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Il canto delle sirene |
a cura di Sante Asse |
1)
Monaci, cavalieri e costruttori medievali
«I
costruttori di cattedrali hanno inscritto l'eco della Parola perduta nel
silenzio secolare della pietra, affinché i predestinati la ascoltino »
Victor Emile Michelet
Evocativi
libri in pietra sono, come osservano Fulcanelli, René Guénon o il Michelet
summenzionato, le costruzioni cultuali medievali. Austere se conventi o abbazie,
sovraccariche di motivi simbolici iconografici
se chiese cattedrali.
Tra
le due tendenze dovremmo annoverare quelle attribuite o presunte
all’intervento diretto dei Templari, monaci e cavalieri con regole e
insegnamenti forse in parte segreti che l’Argot di scalpellini, decoratori e
architetti medioevali in alcune occasioni possa aver manifestato per scopi ormai
difficilmente indagabili. è con
questo presupposto che abbiamo studiato la nostra abbazia, cercando di
dimostrare che all’origine agostiniana comunemente accettata vada sovrapposta
una “mano” di matrice crociata importata da gruppi di maestranze legate ai
cavalieri Templari, prima che a loro subentrassero i Teutonici (in via
definitiva solo dal 1261 e fino al 1475) nel vasto feudo agricolo di San
Leonardo in Lama Volara di Siponto.
Sarà
utile qualche notizia sul santo cui questa abbazia è dedicata; all’epoca
titolazione ricorrente in territori a forte presenza crociata (rimaneggiamo
queste note dal Dizionario dei Santi).
«S. Leonardo è uno dei
santi più popolari dell'Europa centrale. In suo onore furono erette non meno di
seicento chiese e cappelle, e il suo
nome ricorre frequentemente nella toponomastica e nel folklore. Particolare
devozione riscosse all'epoca delle
crociate, e tra i devoti si segnalò il principe Boemondo d'Antiochia che, preso prigioniero dagli infedeli nel 1100, attribuì la
sua liberazione nel 1103 al santo e,
tornato in Europa, donò al santuario di Saint-Leonard-de-Noblac,
come ex voto, delle catene d'argento simili a
quelle di cui era stato caricato durante la prigionia».
S. Leonardo di Noblac (o di Limoges) è un santo "scoperto" all'inizio del secolo XI, ed è a quel periodo che risalgono le prime biografie, piuttosto leggendarie, che poi hanno ispirato anche il culto verso di lui. I Bollandisti hanno dichiarato «fabularum plena», piena di favole, la Vita sancti Leonardi che uscì anonima poco dopo il 1030:
«Leonardo
nacque in Gallia al tempo dell'imperatore
Anastasio, e cioè tra il 491 e il 518. Essendo i suoi genitori, oltre che nobili, anche intimi amici di Clodoveo, il grande
capo dei Franchi, questi volle fare
da padrino al battesimo del bimbo. Divenuto giovanotto,
Leonardo non volle intraprendere la carriera delle armi e preferì mettersi al seguito di S. Remigio, divenuto arcivescovo di Reims.
Poiché S. Remigio, avvalendosi della sua amicizia col re, aveva ottenuto il privilegio di poter concedere la libertà a tutti i prigionieri nei quali
si fosse imbattuto, anche Leonardo
chiese ed ottenne un potere analogo, che esercitò
ripetutamente. Il re si sentì in diritto di offrirgli anche qualcos'altro,
la dignità vescovile. Ma Leonardo, che non aspirava a
glorie umane, preferì ritirarsi
dapprima presso S. Massimino a Micy e poi nei
pressi di Limoges, nel bel mezzo di una foresta denominata Pavum. La sua
solitudine fu interrotta un giorno dall'arrivo di Clodoveo che era a
caccia insieme a tutto il suo seguito. Con il re era anche la regina, che
proprio allora venne sorpresa dalle doglie del parto. Le preghiere e le
cure di S. Leonardo propiziarono un
parto felice [1], e allora il re fece col santo un
patto singolare: gli avrebbe fatto dono, per edificarvi un monastero, di
tutto il territorio che sarebbe riuscito a delimitare percorrendolo a
dorso d'asino. II Santo costruì un
oratorio in onore della Madonna e dedicò un
altare in onore di S. Remigio; scavò poi un pozzo che si riempì
miracolosamente d’acqua e al luogo diede il nome di nobiliacum in
ricordo della donazione di Clodoveo.
