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MEDIOEVO ERETICALE |
a cura di Andrea Moneti |
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La Riforma luterana ha
radici profonde e complesse. Già nei secoli precedenti era diffusa l'ansia e
la coscienza di un profondo rinnovamento spirituale, non solo in Germania, ma
in gran parte dei paesi europei, e non erano mancati tentativi di riforma
religiosa, manifestando un’ampia esigenza del ritorno ad una più autentica
religiosità e un miglioramento dei costumi corrotti del clero (pensiamo, ad
esempio, al Savonarola, o a Giovanni Wycliff e Jan Huss). La diffusione degli
studi umanisti avevo aperto la strada a innovative ricerche filologiche sul
Vecchio e sul Nuovo Testamento, favorendo, in questo modo, l'esame critico dei
testi sacri, sfociando spesso in un aperto contrasto con l'accettazione
passiva delle formule dogmatiche fissate dalla Chiesa (Erasmo da Rotterdam è
un esempio per tutti). Lo spirito che fu proprio della Riforma affondava,
quindi, le sue radici anche nello spirito del Rinascimento e umanistico di
“un ritorno alle fonti alle fonti cristiane”, un ritorno, cioè,
all’insegnamento originale di Cristo, alla parola dell’Evangelo (i
luterani si definivano, non a caso, anche evangelisti), e quindi il
ripudio di tutto ciò che la tradizione ecclesiastica aveva aggiunto a questa
parola. La Germania dell'inizio del XVI, infatti, secolo era una regione ricca
di tensioni e di contrasti in cui le motivazioni religiose e le ragioni
economico-sociali si fusero trovando uno loro sbocco naturale nella Riforma
protestante.
Tra i principali motivi di tensione erano senz’altro
quelli religiosi: la decadenza morale della Chiesa romana era sotto gli occhi
di tutti, ferendo profondamente le coscienze dei fedeli. La vendita delle
indulgenze era ormai una pratica diffusissima ed il nepotismo di molti
pontefici aveva raggiunto un livello inaccettabile. A questi vanno aggiunti
l'ignoranza e il malcostume diffuso nel clero, gli scandali dei Borgia, la
condotta aggressiva e spregiudicata di Giulio II, il nepotismo di Leone X.
Ovunque si sentiva la necessità di un profondo rinnovamento morale e
religioso in grado di restituire alla Chiesa il suo antico ruolo di guida
spirituale.
Particolarmente importante fu l’apporto del monaco agostiniano e umanista
olandese Geert Geertsz, più noto con il nome di Erasmo da Rotterdam
(1466-1536), che pubblicò numerose opere letterarie che ebbero una grande
diffusione e procurarono all’autore una reputazione europea. Ricordiamo l’Enchyridion
Militis cristiani, un manuale per la formazione del cristiano, il
famosissimo Elogio della pazzia, una satira della degenerazione dei costumi
ecclesiastici e una profonda indagine sulla natura dell’uomo, l’Esortazione
al lettore pio, che
trattava del primato della Sacre Scritture per la conoscenza di Dio e il De libero arbitrio, scritto nel 1524, in aperta polemica con Lutero.
Nonostante la necessità di una riforma morale della Chiesa, Erasmo fu un
forte sostenitore di una cristianità unita e della tolleranza religiosa. Il
suo moderato riformismo religioso, teso a liberare la religione cristiana da
molte delle sue pratiche superstiziose e a migliorare le chiese locali anche
grazie all’aiuto dei sovrani e del potere secolare, influenzò gran parte
degli intellettuali e umanisti dell’Europa occidentale.
