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MEDIOEVO RUSSO |
a cura di Aldo C. Marturano, pag. 8 |
Una reliquia importante arrivata in Bielorussia nel XII secolo è la
scheggia del legno della Croce. A Polozk, a nord dell’odierna Minsk, esisteva la chiesa di Sant’Eufrosina, la badessa di Polozk e patrona della Bielorussia, detta del Salvatore o della Trasfigurazione e perciò è in questa chiesa che fu sistemata la reliquia della croce, di cui abbiamo detto, proprio perché la croce appartiene alla storia del Cristo più d’ogni altra reliquia. Vediamo
come avvenne. Il
legnetto viene portato con grande cura davanti all’altare perché Eufrosina ha
in mente una teca speciale e vuole che questa teca sia una vera e propria opera
d’arte degna del suo sposo celeste che su questo legno ha sofferto ed è
morto. Lei sa che fra i monaci artigiani che sono nel convento esiste una vera e
propria tradizione di perizia nella lavorazione dell’argento e dei metalli in
genere e così un giorno chiama a consulto alcuni di loro per discutere sulla
teca da eseguire per conservare questa sacra scheggia. Prima però vorremmo un po’ parlare di questo simbolo cristiano, per
capire perché la croce abbia tanta importanza per la nostra badessa di nove
secoli fa, perchè lei ci tenga tanto a trasformare un pezzo di legno benedetto
in qualcosa di magnifico da custodire nella sua Chiesa del Salvatore. La croce come segno è un simbolo solare antico quanto l’uomo che la
disegnava sulle pareti delle grotte preistoriche e lo si ritrova presso tutte le
culture, primitive e civilizzate, cristiane e no, per rappresentare di solito il
sole o la vita. I romani avevano in uso come strumento di supplizio due rami di legno
squadrati e incrociati ai quali venivano fissati con corde o con chiodi i
condannati a morte ed è questo strumento che i Vangeli raccontano sia stato
utilizzato per la condanna di Gesù Cristo verso il 30 d.C. I Vangeli raccontano
che le croci elevate sul Golgota, altura presso Gerusalemme dove venivano
suppliziati i condannati a morte, erano tre perché insieme a Gesù si dette il
caso che fossero suppliziati due altri delinquenti. Dopo la morte di Gesù le
croci rimasero infisse sul Golgota, forse in attesa di ulteriore uso, per un bel
po’ finchè la comunità cristiana locale non le tirò giù. Specialmente
quella intrisa del sangue di Gesù, era naturalmente considerata la più cara.
Il problema che si pose fu che nessuno sapeva con sicurezza quale delle tre
fosse quella usata per Gesù Cristo e così furono conservate tutt’e tre. Secondo la leggenda tramandataci, Costantino il Grande nel 312
d.C.,
quando stava combattendo contro Massenzio per legittimarsi il trono di imperatore, vide stagliarsi nel cielo attraverso uno squarcio improvviso delle
nubi, una croce luminosa e fin qui niente di eccezionale perchè questo è un
fenomeno ottico comunissimo. Il miracolo fu che sotto questa croce di luce
Costantino legge una scritta: HOC SIGNO VINCES e cioè «con questa
insegna vincerai»! Costantino, che era figlio di una cristiana, la piissima sant’Elena,
capisce che se vuol prevalere sull’avversario deve chiedere l’intercessione
del dio cristiano più che dei soliti dèi pagani che magari possono essere già
schierati dalla parte di Massenzio e ... così fa e vince! Diventato unico
padrone dell’immenso Impero Romano, nel 313 proclama il cristianesimo
religione ufficiale dello stato e la croce ne diventa il simbolo ufficiale,