Il Santo sarebbe morto il 6 novembre di un anno
imprecisato del sesto secolo».
A queste mi sembra interessante aggiungere questa breve nota dell’amico Domenico Migliaccio di Roma:
«Mi è capitato sotto gli occhi un "santino" del Nostro: dalla finestra ferrata di una cella filtra della luce e Leonardo, mentre tiene l’indice sinistro alzato verso i raggi solari, con la mano destra indica la porta di uscita dal carcere. Questa immagine mi ha ricondotto alla piazza di S. Lorenzo in Lucina a Roma, facendomi pensare alla famosa storia "Ad Digitum Solis". Una antica leggenda romana narra infatti che ivi si ergesse una statua con il braccio e l'indice destro tesi, e sul dito la scritta "Percute hic", ossia "Batti qui". Dopo che molti avevano eseguito l'ordine della statua senza che nulla accadesse, vi provò Gerbert d'Aurillac (che divenne Papa col nome di Silvestro II, il Papa del passaggio dell'anno 1000, detto anche il Papa mago) ma in un modo del tutto particolare: attese il Mezzogiorno e segnò il punto dove cadeva l'ombra dell'indice, poi, la notte stessa, assistito da un servitore, aprì con un sortilegio la terra e si trovò in una reggia d'oro, piena di ricchezze e di statue di re, di dignitari e di altri personaggi celebri, anch'esse d'oro e poste a guardia dell'immenso tesoro. I due avendo tentato di sottrarre i gioielli e gli altri beni facilmente trasportabili, si videro circondati dalle statue, improvvisamente animate, e furono costretti alla fuga, non potendo portare con sé nulla. Il tesoro da loro visto era quello dell'imperatore Augusto, che naturalmente non fu più rinvenuto».
2)
Il complesso di Lama Volara e i due eventi eliotropi
Al
suo nascere nel XII secolo [2]
San Leonardo di Siponto dunque era affidata all’ordine religioso degli
agostiniani. Ma, oltre a dover considerare che proprio la regola agostiniana fu
adottata dall’ordine Templare all’inizio della sua storia (dal 1118 e fino
al concilio di Troyes del 1128 che ne elaborò una specifica sotto
l’ispirazione di S. Bernardo da Clairvaux), è da particolari richiami
simbolici e da alcune tipicità costruttive di cui andremo a parlare che, per
noi, la scelta del sito, il progetto e il cantiere siano da attribuire
all’Ordine del Tempio.
In
primis osserviamo la semplice composizione della facciata Ovest: l’arco sul
portale si presenta con piccola cornice a lunetta semicircolare scolpita di
figurazioni vegetali, come il tondino proprio sopra l'ingresso; in alto a
sinistra un rosoncino decorato internamente da dieci archetti secanti inscrivono
un foro circolare al centro; infine, più in alto sul portone, una finestra a
losanga senza fregi. Incidentalmente notiamo come nell'insieme i tre punti luce
a occidente ricordino le tre vie di realizzazione spirituale dell'Induismo, cioè
la "via larga", la "via stretta " e la "via di
diamante". A tal proposito è curioso notare le due lesene, sporgenze del
muro addossate ai lati del portone, che raggiungono il cornicione (in stile
pisano) con la losanga al centro: la colonnina di sinistra larga almeno il
doppio di quella di destra; è arduo pensare che la cosa derivi da imperizia.
