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a cura di Felice Moretti


di Felice Moretti


L'età classica ha visto nel lupo il nemico primo degli animali domestici, solo eccezionalmente pericoloso per l'uomo. Plinio lo ha posto tra gli àuguri, come portatore di presagi non necessariamente avversi, tanto che «quando ei viene da man ritta, e attraversa la via, e se egli ha la bocca piena, nessuno altro augurio è migliore». Petronio, nel suo racconto sulla licantropia, non ha avuto altra esigenza se non quella di far vivere un momento di terrore a Niceros senza pretendere di essere creduto dagli ascoltatori e senza alcun intento morale. Il Medioevo, invece, ha inserito il lupo nella lista dei demoni. La bestia diventa una realtà spaventosa non solo per animali e greggi, ma per lo stesso uomo di cui è anche il divoratore. E se nei Bestiari medievali gli animali reali o fantastici non assumono connotazioni solo positive o solo negative, tanto da leggerli simbolicamente nel "Bestiario di Cristo" e nel "Bestiario di Satana", il lupo, invece, è una realtà totalmente in negativo, il simbolo della paura panica.

Le ragioni di questo diverso rapporto delineatosi in età medievale fra l'uomo e il lupo, fra l'uomo e le altre specie animali, sono insite nelle variazioni e trasformazioni dell'ecosistema nel passaggio fra tarda antichità e alto medioevo: trasformazioni che hanno profondamente inciso anche nei rapporti fra uomo e ambiente. Gherardo Ortalli ha individuato gli elementi di novità rispetto all'età antica consistenti nella perdita di controllo dell'ambiente da parte dell'uomo,e della conseguente diminuzione della capacità di dominio sugli animali. Perciò, in una natura, quale quella altomedievale, che vede una crescita del ruolo della caccia e dell'allevamento rispetto alla agricoltura,diventa inevitabile lo scontro fra due divoratori di carne: l'uomo e il lupo. Quest’ultimo assume connotazioni demoniache,di bestia mandata da Dio per castigare gli uomini e sgozzare la pecorella smarrita, priva del buon pastore. Nella stessa trattatistica ecclesiastica, i potenti e i prevaricatori sono equiparati ai lupi.

Nel mondo medievale, soprattutto in quello del primo Medioevo, «in questo universo della fame», i termini del rapporto uomo/animale assumono valenze biologiche strettamente collegate alla sopravvivenza, in un certo modo e in una certa misura garantita dalla carne, dal momento che le colture non erano sufficienti per qualità e quantità a soddisfare i bisogni di un'Europa affamata. I1 lupo, pertanto, noto divoratore di carne, costituiva un concorrente temibile per l'uomo e una minaccia costante contro cui il potere civile e quello ecclesiastico affilarono le armi. La società tripartita strinse, solidale, le fila dei suoi ordines contro il nemico comune, ignorando nemici ben più temibili cha decimavano la popolazione europea, cioè la peste e i suoi naturali portatori, vale a dire il ratto nero o grigio o il Mus musculus, il portatore specifico della Pasteurella pestis ovvero della peste bubbonica, come quella descritta da Procopio, che flagellò l'Europa fra il 541 e i1 542 o quel flagello descritto da Rodolfo il G1abro mezzo millennio dopo. Ma quelli erano flagelli naturali, nemici invisibili contro cui non erano possibili forme di lotta, di difesa e resistenza, impiegate invece contro il grande “consumatore", il lupo.

Sballottato fra i mostri senza definiti o definibili caratteri o confuso fra bestie notturne dei “prodigi notturni” a rivivere il mito del licantropo, il lupo veniva cacciato da ogni parte e vagava alla ricerca di animali e uomini da divorare, immaginato ibrido e mostruoso, trasgressione materializzata della legge divina e naturale che aveva stretto un patto scellerato col diavolo. Considerato come un attendibile barometro della salute dei popoli: «quando questa ha una flessione, il lupo accorre, si moltiplica, divora», nel Medioevo esso era il naturale commensale dell’uomo debilitato dalla fame e dalle malattie e, perciò, pasto caldo pronto per 1a mandibola della bestia, fornita di canini aguzzi e molari massicci, capace di esercitare una pressione di quindici chili per centimetro quadrato.