riportato in monete e sigilli. Come setta giudaica i cristiani non avevano mai avuto un simbolo particolare anche se si erano cominciati a differenziare dagli altri ebrei della diaspora, cominciata in massa dopo il 70. Alcuni però si lasciavano tatuare già la croce sul corpo o si segnavano con la croce incontrandosi, e così quando Costantino in seguito abolisce la croce come attrezzo di tortura e di supplizio, proprio perché offensivo per il ricordo di Cristo, la croce acquista un significato simbolico preciso: è il simbolo della nuova fede! è anche il simbolo del grande mistero che il cristianesimo propaganda per il mondo: sulla croce si è compiuto il grande sacrificio perché sulla croce il sedicente figlio di Dio è stato ucciso dagli uomini! Cristo però poi è risorto, si è fatto vedere in giro per le ultime istruzioni ai suoi apostoli e solo dopo è andato via in Paradiso promettendo di ritornare al Giorno del Giudizio. Della Croce vera non se ne saprà più nulla, finché sant’Elena in un suo famoso viaggio in Terra Santa non se la fa donare dalla comunità cristiana locale. Purtroppo la comunità vorrebbe dargliele tutt’e tre perché vengano custodite adeguatamente, ma Elena non può che portarsene una e deve anche scegliere quella giusta. Come fare? La tradizione racconta che accanto ad ogni croce fa porre un cadavere e che uno di questi risusciti, dando così alla santa la possibilità senza altri dubbi di individuare la vera croce. La fa smontare e qualche pezzo lo porta con sè a Costantinopoli, mentre il resto la lascia a Gerusalemme per farvi costruire un santuario apposito dove custodirla per sempre. Tralasciamo le altre vicende che questa croce vive attraverso il tempo
(finirà fino in Persia!) e diciamo che si comincia a porla nelle chiese
proprio come simbolo della presenza di Dio. Di solito le reliquie della croce,
siano esse schegge di altre schegge o schegge benedette come sante, vengono
incorporate nei materiali più preziosi e sempre più frequentemente vengono
sospese sotto la cupola centrale delle chiese specialmente nell’occidente
latino. Qui nelle Terre Russe o in Bulgaria o in Serbia la croce viene posta in
bella vista, grande quanto più è possibile, sulla punta delle cupole affinché
serva da faro al viandante sperduto nell’anima e nel corpo. Così per secoli
con un uso o con l’altro la croce riempirà il paesaggio europeo
dall’Atlantico agli Urali. Rarissimamente nel XII
secolo sulle croci portatili però compare il corpo
nudo o seminudo di Cristo come nei crocifissi odierni. In pratica si pensa che
nessuno possa essere mai capace di dare una raffigurazione dell’uomo-dio vera
e degna. I crocifissi, come li vediamo oggi noi, appaiono molto più tardi del
XIII secolo. La croce con il corpo di Cristo crocefisso eseguito per Gìsela
d’Ungheria nel 1006 rimane sempre una rara eccezione! La liturgia comunque risente di questo simbolo importante come
glorificazione del credo cristiano e per la croce vengono così istituite due
festività nel 628, dopo che l’imperatore Eraclio riconquista la reliquia
finita in Persia: il Ritrovamento (in latino Inventio) della Croce al 3
maggio e l’Esaltazione della Croce al 14 settembre di ogni anno. La croce diventa un simbolo talmente popolare che di essa si fanno usi anche più profani. S’innalzano croci un po’ dovunque, specialmente sui crocicchi per indicare la via ai viandanti nelle lande senza strade attrezzate e per comunicare al viandante o al pellegrino che si trova in territorio cristiano. Appare sui sassi morenici chiamati in russo valuny nelle Terre di Polozk, dove oltre alla croce ci sono anche scritte probabilmente votive per invitare il viaggiatore a sostare e a pregare, prima di proseguire oltre. La croce nelle Terre Russe poi ha sostituito, dopo il battesimo di Kiev
nel 989, ogni altro simbolo per giurare. La vecchia cerimonia pagana slava della
rotà in cui si baciavano le armi in
presenza del volhv (sacerdote pagano slavo) ormai è stata abbandonata
per il Bacio della Croce nelle mani del prelato cristiano ed è una cerimonia
che Eufrosina conosce molto bene perché anche suo padre e suo fratello le hanno