La via “larga” è il portone,
l’accesso comune. La via “stretta” è rappresentata dal rosoncino a dieci
arcate: è circolare perché in perfetta sintonia col sole (che infatti proprio
da lì passa per compiere l'evento equinoziale), dove la circonferenza maggiore
rappresenta la manifestazione cosmica, il puntino o il cerchio più piccolo al
centro rappresenta Dio centro e cuore della Creazione. Da Guénon [3]
rileviamo come ai dieci raggi della circonferenza andrebbe aggiunto come
undicesimo quello che vi penetra centralmente nell'equinozio
e che va a delineare una macchia di luce a forma di noce o mandorla (il
seme di immortalità, in ebraico 'luz'...) nella absidiola posta alla sinistra
guardando l'altare, dove pare vi fosse un'icona della Vergine Madre di Dio
[4]. Il Cap. VII del libro di René Guénon "Il
Re del Mondo", intitolato "'Luz' o il soggiorno d'immortalità"
sembra scritto apposta per spiegare la simbologia connessa con l'evento
equinoziale:
«Le
tradizioni riguardanti il 'mondo sotterraneo' si ritrovano presso moltissimi
popoli... il 'culto delle caverne' è sempre connesso all'idea di 'luogo
interiore'
o 'luogo centrale', e il simbolo della caverna e quello del cuore... sono assai
vicini l' uno all' altro. Fra le tradizioni... ve n'è una che presenta un
interesse particolare: la troviamo nel Giudaismo e concerne una città
misteriosa chiamata Luz. Questo nome, in origine, era quello del luogo dove
Giacobbe ebbe il sogno in seguito al quale lo chiamò Beith-El, cioè
"casa
di Dio"... è
detto che l'"Angelo della Morte" non può
penetrare in questa città e non vi ha alcun potere... Vicino a Luz vi è, si
dice, un mandorlo (chiamato luz in ebraico) alla base del quale si trova una
cavità attraverso cui si penetra in un sotterraneo; e questo sotterraneo
conduce alla città, che è completamente nascosta. La parola luz... sembra
peraltro derivare da una radice che designa tutto ciò che è nascosto, ...
segreto; è da notare che anche le parole che designano il Cielo hanno in
origine lo stesso significato... Tali parole possono significare 'ciò che
nasconde' ... ma anche 'ciò che è nascosto', e quest'ultimo significato è
duplice: ciò che è nascosto ai sensi, il regno soprasensibile; e, nei
periodi di occultamento... la tradizione che cessa di essere manifestata ...
allorché il "mondo celeste" diviene il "mondo
sotterraneo"... La parola luz è il nome che viene dato a una particella
corporea indistruttibile, rappresentata simbolicamente come un osso durissimo,
particella alla quale l' anima rimarrebbe legata dopo la morte e fino alla
resurrezione. Come il nocciolo contiene il germe, e come l' osso contiene il
midollo, questo luz contiene gli elementi virtuali necessari alla restaurazione
dell' essere; essa si opererà sotto l'influsso della "rugiada
celeste", rivivificando le ossa disseccate; a questo alludono le parole di
san Paolo: "Seminato nella corruzione,
risusciterà nella gloria".
Anche qui, come sempre, la gloria si riferisce alla Shekinah, considerata nel
mondo superiore. La 'rugiada celeste' è in stretta relazione con essa...».
