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MESSINA, CASTELLO MATAGRIFONE
a cura di Giuseppe Tropea
scheda cenni storici descrizione topografica e architettonica bibliografia video
Messina, il castello Matagrifone.
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Dietro l’altisonante nome di “Castello Matagrifone” si nasconde l’origine di una fortificazione attestata presso Messina già intorno al 1061 d.C., anno, che decreta l’inizio della conquista della Sicilia da parte dei Normanni. Amato di Montecassino racconta, infatti, di Roberto il Guiscardo che munisce Messina di una “grant forteresce”. Venti anni dopo, nel 1081 d.C., Malaterra ricorda le azioni di Ruggero I protese a rafforzare le difese dell’abitato tramite la costruzione di un vero e proprio castellum. Le Gesta Regis Henrici narrano del famoso sbarco a Messina, durante la terza crociata (1190 d.C.), di Riccardo Cuori di Leone, il quale, secondo tradizione, impartisce ordini al fine di edificare presso il paese il castello di “Mategrifon”. Il toponimo, composto da due termini, significa “ammazza-griffoni”, nomignolo quest’ultimo affibbiato dagli europei a greci e levantini. Quanto sia illegale l’edificazione di questa struttura fortificata lo dimostrano gli avvenimenti dell’anno successivo: Tancredi, infatti, si accorda con Riccardo, il quale, poco prima di lasciare Messina, ordina di radere al suolo il castello.
Sebbene sia da ritenere improbabile che una città e un porto così importante per l’isola rimanga del tutto sprovvista di fortificazioni, sappiamo della probabile riedificazione del “Matagrifone” solo per volontà di Federico II nel 1240 (nei documenti si parla di un castrum novum). Questa nuova fortezza passa in mano angioina e risulta demaniale nel 1272; all’indomani del Vespro il complesso fortificato è l’ultimo baluardo all’interno del quale si asserragliano i seguaci di Carlo I d’Angiò incalzati dalla popolazione di Messina tutta in rivolta contro l’oppressore francese. L’esito è scontato, nel 1283 il castrum novum viene incendiato dalla gente vittoriosa. L’edificio, sebbene danneggiato, sopravvive, poiché intorno agli ultimi anni del XIII secolo diventa dimora della regina Costanza.
Nel 1460 tutte le fortificazioni di Messina decadono, compreso Matagrifone. Alla fine del XV secolo iniziano i primi interventi rivolti all’ampliamento della fortezza secondo volontà di Ferdinando il Cattolico, del quale rimane una iscrizione presso l’attuale torre superstite. Risulta decisivo il XVI secolo, durante il quale si registrano per la fortezza i mutamenti e gli ampliamenti più evidenti. Nel 1516 un’esplosione danneggia parte delle strutture dell’edificio; nel 1540 il Ferramolino rinforza le linee difensive del castello. Evidentemente a quest’epoca risale l’edificazione della cortina muraria esterna, oggi riconoscibile solo in parte, che all’epoca dovette rendere la piazzaforte in maniera del tutto consimile alle attuali fortificazioni di Milazzo. Non è dato sapere della qualità di questi ampliamenti, sebbene una relazione del 1574 denunzi l’inabilità del castello come presidio militare.
Nei secoli
successivi il castrum novum con i bastioni cinquecenteschi è
protagonista o vittima delle continue rivolte della città: nel 1674 Messina
si ribella agli spagnoli; nel 1718 e 1734 il forte subisce cannoneggiamenti a
causa delle ribellioni. Nel 1759, forse per la decadenza delle strutture, il
castello è convertito parzialmente in convento degli Agostiniani scalzi; nel
1838 delle strutture fortificate si fa il solito carcere; nel 1848 i messinesi,
in rivolta contro i Borboni, assediano e danneggiano quel che rimane del
castello.
Descrizione topografica e architettonica
Il complesso castrale, in posizione assolutamente strategica, sorge su di una collina alta m. 60 s.l.m., dominando sia la città che il porto, compreso lo stretto. D’altronde l’immediato entroterra di Messina è del tutto montuoso, offrendo così poco spazio per lo sviluppo urbano, ma anche tanti rilievi adatti per edificare strutture difensive (come avverrà dopo l’unità d’Italia con i famosi “forti albertini”). E’ possibile solo intuire la reale forma del castrum novum federiciano. Secondo l’iconografia prodotta dal XV al XIX sec. il nucleo originario del Matagrifone doveva comporsi di un dongione quadrangolare, inglobato in un corpo a corte, i cui angoli sudorientale e nordoccidentale dovevano essere rinforzati da due torri poligonali.
