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L'OGGETTO MISTERIOSO |
a cura di Ruggero Gormelli |
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FONTI MATERIALI POCO NOTE DEL MONDO MEDIEVALE |
L'OGGETTO MISTERIOSO 2
LA
RISPOSTA GIUSTA
Ditale da cucito*
Per
l’utensile che deve proteggere il dito dalla pressione alla testa dell’ago
si fa distinzione fra il ditale (un piccolo secchiello) e l’anello da cucito
(un utensile a forma di anello senza protezione per la punta del dito).
L’anello da cucito viene chiamato oggi anche ditale da sarto. Entrambi gli
utensili mostrano oggi imbutiture, i cosiddetti fori, che devono impedire alla
testa dell’ago di scivolare.
Anche
se oggi la sua essenza ci sembra essere estremamente profana, la storia del
ditale da cucito non è né così antica, né così lineare, rispetto a ciò
che si potrebbe ritenere. Pertanto questo è un argomento che potrebbe
certamente invitare a percorrere il breve tragitto qui di seguito indicato.
All’inizio
del XIV secolo esistevano due tecniche fondamentali per la produzione di
ditali da cucito in ottone: la fusione del ditale o dell’anello da cucito
completo, oppure la battitura da lamiera di pezzi preformati (parete e
calotta). La tecnica dell’imbutitura profonda (da un disco di metallo,
formare in più fasi il “piccolo secchiello” per il ditale), così come
essa venne in uso a partire dal XVI secolo in particolare a Norimberga, era
all’inizio del Trecento praticamente impossibile.
L’ottone
adatto alla imbutitura profonda presuppone una composizione metallurgica
esatta. La percentuale di zinco poteva però difficilmente essere aggiunta con
la necessaria precisione, fintantoché vi fu a disposizione solo della
smithsonite (minerale di zinco). Solo quando si ebbe a disposizione dello
zinco metallico puro, fu possibile produrre dell’ottone di qualità uniforme
ed adatta all’imbutitura profonda. Solo dopo di ciò si poterono produrre
dei ditali da cucito d’ottone mediante formatura e stampaggio1.
Secondo
le attuali conoscenze, non ci sono stati tramandati in Europa degli anelli o
ditali da cucito in lega di rame, o di altri metalli, dal 1310 circa, né essi
possono essere rispettivamente ricondotti a quell’epoca con sicurezza
definitiva.
A
Londra è stata ritrovata e documentata una grossa quantità di ditali e di
anelli da cucito in ottone ed in bronzo2,
dei quali però solo il numero 814 ha potuto essere classificato alla fase
ceramica 9 per noi significativa (ca. 1270 – 1350). Secondo i dati
catalogati, questo anello però è incompleto. Pertanto non è possibile
attribuirgli una datazione precisa. I numeri 821 (e l’822 non illustrato)
appartengono ancora alla attigua fase ceramica 10 (ca. 1330 – 1380), però
purtroppo essi non sono da ricondurre allo spazio di tempo per noi rilevante.
In tutti i casi la zigrinatura è forata.
La provenienza stessa dei ditali non è calcolabile senza ombra di dubbio. Si deve pensare che i ditali furono importati in Inghilterra fin nel pieno XVI secolo3.
Il villaggio di Tannenberg sulla Bergstrasse viene completamente distrutto nel 1399 e nei tempi successivi non più ricostruito. E con ciò, un ditale fuso con zigrinatura forata ritrovato nel 1848 nelle rovine è sicuramente da datare al tempo della distruzione. Esso si trovava nel gabinetto del museo di Darmstadt, ove nel corso della seconda guerra mondiale fu distrutto da un rogo. Ne esistono oggi solo delle illustrazioni ricavate da antichi documenti4.
Il
ditale raffigurato nella prima
immagine di questa pagina è proprio simile a quello di
Tannenberg (immagine sopra), possiede tuttavia una calotta un po’ più
appuntita. In entrambi i ditali, a causa della zigrinatura rotonda, è
chiaramente riscontrabile che la zigrinatura è stata forata. Le zigrinature
sono state predisposte ancora perpendicolarmente, e non in una spirale
risalente verso la cima della calotta, come si usò fare soprattutto a
Norimberga a partire dal XV secolo.
A
partire da circa la metà del Trecento si nota la presenza a Norimberga di
fabbricanti di ditali (Fingerhüter = “i ditalai”), per esempio
tramite il Mendelsche Stiftungsbuch (Registro di Mendel), che
verso il 1400 annota che il 16° fratello si chiamava Vingerling ( N.d.T.:
antico tedesco, simile a “ditino”). In quest’epoca gli artigiani del
ditale appartenevano ancora alle cosiddette Arti libere, che potevano essere
esercitate da chiunque. L’illustrazione in basso a sinistra mostra come la
zigrinatura sul ditale venisse forata con la menaròla (girabacchino). Questa
tecnica dispendiosa era necessaria poiché, altrimenti, esisteva il pericolo
che il ditale fatto mediante fusione potesse “esplodere” sotto la violenza
del colpo.