Infine la via di “diamante” è quella di chi è liberato dai lacci della manifestazione materiale; la forma a rombo suggerisce proprio questa facoltà di aver riunificato gli opposti. Nella cultura indù queste tre vie designano il cammino di perfezionamento competente ad ognuna delle tre caste fondamentali (da vedersi anche in senso allegorico) di cui si compone la società, ovvero quella del popolo attivo (via larga), dei guerrieri (via stretta) e infine la casta sacerdotale (via di diamante), suddivisione tradizionale che era oggettivamente presente in Occidente fino a tutto il Medioevo. Tornando a delineare meglio la simbologia legata alla "via breve ma stretta" rappresentata dal rosoncino a dieci raggi osserviamo che, acclarato il significato ciclico e cosmologico, fa riflettere come la "noce di luce" venga formata dall'undicesimo raggio; numero 11 che cabalisticamente significa forza, luce, e designa, come si può evincere da questo breve passo di Vincenzo Soro [5], un attributo specifico di Cristo:
«Profondo è l' esoterismo del nome Gesù, che racchiude in sé la sintesi di tutta la dottrina segreta. Infatti questo nome nella sua forma originale ebraica suona Jehoshua, e si ottiene mettendo la lettera SHIN (fuoco, verbo) in mezzo alle quattro lettere formanti il Nome Indicibile YHVH (yod-he-vau-he): sommando così i valori numerici di queste 5 lettere, si ottiene il numero 11 che nella riduzione teosofica diventa 2, numero corrispondente alla lettera ebraica Beth. Ora questa lettera significa La Luce ed è il simbolo geroglifico della GNOSI. Il nome del Rabbi di Nazareth insegna quindi che dal fuoco dell'Amore divino nasce nel nostro cuore la GNOSI, il figlio di Dio in una stalla fra due animali, cioè la Luce della Sapienza e della Conoscenza diretta di Dio in noi, che nascendo in mezzo alle nostre passioni e ai nostri istinti brutali (la stalla e i due bruti) illumina l' anima e compone l'apparente antitesi tra materia e spirito, tra la Scienza e la Fede».
Sempre
da Guénon apprendiamo come, nei libri induisti dei Veda [6],
un ciclo temporale di manifestazione, approssimativamente quantificato in 12.000
anni terrestri, ovvero le metà del tempo occorrente a compiere una intera
precessione degli equinozi per il nostro pianeta, porti alfine a selezionare una
casta di "Eroi" [7]
cui spetterà la parte di principali "messaggeri di Dio" o "Déi"
nel successivo ciclo di manifestazione, che dopo ogni "Apocalisse" si
riforma incessantemente nel cosmo. Per completare la simbologia occorre
connettersi al simbolo solstiziale: il rosoncino sul tetto ha undici raggi,
mette in scena una “discesa” nella
manifestazione cosmica; il Sole penetrandolo costituisce il dodicesimo raggio
[8].
Leggiamo da Guénon
[9]:
«...al
solstizio d' Estate, il segno del Cancro, domicilio della Luna (in fondo alle
Acque), è la porta delle migrazioni discendenti delle anime (dal polo Sud); si
può dire che è la porta degli inferi (stati inferiori), mentre il Capricorno
è la porta dei Cieli (stati superiori). Il conduttore delle anime che ascendono
e che discendono è Ermete psicopompo, Anépu (Anubis) egizio, "la guida
dei cammini d'oltre tomba" ».
è
appena il caso di aggiungere che nell’area abbaziale si possono rilevare nove
pozzi, sparsi in un raggio di poche decine di metri dal tempio. Considerando che il Monte Aquila (o Aquilone) dove sorge il complesso,
è un enorme blocco di pietra corallina, non
sorprenderebbe verificare che, al tempo, si siano agevolmente costruiti sotterranei con qualcuno di questi pozzi a camuffare delle prese d’areazione;
cosa al momento non rilevata.
3)
Il lato del Nord
Sul portale monumentale nord, colpisce l’immagine di S. Leonardo con l'indice alzato rivolto al cavaliere che di fronte pare lo ascolti deferente alzando le mani. Le due figure incuriosiscono proprio perché è palese il gesto riprodotto sulla pietra: ma il monaco cosa deve ammonire in merito? Per indagare questa simbologia connessa al gesto del monaco (che è praticamente la stessa del santino sopra descritto…), sarà utile riferirsi alla seguente esposizione tratta sempre da Guénon [10], che ci serve anche da necessario corollario alla simbologia dei due eventi solari prima raccontati:
«
... la tradizione cristiana chiama il
"potere delle chiavi"; infatti, anche questo potere è duplice,
comportando sia il potere di "legare" che quello di
"sciogliere" ...
«
...