Come è stato già detto, alla fine del XV secolo si aggiunse una cortina muraria più bassa rinforzata da torri circolari e circondante il nucleo castrale su tre lati. Nel XVI secolo, per opera del Ferramolino, si edificò un doppio ordine di bastioni, che rinforzò e probabilmente isolò definitivamente il colle. Ai giorni nostri rimane ben poco degli antichi sistemi di difesa: fra le porzioni di fortificazione più antiche (federiciane ?) vi sono un tratto del lato est del complesso e una sola torre poligonale, edificata in blocchi calcarei squadrati, caratterizzata da numerose saettiere e recante un’iscrizione monca, relativa a Ferdinando il Cattolico e datata al 1496.
L’edificio
turrito è oggi utilizzato come basamento per il traliccio campanario della
chiesa del Cristo Re, la quale poggia letteralmente sui resti del nucleo più
antico del castello. Delle bastionature cinquecentesche rimangono numerosi
ruderi, per la maggior parte nascosti, obliterati o, addirittura, trasformati
in edifici residenziali. È curioso notare come la disposizione delle
abitazioni civili sia il risultato di un adattamento progressivo alla
topografia disegnata dal colle e dalla cinta muraria del XVI sec. nel momento
in cui quest’ultima ha perso le sue funzioni strettamente difensive. Ciò
sarebbe avvenuto soprattutto in seguito alla ricostruzione dopo il terremoto
del 1908, cataclisma i cui effetti sul Matagrifone saranno stati certamente
devastanti, sebbene poco documentati. Sotto il viale principe Umberto trova
inoltre posto una porta ad arco bugnato, forse l’antico ingresso della
fortezza risultato delle trasformazioni cinquecentesche.
Ampia la bibliografia di riferimento. Agnello G., L’architettura civile e religiosa in Sicilia in età Sveva, 1961, pp. 375-383; Amico V., Dizionario topografico della Sicilia, 1855, I, p. 551, II, p. 82; AA.VV., Messina e dintorni, 1902, p. 340; AA. VV., Messina, impronte del passato, 1979, pp. 24-25; Buonfiglio Costanzo, Messina città nobilissima, 1606; Di Giovanni G., Su i castelli di Sicilia custodita per la Regia Curia nel 1272, in «Archivio Storico Siciliano», V, 1881, pp. 428-432; Dufour I., Atlante storico della Sicilia. Le città costiere nella cartografia manoscritta 1500-1823, Palermo-Siracusa-Venezia 1992, pp. 184-185, 191; Fazello T., De Rebus Siculis decadae duae, 1558, III, pp. 209, 228; Formenti G., Descrizione dell’isola di Sicilia e delle sue coste, 1991, pp. 34, 58; Ganci Battaglia G. - Vaccaro G., Aquile sulle rocce (castelli di Sicilia), 1968, p. 189; Giuffrè M., Castelli e luoghi forti di Sicilia XII-XVII secolo, 1980, pp. 26-27, 49-55; Ioli Gigante A., Messina 1980; La Farina G., Messina e i suoi monumenti, 1840, p. 124; Maurici F., Castelli medievali di Sicilia. Dai bizantini ai normanni, 1992, pp. 91-92, 318; Maurici F., Federico II e la Sicilia. I castelli dell’imperatore, 1997, pp. 160-165; Mazzarella Zanca S., Il libro delle torri. Le torri costiere di Sicilia nei secoli XVI-XX, 1985, p. 316; Negro F. - Ventimiglia C. M., Atlante di città e fortezze del regno di Sicilia 1640, 1992, ff. 47-51; Puzzolo Sigillo D., Da chi quando e perché fu costruita la fortezza Mata Grifone?, in «Archivio Storico Messinese», XXV, 1927, pp. 177-234; Santoro R., La Sicilia dei castelli, la difesa dell’Isola dal VI al XVIII secolo, storia e architettura, 1985, pp. 56-57, 117; Sisci, Chillemi, Lo Curzio, Messina. Fortificazioni e arsenali, strutture storiche e realtà urbana, 1990, pp. 58-59, 66-67, 102-106.