compiute, quando sono stati scelti come principi. Nel XII secolo e dintorni, molto si scriverà sulla croce e un esempio famoso di questi scritti rimane il poemetto anglosassone Il Sogno della Croce. Il suo autore immagina di sognare la croce e di rivivere, attraverso il sogno, tutti gli avvenimenti del Cristo che accadono intorno alla croce finché questa rimane elevata sul Golgota. Si descrive come un pezzo di legno diventi uno strumento di tortura e come da strumento di morte diventi strumento simbolico di salvezza per tutti gli uomini. Perché ricordiamo quest’opera letteraria? Perché a leggerla sembra di vedere tutto quello che Eufrosina farà con la sua reliquia ed è veramente curioso! D’altronde non devono meravigliarci questi parallelismi di vedute e di pensiero in posti tanto lontani fra di loro. Noi sappiamo infatti che nel XII secolo, benché le comunicazioni fossero difficili e più lente di quelle di oggi, le mode e lo spirito dell’epoca si diffondevano abbastanza rapidamente lungo le vie commerciali dell’Europa e, siccome sappiamo che fra i tanti mercanti che frequentavano il Baltico o la Terra dei Krivici
(Bielorussia di oggi) c’erano anche gli anglosassoni, chissà che il poemetto anglosassone non sia stato letto dalla nostra Badessa! Eufrosina,
badessa di Polozk Al tempo di Eufrosina la croce forse gode della più alta sua esaltazione
perché insieme al grido di Deus lo volt! di Pietro l’Eremita la Croce diventa il simbolo delle
crociate, della guerra
contro gli infedeli e dei numerosi ordini monastico-cavallereschi che dalle crociate nacquero. La croce è il simbolo per eccellenza del Pellegrino che si
reca in Terra Santa sia per scopi militari antiislamici che per scopi religiosi
per chiudere la propria vita pregando sulla tomba di Cristo. Molte firme di re e
prelati imitano la croce… Ci sono però varii tipi di croci. Ad esempio san Francesco era convinto che la croce sul quale Cristo era
morto era a forma di T greca (tau).
Ce
n’è a 4 e a più bracci ed alcune di queste varianti ebbero una propria fama
perché associate a qualche evento storico particolare. La teca che un
artigiano, monaco probabilmente del Villaggetto dove c’è il convento di
Eufrosina, propone alla badessa ha una forma di croce che possiamo chiamare croce
doppia simile a quella che noi chiamiamo Croce di Lorena. In pratica ci sono tre
bracci perpendicolari fra di loro sopra, generalmente di dimensioni più
piccole, e tre bracci, sempre perpendicolari fra di loro sotto, più grandi e
tutti e sei uniti lungo un braccio verticale. Non è una forma nuova perché è
di pura ispirazione bizantina, in quanto appare già sulle monete di Giustiniano
e di Teodosio e riappare perfino presso le monete dei Comneni, contemporanei
della nostra badessa. Questa forma doppia poi scompare, per riapparire ancora
presso gli imperatori Andronico II e Michele Angelo fino a quando torna a
riaffermarsi la croce semplice che noi conosciamo oggi come la croce latina,
con braccio verticale inferiore più lungo degli altri, o greca con i
quattro bracci di ugual lunghezza. Chi è questo artista al quale Eufrosina si affida perché gli faccia la teca a forma di croce per la sua preziosissima reliquia? è un certo Lazzaro Boghscia. Dal cognome (se è Boghscia un cognome!) sembra essere di provenienza polacca, anche se di cognomi simili a quel tempo ne circolano persino fra gli abitanti di Novgorod, ma quale che sia la sua provenienza, è sicuro che la badessa si avvalse di un artista del luogo. Ce n’erano tanti e bravi a disposizione! Concesse anche, cosa rara!, che Lazzaro firmasse la sua opera (da questa firma conosciamo infatti il suo nome intero). Né la croce fatta da Boghscia è l’unica del suo genere come disegno
di teca preziosa. Ce ne sono altre tre note, “gemelle” della croce di
Eufrosina: la Croce di Vishni Brod in Cechia, quella appartenuta al principe
Rostislav figlio di Michele della famiglia di Vladimiro Monomaco, ed un’altra
attribuita a sant’Eloi di Limoges. Mentre le prime due sono poco posteriori a
