrastano finestre e feritoie, quasi ad indicare la doppia natura architettonica del castello: dogione, che rimanda all'ambiente feudale; e residenza fortificata federiciana. Ciò fa pensare che la costruzione sia stata realizzata in due tempi seguendo due diversi concetti progettuali. La presenza della torre cilindrica e di una risega molto pronunciata lungo tutto il prospetto, che volge sul versante della cittadina di S. Mauro, rimanda all'impostazione di un castrum dalla pianta quadrangolare con torri cilindriche agli angoli, risalente al 1269. Successivamente, a partire dal XIV secolo tutto il complesso sarebbe stato elevato a residenza, con l'aggiunta di nuovi locali al fine di rendere il castrum più ospitale e prestigioso, e di una cappella di S. Anna, il gioiello del castello.

Nel 1683 la cappella, dovendo custodire il teschio della Santa proveniente dalla cappella del castello di Geraci, venne trasformata totalmente da una ricca decorazione barocca con stucchi della bottega serpottiana raffiguranti, tra i più importanti, gli episodi della Presentazione di Maria al tempio e lo Sposalizio di Giuseppe con Maria. Negli stalli del coro ligneo settecentesco sono, invece, intarsiati ritratti dei Ventimiglia e di personaggi del Vecchio Testamento. Sull'urna, che conserva il teschio di S. Anna, patrona di Castelbuono, è posto un bel busto argenteo della Santa.

All'epoca tardoseicentesca risale pure la realizzazione definitiva dello scalone interno e la ristrutturazione di molti ambienti del castello per far fronte ad esigenze di rappresentanza. Tracce della precedente scala medievale sono costituite da due porticine ad arco ogivale, murate, sulle pareti della corte interna. Il nuovo scalone venne arricchito da una galleria loggiata sorretta da grandi arconi, su cui insiste il ballatoio d'accesso alla cappella e alla grande sala. Il loggiato è caratterizzato da piccole volte a crociera, sorrette da pilastrini in mattoni.

Sempre al Seicento risale l'apertura dei grandi balconi sul prospetto settentrionale dell'edificio, il soffitto ligneo dipinto, che copre il salone principale del castello, e il teatro.

Come ogni buon castello anche questo ha i suoi segreti: una galleria sotterranea lo collegava alla chiesa di S. Francesco e all'interno dei muri più possenti si trovano delle scale segrete che mettono in comunicazione i vari piani dell'edificio. Contribuiscono all'atmosfera d'altri tempi anche le varie celle poste nel sottosuolo.

Con l'abbandono degli antichi castelli feudali, seguito alla crisi politico-fondiaria dell'aristocrazia siciliana, per il castello di Sant'Anna ebbe inizio anche la decadenza fisica. I terremoti del 1820 e 1908, accompagnati dall'opera disgregatrice del tempo, provocarono dissesti e crolli di alcune parti. Con la morte della principessa Giovanna, il castello viene ereditato dal barone Fraccia di Favarotta, che ne divenne il liquidatore. Aperta una sottoscrizione popolare, il Comune poté acquistare il castello. Bisogna però aspettare gli anni Venti perché abbiano inizio i primi lavori di restauro. Divenuto una scuola nel periodo in cui i castelli di proprietà del demanio venivano usati come carceri, attualmente il castello di Castelbuono viene fruito come museo, per cui si può dire che il sogno di un Principato prospero e civile che riversava i suoi frutti nella promozione culturale continua ancora oggi a persistere.

    

Per saperne di più:  

R. Santoro, Il castello feudale dei Ventimiglia a Castelbuono, in «L'Universo», n° 2, Firenze 1978; A. Mogavero Fina, Ypsigro delle Madonie e origine di Castelbuono, Palermo 1976; Castelli medievali di Sicilia. Guida agli itinerari castellani della Sicilia, Palermo 2001 (da cui è tratta la seconda immagine di questa pagina). 

   

  
  

© 2002-2012 Vita Russo. La prima immagine è tratta dal sito www.webalice.it/chefdibellav; la seconda dal testo citato in bibliografia; la terza dal sito www.bandw.it. I video non sono stati realizzati dall'autore della scheda.

      


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