a cura di Danilo Tancini
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Le immagini: pag. 1 la storia l'architettura
La Basilica
La
tradizione ci dice che, verso la fine delle persecuzioni, un soldato romano,
Carpoforo (portatore di frutto), con cinque compagni, Esanto, Cassio, Licinio,
Severo e Secondo, fuggiti da Milano, perché cristiani, subirono il martirio
nella località detta Selvetta, sulle pendici orientali del colle Baradello,
presso un tempio dedicato al dio Mercurio, di cui sono state rinvenute
iscrizioni mutile
Le
persecuzioni cessarono nel 313 con l’editto di Costantino. Nel 386
sant’Ambrogio consacrò primo vescovo di Como san Felice che trasformò in
chiesa cristiana l’antico tempio pagano ormai in rovina e vi collocò le
spoglie di San Carpoforo e dei suoi compagni. Intorno a questa prima chiesa di
Como sorse la prima comunità cristiana comasca. In questa chiesa fu poi sepolto
anche san Felice, nel sarcofago che si trova dietro l’altare dell’attuale
cripta. Verso
il 724, Liutprando, re dei Longobardi, restaurò ed ingrandì la chiesetta. Col
passare dei secoli, la chiesa di San Carpoforo divenne una grande basilica,
prima cattedrale di Como, costruita con materiale preesistente e consacrata il
25 maggio 1040. Nella
stessa epoca sorse anche il campanile e fu fondato il monastero occupato dai
Benedettini prima e poi dagli Eremitani di San Gerolamo. Il
24 maggio 1159, l’imperatore Federico Barbarossa scrisse un documento in
favore del monastero, prendendolo sotto la sua protezione e dotandolo di altri
beni. Nel
1772 il monastero fu soppresso e la basilica divenne parrocchia del borgo di
Camerata. Nel
1932 la sede della parrocchia fu trasferita nella nuova chiesa di Santa Brigida,
poco lontana, dove furono traslate le spoglie dei santi Carpoforo e Felice,
mentre nella basilica non rimangono che alcune loro reliquie. La
basilica, di stile romanico, è a tre navate sorrette da pilastri a sezione
rettangolare sui quali poggiano le arcate. Lo
spazio delle navate è concluso da un presbiterio sopraelevato, al quale si
accede mediante due scale di pietra; da una cripta sottostante e da due absidi
minori, su una delle quali si innesta il campanile di pietre naturali disposte
regolarmente, con trifore e monofore, archetti, lesene e colonnine.
La
facciata è situata contro il colle Baradello e risulta per più di metà
interrata da possibili frane. Né
dall’esterno, né dall’interno si scorgono tracce di portale. Ciò indica
che l’entrata era laterale. L’ultima parte della basilica, di diversa
struttura, è stata poi separata dalla rimanente da un muro e si trova
all’esterno. Nel
1906 si rifece l’intonaco e la muratura grezza venne allo scoperto: vi si
alternano pietre irregolari, grossi conci ben squadrati, materiale frammentario
di recupero con pezzi di marmo finemente lavorato, di fattura romana e
medievale, alcuni dei quali si vedono sulle pareti interne. Gli
ultimi, incauti restauri, che risalgono al 1955, hanno ricoperto pareti e
colonne con un intonaco che presenta qua e là chiazze più scure. Il
presbiterio della basilica, elevato rispetto al piano della chiesa, è separato
da un arco e ricoperto da una volta. Arco e volta sono formati da conci
bicolori: bianco e grigio più o meno scuro. Il
primitivo altare maggiore, semplice e tutto in pietra, fu ricoperto nel XVI
secolo da marmi policromi di stile barocco. I lavori in legno del coro, stalli e
leggio sono del XVI secolo. Gli
affreschi delle due cappelle laterali, di stile rinascimentale, risalgono ai
primi del 1500. L’affresco che rappresenta il Battesimo del Signore, in fondo
alla chiesa, dove era il battistero, è del 1700. Vicino
c’è un cippo romano con scritta romana e decorazioni medievali.
Sotto
il presbiterio una scala di pietra porta alla cripta che è divisa in tre navate
da sei colonne granitiche i cui capitelli sostengono la volta a crociera. è
costruita con materiale romano preesistente. La
muratura, all’interno, per un incauto restauro post-bellico, presenta una rete
di strisce cementizie tra le pietre. In fondo alla cripta vi sono due lapidi del
1700. Sul
muro di sinistra della scala che scende nella cripta, si trova un’iscrizione
sepolcrale in greco che dice, tra l’altro: «Qui giace in pace, partecipe di
buona sorte, Banneias del villaggio di Achemene (Siria)». è
sormontata dal monogramma di Cristo e dalla prima ed ultima lettera
dell’alfabeto greco. è
del 401. Anche
l’esterno dell’abside è stato costruito con materiale di recupero,
probabilmente, in parte, di un cimitero romano.
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©2002 Danilo Tancini