Accanto ai motivi
sopra esposti c’erano, però, anche motivi economici: la Chiesa disponeva,
infatti, di grandi ricchezze grazie a donazioni e benefici, incrementate con
tributi e balzelli. Non dobbiamo trascurare anche una componente politica
molto forte: i grandi principi tedeschi aspiravano da sempre a ottenere
l'indipendenza dall'Imperatore e la Riforma religiosa poteva rappresentare una
soluzione per contrapporsi legittimamente al potere e alle ingerenze
imperiali. Queste condizioni di grande fermento, quando, nel 1517, scoppiò lo
scandalo per la vendita delle indulgenze, innescarono la causa occasionale che
fece esplodere la situazione politico-religiosa tedesca già assai
compromessa. Per finanziare la ricostruzione dell’imponente basilica di San
Pietro la Chiesa romana, aveva, infatti, consentito al principe tedesco
Alberto Hohenzollern di Brandeburgo di annunciare una vendita delle indulgenze
nei suoi territori. Nonostante fosse già arcivescovo di Magdeburgo tre anni
prima era riuscito a farsi eleggere anche arcivescovo e principe elettore di
Magonza. Per ottenere la dispensa papale per il cumulo degli uffici e
conservare le cariche precedenti era, però, stato costretto a pagare alla
Curia Romana una somma ingente (24000 ducati), che ottenne con un prestito dai
potenti banchieri Fugger di Augusta. Per restituire questa somma si impegnò a
far predicare nei territori tedeschi una vendita delle indulgenze che, per la
metà dei ricavi, sarebbe servita a estinguere il debito dell’arcivescovo e
per l’altra metà sarebbe andata a sovvenzionare i costi di costruzione
della nuova basilica di San Pietro a Roma. Questo fatto indignò
profondamente il monaco agostiniano Martin Lutero (1483-1546), che, il 31
ottobre del 1517, affisse le sue famose 95 tesi contro le indulgenze sulla
porta della cattedrale di Wittenberg. Scritte in un linguaggio semplice e
comprensibile a tutti, conobbero un vasto consenso per divenire il manifesto
della protesta contro la Curia pontificia. Era l’inizio della Riforma.
Martin
Lutero, nacque il 10 novembre del 1483 ad Eisleben, in Sassonia. Studiò
teologia e divenne frate agostiniano nel 1505, insegnando all’università di
Wittenberg, in Sassonia e dedicando sempre una grande attenzione ai temi del
peccato dell’uomo e della misericordia di Dio. Prima di affiggere
pubblicamente, sulla
porta della cattedrale di Wittenberg,
le sue 95 tesi contro la predicazione delle indulgenze, descritta come uno
mezzo immorale usato dal papa per estorcere denaro ai fedeli, sappiamo che
aveva compiuto un viaggio a Roma, in cui ebbe vari motivi per scandalizzarsi. I
punti principali sostenuti nelle 95 tesi di Wittenberg erano: il rifiuto del
libero arbitrio (la salvezza dell'uomo risiede esclusivamente nelle mani di
Dio), l’inutilità delle opere umane e la giustificazione per mezzo della
fede (il credente per salvare la sua anima non può ricorrere alle opere,
spesso solo delle pratiche esteriori e superstiziose, ma deve invece avere
fede in Dio e credere che i suoi peccati sono redenti dalla grazia del Cristo
Redentore), la lettura diretta delle Sacre Scritture (Lutero sostiene che non
c’è bisogno di nessun intermediario fra l’uomo e Dio, ovvero delle
gerarchie ecclesiastiche, affermando, quindi, la lettura diretta delle Sacre
Scritture, che sono la parola di Dio e che possono, perciò, essere
interpretate liberamente da ogni cristiano).
La diffusione delle idee luterane fu favorita dall'uso
della stampa e dalla traduzione in lingua volgare che permisero al monaco di
raggiungere un pubblico vastissimo, ottenendo un successo strepitoso. Lo
scontro fra la Chiesa romana e Lutero, dopo l’affissione delle 95 tesi di
Wittenberg, fu inevitabile. Il dissenso di Lutero con la Curia romana emerse
in modo evidente durante un processo istruito a Roma nel 1518, durante il
quale il riformatore confermò le sue idee nello scritto Appello del dottor
M. Lutero ad un concilio ecumenico. Nel 1520 Lutero pubblicò tre
importanti scritti: “Alla nobiltà cristiana di nazione tedesca”,
“Della cattività babilonese della Chiesa” e “Della libertà
di un cristiano”, dove enunciò i principi del sacerdozio universale
(abolizione della differenza tra clero e laici) e del libero esame dei testi
sacri, insieme al principio della giustificazione per sola fede.
Attaccò il papato accusandolo di essere la nuova Babilonia e negò che la sua
autorità fosse superiore a quella delle Sacre Scritture; negò la validità
dei voti monastici e affermò che la vera Chiesa non era una istituzione
terrena, ma al contrario dotata di un carattere spirituale e non visibile
(quella dei Santi e dei Giusti scelti da Dio). Per quanto riguardava i
sacramenti, affermò che la maggior parte di essi erano stati istituiti non da
Gesù ma dalla Chiesa, per ritenere validi soltanto il battesimo e l’eucarestia.
