a cura di Felice Moretti |
Cattedrale di Bitonto, portale centrale.
Il
monopolio conquistato dalla Chiesa in campo intellettuale costituì nell'età
medievale il veicolo più importante per la diffusione del cristianesimo. Tutti
gli strati sociali furono interessati a livelli diversi e con intelligenze
diverse a questo processo di cristianizzazione.
Gli schemi mentali delle categorie di uomini erano senza dubbio diversi, come diversi erano i modi di vivere la religiosità. Per alcuni atteggiamenti mentali si rendeva necessario il sapiente innesto della cultura pagana in quella cristiana, anche con apporti iconografici; per gli altri, invece, il cui pensiero era affinato dalla speculazione, la religione era vissuta con grande impegno intellettivo in accordo con la fede in cui contraria contrariis sanantur.
La predisposizione naturale delle due categorie mentali nei confronti della religione, non deve essere vista in maniera distinta; lo schema mentale del primo tipo «recepisce la stessa "parola" della rivelazione non come complesso di realtà concettuali, ma come verità garantite da un'autorità suprema»; lo schema mentale dell'uomo colto «tende a sistemarsi in un'organizzazione concettuale dei dati offerti dalla "parola" della rivelazione cristiana» (R. Manselli, Il soprannaturale e la religione popolare nel medio Evo, Roma 1985, p. 5). Tra i diversi modi di vivere la religione non v'è tuttavia differenza qualitativa: tutti contribuiscono in ugual misura alla comprensione di una realtà umana e spirituale considerate sì sotto aspetti diversi, ma «non in contraddizione fra di loro, non esclusivi l'uno dell'altro, né di differente valore». In sostanza, la conoscenza era garantita sia dalla speculazione sia dalla sola e semplice visione dell'illetterato per il quale vedere equivaleva a leggere ed udire senza condizionamenti intellettuali.
La cattedrale e la decorazione scultorea costituiscono un sensazionale documento, la cui lettura, oltre a fornire un elemento unificante a livello universale, definisce il concetto di epoca della fede che proviene da diverse forme di vita, di attività e di condizione umana convergenti in un modo unico di intendere la realtà religiosa, filtrata sì da condizionamenti diversi, ma solo apparentemente antitetici. L'intellettuale ha a sua disposizione il libro e la logica, l'illetterato dispone della realtà sensibile, degli elementi iconografici che sono simboli, segni che parlano e indicano la scorciatoia della fede lungo la quale egli cerca di salire fino a Dio. La scorciatoia non è in discesa e il salirla comporta superare il mondo nascosto dei bestemmiatori, dei viziosi e degli eretici che l'ideologia dominante ha fatto raffigurare sui portali, sui cornicioni e sui capitelli delle cattedrali, servendosi del procedimento sintetico ed efficace della simbologia animale e della commistione antropozoologica dove il mostro è allegoria, è metafora.
Certamente, la combinazione di linguaggi figurativi
del periodo romanico riesce spesso difficile da intendere. Ci lasciano
sconcertati, ad esempio, certe iconografie che, sullo stipite del portale nord
della cattedrale bitontina, sembrano essere il risultato della creazione di una
mente ammalata. O forse qui ha modo di farsi sentire tutto il peso di una
tradizione ben radicata della polemica fra gerarchia ecclesiastica, sintetizzata
da un volto umano con mitria in testa, e correnti ereticali che scuotevano le
fondamenta della Cristianità romanica anche in Puglia, sintetizzate invece da un
uccello mostruoso, morfologicamente incerto, fenomeni devianti che mirano ad
attentare all'ordine. Il tutto metamorfosizzato da un processo artistico che si
trasforma in metafora, in mutatio moralis che vede l'uomo, avvilito dal peccato,
degradarsi fino a ridursi a bestia.
©2004 Felice Moretti