è
noto che la raffigurazione più
comune del potere in questione è quella di due chiavi, una d'oro e l'altra
d'argento, che si riferiscono rispettivamente all'autorità spirituale e al
potere temporale, o alla funzione sacerdotale e alla funzione regale, e anche,
dal punto di vista iniziatico, ai "grandi misteri" e ai "piccoli
misteri", ed è a quest'ultimo riguardo che, per gli antichi Romani, esse
erano uno degli attributi di Giano bifronte
[11]
... In rapporto al ciclo annuale, di cui
è nota la stretta relazione con il simbolismo di Giano, il primo di questi due
assi è un asse solstiziale e il secondo un asse equinoziale; qui, l'asse
verticale o solstiziale si riferisce alla funzione sacerdotale, e l'asse
orizzontale o equinoziale alla funzione regale».
Se
partiamo dal fatto che questo è il monastero del "Forte Leone" -
traduzione dall'etimologia nordica del nome "Leonhard" - parrebbe come
se il monaco ammonisca severamente su come i cavalieri custodiscano il feroce
leone; ovvero di come esercitino il "potere" che la casta sacerdotale
sola è in grado di legittimare alla casta guerriera. I due grifoni (testa
d'aquila su corpo di leone, marcatamente in stile mesopotamico) che sorreggono
la scena guardano languidamente i due come a indicare qualcosa: poco più sopra
si erge il Cristo in Gloria benedicente raffigurato col Libro aperto. A
proposito di questi grifoni occorre dire che essi furono inventati, come simbolo
del potere civile, presso la dinastia iranica degli Achemenidi e largamente
ripresi con eguale significato durante il basso medioevo in occidente. è
da
notare come storicamente proprio il regno achemenide (700 - 330 a. C.) venga
considerato il primo esempio di Impero Universale; ciò quindi si connette a
perfezione con le aspirazioni della cattolicità medioevale. Completa il quadro
del portale settentrionale i soliti due leoni presenti in gran parte delle
chiese pugliesi romaniche e normanne. Insolitamente questi leoni, simbolo fra
l'altro delle passioni brutali da dominare se si vuole accesso al mondo dello
spirito, sono intenti l'uno a divorare un omuncolo ignudo (l'uomo dannato dalle
sue stesse passioni che non è riuscito a dominare?) l' altro un pesce o mostro
marino
[12].
A
proposito di "mangiare un pesce", J. Evola riporta
[13]
la notizia di una leggenda celtica che forse fa proprio al caso nostro. In essa
si parla del miracoloso Pesce della Sapienza [14]
in grado di dare la Conoscenza, avendo però l'accortezza di non maneggiarlo con
le mani, che altrimenti verrebbero ustionate (del resto, riti iniziatici
praticati con infilati dei guanti è
la prassi ad es. in Massoneria). Se
il salmone "ustiona le mani", esso non è destinato a nutrire l'uomo
comune, bensì l' uomo pieno del coraggio del leone, che sempre dominando gli
istinti brutali della carne vuole e può, fuor di metafora, cibarsi dalla Vera
Fonte di Sapienza, senza restare servo delle fatue ambizioni materiali, ovvero
"divorare gli altri uomini" per i propri esclusivi vantaggi.
Da
un altro punto di vista, che più avanti definiremo, le allegorie del lato
settentrionale potrebbero invece connettersi al calcolo dei tempi mitici
dell’umanità: dopo i falliti tentativi medioevali di costruire un Impero come
immagine terrestre della Gerusalemme Celeste, non sarebbe rimasto che occultarsi
nell'ombra sempre pronti; e difatti Raimondo di Sangro, nel suo testamento
spirituale, si rivolge loro chiamandoli "Quelli che Vegliano, i Quali
Vivono..."
[15].
Quindi
il leone in positivo esprime il coraggio del "combattente" e il suo
Vigilare, in negativo la brutalità delle passioni sempre in agguato per
Annientare.
4)
Il lato dell' Est
Ad oriente, nell’abside centrale, un cornicione con varie figurazioni antropomorfe e grottesche.