Alla dottrina cattolica della “transustanziazione” (cioè della completa
trasformazione del pane nel corpo di Gesù e del vino nel suo sangue) sostituì
la dottrina della “consustanziazione” (secondo la quale nell’eucarestia
la sostanza del pane e del vino sussiste accanto alla presenza reale del corpo
e del sangue di Gesù). In polemica con Erasmo da Rotterdam, per Lutero
l’uomo era stato definitivamente corrotto dal peccato originale; pertanto
non esiste il “libero arbitrio” e l’uomo si può salvare dai suoi
peccati non per le sue opere “buone” (pellegrinaggi, indulgenze ecc.), ma
in virtù della sua fede in Cristo, fede che è un dono di Dio.
Vista l'inconciliabilità
delle posizioni Leone X, alla fine dello stesso anno, condannò le idee di
Lutero con la bolla Exsurge Domine, intimandogli di sottomettersi entro
60 giorni. Lutero per tutta risposta sancì la rottura con la Curia pontificia
compiendo un gesto eclatante: nel dicembre del 1520 bruciò sulla piazza di
Wittenberg la bolla papale. La risposta del papa fu immediata: nel gennaio del
1521 scomunicò Lutero con la bolla papale Decet Romanorum Pontificem.
Per risolvere il conflitto con Roma, e di conseguenza con l’imperatore Carlo
V, che si era definito il difensore della Chiesa cattolica, Lutero venne
invitato alla Dieta di Worms che si tenne nell’aprile del 1521 alla presenza
dell’imperatore stesso. Lutero, protetto da un salvacondotto imperiale,
quando giunse a Worms e fu accolto in trionfo dalla popolazione, ottenendo la
simpatia e l'appoggio di vari principi tedeschi. Rifiutò di ritrattare le sue
idee e Carlo V emise un editto di condanna che lo bollava come eretico (maggio
1521).
Federico III il Saggio di
Sassonia finse un rapimento del monaco e lo mise in salvo nel castello di
Wartburg dove, per oltre un anno, lavorò alla traduzione della Bibbia in
tedesco, consolidando i legami con i grandi feudatari che sempre più numerosi
aderivano alla Riforma, più per convenienza politica che per vero ardore
religioso: i feudatari videro, infatti, nella Riforma un’eccezionale
opportunità per secolarizzare l'ingente patrimonio ecclesiastico e entrare
così in possesso di enormi ricchezze. Carlo V, impegnato nella guerra con
Francesco I, non fu in grado di reprimere da subito i moti religiosi
riformatori. In difficoltà e impegnato su più fronti, nella prima Dieta di
Spira, nel 1526, concesse ai principi luterani di realizzare delle Chiese
territoriali, concesse il matrimonio ai sacerdoti e l'uso della lingua tedesca
in alcune parti della liturgia. Dopo, però, la Pace di Cambrai (1529),
che sancì di fatto il suo predominio in tutta l’Europa, forte della
situazione favorevole, indisse la seconda Dieta di Spira (1529) nella quale
ammonì i principi a non schierarsi dalla parte della Riforma e revocò le
concessioni fatte in precedenza. Alcuni principi e città tedesche si
ribellarono e, nello stesso anno, presentarono a Carlo V un documento con cui
protestavano contro le scelte imperiali (da cui il nome di Protestanti).
In occasione della Dieta di Augusta del 1530, i principi luterani presentarono la Confessio Augustana elaborata da Filippo Zelantone, uno dei più stretti collaboratori di Lutero, vero e proprio manifesto del credo protestante che, rifiutato dall'imperatore, scatenò lo scontro fra i principi protestanti e il potere imperiale. I principi luterani si allearono nella Lega di Smalcalda (1531); Carlo V, impegnato strenuamente in una nuova guerra contro la Francia, non potendo far fronte a tale minaccia, firmò, nel 1532, con la Lega la Pace di Norimberga che congelava la situazione in attesa di una nuova dieta che avrebbe dovuto dirimere definitivamente le questioni religiose. Nella terza Dieta di Spira del 1544, Carlo V, di nuovo duramente impegnato nella lotta contro Francesco I e contro i Turchi di Solimano II, ottenne aiuti economici e militari dai principi protestanti, concedendo in cambio ampie libertà religiose e politiche. Una volta ottenuta la vittoria sulla Francia e divenuto arbitro della situazione europea grazie alla Pace di Crepy (1544), l'imperatore decise di dedicarsi finalmente a contrastare con fermezza la Riforma. Iniziò una nuova guerra e sconfisse l'esercito della Lega nella battaglia di Muhlberg nel 1547.
