a cura di Giuseppina Deligia
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Le immagini: pag. 1 la scheda testi da consultare
San Palmerio, la facciata e il frontone.
Particolari: a sinistra la lunetta, a destra gli archetti.
La chiesa di S. Palmerio sorge ai margini dell’abitato di Ghilarza ed
è menzionata la prima volta nel Condaghe
di S. Maria di Bonarcado come luogo in cui si teneva corona (=udienza) per dirimere controversie (=kertu) locali. L’edificio risulta dall’innesto di corpi seicenteschi (transetto e
presbiterio quadrangolare voltato a botte) all’aula romanica
mononavata, con tetto ligneo e campanile a vela (successivo) nella
facciata a nordovest (m. 6,96). Il paramento murario, in conci di media pezzatura, è bicromo per
l’alternanza di filari in trachite rosa e bruna. La facciata è delimitata da ampie paraste angolari da cui nascono le
tre arcate a doppia ghiera (le centrali in realtà sostenute dai
capitelli sgusciati delle lesene) che la movimentano. Nello specchio centrale, più largo, si aprono una luce cruciforme e,
rialzato di due gradini, il portale architravato, con stretti
capitelli, sempre a sguscio, e arco di scarico rialzato di un concio. Ai lati sono stati addossati in epoche successive degli edifici (che
ora, fra l’altro, versano i cattive condizioni) che rendono ostica
la visione nascondendo il paramento murario. Si riesce a vedere, seppur con grande difficoltà (perché facente parte
di una proprietà privata), solo parte del lato meridionale, così da
avere un’idea generale di quale doveva essere il loro partito
decorativo: dallo zoccolo a scarpa si sviluppa un liscio paramento
concluso da cornice a listello e sguscio sotto cui corre un teoria di
archetti a doppia ghiera sottile sostenuti da robusti peducci,
anch’essi sgusciati con listello, in esso s’apre anche una
monofora a doppio strombo. Alcuni archetti hanno la ghiera esterna archiacuta; in una delle lunette
si può vedere (anche se non è cosa facile) una mezza figura
antropomorfa nell’atteggiamento dell’orante. Nel frontone absidale gli archetti sono paralleli agli spioventi e
simili a quelli dei fianchi. Per il Delogu
(1953, p. 163) questa chiesa è opera delle stesse
maestranze attive, più a nord, nella fabbrica del S. Antonio di
Salvenero (giudicato di Torres) come «…
risulta di palmare evidenza solo che si confrontino i tagli dei due
prospetti, bassi e larghi, la lavorazione degli apparecchi a filari
bianco-neri molto alti (…). Se a queste relazioni s’aggiungono
l’eguale cubatura degli interni, le medesime, grevi, proporzioni
delle absidi e l’eguale tipo di copertura, si suggellerà
l’immediatezza dei riscontri e quindi la medesima paternità dei due
edifici» (ibidem). Egli, inoltre, giustifica il motivo ornamentale della tripartizione
della facciata in un unico ordine con l’apertura mentale che questa
maestranza dovette avere nei confronti dell’architettura locale. Contraria a quest’attribuzione è Renata
Serra (1984, p. 370) che analizza la diversa
disposizione degli archetti nei due frontoni, le differenti
proporzioni (basse e larghe nel S. Antonio e più slanciate
verticalmente qui a Ghilarza) e propone un’attribuzione alla stessa
maestranza operante nel S. Paolo di Milis, riferendo «… esclusivamente al clima arborense la peculiare opera bicroma, a
Milis e a Ghilarza così meticolosa nell’alternanza dei filari
trachitici, da rivelare un determinante influsso pistoiese, dovuto
alla maestranza cui veniva affidata, entro il 1228, la
ristrutturazione della cattedrale di S. Maria ad Oristano.». La chiesa di S. Palmerio attualmente non rappresenta un monumento di
alto valore artistico, ma dato che si trova a poca distanza dal S.
Pietro di Zuri, si può benissimo fare una sosta per visitarla.
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©2006 Giuseppina Deligia, testo e immagini. Vietata la riproduzione non autorizzata.