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La facciata principale
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Caratteri: edificato come casino ducale di caccia, è stato trasformato in masseria nell'Ottocento.
Come arrivarci: da Bari dirigersi verso Conversano; la masseria è a circa 6 km sulla strada provinciale Conversano-Putignano.
Cenni storici. La struttura, impropriamente ma non casualmente chiamata oggi castello, fu edificata come casino di caccia, tra 1730 e 1740, per volere del conte di Conversano Giulio Antonio Acquaviva d'Aragona. Generalmente attribuito all'architetto Vincenzo Ruffo, della scuola del Vanvitelli - cui si deve la reggia di Caserta (e c'è chi lo vuole impegnato anche in questo complesso) - l'edificio masseriale ha pianta rettangolare, con quattro torrette cilindriche angolari. Il prospetto principale è caratterizzato da un ampio scalone d'accesso a doppia rampa, che conduce ad un elegante loggiato con trifora. Nel corso dell'Ottocento si è affermata la destinazione a masseria produttiva.
Aggiornamento (2013).
Dal sito http://www.castellomarchione.it/index.php: «Si ignora l’origine del nome Marchione, nome che individua sia il castello, sia la contrada. Siffatto edificio era casino di caccia degli Acquaviva d’Aragona, conti di Conversano, la cui filiazione ininterrotta risale a Rinaldo Acquaviva, signore di Atri, vissuto intorno all’anno mille. Gli Acquaviva d’Aragona risiedevano abitualmente nel castello di Conversano ed usavano Marchione quale tenuta di caccia, costituita da bosco di querce e macchia mediterranea ed estesa duemila tomoli, cioè ettari 1.260; di tale bosco sopravvive un esemplare di quercia la cui età è valutabile in circa cinque secoli. La leggenda vuole che un passaggio sotterraneo collegasse Marchione con il castello di Conversano. Con la conquista normanna della Puglia (secolo XI) Conversano acquistò una notevole importanza dal punto di vista strategico ed economico, divenendo contea sotto il dominio di casa Altavilla, dopo la divisione del ducato di Benevento. Successivamente, nell’età angioina, la contea passò ai Brienne, agli Enghien, ai Lussemburgo, ai Sanseverino e ai Barbiano. Agli inizi del secolo XV, nel tormentato quadro politico che portò alla crisi del dominio angioino e al consolidarsi del potere dei grandi feudatari del regno, la contea divenne feudo dei Caldora e degli Orsini Del Balzo. In seguito pervenne agli Acquaviva d’Aragona con il matrimonio (1456) di Giulio Antonio Acquaviva con Caterina, figlia di Giovanni Antonio Orsini Del Balzo, principe di Taranto, e rimase sotto il loro dominio sino al 1806, anno del decreto di abolizione del feudalesimo nel Regno di Napoli. La contea di Conversano era uno dei sette potentati dell’Italia meridionale e comprendeva, oltre a Conversano, i territori di Bitetto, Bitonto, Casamassima, Gioia, Cassano, Noci, Turi, Castellana e Casal Castiglione.
Notevoli
furono le figure di alcuni conti di casa Acquaviva d’Aragona, fra cui il
citato Giulio Antonio, valoroso uomo d’armi al servizio degli Aragonesi, che
partecipò anche ai fatti di Otranto (1480-1481), rimanendo vittima di un
agguato turco. Suo figlio Andrea Matteo, uomo d’armi anch’egli, ma
soprattutto dotto umanista, fu protagonista di importanti vicende politiche:
partecipò alla congiura dei baroni del 1485 contro il re aragonese; si
schierò contro gli spagnoli nel conflitto che oppose Francia e Spagna fra la
fine del Quattrocento e i primi del Cinquecento per il possesso del Regno di
Napoli, provocando così l’assedio di Conversano da parte degli stessi
spagnoli. Un cenno particolare merita Giangirolamo II Acquaviva d’Aragona,
il più potente feudatario della Puglia nel XVII secolo, detto “il Guercio
delle Puglie”, fondatore di Alberobello, noto per la maestria nell’uso delle
armi, per il coraggio e per il suo mecenatismo. A soli diciassette anni, a
capo di 300 cavalieri difese Manfredonia assalita dai turchi. Si schierò a
difesa del governo spagnolo nei moti del 1647 e 1648, che, iniziati con la
rivolta di Masaniello a Napoli, rapidamente propagatisi nelle città e nelle
campagne, assunsero anche un carattere antifeudale. A Giangirolamo II si
devono le dieci tele raffiguranti episodi della Gerusalemme liberata ad
opera del pittore napoletano Paolo Finoglio, che egli chiamò a corte intorno
al 1635. Dopo la morte del Guercio, nel quadro della crisi e del declino
generale della grande feudalità meridionale, la contea di Conversano si
avviò verso una lenta decadenza. Nel secolo XIX, in cui si verificò un
diffuso degrado del patrimonio artistico ed ambientale, anche Marchione
visse il suo peggiore momento: il castello, insieme ai terreni, dato in
affitto ad agricoltori disattenti ai beni e valori artistici, fu adibito a
locale agricolo (lo si rileva da fotografie di inizio Novecento) ed il bosco
fu dissodato. La principessa Giulia Acquaviva d’Aragona, intorno agli anni
1920-30, riprese il possesso di Marchione ed avviò una paziente opera di
restauro. Tale meritoria opera di salvaguardia e valorizzazione è stata
proseguita con amore, competenza ed impegno dal figlio, principe don Fabio
Tomacelli Filomarino (1920-2003), uomo di grande e profonda religiosità,
sempre attento ai bisogni ed alle sofferenze della gente, autentico
testimone di uno straordinario stile di vita, ultimo discendente di casa
Acquaviva d’Aragona.
Il castello, che presenta perfetta simmetria sia lungo l’asse longitudinale
sia lungo quello trasversale, si sviluppa su tre piani: il piano terra,
l’ammezzato e le quattro torri, disposte ai quattro spigoli, tutto di età
medievale, il piano superiore di epoca barocco-neoclassica (tardo Seicento);
quest’ultimo, secondo qualcuno, sarebbe opera della scuola vanvitelliana. Al
piano superiore i soffitti, originariamente in legno e dipinti, furono
sostituiti nel secolo XIX con volte in muratura, eccezion fatta per il
salone centrale, sul cui soffitto ligneo (originale) è raffigurato lo stemma
inquartato della casa Acquaviva d’Aragona; questo mostra lo stemma Acquaviva
(leone rampante) e lo stemma, a sua volta inquartato, d’Aragona (pali,
ecc.); fra gli altri figura lo stemma Filomarino. Nello stesso salone si
osservano sulla parete sinistra (per chi entra) due alberi genealogici
dipinti su tela: il primo è della casa Acquaviva d’Aragona, il secondo della
casa Enriquez (casa reale di Castiglia, di cui un ramo si è estinto nella
casa Filomarino); sulla parete opposta vi è un quadro ad olio raffigurante
Giangirolamo II Acquaviva d’Aragona, detto “il Guercio delle Puglie”. Sulle
stesse pareti, più in basso, vi sono dei “Medaglioni” (dipinti ad olio su
rame) che raffigurano i vari duchi d’Atri di casa Acquaviva. In un’altra
stanza vi è il quadro raffigurante la contessa Isabella Filomarino, moglie
di Giangirolamo II, che resse la contea durante le varie assenze del
consorte, ed alla cui pia volontà si deve la costruzione della chiesa del
Carmine a Conversano (1652)».
La prima immagine è tratta dal sito http://www.cortealtavilla.it.