Nel frattempo Lutero che si era recato a Eisleben, la sua città natale, per fare da conciliatore tra i conti di Mansfeld, era morto nel febbraio dell’anno precedente e venne sepolto a Wittemberg. I principi tedeschi, sbandati e divisi dopo la pesante sconfitta di Muhlberg, stipularono un’alleanza con il nuovo re di Francia Enrico II, cattolico ma impegnato, come il padre, in una politica fortemente anti-imperiale, (Trattato di Chambord, 1552). Ormai vecchio e provato da anni di guerra e di duri conflitti, Carlo V, stipulò la Pace di Augusta (1555) con i principi protestanti tedeschi. Questo trattato, di fondamentale importanza per la storia religiosa e politica della Germania, sancì due principi fondamentali. Il primo era il “Cuius regio eius religio”, in base al quale veniva concessa libertà di culto ai protestanti anche se limitatamente ai principi (i sudditi, infatti, potevano seguire esclusivamente la confessione religiosa del proprio sovrano oppure emigrare dopo aver venduto i propri beni). L’altro la “Reservatum ecclesiasticum”, secondo cui i prelati che abbandonavano la fede cattolica per passare a quella protestante erano costretti a rinunciare ai loro benefici per passarli alla Chiesa cattolica. Con questo atto la Chiesa cattolica vide emergere ufficialmente una Chiesa rivale (anche se il diritto di professare liberamente il proprio credo di fatto era riconosciuto solo alle teste coronate).
Il ruolo tenuto
dai principi nella difesa della Riforma e nella repressione dei movimenti
rivoluzionari del 1525, portò all’organizzazione delle chiese riformate,
promossa da Lutero ma soprattutto da Melantone. A ciascun principe venne
riconosciuto il ruolo di “vescovo esterno” della chiesa nei suoi
possedimenti, con il compito di vigilare sulla sua gestione e sull’integrità
dei suoi fedeli. In queste funzioni il sovrano o il principe venivano
coadiuvati da un “concistoro” nominato da loro stessi e formato da
giuristi e teologi. A un livello gerarchico inferiore stavano i “pastori”,
incaricati dell’istruzione religiosa, dell’opera di predicazione e delle
pratiche di culto delle comunità locali. Così facendo la Chiesa luterana
assunse un duplice aspetto: da una parte si trattava di una Chiesa statale,
legata e subordinata al potere politico territoriale; dall’altra parte era
organizzata come una Chiesa episcopale, ovvero una Chiesa sempre più
gerarchizzata e non comunitaria. L’eresia si era fatta
istituzione. E come tale anche la Chiesa luterana perseguitò i dissidenti
religiosi, primi fra tutti gli Anabattisti.
Mentre
il luteranesimo si diffondeva in Germania, nuove ed importanti esperienze
maturavano nel resto dell'Europa. Ulrico Zwingli (nato il
1 gennaio del 1484 a Wildhaus, in Svizzera, da una famiglia agiata e
benestante), che era un sacerdote cattolico dedito allo studio del Nuovo
Testamento, amante della cultura umanistica e simpatizzante delle idee di
Erasmo da Rotterdam, condannò fermamente le pratiche superstiziose popolari e
le degenerazioni della Chiesa, fra cui la pratica della vendita delle
indulgenze. Nel 1506, conclusa l'università a soli ventitré anni, Zwingli
venne nominato parroco della città di Glarona. Nel 1519 fu nominato parroco
della cattedrale di Zurigo e grazie a questa carica poté dare inizio alla sua
attività riformatrice. Anche Zwingli, come molti altri riformatori cattolici
e luterani suoi contemporanei, predicava il ritorno alla semplicità
evangelica della Chiesa primitiva. Anche lui, almeno in una prima fase, si
avvicinò alle posizioni di Lutero. Ma ben presto Zwingli se ne distaccò
sensibilmente. La spinta al rinnovamento religioso che gli derivava da Erasmo
e Wyttenbach, aveva molti punti di incontro anche con le rivendicazioni
economiche e politiche di una borghesia cittadina ormai insofferente ai
numerosi patti e ai trattati che legavano i cittadini svizzeri alle potenze
straniere. Per questo motivo il governo e la città di Zurigo si schierarono
fin dal primo momento dalla parte di Zwingli, che nel frattempo era stato
richiamato a più riprese dal vescovo di Costanza.