La sua condanna a morte fu perciò senza appello. I1 lupo, «è il peggiore degli animali perché, secondo una massima passata in proverbio, se vi sono animali buoni da vivi e da morti (il bue), o buoni da vivi e cattivi da morti (il cane), o cattivi da vivi e buoni da morti (il porco), esso solo, il lupo, è cattivo da vivo  da morto». Braccato da ogni parte, non ha proprio scampo. Per l'Occidente cristiano medievale  esso rappresenta il diavolo o gli eretici, il peccato, la morte, l'inferno. Né valsero i tentativi letterari a renderlo più accettabile. L'Ysengrin del Roman de Renard è stato caricato dei difetti più infamanti: viltà, codardia, stupidità; allorquando beneficiato di caratteri antropomorfi, diventa vescovo, eremita, abate, pellegrino, catechista, penitente, cantore.

Cattedrale di Bitonto, rosone della facciata meridionale: il lupo

Anche l'arte delle cattedrali si era occupata del lupo. Nel rosone della facciata meridionale della cattedrale di Bitonto esso è raffigurato nei tratti caratteristici dell'agilità e dell'avidità: corpo teso, zampe agili, pronte a ghermire, occhio vivo e attento, fauci aperte, orecchie ritte, simbolo della morte dell'anima e di ogni realtà malvagia che trova i suoi prodromi nel testo biblico che 1o condannava a muoversi in un cerchio da cui non era possibile uscire con caratteri diversi da quelli con cui 1a mentalità e la tradizione si erano alimentati, rafforzandoli.

L'iconografia aveva raggiunto una considerazione generale che andava oltre i confini artistici regionali e le tecniche. Essa era diventata un mezzo universale di intendimento, che regolava e garantiva la comunicazione tra artisti, committenti ed osservatori.

E sta qui la grandezza dello scultore romanico che stabilisce nuovi valori, per i quali non vi era nessun modello diretto. I1 suo è un processo creativo sui generis, del quale possiamo prendere atto senza comprenderne lontanamente le cause. Perché i Bestiari di pietra delle cattedrali? Una domanda a cui difficilmente si potrà dare risposta, così com'è difficile rispondere al problema di coloro che hanno determinato il fenomeno.

La decisione di decorare facciate e capitelli con soggetti animali proveniva dall'artista o dal committente? E fino a che punto la Chiesa ne fu coinvolta? Sono stati gli artisti a dare l'impulso iniziale?

La tematica dei Bestiari di pietra e perciò non biblica e non religiosa può essere compresa probabilmente solo come invenzione senza precedenti da parte degli artisti, invenzione non solo tollerata ma anche approvata dalla gerarchia ecclesiastica, e successivamente gradita dal popolo dei fedeli e da  tutto il clero. è questo un problema nuovo, non comprensibile attraverso le fonti e finora trascurato dalla ricerca.

Possiamo concludere comunque che la scultura animale delle cattedrali romaniche non doveva essere intesa, come pensava E. Male, solo dal punto di vista decorativo, ma anche e soprattutto del contenuto e del messaggio: il combattimento fra bene e male, anche attraverso la sola immagine del soggetto animale significante il male, come appunto il lupo, che rimanda per contrasto a ciò che gli si oppone, il bene.

Così, l'originalità creativa degli artisti si articolò nel contesto ecclesiastico senza essere regolamentata da disposizioni conciliari o da qualche altro testo.

    

Da leggere:

G. Ortalli, Realtà e immagine del lupo nel Medioevo: la nascita di un mito, in Natura e montagna, sez. 4, XII/4 (1972), pp. 11-20.

G. Ortalli, Natura, storia e mitologia del lupo nel Medioevo, in La cultura, XI (1973), pp. 257-311.

F. Moretti, Specchio del mondo. I ‘Bestiari fantastici’ delle cattedrali. La cattedrale di Bitonto, pref. di F. Cardini, ed. Schena, Fasano 1995 (dal volume è tratta la seconda immagine di questa pagina).

G. Ortalli, Lupi genti culture. Uomo e ambiente nel Medioevo, Einaudi, Torino 1997.

B. Brenk, Originalità e innovazione nell’arte medievale, in AA.VV., Arti e storia nel Medioevo. Tempi Spazi Istituzioni (a cura di E. Castelnuovo e G. Sergi), Einaudi, Torino 2002, I, pp. 53-69.

    

   

©2002 Felice Moretti

    

    


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