Sei in: Mondi medievali ® De castro venandi cum artibus ® 6. Comete, nebulose ed effimere chimere


DE CASTRO VENANDI CUM ARTIBUS  a cura di Falco, Girifalco e Metafalco

di Girifalco

 

  

Le strade provinciali che portano al castello sono ornate da manichini scuri, chiari, dorati; manichini che compiono sempre gli stessi movimenti nell’arco della giornata: camminano, salgono su auto appena queste si fermano, ritornano nella loro postazione, ricominciano da capo.

Le stesse strade sono, non appena il sole riscalda in maniera più costante l’aria, crocevia di turisti: in bus, in moto, in auto, da soli o in compagnia. Tutti attenti a decifrare le insegne, tutti col naso in su in attesa che lo scrigno di Federico II spunti da qualche parte e li renda partecipi della sua ricchezza.

La curiosità, la nascita e lo sviluppo delle aspettative nutre più di panini farciti di salse miste e disseta più del gas delle bevande dolci.

 

Il nutrimento dell’anima cozza con la viltà dei vizi, con la povertà dello spirito, con l’impotenza della ragione, con l’indifferenza alla dignità. Guarda e non pensare.

 

Le informazioni sul castello sono tante e spesso diverse tra loro. Se le cerchi tramite un motore di ricerca troverai soprattutto un approccio, come dire, “magico” (ma poco incantato!).

Troverai spiegazioni sui fori (leggi buchi) del monumento, su epigrafi (leggi scritte vandaliche antiche o meno), su lacune (leggi errori di restauro o zone depredate), su ciò che c’era ma non si vede.

La conoscenza (o la volontà di conoscere), però, quale riscontro ha con questa visita tesa a cercare l’invisibile ed a collegare la leggenda e la letteratura populista con una importante presenza storica (data poi per scontato)? Gli spazi vuoti si leggono come impronte di una ricchezza piena che fu, l’organizzazione modulare degli ambienti si legge come realtà poco funzionale alla vita quotidiana (di oggi!), le lacune anche decorative diventano protagoniste della visione epidermica.

  

La speranza che il castello fosse più pieno si veste di certezze che fosse anche  più enigmatico, che fosse il ritratto di un imperatore fuori dal suo tempo e colto come nessuno mai (?). I best-seller puntano un faro su una questione interessante per l’autore ma spengono, negli strati più superficiali di pubblico, la fiamma della curiosità sana e del sapere concreto.

Perché farsi tante domande se poi le risposte voglio essere sempre e comunque ad personam?

 

C’è una fila di giovani speranzosi, c’è una fila di sogni e desideri dietro queste mura. C’è la voglia di fare che muore dopo i 30 anni soppiantata dalla illusoria legge del dovere spinto al minimo essenziale. Le competenze non si incontrano con le possibilità di lavoro, le richieste vengono dribblate dalla burocratica volontà di far girare il mondo da solo senza alcun bisogno di spinte… in un perpetuo movimento lontano anni luce dal panta rei naturale.

C’è la mediocrità dei servizi nati per lucro, di situazioni create per investire in un potenziale pozzo di ricchezze a breve termine. Non servono particolari competenze, non sono assolutamente necessarie conoscenze approfondite dell’argomento di cui si parla e per cui si riceve un introito. Serve essere nel posto giusto al momento giusto.

 

Quale investimento a breve termine porta a risultati ottimali nelle persone? Quale aridità, quale inciviltà si vuole sanare senza una volontà di promozione concreta? Di quale cultura  si deve avere cura? Di quella ancorata alla narrazione leggendaria dei fatti, alle ricostruzioni consumistiche del passato, a quella che sfrutta le risorse economiche solo nella pubblicità? Ma cosa è la cultura?

Io volo o son desto?

   

    

©2006 Girifalco, testo e disegno

   


  su De castro venandi Home