Una statuina, oggi molto deteriorata nei tratti, che cavalca un altrettanto irriconoscibile animale (per il Guglielmi si tratterebbe di un grifone) in direzione del sole nascente si può scorgere poco sotto questo cornicione, e resti di un' altra scultura si trovano un po' più in basso sulla destra: una figurazione molto simile e di identica collocazione notiamo nella chiesetta templare di Ognissanti a Trani. Una delle due lesene esterne riporta in graffito la scritta "GUILIELMUS SACERDOS" composta da caratteri richiamanti sia simboli alchemici che astrologici (Es. la "G" formata dal simbolo della costellazione del Leone ruotato in senso antiorario di 90', o la seconda "I" simbolo della Bilancia con stessa rotazione). Rilevando una scritta di medesimo tono in altra costruzione coeva di Puglia ("Nicolaus Sacerdos et Magister") sull' ambone della cattedrale di Bitonto in terra di Bari, ritenuta firma dell'autore dell'opera, si potrebbe ritenere questo Guglielmo connesso alla costruzione della nostra abbazia. Curiosamente notiamo che in uno degli affreschi superstiti all’interno, in corrispondenza dell’absidiola a destra, è dipinta una panoramica di una chiesa coeva, che ricorda molto proprio la summenzionata cattedrale di Bitonto, con l’immagine di un celebrante che pare percuotere (percute hic…) col piede il basamento di una colonna.
Un segno della probabile ascendenza templare nella costruzione della abbazia è l’Omphalos che si può rinvenire scolpito su una pietra ora del muretto di recinzione prospicente lo spigolo del lato nord col lato est. Trattasi del segno dei tre quadrati concentrici riuniti dalle mediane dei lati, già individuato dalla letteratura templare corrente in numerosi manufatti dell’Ordine. In Puglia se ne trovano tracce presso la chiesa di Sovereto e all’esterno della cattedrale di Vieste. Guénon in “Simboli della scienza sacra” spiega il simbolo come un riferimento all’individuazione del punto di massima concentrazione delle forze telluriche di un luogo, e implicitamente una riproduzione della triplice cinta muraria della Gerusalemme Celeste, ma ancor prima del cristianesimo era segno della triplice cinta druidica dei Celti, ovvero il recinto del segreto luogo cui si custodivano le conoscenze divine presso la casta sacerdotale.
5)
Interno del Tempio
All’interno
vi sono almeno tre componenti che richiamano la nostra attenzione: la colonna
d’entrata destra; l’oblò sulla parete sud e il protome della cupoletta
sovrastante l’altare.
La colonna destra, con ampio basamento quadrato visibilmente sovradimensionato, ha posto una serie di interrogativi cui cercheremo di dare soluzione. Per prima cosa, lo spigolo in alto del basamento in direzione dell’ingresso nord presenta scolpito un piccolo catino a modo di acquasantiera; dall’osservazione abbiamo constatato che circa una decina di giorni dopo l’evento solstiziale del 21 Giugno, il raggio di sole che filtra dal rosoncino del tetto si rifrange perfettamente nell’acquasantiera, e il riflesso si stampa proprio sotto la pietra d’angolo dell’archetto che separa, nella navata nord, lo spazio d’ingresso dall’area sovrastata dal rosoncino equinoziale. Nello spazio di giorni che separano il solstizio da questo evento di inizio Luglio, si è potuta osservare un’altra curiosa immagine di luce formarsi sul lato della colonna più interno: si tratterebbe della sagoma di una figura alata a grandezza naturale. Si potrebbe leggere in sequenza la scena e ricavarne una pregevole rappresentazione sacra simbolica, che dalla “discesa” del solstizio nel Cancro, passa all’ “apparizione” dell’angelo e si conclude con la vivace scheggia luminosa che si riflette sotto l’arco. Il capitello presenta un bassorilievo nel lato nord molto particolare, e richiamante simboli diffusi nella iconografia di matrice celtica, la stessa cioè di provenienza di San Leonardo e credo dei costruttori dell’opera. Vi notiamo un cinghiale femmina alla base che volge indietro il muso a indicare un vecchio con barba e stempiato, con abiti forse cerimoniali, che impugna un’ascia nell’atto di sferrare un colpo. Leggiamo da Guénon [16]:
«…All’origine,
l’autorità spirituale e il potere temporale non erano separati… ma uniti
nel loro principio comune, e si ritrova un vestigio di questa unione nel nome
stesso dei druidi (dru-vid,
‘forza-saggezza’);
questi due termini erano simboleggiati dalla quercia e dal vischio); a questo
titolo, e anche in quanto rappresentavano più particolarmente l’autorità
spirituale, alla quale è riservata la parte superiore della dottrina, essi
erano i veri eredi della tradizione primordiale, e il simbolo essenzialmente ‘boreo’,
quello del cinghiale, era loro proprio. In quanto ai cavalieri, che avevano come
simbolo l’orso (o l’orsa di Atalanta), si
può pensare che la parte della tradizione a essi più specialmente destinata
comportasse soprattutto gli elementi derivati dalla tradizione atlantidea…».