quella di Polozk, la terza sembra essere addirittura anteriore! A proposito della firma notiamo che è poco comune firmare oggetti sacri nel Medioevo, ma in questo caso dobbiamo forse pensare ad un intento strategico della badessa: Eufrosina vuole che si formi una scuola orafa a partire da questa teca di Boghscia e che da questa scuola sorgano cesellatori e orafi di oggetti sacri che possano lavorare per principi e prelati nelle Terre Russe che lo richiedessero. Questa infatti sarà la carriera di Lazzaro Boghscia che divenne un artista ben quotato anche a Kiev e i suoi discepoli lavorarono persino nella lontana Rjazan’ oltre che nel nord russo. Descrivere la croce di Boghscia è un compito arduo perché il gioiello è da vedere dal vivo per poter godere della sua bellezza e magnificenza e per il momento non lo tenteremo. Ci fermeremo invece su una sua parte molto importante dal punto di vista filologico e linguistico: le numerose scritte. Perché importanti? Perché sono i primi monumenti della lingua russa e
bielorussa! Eufrosina conosce bene chi frequenta le chiese e chi fa razzia delle loro
ricchezze, e quindi la sua è una formula chiara e minacciosa per le mani lunghe
di certi personaggi... Torniamo però all’importanza filologico-linguistica della Croce di
Boghscia. Nella scritta originale sono stati standardizzate alcune lettere
dell’alfabeto cirillico fino ad allora oscillanti fra due o tre forme diverse.
Ci sono poi parole e modi d’abbreviatura che rispondono certamente ai criteri
innovativi adottati dalla casa editrice del Villaggetto e infine qualche parola
ci dà modo di ricostruire il passaggio dal paleobulgaro al bielorusso o al
russo di oggi. Sembrerà poco, ma per un linguista ricercatore è qualcosa di
molto prezioso. Lazzaro Boghscia quindi si mette al lavoro dopo che Eufrosina ha approvato in linea di massima il disegno da seguire. Il lavoro è lungo e il tempo necessario per mettere insieme i diversi pezzi, scegliere le pietre, lo smalto etc. è tantissimo e i mezzi tecnici del tempo sono pochi e non efficaci come i nostri odierni. Per capire meglio tutto questo bisognerebbe rileggere le parole
appassionate di qualche anno fa dell’egregia prof.ssa Tatiana Makarova,
specialista di smalti antichi russi, sul lavoro del bravissimo artigiano di
Minsk che con lei ha collaborato, Kuzmic’ (dal 1992 al 1997), per riprodurre
la Croce di Santa Eufrosina di Polozk che purtroppo col passare dei secoli
sembra essere andata perduta per sempre! La storia della Croce di Boghscia è però così singolare che vogliamo
raccontarvela tutta fino ad arrivare ai giorni nostri. Qualche decennio dopo la morte della Badessa delle Paludi non si sa bene
per ordine di chi viene portata a Smolensk e vi rimane fino all’agosto del
1514. In quell’anno Basilo III, gran principe di Mosca e aspirante a diventare
unico signore delle Terre Russe, entra a Smolensk da conquistatore e preleva la
croce e la trasferisce a Mosca. è
la sua politica di portare a Mosca tutte le
cose più preziose che trova nelle città russe che man mano va incorporando nel
costruendo Impero Russo. Basilio però è un uomo prudente e, prima di privarne
la chiesa dove si trovava il santo oggetto, ne fa eseguire una copia più o meno
grossolana, ma benedetta. Riportare la croce a Polozk è fuori di discussione,
perché questa città è passata ormai in mano al nemico polacco e forse Basilio
nemmeno sa che la croce proviene da quella città. Il figlio di Basilio Giovanni IV, a noi più noto col nome di Ivan il
Terribile, non riuscendo ad utilizzare il prezioso gioiello come oggetto di
scambio per ottenere denaro per la grandiosa operazione che lo zar sta
approntando contro il Granducato di Lituania, arriva sotto le mura di Polozk nel
1563 e dopo un breve assedio la occupa e la incamera nell’Impero Russo. Spinto
dalla sua grande religiosità compie l’atto dovuto di ripristinare la Croce di
Eufrosina nella Chiesa del Salvatore. è
un apprezzato atto politico
importante verso la capitale dei Krivici devastata dalla guerra. Nell’agosto del 1579 Stefano
Batory, eletto re di Polonia e granduca di Lituania, conquista Polozk e comincia una campagna religiosa contro gli ortodossi
locali nello spirito dell’Unione di Lublino. Il monastero di Eufrosina viene
