a cura di Giuseppina Deligia
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Santa Maria di Sibiola: la facciata. In basso, a sinistra: fianco nord; a destra, fianco sud.
La chiesa di S. Maria si trova nell’agro di Serdiana, nel sito
denominato della villa Sibiola,
menzionata per la prima volta nel 1215 e fra i possessi vittorini nel
1338. la più antica attestazione di questo titolo risale, invece, al
1341. L’edificio può essere ascritto, dopo analisi stilistica, al
primo quarto del XII secolo (Delogu
1953, p. 60). L’impianto è binavato e presenta due absidi perfettamente orientate.
La navata nord è più stretta dell’altra; entrambe hanno copertura a
botte scandita da sottarchi e sono divise da quattro arcate su pilastri.
Le volte hanno archi doubleaux (che
definiscono quattro campate) i quali poggiano nei muri perimetrali su
mensole e nel muro di spina su mensole e lesene che continuando fino a
terra trasformano la sezione del pilastro da quadrata in cruciforme,
secondo lo schema dei modelli francesi di Verdun e Sabart e di quelli
presenti in Catalogna ad iniziare da S. Pietro di Casseres. La mensola
di fondo a destra presenta due volatili affrontati ad un kantharos
da cui nasce l’albero della vita; per la prossimità all’abside, è
probabile che riporti il ricordo di plutei bizantini. Le arcate non
raggiungono un’ampiezza tale da conferire ariosità all’interno, ma
sono proporzionate alla spazialità raccolta per cui l’intero edificio
è stato magistralmente concepito. Il paramento interno è in cantoni di arenaria; quello esterno è in
opera quadrata nella facciata, in cantonetti subsquadrati nei fianchi e
nella zona absidale. Il telaio strutturale è dato da larghe paraste d‘angolo ed ampi
archetti monolitici tagliati a filo poggianti su peducci variamente
decorati, modanati o con ornato fitozoo-antropomorfo. La facciata era conclusa da un campanile a vela, di cui ci restano
alcuni conci basali, e aveva spioventi a leggera pendenza. La sua
definizione cromatica si deve alla tessitura dei conci, soprattutto a
quello in cui è intarsiato un circolo con bracci radianti. Tale vivace
cromia in origine doveva essere accentuata dalla presenza dei bacini
ceramici (in tutto tredici e di diversa dimensione). A ogni navata
corrisponde un portale centinato con stipiti intessuti nel muro; sopra
quello meridionale si apre una bifora con capitello a stampella (con
foglia d‘acqua) su colonnina in marmo rosa con venature viola, mentre
su quello settentrionale un’ampia monofora centinata. A sinistra,
sulla porta di destra, un’epigrafe illeggibile. Sui fianchi troviamo, spostata verso occidente, una stretta monofora;
nel fianco nord, inoltre, possiamo ancora ammirare una scala pensile per
l’accesso ai tetti, i cui gradini sono mensoloni litici infissi nel
muro. A sud, invece, una porta a piattabanda in mattoni testimonia i
notevoli rimaneggiamenti. Le due absidi sono lisce, limitate dalle paraste angolari e decorate dalla teoria di archetti. In quella meridionale si apre anche una piccola monofora. Su entrambe, nel frontone, si apre un oculo.
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©2007 Giuseppina Deligia, testo e immagini. Vietata la riproduzione non autorizzata.