Ecco un altro punto a favore della ipotesi “Templare” nella costruzione di San Leonardo in Lama Volara: dal Protome della cupoletta dell’altare, scarsamente visibile ad occhio nudo, si notano fattezze già notate in allocazioni analoghe in Castel del Monte: volto con barbetta divaricata e i due famosi bernoccoli di Mosè: se sia o no riferimento al Baphomét templare, certo le assonanze sono notevoli.
Quello
che visitando l’interno veramente lascia perplessi è l’oblò della parete
sud: è senza archetti interni, profondo e scuro, anche perché i teutonici
sbarrarono il piano sulla cui parete si trova, che serve anche da accesso al
tetto. Eppure, il sagittario del portale si può dire proprio indichi verso
questa direzione. Ecco perché riporteremo ora un occhiello (dalla rivista «I
Misteri», n. 21, luglio 1997) che ci sembra ad hoc per spiegare la simbologia
del Sagittario (segno zodiacale dove il sole entra nel mese di Novembre, in cui il giorno 6
la chiesa festeggia proprio San Leonardo Abate) e
dell’oblò. è un modo
certamente inconsueto di entrare nel “calcolo dei tempi”. L' articolo (a
pag. 11 dell' inserto centrale che ha per argomento l'Atlantide) si intitola I
Maya e le catastrofi cicliche; l'autore è Antonio Bonifacio:
Ogni
12.000 anni, all' incirca, avverrebbe una particolare combinazione cosmica: un
periodo di perturbamento delle macchie solari, una particolare posizione di
Venere e un allineamento astronomico ben preciso, il cui effetto combinato
provocherebbe grandi sconvolgimenti climatici. Questo evento si ripeterà, la
prossima volta, nel solstizio d'inverno del 2012, quando il Sole si troverà a
sorgere sullo sfondo della costellazione del Sagittario, intersecandosi la
Galassia. L'incrociarsi della Galassia con l'eclittica al solstizio è un
evento astronomico assai raro e singolare, e per la mentalità degli antichi
assumeva come significato l'aprirsi delle porte del cielo. Il fatto ancor più
particolare è che questa "lacerazione cosmica" (l'effetto della
freccia del Sagittario) verrà ad aprirsi su un punto oscuro della Via Lattea (…l’oscuro
oblò della parete sud, N.d.A.), nel quale
la cintura di stelle appare interrompersi perché velata da nubi interstellari.
Questa nera fessura era interpretata dai Maya come l'utero della Dea Madre
ancestrale, che genera ad ogni ciclo una nuova epoca».
Non
c’è più “tempo” per aggiungere altro, suppongo. E i due simboli non
possono essere più espliciti di così in questa abbazia.
