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Matera, castello Tramontano
a cura di Vito Bianchi
Immagini del castello; in evidenza il torrione circolare.
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Conservazione:
discreta.
Visitabilità: agevole.
«Città bella, estesa e molto popolata», riferisce di Matera il geografo musulmano Edrisi nel Libro del re Ruggero, alla metà del XII secolo. Gran parte della popolazione viveva nella roccia, sotto terra. Ma se la vita quotidiana strisciava fra gli insediamenti rupestri del Sasso Caveoso e del Sasso Barisano, svettavano invece sub-divo gli edifici del potere ecclesiastico e politico. Dal 1270 la cattedrale domina su un piazzale che si allarga al culmine di via Duomo. E sulla collina del Lapillo, subito dietro via Lucana, in mezzo a via Castello e a via Lanera, sorge ancora il castello «Tramontano». Il maniero prende il nome da Giancarlo Tramontano, già Maestro della Regia Zecca aragonese, nato a Sant’Anastasia ed esponente di quella «borghesia loricata» che fra XV e XVI secolo si stava amalgamando nel Mezzogiorno con la vecchia classe feudo-militare. Su concessione di re Ferdinando II, il 1° ottobre del 1497 l’ex funzionario regio era diventato conte di Matera. E per sostituire le precedenti fortificazioni demaniali aveva concepito un nuovo castello, che ottemperasse alle funzioni residenziali e politiche: bisognava infatti marcare visivamente il cambio di regime, per una città che, da essere demanio, si era ritrovata contea. Le suggestioni promananti dalla splendente corte di Napoli indussero il committente a programmare le cose in grande stile: la sontuosa reggia del Maschio Angioino, rifatta fra il 1443 e il 1458 per ordine di Alfonso d’Aragona e sotto la direzione di Guillén Sagrera, aveva innestato l’elegante gotico della Catalogna sulle originarie fattezze di impronta angioina, che erano state delineate nel 1279 da Pierre d’Angicourt e Pierre de Chaule. E fu dunque con l’occhio rivolto alla capitale che venne progettato il castello di Matera, «ad modo del Castelnuovo di Napoli, anzi più superbo», come racconta il Verricelli nella sua Cronaca. Rincorrendo i fasti regali e la grandeur partenopea si rialzò una buona porzione del fortilizio lucano, sfruttando uomini e donne con la misera paga di sei soldi al giorno. I lavori costarono circa 25.000 ducati, per lo più gravanti sulle spalle della cittadinanza. Era troppo: l’esasperazione cagionata dagli odiosi tributi portò a ordire una congiura. Il 30 dicembre del 1515, all’uscita dalla chiesa Matrice, Gian Carlo Tramontano venne inseguito, accerchiato e ucciso dai materani, che più non sopportavano le sue angherie. Il castello non fu mai completato, e rimase a metà, quasi a memoria di un’ambizione irrealizzata e della violenta sommossa popolare, ricordata ancor oggi da via del Riscatto.
Il castello di Matera è composto da un paio di torri laterali di forma
circolare, dotate di scarpatura e inframmezzate da un più imponente torrione
cilindrico, che si eleva sui setti murari di collegamento. Benché incompiuto,
l’edificio appartiene a una tipologia caratteristica dell’architettura
castellana tardo-medievale. Alla fine del XV secolo, la preponderanza delle
bombarde e in genere delle armi da fuoco aveva apportato dei sostanziali
mutamenti agli impianti castellari. Per resistere ai proiettili dei cannoni
avversari, come anche per assorbire il rinculo dei pezzi difensivi e favorirne
gli spostamenti, non servivano più le torri mastodontiche e quadrate, o le
mura alte e le merlature spiccate, che anzi offrivano un bersaglio più
agevole alle cannonate. Era piuttosto necessario ridurre lo specchio murario,
ispessire le fabbriche, conferire un’altezza uniforme alle diverse parti
della fortificazione e accentuarne la scarpatura, apprestando dei rinforzi
cilindrici casamattati, più bassi e grossi del solito. L’uso delle «rondelle»
tondeggianti o delle torri profilate «a mandorla» diminuiva in effetti le
superfici rettilinee dei castelli, che quindi potevano schivare meglio le
palle in pietra o in ferro sparate dalle artiglierie nemiche. Sul prototipo
della Rocca Pia di Tivoli, databile al 1461, nasceva un’architettura di
transito verso il successivo fronte bastionato. Proprio ai modelli costruttivi
che nella seconda metà del Quattrocento avevano avuto in Francesco di Giorgio
Martini uno dei massimi architetti si ispirava il castello «Tramontano»,
ideato nel miraggio di Castelnuovo. Ma i sogni del conte Gian Carlo vennero
spezzati e spazzati via dalla rivolta dei materani. I quali, evidentemente,
hanno sempre mal tollerato i soprusi, se è vero che, nel 1860, Matera fu la
prima città della Penisola a insorgere contro i Borboni, proclamando l’Unità
d’Italia.
F. Di Pede (a cura di), Il castello di Matera, s.d.
©2000 Vito Bianchi. I video (inseriti nel 2013) non sono stati realizzati dall'autore della scheda.