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REPORTER - «DENTRO» LA PUGLIA |
a cura di Marco Brando |
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Leuca
Ore 12 del ventisette luglio 2005. S'arriva a Leuca sull'onda delle parole lette, a fianco del rinomato motto latino «De Finibus terrae», nel sito Internet del Comune di Castrignano del Capo: «Impossibile non perdersi nell'orizzonte dei due mari che si incrociano all'estrema punta d'Italia, Punta Meliso, e diventano Mediterraneo sul quel promontorio che è custode geloso della cultura del Salento. Santa Maria di Leuca, con le sue splendide ville ottocentesche, è uno dei luoghi più eleganti e suggestivi del Mediterraneo ». Vero. Tuttavia, malgrado le suggestive premesse, veniamo accolti da un quesito: «Ma proprio adesso, in piena estate, devono smantellare la strada e sfasciare il pontile?». La domanda, posta da una turista molto milanese ad un'amica, non è per nulla retorica.
Appena
dalla litoranea si precipita su Leuca, provenienti dalla costa ionica, ecco un
cantiere, in mezzo allo slargo che precede il lungomare. Poi l'ormai ex
pontile degli Inglesi trasformato in pietrame. Merito dell' escavatrice che un
mese fa tentò di portare a termine la sua missione: far spazio all'
idroscalo, inteso proprio come scalo per idrovolanti, che un Aeroclub locale,
col beneplacito del Comune, avrebbe voluto, o vorrebbe, realizzare lì
davanti. L'amica della milanese comunque risponde: «Si vede che nelle altre
stagioni non hanno avuto tempo». Risposta di circostanza ma sbagliata. Sembra
proprio che la piena stagione sia il periodo peferito per smantellare e
demolire.
Per quel che riguarda l'idroscalo, ci sono ancora le tracce della recente
rivolta della gente del posto: poche centinaia di persone stanziali durante
l'inverno, più battaglioni di villeggianti e plotoni di ambientalisti. Ora il
pontile non c'è quasi più, troppo tardi; ma forse non ci sarà neppure
l'idroscalo. In compenso, si preferirebbe una rete fognaria efficiente,
giardini con giochi per i bambini, servizi un po’ più seduttivi per i
turisti. In verità da queste parti - a giudicare dai cartelli di protesta
scritti dai nemici degli idrovolanti - la gente mostra un po' d'insofferenza
verso il «lontano» municipio di Castrignano del C a p o , a qualche
chilometro nell'entroterra: si sentono sottovalutati, malgrado quel municipio
debba la fama a questa famosa
frazione. «Vogliamo più attenzioni concrete e
meno retorica », dicono
vari commercianti.
Tanto è vero che alcuni residenti più o meno stanziali hanno riso un po’ amaramente quando il 20 giugno scorso è stato costituito il Principato di Leuca, con tanto di cerimonia con costumi e pergamene e sponsorizzazione comunale. L’occasione? «L’insediamento del Principe Paolo Francesco I di Barbaccia degli Hohenstaufen… alla presenza delle autorità civili, militari ed ecclesiastiche presso Villa Reale La Meridiana, sede ufficiale del Principato e del Sovrano Ordine Teutonico». Lo si legge nel sito dell'Ordine, che, per quanto teutonico, è aggiornato sulle nuove tecnologie e fornisce pure la lettera con cui il Comune «formula i migliori auspici per la costituzione del Principato di Leuca, augurandosi che nel rispetto delle leggi dello Stato italiano e della religione cattolica possa realizzare un'utile opera di marketing territoriale». Marketing? Auguri. E pensare che Santa Maria di Leuca, malgrado nuovi principi e futuri idrovolanti, mantiene un fascino particolare. Vengono in mente le parole con cui Franco Antonicelli - uno dei più noti intellettuali piemontesi del Novecento, con radici pugliesi - scrisse nel 1954 in occasione di un viaggio nella zona in compagnia di Italo Calvino (riproposto nel volumetto Finibus terre, Besa editore): «Correvamo verso un punto preciso, un nome, uno scoglio, in cui con la Puglia finiva anche l'Italia. Ora la testa, la chioma dell'Italia si sperde in monti e foreste di altri paesi, e i confini non si avvertono,mail mare è l'infinito, il mare è il vero limite di un paese. Anche Reggio è alla fine della Penisola, ma subito dopo c'è l'isola e subito dopo l'Africa; non c'è il senso di perdersi. Ma a Leuca sì». La sensazione è ancora la stessa, mezzo secolo dopo, correndo verso il capo estremo del Salento e verso quel «bianco faro che - come scriveva Antonicelli - provava la luce nel suo occhio d'insetto».
