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       REPORTER - «DENTRO» LA PUGLIA

a cura di Marco Brando


 


Dal «cratere» più grande di Puglia (usato come discarica di auto) passando per Spinazzola, il paese dell’ultimo papa con la barba.

Il pulo di Altamura.

    
«Come mai fin qui?», chiede. «Turista». «Turista? ». «Turista, sì sì» (mentiamo, contando sull’accento non proprio pugliese). «Da solo? Strano… Qui, poi». «Beh, ci sono altri, sono rimasti al mare». «Dove?». Per sfuggire all’interrogatorio - condotto sotto un sole rovente, senza risparmio di colpi, lungo la balaustra che guarda il pulo di Altamura - abbiamo dovuto inventarci un improrogabile impegno e tagliare la corda. Altrimenti il tipo non ci avrebbe mica mollati. Non aveva altre «prede». Anche se ci dicono che, quando fa più fresco, quassù arriva chi fa jogging o va in mountain- bike. Adesso però siamo soli con l’inquisitore.

In realtà dobbiamo essergli grati, perché le indicazioni stradali sono rare, sparpagliate un po’ a caso per le campagne, spesso annerite da sole e ruggine. Così è stato lui a farci da guida, fin qui. Comunque, una volta svincolatici, possiamo guardare con calma il pulo di Altamura, a 9 chilometri dalla cittadina, nel mezzo delle Murge. Sul vocabolario la parola «pulo» non c’è: è la versione locale di «dolina», «depressione a forma d’imbuto, tipica delle regioni carsiche». E infatti la Murgia è carsica. Questo è il pulo più grande della Puglia: sembra il cratere di un meteorite, più o meno circolare, con una diametro di mezzo chilometro, profondo 75 metri, creato dallo scorrere millenario delle acque piovane verso la grotta, un cosiddetto inghiottitoio, che si apre al centro. Lo spettacolo è unico. E nel pulo sono stai trovati anche molti reperti archeologici, soprattutto preistorici. Peccato che non si facile trovare questo posto. E peccato che lo trovino quelli che ci arrivano per scaraventare la loro vecchia automobile giù per la scarpata. Sul fondo ci sono decine di carcasse, alcune arrugginite da tempo. Tirarle fuori? Un’impresa. Sarebbe carino, almeno, far cessare questo costume locale, lasciando i «reperti» già finiti laggiù agli archeologi del futuro, sperando che non vogliano farsi di noi un’opinione troppo cattiva.

Non lontano dal pulo, tre chilometri verso Altamura, c’è una meraviglia ancora più… meravigliosa. L’uomo di Altamura. Anche qui è non è facile arrivare. Noi incontriamo solo due turiste austriache e una coppia di napoletani. Ci conforta il fatto che, secondo la guida, in poco più di anno sono arrivate 17 mila persone. L’«Uomo di Altamura » è stato rinvenuto nella Grotta di Lamalunga il 7 ottobre 1993. Era un cacciatore del Pleistocene medio - via di mezzo tra l’Homo Erectus e l’Uomo di Neanderthal - che più o meno 250.000 anni fa cadde in un voragine e rimase intrappolato sottoterra, morendo. La stessa sorte di tanti animali. Poi la voragine si chiuse. Il suo scheletro, ricoperto da concrezioni che paiono brillanti, è incastrato tra stalattiti e stalagmiti, dove fu scoperto dagli speleologi del Centro Altamurano Ricerche Speleologiche. Si può osservare solo per mezzo di telecamere, sui monitor installati nel centro espositivo, la Masseria Ragone. La visita è interessante. E bisogna rendere onore all’ingegno della guida naturalistico/speleologica Francesco del Vecchio, uno degli scopritori: grazie ad un eroico linguaggio italo-mimico- inglese persino le due turiste austriache hanno potuto capire. «Da tempo chiediamo almeno depliant in inglese - dice lui, alla fine, esausto - ma per ora niente. Beh, speriamo in bene. Faccio quello che posso, sono uno speleologo, in fondo, mica un interprete...». Bravissimo, in ogni caso. Sperando che «chi sta in alto» - dopo anni di beghe burocratiche necessarie per aprire la masseria - prenda atto del fatto che l’italiano non è la lingua più diffusa nel mondo.

Ecco Altamura, la «Leonessa di Puglia», bella e antica cittadina, con le sue tipiche «stradicciole » e le piazzette chiamate «claustri». Deve quel soprannome alla resistenza contro le truppe sanfediste del cardinale Ruffo, dopo che nel 1799 era stato piantato l’albero della Libertà con i simboli della rivoluzione francese. Altamura cercò di resistere: inutile. Il 10 maggio dello stesso anno l’esercito filoborbonico entrò in città, saccheggiando e uccidendo. Per la cronaca, il Comune non ha ancora fatto la pace con il principe Ruffo di Calabria, pronipote del cardinale: da tempo chiede ad Altamura una «riappacificazione». Invano. 

Da Altamura si raggiunge Gravina, il cui borgo ricorda quello di Matera. In centro, l’Osteria di Salvatore Cucco espone sulle sue pareti le foto dei clienti blasonati: da Arbore a D’Alema, da Vissani a Placido. Il suo motto è «Mente sapiente in pancia capiente». Slogan gastronomico o slogan politico? Con questo interrogativo ci s’inoltra nel grande solco tra le Murge e l’Appennino lucano: vi scorrono il Basentello, il Bradano e il Locone. In mezzo c’è la sella su cui sorge Spinazzola. Poco prima, Poggiorsini, 1.500 abitanti affacciati sul lago artificiale del Basentello: di eccezionale questo paese lindo e pulito ha la calma serafica che trasmettono le sue strade e i suoi abitanti, sospesi in un’atmosfera rurale d’altri tempi. Spinazzola, 7.500 abitanti, è nota, tra l’altro, per aver dato i natali a un papa, Innnocenzo XII: il cardinale Antonio Pignatelli, nato nel 1615 da Francesco Pignatelli II Marchese di Spinazzola e Porzia Carafa Principessa di Minervino, figlia di Fabrizio Carafa Duca d’Andria e Marzia Carafa dei Pricipi di Stigliano. Fu l’ultimo papa con la barba, infatti dopo di lui s’instaurò l’abitudine alle facce rasate. E grande impegno profuse per stroncare la piaga del nepotismo. Un altro religioso, più modesto come incarico, si distinse in paese il 23 settembre 1943: Padre Ilario fermò i soldati tedeschi in ritirata, che avevano già minato il centro del paese. Spostò con le sue mani le mine, chiamando poi a raccolta cittadini, carabinieri, soldati sbandati, per difendere la cittadina. Padre Ilario Giovine, classe 1915, ha poi retto per decenni la parrocchia San Francesco d’Assisi di Japigia, a Bari.

La strada provinciale 39 scavalca la Murgia di Serra Ficaia, dove verso sera può capitare d’incrociare una volpe che insegna al suo cucciolo a cacciare. La strada scende verso Ruvo di Puglia, col suo splendido centro storico. Diciannove chilometri ci separano da Castel del Monte.

    

    

©2006 Marco Brando; articolo pubblicato su «Corriere della sera - Corriere del Mezzogiorno» dell'agosto 2005.

      


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