affidato alla gestione dei Padri Gesuiti e la Croce deve cambiare di nuovo di
residenza. Infatti i gesuiti vorrebbero tenerla per loro, ma l’oggetto è
troppo venerato dalla popolazione di Polozk quasi al 100 % ortodossa e i gesuiti
devono acconsentire di passarla all’unico tempio ortodosso rimasto in funzione
a Polozk (diciamo che ormai il Villaggetto è diventato parte della grande
Polozk): la Cattedrale di Santa Sofia.
Il prestigio della reliquia è enorme e i gesuiti capiscono
l’importanza di poterla tenere nelle loro mani, e così, appoggiandosi alle
autorità polacche cattoliche, intentano un processo sulla questione della
proprietà delle reliquie fra ortodossi e cattolici. Insomma quante a me e
quante a te... è un processo lungo e ingarbugliato, ma alla fine i gesuiti ne escono perdenti di fronte al giudizio degli uomini. I gesuiti che si sentono ispirati da Dio assoldano uno scassinatore e lo incaricano di rubare la croce e di portarla al Selzò. Non solo! Hanno fatto fare una copia e l’hanno passata al ladro che dovrebbe metterla al posto della croce originale! Non ci riescono neanche questa volta ad impadronirsi della reliquia, ma a
questo punto la popolazione di Polozk non ne può più di tante soperchierie
fatte in nome della religione di Cristo e a gran voce chiede al vescovo
ortodosso di Polozk che la croce rimanga al suo posto in Santa Sofia, e così la
croce viene fissata nel muro della chiesa per non essere più rimossa. Nel 1702 viene inaugurata la città di San Pietroburgo e con la ventata
di modernità che Pietro il Grande porta in tutte le città dell’Impero
fondando Musei dell’Antichità con criteri occidentali, anche la croce viene
ancora una volta tolta a Polozk e messa in mostra per la gioia dei visitatori
dei musei e degli studiosi, facendo la spola fra le due capitali dell’Impero,
Mosca e San Pietroburgo. Nel 1880 viene finalmente ricollocata nella sua chiesa
e proprio nella cella dove Eufrosina ha vissuto. Nel 1921 dopo il forzato laicismo della Rivoluzione d’Ottobre la croce
viene trasferita a Minsk in un contesto appunto “laico”, cioè non più in
una chiesa. E poi? Poi la storia diventa abbastanza misteriosa anche se più vicina a noi nel tempo. Leonida
Alexeev, storico bielorusso e grande appassionato delle cose del
suo paese, negli anni 50 del secolo scorso, visto che la Croce di Eufrosina non
si trova più, decide di mettersi alla sua ricerca. Alexeev era stato spinto a
questa ricerca in seguito alla sua tesi di dottorato intitolata Terra di Polozk
per l’aspirantato col professore Boris Rybakov, notissimo storico
dell’antichità russa. Proprio in questa tesi aveva espresso il desiderio che la reliquia
venisse ritrovata e restituita così alla sua città. Le ricerche fatte per la
tesi avevano portato Alexeev al 1928 quando la croce, opera fondamentalmente
artistica per la storia dell’arte Bielorussia e della Chiesa Russa, era andata
a finire in un Museo a Moghiljov. Nell’inverno lungo e freddo del 1941 è
annunciato l’arrivo degli invasori nazisti con la buona stagione e la Croce
viene fatta sparire dal Museo. E qui momentaneamente si fermava lo sforzo di
Alexeev. Quando il professor Rybakov aveva letto la tesi del suo allievo, aveva
espresso serii dubbi sul fatto che Alexeev avesse tanta fiducia di cercare e
ritrovare la Croce di Santa Eufrosina. Una volta ritrovata la reliquia come fare
a riconoscerla per l’originale e non per una copia? A sua memoria esisteva
solo un disegno della Croce disegnata nel XIX secolo, ma nemmeno una foto! Alexeev però non si scoraggia e rifacendosi all’importanza
filologico-linguistica delle scritte della Croce pensa bene di consultare
un’opera del 1890, autore Scljapkin, di paleografia russa. Trova i necessari
riferimenti alle scritte e aiutato dai custodi degli archivi conservati da
Scljapkin, è così fortunato da ritrovare addirittura le foto della Croce
eseguite nel 1896 e così ora sa come la Croce deve essere, se la ritrovasse!