6)
Il Forte Leone
«
Gli animali non sono altro che le figure
dei nostri vizi e delle nostre virtù che errano davanti ai nostri occhi »
Victor Hugo
In
un articolo a firma Vittorio Di
Cesare
[17]
viene riportata la tesi del tedesco Rudolph Gantenbrink secondo la quale le
piramidi egizie di Giza furono progettate e costruite ad "imitazione"
della costellazione di Orione. In pratica si evidenzia una corrispondenza tra l’allineamento
delle tre stelle della cosiddetta cintura di Orione e quello delle tre piramidi,
col fiume Nilo fluente di fianco come fa la nube allungata della Via Lattea che
lambisce nel campo visivo la costellazione. Prendendo le mosse da tale ipotesi
vi associamo una notizia tratta da Louis Charpentier in cui si affermava che
Bernardo di Chiaravalle (estensore delle regole templari) diede indicazione di
costruire le principali cattedrali di Francia dislocate ad imitazione delle
stelle della costellazione della Vergine. L'autore spiegava la scelta con la
particolare devozione cui i Cistercensi e la Cavalleria medioevale erano
portatori nei confronti della "Vergine Madre di Dio". Alla luce di
questo riferimento, abbiamo verificato come sul mappamondo terrestre la
dislocazione Francia - Egitto corrisponda con relativa approssimazione a quella
sul mappamondo celeste proprio delle costellazioni Vergine - Orione. A quel
punto era conseguenziale trovare, se possibile, una costellazione che
"definisse", se pur approssimativamente, la posizione dell'Italia sul
mappamondo celeste. Spingendoci dunque verso Sud-Est dalla Francia - Vergine,
sulla direttrice che porta all'Egitto - Orione, ci siamo imbattuti
guarda caso nella costellazione del Leone. Un'ulteriore notizia traemmo
sulla stessa rivista da un articolo di Alberto Cesare Ambesi
[18]
in cui, trattando di altre cattedrali medioevali, citava le "quattro stelle
regali" che sono le stelle alfa delle costellazioni Toro, Scorpione, Leone
e Acquario. Soffermandoci in particolar modo su alfa del Leone, chiamata anche
Regulus, venne automatico il
collegamento a Federico II, che "scippò" i beni dei Templari in
Capitanata, tra cui il nostro monastero, per donarli (intorno al 1226, pur se in
via provvisoria) ai "suoi" cavalieri di Santa Maria dei Teutonici. Dal
libro di Julius Evola già citato abbiamo appreso di una novella medioevale in
cui il Prete Gianni
[19] mandò
dei suoi emissari per interrogare Federico onde accertarsi se egli potesse
essere degno di venir "iniziato" alla regalità ultraterrena e
all'Impero universale. Per farla breve, il responso fu negativo: Federico
possedeva la "misura" (regulus…) del governo delle cose terrene ma
non pose la fatidica domanda ("Che uso devo farne?") che lo avrebbe
qualificato per la conoscenza dei Grandi Misteri.
Da
quanto sinora sviluppato, per noi tutta l’iconografia espressa dalla nostra
abbazia inerisce a tre entità simboliche ben distinte e tra loro correlate: il
Sole, il Leone, la Regalità; ognuno con valenza terrena e ultraterrena. A proposito, riportiamo qui un breve passo di Guénon
[20]:
«Il simbolo ... [riferito all'
accostamento tra Re del Mondo e il Sole o Figlio del Sole, N.d.A.]
è esattamente quello che la liturgia cattolica attribuisce a Cristo quando gli
dà il titolo di Sol Justitiae; il Verbo è effettivamente il "Sole
spirituale", cioè il vero "Centro del Mondo"; inoltre,
l'espressione Sol Justitiae si riferisce direttamente agli attributi di
MelkiTsedeq. Bisogna notare poi che il Leone, nello Zodiaco, è il domicilio
proprio del Sole. Si può intendere che il Sole a dodici raggi rappresenti i
dodici Aditya [nel Brahmanesimo sono le principali qualificazioni-emanazioni
del Dio-Uno, N.d.A.]; da un altro punto di vista, se il Sole raffigura Cristo, i dodici
raggi sono i dodici Apostoli (la parola Apostolos significa "inviato"
e i raggi sono anch'essi 'inviati' dal Sole). Del resto, nel numero dei dodici
Apostoli si può scorgere un segno, fra altri, della perfetta conformità del
Cristianesimo in origine con la tradizione primordiale».
©2003 Sante Asse