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Il maso padronale Mair am Hof, facciata istoriata
Fondato nel 1976, il museo degli usi e costumi della provincia di Bolzano si trova a Dietenheim (Teodone) a poca distanza da Bruneck (Brunico). Il maso padronale "Mair am Hof" costituisce il plesso principale del museo e restituisce al visitatore le atmosfere e i ritmi di vita della residenza dei signori del luogo. Anche se alcuni locali sono stati destinati all'esposizione d'oggetti e ambienti di diversa origine, pur tuttavia ciò è stato fatto nel rispetto delle funzioni proprie degli ambienti o almeno del loro spirito. La Villa fu costruita tra il 1690 ed il 1700 per volere del Barone Anton Wenzl zu Sternbach ed esibisce una splendida facciata istoriata. Intorno alla fine del XVIII secolo la masseria diventò proprietà di una famiglia contadina, mentre dal 1924 fino al 1984 è stata sede di una scuola di agraria e di economia domestica. L'accesso alla corte è costituito da un portale impreziosito da un arco a volute, mentre gli ingressi dell'edificio si trovano sugli stessi lati dei pluviali del tetto.
Tra i vani della casa che destano maggiore interesse vi sono due Stuben, la prima, in stile barocco, appartiene all'arredamento originario della casa: era la stanza più calda e accogliente, soprattutto d'inverno; sopra l'armadio a muro si trova il ritratto della famiglia Mutschlechner che è stata proprietaria del Mair am Hof. La seconda è invece originaria dello Tschaggenhof in Val Passiria ed è stata smontata e ricostruita in una stanza del maso che era inizialmente adibita a cucina; molto diversa dalla prima, è una costruzione di tronchi massicci coperta da un tetto a sella. L'altra cucina del maso esibisce un'attrezzatura estremamente varia sia nelle fogge che nei materiali, predomina comunque il legno cui solo più tardi si unirono le suppellettili in rame e in latta zincata mentre l'uso della ceramica era raro.
Il vassoio per le krapfen e le zuppiere per gli knödel sono opera di vasai pusteresi e sono ancora capaci, con le loro dimensioni e decorazioni, di stupire i visitatori oltre che… di stuzzicarne l'appetito! Se il profumo delle ottime specialità culinarie altoatesine aleggia in cucina, quello misto di latte, burro salato e speck impone la sua corposità nelle cantine che sembrano non aver mai cessato la loro attività.
Risalire dalle cantine al pianterreno comporta anche una corrispondente elevazione dello spirito degli ambienti: al piano terra troviamo infatti la cappella padronale che, con la preziosità delle sue decorazioni e dei materiali presenti, è indice della ricchezza della famiglia come della fede religiosa di questi luoghi, testimoniata anche dai numerosissimi (e più popolari) ex-voto di varia foggia e provenienza.
Al piano superiore si manifesta con evidenza la differenza fra la cultura abitativa della nobiltà e dell'alta borghesia e quella della popolazione rurale. La "gute Stube" (salotto buono) in esposizione apparteneva alla nobile famiglia Von An der Lahn zu Hochbrunn, proprietari terrieri di Salorno. Di particolare interesse è la farmacia del cerretano di Luson, Sebastain Ragginer (= 1889). I cerretani si dedicavano alla cura delle malattie del bestiame ricorrendo oltre che a nozioni tratte da antichi scritti e dalle tradizioni, anche a pratiche di origine superstiziosa. Infine al secondo piano si trova una collezione di cetre preziose appartenenti ad un periodo che va dal XVIII al XX secolo. Uscendo dalla masseria, la visita continua sull'altro lato dell'ingresso, nel fienile che ospita al primo e al secondo piano veicoli e attrezzi agricoli di vario tipo, in particolare si nota una grande trebbiatrice, qui portata dalla Valle Aurina, dal maso Grießer. Nel solaio del fienile si trova una collezione di utensili per la lavorazione del legname, fondamentale in un'epoca e in luoghi in cui non solo gli oggetti quotidiani, ma anche le ossature dei tetti erano di legno. La caratteristica più suggestiva del museo è quella di estendersi parzialmente all'aria aperta: su uno spazio di circa tre ettari sono state ricostruite ed esposte alcune case antiche con le relative suppellettili. Sul sentiero che porta a queste costruzioni si trova uno spiazzo occupato da una fontana dedicata a S. Notburga Von Rattenberg, patrona delle serve agricole e dei contadini. Martin Rainer, autore della statua, la ritrae con in mano la falce, in ricordo del miracolo con il quale la santa fece sì che venisse osservato il vespro come termine del lavoro. Superata la statua la prima costruzione che si offre alla vista è un deposito di cereali sostenuti da quattro pali, intagliati a spirale per impedire ai topi di arrampicarsi. La struttura successiva è un granaio che figura fra i più antichi lavori in legno di tutte le Alpi Orientali, sopra la porta si trova un intaglio a forma di croce che riporta la data del 1497. L'edificio più importante è una casa da abitazione, coperta da un tetto piatto a due spioventi, che poggia su uno zoccolo in muratura.
