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CIVITELLA DEL TRONTO, FORTEZZA SPAGNOLA
redazionale
Civitella del Tronto: la fortezza spagnola.
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Conservazione: restaurata.
Come arrivarci: con l'autostrada A14, uscita Teramo/Giulianova/Mosciano S.Angelo; proseguire per 31 km in direzione Teramo/Campli/Civitella del Tronto.
Dal sito: www.inabruzzo.it/civitella-del-tronto-te-fortezza-borbonica.html
«La
maestosa fortificazione di Civitella del Tronto, militarmente collegata al
sottostante borgo che un tempo era massicciamente fortificato, domina il
territorio dalla sommità di un alto colle come estrema guardiana dei confini
del Regno Borbonico verso lo Stato Pontificio. Veglia la valle del Salinello
e il borgo sottostante, e fu una delle più rilevanti roccaforti del
viceregno di Napoli, ultima a cadere sotto l’assedio piemontese.
Civitella del Tronto: fortezza borbonica
La struttura della fortezza, ancora chiaramente distinguibile a dispetto dei
posteriori lavori di manutenzione e dei restauri eseguiti nel dibattuto
intervento moderno di ristrutturazione, mantiene la generale fisionomia
della grandiosa sistemazione spagnola, che avvenne durante la seconda metà
del 1500; questa ristrutturazione aveva mutato la già possente
fortificazione aragonese, costruita su un più vecchio castello, appartenente
all’epoca medievale, nella straordinaria piazzaforte vicereale ordinata da
Filippo II, solo in parte modificata e resa più potente nell’Ottocento. La
complessa struttura, costruita con la pietra calcarea giallognola, che
proviene dalle cave di Ioannella, situate nelle vicinanze, occupa tutta la
cima dell’altura ed è circondata da robuste mura che, grazie ad una serie di
bastioni, assicuravano il fuoco di sbarramento incrociato sull’assalitore.
La salita di accesso
Sul lato meridionale, allo stesso livello del centro abitato una volta
difeso da mura, la cinta protettiva è resa doppia da una “falsabraga”. La
fortezza, non attaccabile a settentrione e a occidente, appariva più
vulnerabile sul versante est dove per questo motivo si convogliarono le
azioni difensive maggiormente consistenti, che furono costituite da solidi
bastioni posti a diverse altezze e da piattaforme munite. Situando l’entrata
della roccaforte dentro al nucleo abitato, gli spagnoli incorporarono
inscindibilmente il centro urbano nel sistema di difesa. Superata, appunto,
la “Porta di Napoli” ad oriente, sola porta urbana che si è conservata con
l’aspetto di fine ’500 e moderno (della Porta di Vena ad occidente è rimasto
il passaggio a volta, mentre è sparita la meridionale Porta delle Vigne), si
attraversa una strada lastricata che conduce sino all’entrata della
fortezza, difesa dal bastione di San Pietro.
La chiesa di San Giacomo
Un primo tratto di scalinata porta alla piazza d’armi del Cavaliere,
protetta dai bastioni di Sant’Andrea e San Paolo; un’altra rampa conduce ad
una seconda piazza d’armi difesa sul lato sud dal bastione di San Giovanni e
risolta ad ovest dalle rovine di accampamenti militari. Si arriva dunque
alla cima dell’altura dove si trovano i resti del Palazzo del Governatore,
che fu inaugurato nel 1574, e della chiesa di San Giacomo, che fu costruita
nel 1585 e fu consacrata nel 1604. Questi due edifici erano difesi a
settentrione dall’omonimo baluardo. Alle loro spalle si succedono, lungo la
via principale con direttrice est-ovest, alcune caserme, dei magazzini e
delle armerie fino all’area dove una volta si ergeva la chiesa del Carmine e
che termina ad occidente con un’enorme cisterna.
Le Caserme
Le tracce del castello angioino-aragonese sono tuttora riconoscibili nelle
rimanenti parti di mura e fondazioni dietro la chiesa di San Giacomo e in
certi susseguirsi di massi squadrati identificabili nelle abitazioni degli
ufficiali e nel terrapieno della cerchia muraria. Si attribuiscono agli
interventi degli spagnoli, eseguiti dopo l’assedio avvenuto nel 1557, la
maggior parte delle strutture sopravvissute tranne i bastioni più avanzati
ad oriente, ritoccati nell’Ottocento, e le costruzioni murarie dei recenti
restauri.Fanno parte della ricostruzione del XVI secolo le strutture della
prigione “Calabotto del Coccodrillo”, all’altezza della prima rampa, e la
cinta delle mura difensive, compreso il terrapieno di rinforzo sul versante
sud che porta la data del 1564. Civitella, citata per la prima volta in una
fonte documentaria nel 1001, si collocava strategicamente sulla linea del
confine tra la conca aprutina e quella ascolana e quindi molto presto prese
un ruolo propriamente strategico-militare. Nessuna fonte testimonia quale
fosse l’assetto originario della rocca; ma è documentata l’importanza
rilevante del presidio nel XII e più in particolare nel XIII secolo.
La piazza d’armi
Furono proprio gli Angioini a iniziare un arrangiamento delle strutture
sveve alle strategie militari più moderne, rendendo la rocca più potente con
delle torri di fiancheggiamento. In un secondo momento, con l’arrivo delle
artiglierie, la fortezza venne modificate strutturalmente; Alfonso I
d’Aragona, infatti, verso la metà del 1400, ordinò che venisse rafforzata e
ampliata con mura possenti equipaggiate di bastioni per farne il perno del
sistema di difesa dei confini minacciati. Intorno alla metà del XV secolo
Civitella appariva come una munita piazzaforte migliorata con le sue cinque
torri che vennero successivamente distrutte, in parte, nel 1495 dai
cittadini stessi che si opposero al giogo dei castellani.
Il Museo della Fortezza
La piazzaforte, maggiormente rafforzata, rispose al lungo assedio francese
del 1557 una strenua resistenza; superato trionfalmente l’assedio del duca
di Guisa si ordinarono altre opere di rafforzamento ed ampliamento della
fortezza che si prolungarono fino al 1574. La nuova configurazione
strategica permise a Civitella di adempiere, per tutto il periodo del
viceregno degli spagnoli alla funzione sia di presidio basilare nella
protezione di tutta la fascia costiera che arriva fino a Pescara che a
quella di base logistica per la preparazione delle campagne militari dirette
a nord, in comunicazione con la roccaforte aquilana. La temporanea
occupazione degli austriaci non portò trasformazioni considerevoli alla
fortezza che fu oggetto di rilevanti interventi di adattamento tattico
durante il regno dei Borboni; questi lavori permetteranno a Civitella di
resistere agli ultimi due importanti assedi: il primo avvenuto nel 1806
durante la campagna d’Italia di Napoleone Bonaparte; il secondo negli anni
1860-61 portato avanti dall’esercito sardo-piemontese. In seguito a molti
anni di restauro, con ricostruzioni radicali, la fortezza venne riaperta al
pubblico e nel 1988 venne inaugurato il Museo Storico della Fortezza,
collocato sul punto più alto del sito».
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