Si informa a Moghiljov dove riesce a trovare ancora in vita il direttore del
Museo che ha custodito la Croce durante l’invasione nazista. Il direttore, Migulin, è ormai in pensione, ma si ricorda bene dell’oggetto anche perché era stimato avere un valore di milioni di rubli. Su consiglio del Comitato di Partito locale del PCUS aveva ordinato di togliere la Croce dall’armadio dove era in esposizione e di nasconderla affinché non capitasse nelle mani della soldataglia tedesca che ne avrebbe fatto certamente scempio. La Croce viene così sommariamente imballata in una cassa e la cassa viene nascosta nelle cantine del museo. Arrivano i nazisti, ma non hanno tempo di vedere che cosa contengono le casse che hanno trovato giù in cantina e temendo che esse contengano solo armi per la resistenza decidono di far saltare tutto in aria... e la Croce sparisce per sempre! Almeno, di questo è sicuro
Migulin, perché dice che dopo la guerra, quando era tornato l’ordine sovietico, non aveva più sentito parlare di questa Croce, nemmeno dal nuovo direttore del Museo al quale aveva passato le consegne. Comunque una cosa è certa: la Croce non è più esposta nel Museo di
Moghiljov! Arriviamo all’Era Gorbaciov (in russo Gorbaciovs’c’ina) e viene ridata libertà di culto ai popoli dell’URSS. L’URSS viene poi sciolto, e finalmente negli ultimi anni del secolo scorso l’esarca bielorusso, Filarete, aveva espresso il desiderio che serbava da anni di ripristinare sia il monastero del Salvatore che la Croce di santa Eufrosina. Sapendo delle ricerche di Alexeev e della competenza della signora Makarova, chiama questi studiosi a consulto per vedere come fare a rimettere a suo posto la reliquia o una copia molto fedele. Da questo incontro nasce il Progetto Croce-Bellezza della Chiesa Russa e il 4 dicembre 1997 la Croce rifatta da Kuzmic’ è “tornata” al suo posto. La copia di Kuzmic’ tuttavia è stata fatta con tale accuratezza e
“storicità” che, a detta di tutti i competenti bielorussi contemporanei, se
un giorno venisse ritrovato l’originale sarebbe difficile distinguerlo dalla
copia. Ed ora finalmente possiamo fare una breve descrizione della Croce (partendo dalla copia di Kuzmic’, naturalmente!). Su uno scheletro di legno di cipresso (nel caso della copia, è stato fatto giungere direttamente dal patriarca ortodosso di Gerusalemme) sono poste ben 21 piastrine d’oro e 20 d’argento, incrostate tutte di pietre preziose selezionate e perle. Oltre agli ornamenti tanti e svariatissimi, ci sono 20 piccole icone smaltate. La croce che ne risulta è abbastanza massiccia anche perché deve risultare maneggevole e indistruttibile visto che deve essere maneggiata ad ogni festa comandata in cui è prevista l’elevazione o l’esposizione della Croce.
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©2003 Aldo C. Marturano