All'interno un corridoio che corre da grondaia a grondaia determina la distribuzione dei vari ambienti: a valle sono esposte la cucina, una cameretta e la Stube, l'unico locale che poteva essere riscaldato senza fumo, a monte dispensa e cantina, mentre le camere dei padroni e dei familiari si trovano al piano superiore. Il divario socio-economico rispetto al maso padronale è evidente, anche se le famiglie che abitavano in simili costruzioni appartenevano al ceto medio. Non lontano dalla casa si trova un maso unico, abitazione tipica dei coloni, esponenti del popolo minuto. La stalla e il fienile, aggiunti in epoca posteriore rispetto al resto della costruzione, permettevano un modesto allevamento. Insieme al legno l'altro elemento fondamentale per la vita dell'insediamento era l'acqua che forniva alla falegnameria, alla bottega del fabbro e ai mulini l'energia necessaria al loro funzionamento. Ancora oggi è possibile vedere in movimento le ruote dei mulini, la cui antica tipologia a blocco era una volta molto diffusa nel territorio alpino. In questo modello di mulino la ruota a cucchiaio è posta al di sotto delle mole, spinte dal moto dell'asse verticale della ruota.
Caratteristico è lo sbocco per il grano macinato, in legno lavorato. Chiude la visita l'alveare dotato di un orto con piante da fiore coltivate appositamente per le api. Sulle Alpi il miele è stato a lungo l'unico dolcificante conosciuto e le tecniche per ottenerlo sono rimaste immutate per molto tempo. A tal proposito è curioso notare come le api siano simbolo di purezza sia nella tradizione latina che in quella germanica, fragile allusione alla cultura mitteleuropea di questi luoghi. Alla fine di questa breve descrizione mi sembra necessario sottolineare che in quasi tutti gli ambienti del museo è consentito l'accesso (compresi i masi e le officine del parco) e ciò aumenta la sensazione della genuinità del valore della visita. Proprio per questo, se vi trovate in Alto Adige, una gita a Dietenheim è doverosa, non solo come occasione per una gita all'aria aperta (cosa peraltro rara in fatto di musei!) ma anche per calarsi completamente in un ambiente che dimostra una volta di più l'importanza di un contatto diretto con la "Alltagsgeschichte", la storia di tutti i giorni.
Il Museo etnografico dell'Alto Adige si trova in via Duca-Diet 24 a Teodone/Brunico, è aperto da metà aprile a fine ottobre, dal martedì al sabato, dalle ore 9:30 alle 17:30; la domenica e giorni estivi resta aperto dalle ore 14:00 alle 18:00, mentre il lunedì è chiuso. è possibile prenotare delle visite guidate per gruppi. Per ulteriori informazioni il Museo ha i seguenti recapiti: tel. 0474/552087; fax 0474/551764; mail museo-etnografico@provincia.bz.it; sito provincia.bz.it/volkskundemuseen. Infine è mio dovere citare la Piccola Guida di Hans Grießmair da cui ho tratto tutte le informazioni e le fotografie in bianco e nero che appartengono all'Archiv Museum.
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©2002 Simone Brusca