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NOVARA DI SICILIA, ROCCA SALVATESTA, ROCCA LEONE
a cura di Giuseppe Tropea
scheda cenni storici architettura e topografia bibliografia video
Novara di Sicilia, panoramica delle due immense rocche che sovrastano l'abitato: a sinistra la rocca Salvatesta, a destra la rocca Leone, somigliante, curiosamente, ad un leone addormentato.
Unità di paesaggio: Peloritani centro occidentali, alta collina, centro abitato.
La Rocca Salvatesta o Novara è una rupe la cui altezza massima supera i 1330 e alla cui base si stende un piccolo pianoro (1249 s.l.m.) esposto ai venti meridionali e protetto a nord. L'abitato di Novara di Sicilia trova posto a circa 2 km. a settentrione.
Nessun dato storico certo. Tradizioni locali affermano che un tempo sul pianoro vivesse l'antica comunità di Novara di Sicilia. Al sopraggiungere della minaccia musulmana, gli abitanti furono costretti ad abbandonare il sito, che successivamente fu rifondato più a valle, dove ora sorge l'attuale Novara. Si tratta di una tradizione, di un mito comune a molti abitati dei Nebrodi e dei Peloritani. Certamente la caduta di Taormina prima (902 d.C.) e di Rometta dopo (964 d.C.), spinse il resto della popolazione siciliana, che viveva arroccata tra le montagne, a dichiarare la resa e a confidare esclusivamente sulla clemenza dei conquistatori. Alla metà del XVIII sec., l'abate Vito Amico, parlando dell'antico monastero di S. Maria la Novara, riteneva che i ruderi del complesso si trovassero ancora alla base della rupe Salvatesti (1). Anche R. Pirri affermava che in origine il monastero fosse stato costruito ai piedi di Rocca Novara e che solo successivamente si rendesse necessario spostare i monaci presso luoghi meno aspri, nei pressi dell'odierno abitato di S. Basilio, circa due km. ad ovest di Novara (2). Si tratta di ipotesi non del tutto accettate da studi relativamente più recenti (3), che vogliono l'origine del monastero cistercense prima nei pressi di contrada S. Anna, dove ancora agli inizi del sec. XX era possibile osservare interessanti ruderi, e solo successivamente una rifondazione nei luoghi dell'odierna frazione di Badia Vecchia (Vallebona), cioè la dove oggi si possono osservare effettivamente i resti dell'antico complesso.
Descrizione architettonica e topografica
La Rocca Salvatesta, definita anche il Cervino di Sicilia, si erge isolata tra i Peloritani. Alla base di essa si stende un pianoro, accessibile solo da oriente. Il piccolo altipiano è, in sostanza, un cumulo di pietrame proveniente per buona parte dai crolli della rocca. Inoltre, la vegetazione, soprattutto nei mesi invernali, limita ulteriormente una chiara visione del sito. Tuttavia è ancora possibile osservare resti murari, presenti all'estremità ovest e al centro del pianoro. La muratura superstite si presenta non di grande spessore (circa 50/80 cm.), composta da pietrame non squadrato tenuto insieme da malta e probabile inzeppatura di laterizi; i resti sono appena affioranti rispetto al piano di calpestio, sebbene la non indifferente presenza di tegole lasci supporre l'esistenza di nuclei abitativi. In effetti da alcune foto aeree sembra si possa evincere la presenza di almeno un paio di edifici a pianta quadrangolare, dei quali rimarrebbe solo quale labile traccia sul terreno.
Note e bibliografia
1 V. Amico, Dizionario topografico della Sicilia, p. 229.
2 R. Pirri, Sicilia sacra disquisitionibus et notitiis illustrata... (rist. anast. 1733), vol. II, p. 1299: «Proximum Oppido Noarae, Messanensis Diocesis, S. Mariae, sub titulo Annunciationis, nobile Monasterium Ordinis Cistercensis in supercilio hodie ingentis lapidae molis (gli aggettivi fanno riferimento alla Rocca Salvatesta), quae ipsi Oppido latissime, ac terris circumquaque dominatur, exurgit; sed olim sub montibus ad duo circiter millia pass. a Noara circa Regionem illam, cui nomen a S. Basilio, ubi etiamnum rudera cernuntur, situm, a S. Ugone Cistercensi Bernardi discipulo fundatum, ac forte omnium primum ejusdem Instituti in sicilia dicitur...».
3 G. Borghese, Novara di Sicilia e le sue opere d’arte (da documenti inediti), in «Archivio Storico Messinese», anno VII (1906), pp. 242 ss.