Nel periodo fra le due illustrazioni, la tecnica di produzione dei ditali si è modificata drasticamente.
Nel
1568 apparve il libro Eygentliche Beschreibung Aller Stände auff Erden, Hoher und Niedriger, Geistlicher und Weltlicher, aller Künsten, Handwercken und Händeln
("Propria descrizione di tutte le situazioni sulle terre, alte e basse, spirituali e mondiali, di tutte le Arti, Mestieri e
Commerci"), fra l’altro con una illustrazione di Jost Amman
(immagine sopra, a destra) che mostra un mastro artigiano di ditali al lavoro
nell’officina con il suo garzone. Il garzone colpisce la forma con un
utensile a forma di conio, il mastro artigiano scolpisce la zigrinatura con un
utensile più piccolo. Hans Sachs scrisse su ciò i versi: «In ottone il ditale si produce / bianca lamiera nel fuoco si ricuoce / Poi nel ferro duro colpisci / e forellini su lui scolpisci / In certo modo largo e stretto / per seta e ricamo è l’effetto / per sarto e ciabattino / dell’utensile mastro io son
fino» (N.d.T.: libera traduzione dal
tedesco antico, nel rispetto del senso del testo e delle assonanze di rima,
dal tedesco antico: «Aus Messing mach ich Fingerhüt / Blechweiß / werden im Feuwer glüt / Denn in das Eysen glenck getriebn / Darnach löchlein darein gehiebn / Gar mancherly art / eng und weit / Für Schuster und Schneider bereit / Für Seidensticker und Näherin / Des Handwercks ich ein Meister bin»).
Da
ciò si può dedurre che le lamiere venivano dapprima ri-cotte per renderle
dolci (malleabili). Dopodiché venivano battute in forme di ferro, e in
conclusione provviste di zigrinatura, che veniva scolpita su di esse.
Hildegarda
di Bingen, badessa del convento di Ruppertsberg, tradusse nel 1150 circa 900
parole, principalmente quelle dell’uso quotidiano, in una lingua
sconosciuta, della quale deve ritenersi che si tratti di una precorritrice del
“Volapük” oppure dell’esperanto. In questo vocabolario si trova
fra l’altro vingerhuth = Ziriskranz (in alcuni punti anche Zieriskranz
oppure Ziriskanz). Questa presenza fa capire che al ditale fu
attribuito dalla badessa un valore così elevato da registrarne la presenza
nel limitato àmbito di parole del vocabolario.
Il
tedesco medievale non conosceva ancora la lettera “F”. Al suo posto, si
usava la lettera “V”.
Il
trovatore Walter von der Vogelweide scrisse, alla vista di un fiore di ditale
(digitalis), che «esso adornava il bellissimo dito».
Nei
vocabolari del tedesco medio-basso si fa distinzione fra vingerlin,
vingerlyn = Fingerhut (ditale) e
Mercatini e mercato del pesce di Costanza, XIV secolo6.
Su
un foglio volante del 1621 si trova il motto:
Insomma:
con la produzione di ditali, proprio non c’era possibilità di arricchirsi...
NOTE
* Questo articolo è la libera traduzione italiana, a cura di Ruggero Gormelli, del testo tedesco pubblicato nel sito www.ca1310.de/naehzeug, e ne ripresenta le immagini.
1 Manfred Wolber, Rund um den Fingerhut, Wissenschaftlicher Verlag, Trier 1990-92.
2 Geoff Egan (et al.), The Medieval Household. Daily Living c.1150-c.1450, The Stationery Office, London.
3 Edwin F. Holmes, Sewing Thimbles (= Datasheet 9), Archaeology Department, Norwich (GB) 1986.
4 Jacob Heinrich von Hefner - Johannes Wilhelm Wolf, Die Burg Tannenberg und ihre Ausgrabungen (Il borgo di Tannenberg ed i suoi scavi), Schmerber'sche Buchhagndlung (Nachf. H. Keller), Frankfurt a.M. 1850.
5 Mittelniederdeutsches Handwörterbuch von August Lübben (Vocabolario manuale di tedesco medio-basso), Diedr. Soltau's Verlag, Norden und Leipzig 1888; Karl Schiller - August Lübben, Mittelniederdeutsches Wörterbuch (Vocabolario di tedesco medio-basso), J. Kühtmann's Buchhandlung, Bremen 1880.
6
Marianne e Niklaus Flueler,
Stadtluft, Hirsebrei und Bettelmönch. Die Stadt um 1300 (Aria di città, pappa di miglio e
i frati questuanti. La città nel 1300), Katalog zur Ausstellung in Stuttgart, Theiss,
Stuttgart 1992.
© Ruggero Gormelli, maggio 2005