Sei in: Mondi medievali ® Medioevo e Medicina ® Per una storia della medicina antica e medievale ® La medicina nell'alto Medioevo ® 5. Le epidemie


     MEDIOEVO E MEDICINA    

a cura di Raimondo G. Russo


  


    Premessa  -  1. Alcuni cenni storici  -  2. La medicina barbarica  -  3. La CHIESA E LA MAgia  -  4. La medicina e la chirurgia  -  5. EPIDEMIE  -  6. APPROFONDIMENTI E CURIOSITà


 

5.1.2 EPIDEMIE E MISERIA

  

Questo aspetto non è secondario, se visto in rapporto alle possibilità della vita economica dopo una epidemia di vaste proporzioni. La produzione di cereali rappresentava l'alimento base dei poveri, insieme alla coltivazione di verdure quali i porri. La farina veniva impastata con l'acqua. Per i più poveri l'acqua era quella piovana, presa a dei fiumi o ruscelli e raccolta in barili, ed anche con un siero di latte e sale. Questa stessa farina serviva anche per rendere più appetibile altri alimenti, sempre a base (soprattutto) di cereali con cui si confezionano minestre dai forti odori. Nelle campagne dell'Italia del Nord, la polenta divenne il cibo principale, accompagnata da poco pane di frumento, minestre di legumi, e a volte piccoli pesci, formaggi e cipolle. Invece nei paesi a Ovest era possibile la coltivazione e il raccolto del riso, che divenne l'alimento base.

  

5.1.3 PRIMI RIMEDI

 

Furono i monaci a rivelare i poteri terapeutici dei "semplici" (piante che contengono principi attivi capaci di curare le malattie): salvia, aneto, timo, rosmarino, lavanda si dimostrarono efficaci nel combattere e prevenire le epidemie o, almeno, il fetore insopportabile che esse causavano in intere città e villaggi.

La peste, vero flagello dell'epoca, era curata con i più strani intrugli di parti d'animali, erbe e minerali (uno fra i più noti era "l'olio di scorpioni").

Per fronteggiare le pestilenze, i medici, soprattutto in Umbria, si basarono sulla prevenzione, raccomandando alle donne di cospargere i pavimenti di casa con piante aromatiche, di lavarli con acqua, aceto e petali di rose di macchia.

Le case dovevano essere asperse con acqua profumata e consigliavano di bruciarvi rosmarino e bacche di ginepro. Le persone a contatto con gli appestati avevano l'obbligo di disinfettarsi la bocca e le mani con vino aromatizzato con pepe, cannella, zenzero e chiodi di garofano.

Il “Giardino dei semplici”: raccolta di piante

medicinali da parte di un monaco

Intorno al 1370 i medici scoprirono un rimedio sovrano, si diceva, per sottrarsi non solo alla peste, ma anche a svariate malattie: l’acqua della regina d’Ungheria, la cui esatta composizione originale non è mai giunta fino a noi.

L'acqua della regina d'Ungheria, usata per secoli per curare la gotta e le affezioni della pelle, si trova ancor oggi nelle erboristerie.

La famosa Acqua della regina d'Ungheria era un distillato a base di rosmarino. Narra la leggenda che, nel 1370, la regina Isabella d'Ungheria, settantaduenne, afflitta da dolori reumatici, impiegando l'acqua distillata di rosmarino ricevuta in dono da un alchimista, grazie alla costanza della sua preghiera, recuperò sia la salute sia la gioventù.

La sua pelle levigata le ottenne la richiesta in isposa da parte di Carlo Alberto, Granduca di Lituania. La regina rifiutò per amore di Dio, invocando il quale con fiduciosa perseveranza aveva ricevuto il regalo miracoloso. L'uso dell'elisir di giovinezza si diffuse rapidamente fra le dame per mantenere la pelle liscia prevenendo e curando rughe e linee di espressione. Per secoli l' Acqua della Regina d'Ungheria venne usata per curare la gotta e le affezioni della pelle, come acne, eczemi, eccesso di forfora e di sebo. Con il passare del tempo entrarono nella composizione del tonico altre erbe: alloro, lavanda, menta, puleggio.

 

Per preservarsi dalle epidemie e curare le malattie uomini e donne, nel Medioevo, inalavano sostanze aromatiche e vegetali assai costose, contenute in un globo profumato che tenevano sempre a portata di mano. Il medico Oliviero dell'Aia, a chi intraprendeva un viaggio, raccomandava: «Chi vuol fare un lungo viaggio in aria puzzolente, torbida e malsana, deve portare con sé pomi canditi ad arte (erbe e spezie aromatiche) di buon odore e aroma, senza i quali mai osi andare a visitar anche malati».

 

Si dava ai contenitori di profumi la forma di "globo" perché simboleggiava la vita eterna, la potenza e la forza. Quanto alla salute, i globi avevano importanti qualità anche terapeutiche: secondo le credenze di allora favorivano la digestione, combattevano le malattie degli organi femminili e l'impotenza maschile. Il corpo del recipiente era traforato per consentire al profumo delle erbe di esalare meglio ed era ornato di roselline concentriche.

La prevenzione delle malattie era basata, in un qual modo, prevalentemente sul 

buon senso e sulla igiene personale (v. in seguito 6.4), assieme ad esercizio fisico, una buona dieta e ad un buon ambiente.

  

 

©2005 Raimondo G. Russo

  


indietro

Torna su

Medioevo e medicina: indice Home avanti