a cura di Giuseppina Deligia
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Le immagini: pag. 1 la scheda testi da consultare
Santa Sabina; sopra: la facciata; sotto, la zona absidale.
La chiesa di S. Sabina si trova fuori dall’abitato di Silanus, nella
strada per Macomer, nei pressi dell’omonimo nuraghe. L’edificio ha un impianto molto particolare, infatti è costituito da
una rotonda centrale su cui s’innestano due vani rettangolari. Il vano centrale è coperto da una cupola di profilo ovoidale compresa
in una struttura in opera quadrata sormontata da tetto conico. Si accede alla parte centrale attraverso un protiro timpanato con arco a
tutto sesto a centina incassata e un portale (rialzato di tre gradini)
con architrave monolitico in basalto. Ai lati di questo protiro vediamo due massicci conci di basalto scavati
in superficie, che probabilmente fungevano da acquasantiere. L’ambiente sinistro ha un accesso indipendente con stipiti monolitici
in scura trachite su cui poggia direttamente l’arco di scarico a
tutto sesto in bianco calcare; invece il vano destro, visibilmente di
rifacimento, comunica solo dall’interno con quello centrale. La caratteristica che immediatamente balza all’occhio (escludendo il
vano destro) è la bicromia fra struttura inferiore, in nera trachite,
e struttura superiore, in calcare bianco. Tale differenza nel paramento, secondo Renata
Serra (p. 411), sembra indicare l’arcaicità dell’impianto
centrale e dunque due distinte fasi costruttive (della datazione della
fabbrica tratteremo a breve). La chiesa è triabsidata con l’abside centrale più grande rispetto
alle due laterali (quella destra sempre di rifacimento), e tutte sono
coperte da semicatino. Un’altra monofora, simile a quella absidale, si apre nel fianco del
vano sinistro. Una volta all’interno si resta colpiti dalla scarsa lunghezza
dell’edificio, accentuata nel vano centrale dallo slancio verso
l’alto conferitogli dalla cupola ovoidale. La recente pavimentazione in mattoni di cemento stona non poco col resto
dell’edificio. Nel 1987 il Comune di Silanus finanziò i lavori di consolidamento e di
rifacimento della chiesa. La rimozione del pavimento ha portato alla luce i resti murari di
capanne nuragiche con successive sovrapposizioni di età romana,
testimoniate da pochi frammenti ceramici e resti ossei di animali. La riutilizzazione di materiale lapideo nella chiesa di S. sabina trova
una puntuale giustificazione nella presenza nelle immediate vicinanze
di numerose Tombe dei Giganti
e altri monumenti di età nuragica. A questo punto si può ipotizzare che la preesistenza dell’abitato
nuragico su cui poggiano le strutture di base della chiesa e il
sistematico reimpiego del materiale lapideo presente in
situ abbiano condizionato in qualche modo l’irregolare impianto
planimetrico della fabbrica. Della particolarità di quest’impianto s’era già accorto il Delogu (pp. 74-75) secondo il quale restavano ancora aperti i problemi
relativi all’interpretazione della planimetria «…che
sembra riecheggiare quelle paleocristiane del Consignatorium e del
Vestiarium, affiancati alle rotonde battisteriali», proponendo
una datazione della S. Sabina entro la seconda metà dell’XI secolo. Secondo il Coroneo (p. 51), invece, l’edificio romanico che noi oggi ammiriamo
potrebbe essere il frutto della riqualificazione di un luogo
consolidato nella pratica devozionale, un santuario di antica origine,
stanti le presenze nuragiche, fra cui un pozzo sacro, nel territorio
della chiesa. Consiglio vivamente di visitare questa chiesa, anche se solo
dall’esterno (le chiavi sono reperibili presso il parroco di Silanus)
perché veramente caratteristica e posta in un territorio ricco di
storia di cui ancora oggi si possono ammirare le testimonianze.
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©2005 Giuseppina Deligia, testo e immagini. Vietata la riproduzione non autorizzata.