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L'OGGETTO MISTERIOSO |
a cura di Ruggero Gormelli |
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FONTI MATERIALI POCO NOTE DEL MONDO MEDIEVALE |
L'OGGETTO MISTERIOSO 7
LA RISPOSTA GIUSTA
Elmo a pentola con cimiero
«Riproduzione di un elmo a pentola sormontato da cimiero. Questo è formato da due ventole in legno sulle quali è teso del lino tessuto a mano e sulle estremità delle quali sono inserite delle penne di pavone. Come si può notare nell’illustrazione di Wolfram von Eschenbach nel Codice Manesse (foto a destra), i primi cimieri non erano fissati solamente alla piastra superiore dell’elmo a pentola, bensì anche lateralmente a questo»; foto e commento originale (qui tradotto dal Curatore): www.h-u-m-rueegg.li/helmzier3
Codice
di Manesse
Secondo la testimonianza del Minnesänger Johannes Hadlaub, il Consigliere zurighese Rüdiger Manesse e suo figlio Johannes diedero avvio verso la fine del XIII sec. a una vasta raccolta di poesie liriche cortesi. Ne risultò un prezioso manoscritto, pubblicato per la prima volta, in forma parziale, da Johann Jakob Bodmer nel 1748 con il titolo di Codice di Manesse. Il manoscritto riunisce 140 raccolte individuali datate tra la metà del XII sec. e il 1300 ca. L'insieme più ampio di componimenti è quello di Walther von der Vogelweide. Conservato presso la biblioteca univ. di Heidelberg, il Codice di Manesse è conosciuto anche come "Il grande manoscritto di Lieder di Heidelberg".
La popolarità del Codice di Manesse è riconducibile soprattutto alle sue 137 miniature gotiche, che raffigurano in maniera idealizzata dei poeti intenti in attività cavalleresche e cortesi (miniature). Il Codice di Manesse occupa un ruolo di rilievo anche come fonte scritta: oltre la metà delle 6000 strofe di cui si compone è nota unicamente grazie a questo manoscritto. Sul piano tematico predomina la poesia di amore cortese (Minnesang), in varia forma, cui si affiancano però anche testi di carattere didattico, morale, spirituale e politico. La registrazione dei testi ha conosciuto varie tappe: il nucleo centrale, costituito dalle opere di 110 autori, risale al 1300 ca., mentre le restanti 30 raccolte furono trascritte soltanto dopo la morte di Rüdiger Manesse, entro il 1330/40, forse entro il 1336, anno della cosiddetta Rivoluzione di Brun; non è dato di sapere chi abbia predisposto questi ulteriori lavori.
A dispetto della sua complessa storia, il Codice di Manesse è connotato da un preciso ordinamento generale. I poeti sono classificati in ordine gerarchico, in base alla loro estrazione sociale, a cominciare dall'imperatore Enrico VI di Hohenstaufen, seguito dal nipote Corrado IV e da altri re, duchi, conti e baroni, per giungere infine ai cantori di origini non nobili, che costituiscono la maggioranza. Numerosi fogli bianchi sparsi in tutto il codice sono indiziari di una concezione aperta, intesa a un completamento progressivo della raccolta. Questo tipo di impostazione, inedito nell'ambito dei manoscritti lirici, trova riscontro in un manoscritto del Richtebrief di Zurigo, databile al 1301/04 e con ogni probabilità legato anch'esso a Rüdiger Manesse. La grafia identica a quella che nel Codice di Manesse caratterizza il corpus di Hadlaub (ca. 240 strofe) suggerisce un definitivo chiarimento agli antichi dubbi circa il committente, il luogo e la data di realizzazione del Codice di Manesse.
Bibliografia
- W. Koschorreck, W. Werner (a cura di), Codex Manesse: die Grosse
Heidelberger Liederhandschrift, 1975-1981.
- M. V. Molinari (a cura di), Minnesänger: Codex Manesse, 1983 (scelta
di liriche in trad it.).
- Codex Manesse, cat. mostra Heidelberg, 1988.
- Die Manessische Liederhandschrift in Zürich, cat. mostra Zurigo,
1991.
- R. Gamper, Der Zürcher Richterbrief von 1301/04, in «Alte und Neue
Schätze», 18-21 (1993) , 147-151.
- M. Schiendorfer, Politik mit anderen Mitteln, in «ZTb», 114
(1994), 1-28.
- F.-J. Holznagel, Wege in die Schriftlichkeit, 21-120 (1995),
140-280
(a c. di Max Schiendorfer/mdi).
Foto tavola intera del Codice Manesse e commento: http://digi.ub.uni-heidelberg.de
Notizie circa il Codice Manesse: http://www.dhs.ch/externe/protect/textes
© Ruggero Gormelli, novembre 2005