Dopo Santa Maria di Leuca la litoranea procede verso Otranto, attraversando varie marine e due cittadine linde e pulite, Castro e Santa Cesarea Terme. Se prima di Leuca le spiagge s'alternano a basse scogliere, dopo, procedendo verso Nord, la costa diventa scoscesa, a picco, segnata dai fichi d'India, dai muretti a secco. Di fronte, nelle giornate limpide, s'intravede l'ombra della prima isoletta greca, Othonoi, al largo di Corfù; e il telefonino, a volte, si connette addirittura alla rete ellenica: col rischio di farci trovare sul conto telefonate internazionali, ma con il piacere di constatare che siamo proprio su quell'antico confine tra noi e l'Oriente.
Una decina di chilometri dopo Leuca s'incontra il Ciolo, una ponte a strapiombo su un fiordo d'acqua spumeggiante. Dal ponte - che compare in un film del 2002, diretto e interpretato da Sergio Rubini, «L'anima gemella» - ogni tanto c'è chi si tuffa, con un salto di oltre dieci metri. In fondo c'è una grotta in cui l'acqua è fredda e blu, dai riflessi incredibili, con i piccioni appollaiati sulle pareti. Si scende verso il mare, riparato, lungo un sentiero che parte accanto a un piccolo bar. Un'Acapulco di casa nostra, in questa insenatura dove, non a caso, fanno buoni affari tre o quattro ristoranti, per non parlare del Gibò, il night che accoglie vip, aspiranti vip o osservatori di vip provenienti da tutta la Puglia e dintorni.
Se al Ciolo la folla c'è sempre, poco oltre ci si può imbattere in zone più tranquille. è il caso di Marina Serra, una frazione di Tricase cui si giunge scendendo per una ripida stradina piena di tornanti. In fondo, sulla scogliera, poca gente; e, lungo la strada, un simpatico parcheggiatore, Maurizio, non più giovanissimo, che vigila con grande pacatezza su i rari automobilisti che scelgono i trecento metri di strisce blu per parcheggiare. A proposito, lungo tutte le coste salentine le strisce blu sono state disegnate ovunque, anche dove non c'è nessuno né a vigilare né a parcheggiare; come se ci si augurasse che, nel dubbio, qualche svizzero o varesotto ligio al dovere un grattino possano decidere di grattarlo davvero. In ogni caso Maurizio ogni tanto si sofferma a meditare guardando il mare. Un esempio di calma olimpica: «Quest'anno c'è meno gente. Me lo dicono anche i colleghi. Ma speriamo in agosto». Come sempre. Di certo, i 51 chilometri percorsi dal nastro d’asfalto che unisce Leuca e Otranto costituiscono una tra le più belle litoranee italiane. Il paesaggio a tratti pare quello delle scogliere islandesi, miracolosamente baciate dal sole. O una savana, che si getta in un mare sempre accarezzato dal vento. Castro e Santa Cesarea sono all'altezza. Pare che da queste parti la frenesia cementizia sia stata quasi del tutto sedata dal buon senso; e, forse, dall'amore a prima vista che il panorama suggerisce. Santa Cesarea gode del privilegio di poter contare sugli stabilimenti termali, in grado di garantire una stagione più lunga. Castro è una meta costante di visitatori, grazie pure alla grotta Zinzulusa; anche se non si capisce perché, con tutto quel mare azzurro lì sotto e nei dintorni, la gente faccia la coda per tuffarsi in una piscina vicina al parcheggio della famosa caverna.
Mistero... E poi ecco Otranto: anche se forse il centro è diventato fin troppo «turistico», un po’ artificiale, parlarne bene è quasi scontato, sebbene di strada se ne debba fare ancora. Una strada imboccata quando, nelle pinete vicine ai laghi Alimini, nacque nel 1970 uno dei primi villaggi, il Club Med, seguito da molti altri. «Le cinque vele ottenute per il miglior mare d'Italia sono il punto di partenza per ogni ragionamento», afferma Renato Bruni, direttore dell'Hotel Solara. «Quest’anno le presenze sono in calo ovunque, ma Otranto riesce a tenere bene», aggiunge Ernesto Refolo che, con i l socio Stefano Rizzo, gestisce la «Croce del Sud Viaggi».
La strada continua lungo le coste dell'Adriatico, tra spiagge e scogliere, con tratti molto belli e non solo per mare: è il caso dei laghi Alimini. Vi si possono noleggiare canoe. E avere visioni: ecco un vero taxi di Milano che si materializza tra i pini, guidato da un vero taxista meneghino. Allarmato dalla nostra sorpresa, ci rassicura: «Sono fuori servizio. E sono qui in ferie». Ricomparirà, poco dopo, a Sant'Andrea, di fronte a faraglioni e archi di roccia. Tassinaro originale in vacanza o autentico miraggio estivo? Se fossimo turisti milanesi in crisi d’astinenza metropolitana, dovremmo davvero cominciare a preoccuparci...
Ancora pochissimi chilometri ed ecco la spiaggia stracolma di Torre dell’Orso.
©2006 Marco Brando; articolo pubblicato su «Corriere della sera - Corriere del Mezzogiorno» nell'agosto 2004.