I
contrasti con il vescovo si intensificarono nel 1522, quando Zwingli pubblicò
il suo Archeteles, in cui attaccava l'autorità pontificia ed
ecclesiastica, affermando la sola autorità delle Scritture. Con l'appoggio
del Senato cittadino, Zwingli riformò la Chiesa di Zurigo e instaurò una
sorta di stato teocratico che si fondava sulla stretta collaborazione fra
autorità religiosa ed autorità temporale, una Chiesa in cui clero e
componente laica formavano in pratica un'unica comunità. Vennero aboliti gli
ordini regolari e eliminato il celibato ecclesiastico; furono soppressi anche
i monasteri e la giurisdizione vescovile. Da sempre avverso alla religione
popolare vuota e superstiziosa, Zwingli fece abolire le devozioni alla Madonna
e ai santi, le processioni rituali e i digiuni, e fece togliere le immagini
sacre dalle chiese. Una diretta conseguenza delle idee zwingliane fu il
controllo della moralità dei cittadini: diversamente da Lutero, infatti, il
riformatore svizzero sosteneva che l'uomo, seguendo fedelmente la parola di
Dio, era in grado di concorrere in misura rilevante alla propria salvezza.
Zwingli diede, quindi, vita a pubbliche letture della Bibbia ed introdusse la
lingua tedesca nella liturgia. La rottura con Lutero divenne insanabile quando
Zwingli espose organicamente il suo pensiero teologico nell'opera più famosa,
De vera et falsa religione commentarius, del 1525.
Il
maggiore elemento di attrito era quello concernente i sacramenti e in
particolar modo l'Eucaristia che secondo Zwingli rappresentava soltanto la
presenza puramente spirituale del Cristo e non la presenza materiale nel corpo
e nel sangue (piuttosto che di sacramenti Zwingli preferiva parlare di
cerimonie; per lui erano testimonianze esteriori di avvenimenti al cui valore
originario non aggiungevano niente). Zwingli ammetteva come sacramenti
soltanto il Battesimo e l’eucaristia; vista la sua tendenziale diffidenza
nei confronti del culto, riconosceva, comunque, l'utilità dei sacramenti come
professione di fede. Mediante la partecipazione al sacramento, il fedele,
infatti, attestava pubblicamente la sua adesione e la propria fede nel disegno
di salvezza, impegnandolo moralmente davanti a Cristo. Il pensiero teologico
di Zwingli aveva più di un'affinità con la dottrina degli anabattisti. In
particolare per la sua interpretazione in chiave simbolica dell'Eucaristia e
più in generale dei sacramenti, e per la sua avversione per alcuni aspetti
del culto religioso.
Gli
anabattisti apprezzarono in particolar modo la dottrina sacramentaria di
Zwingli, che ritennero, nella sostanza, simile alla loro. Come Zwingli anche
gli anabattisti chiedevano che il messaggio evangelico venisse rispettato
nella sua interezza e che, quindi, venisse costruita una società egualitaria,
in cui fosse abolita la proprietà privata e ripudiata la guerra. Zwingli,
comunque, cercò con ogni mezzo di differenziare le proprie posizioni da
quelle degli anabattisti, e questo perché sul piano politico temeva, come
Lutero, il diffondersi di interpretazioni radicali che potessero mettere in
pericolo l'ordine sociale imposto dalla Riforma. Secondo il riformatore
svizzero l'autorità politica aveva il compito di attuare e compiere la volontà
di Dio, e doveva essere, perciò, ad essa rigorosamente subordinata. Gli
anabattisti predicavano invece la separazione della Chiesa da ogni istituzione
politica. Per questo motivo anche Zwingli, come i luterani e i cattolici,
dette luogo a una feroce repressione dei membri del movimento anabattisti che
furono così costretti a massicce emigrazioni per evitare la morte. La riforma
di zwingliana riscosse un notevole successo soprattutto nei cantoni svizzeri
di lingua tedesca che aderirono con entusiasmo alla lega che Zwingli aveva
creato per organizzare i protestanti in Svizzera. Contro questa lega si
schierarono, però, i cantoni cattolici aiutati dall'imperatore. Lo scontro
decisivo avvenne nel 1531 a Kappel dove i protestanti furono sbaragliati e lo
stesso Zwingli venne ferito e catturato dai nemici. Essendosi rifiutato di
abiurare, venne ucciso. Il suo corpo fu poi squartato (pena, questa, riservata
ai traditori della nazione) e dato alle fiamme (come si faceva con gli
eretici).
©2005 Andrea Moneti