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SIRE UT... FAMI RE!

Musiche di re e di cialtroni

a cura di Olimpia Amati

musica in sottofondo: Ockeghem, Requiem (Introitus)


Fig. 1. Ockeghem alla corte di Parigi (miniatura).


Se l’Ars Nova in musica decade rapidamente, lo si deve al quadro storico-sociale della Francia e dell’Italia: il XV secolo è caratterizzato in tutta Europa da un grande fermento commerciale, esteso anche ai Paesi dell’Oriente.

I commercianti “mecenati”, spinti da una maggiore esigenza di libera concorrenza, promuovono la loro attività arricchendo le cappelle con grandi artisti che sostengono economicamente. Nascono così i cori stabili nelle grandi cattedrali, queste ultime divenute ormai luoghi di ritrovo per i nobili intellettuali.

L’arricchimento sociale (che interessa in particolar modo l’Italia centro-settentrionale, la Francia e l’Olanda) genera un notevole interesse per la cultura artistica, al punto tale che vengono a crearsi vere e proprie scuole d’arte1 e finalmente si delinea più chiaramente la figura del musicista come professionista. è in questo periodo infatti che si ritrovano più brani autografi, commissionati per grandi eventi di importanti personaggi religiosi e addirittura dediche ai maggiori compositori contemporanei!2.

Il giro d’affari delle chiese e delle corti quattrocentesche in campo musicale è, come dice il musicologo F. Alberto Gallo, pari a quello dell’organizzazione di una guerra: si scatena una incredibile gara alla collezione di cantori e compositori sempre più preparati e scendono in Italia musicisti stranieri (per lo più dalle Fiandre e dalla Francia del Nord) portando con sé il proprio stile compositivo.

In realtà l’Italia è l’ultima terra d’approdo per gli artisti franco-fiamminghi3 che giungono prima nelle grandi scuole di Parigi e Cambrai per studiare (sovvenzionati dai mecenati e desiderosi di sfuggire alle persecuzioni politico-religiose dei loro Paesi) e poi in Italia per lavorare (addirittura Filippo il Buono, duca di Borgogna,  usava “scambiarli” con quelli della cappella papale romana!). I grandi viaggi dei compositori dell’epoca daranno luogo nel cinquecento a veri e propri gruppi di musici girovaghi nelle corti europee rinascimentali.

Il successo dei fiamminghi e dei francesi è dovuto al loro stile polifonico complesso, ricco di tecniche avanguardistiche ed artificiose, totalmente diverso dallo stile italiano, quest’ultimo affettuoso, cantabile e soprattutto immediato, figlio della tradizione popolare4.

Le generazioni di compositori fiamminghi si succederanno fino al Seicento, ma fermiamoci al secolo XV per elencare i personaggi di maggior rilievo.

   

Figg. 2-4. Nell'ordine: Hayne van Ghizeghem, De tous bien... (ediz. Baerenreiter, Kassel 1989); Alexander Agricola, De tous bien... (stessa edizione); 
a destra, Johannes Japart, De tous bien... (stessa edizione).

 

Guillame Dufay (?1390/1400-Cambrai 1474)

Apprende l’educazione musicale da bambino fra i cantori della cattedrale di Cambrai.

è probabilmente il primo compositore della prima generazione franco-fiamminga in Italia.

Lavora a servizio dei Malatesta fra Pesaro e Rimini fino al 1426 circa, a Roma come cantore presso la cappella pontificia dove presta servizio per cinque anni, a Torino presso Ludovico di Savoia, ancora dal Papa a Firenze ed a Bologna finchè viene nominato vescovo della cattedrale di Cambrai.

Stilisticamente le sue composizioni si evolvono negli anni: dalle 87 chansons di stile arsnovistico probabilmente scritte durante il periodo adolescenziale a quelle complesse e raffinate, tipiche del futuro rinascimento italiano (“Vergine bella,che di sol vestita” con versi del Petrarca; vedi figg. 5-7).

Per quanto concerne i mottetti sacri e profani, alcuni subiscono l’influenza dello stile isoritmico preesistente, altri seguono il superius intrecciandosi fra loro e supportandolo.

Ma più di ogni altra composizione, le messe hanno lasciato una particolare traccia stilistica: alcune sono dette “libere” (Missa Sancti Iacobi), chiamate da Heinrich Besseler “messe-cantilena”5 ed altre sono su tenor (le voci dipendono interamente dal tenor, che non sempre è una melodia di carattere sacro, come nel caso de L’homme armé. La linea melodica di questa chanson apparirà spesso nella letteratura musicale postuma).

Il catalogo delle opere qui riportato spiega da sé la varietà delle opere di Dufay.

   

Figg. 5-7. Elenco delle opere di Guillame Dufay (da Dizionario Enciclopedico Universale della musica e dei musicisti, ediz. UTET, Torino 1983).

Gilles Binchois (Mons 1400 circa - ? 1460)

Compositore, amante della poesia (vengono attribuiti a lui alcuni testi di sue chansons) e grande amico di Dufay, con un passato da soldato, viene chiamato a servizio in qualità di cantore presso Filippo Il Buono, duca di Borgogna.

La sua fama fu tale che alla sua morte il famoso Ockeghem gli dedicò la Déploration sur la mort de Binchois.

La sua letteratura musicale è prevalentemente profana, ha lasciato numerose chansons polifoniche di corte nelle quali la gran parte delle volte affida al superius la voce fondamentale, ricca ed espressiva nella descrizione degli affetti.

Dal punto di vista armonico, il contrappunto è severo e raffinato, con cadenze che anticipano lo stile  rinascimentale.

La musica sacra si avvale sia di melodie preesistenti che di nuove tecniche compositive6.

 

Johannes Ockeghem (Termonde, Fiandre Orientali, 1420/1425 – Tours,1496 ca.)

Inizialmente cantore nel coro della chiesa di Notre Dame di Anversa, poi in Francia nella cappella del duca Carlo I di Borbone, presso il re Carlo VII come maestro di cappella, ancora tesoriere dell’abbazia di St. Martin di Tours ed infine, con Ludovico XI, maestro di cappella del re.

Johannes Ockegem (vedi fig. 1) fu riconosciuto ed osannato sia in vita che dopo la sua morte, godette di privilegi economici e di straordinaria fama, conteso dalle corti di tutta Europa.

Le composizioni sacre sono di fondamentale importanza, poiché nello stile anticipano la seconda generazione di fiamminghi. Ben 10 messe sono giunte a noi integre, fra cui una sul tema della chanson profana: L’homme armé (vedi Dufay).

Fondamentale importanza assume il Requiem a quattro voci: è la prima messa funebre polifonica.

La tecnica dell’imitazione viene sfruttata sia nella musica sacra che in quella profana (circa 25 chansons prevalentemente a tre voci).

 

Antoine Busnois (? 1430 ca.-Bruges, 1492)

Ha passato molti della sua vita seguendo nei viaggi Carlo il Temerario (conte di Charolais, poi duca di Borgogna) in qualità di sacerdote e maestro di cappella, prima di essere chiamato a servizio di Margherita di York. Negli ultimi anni della sua vita è stato maestro di cappella della chiesa del Salvatore di Bruges.

Come per Binchois, anche a Busnois vengono attribuiti alcuni testi di sue chansons.

La sua produzione varia dalla musica sacra alle numerose chansons alla francese (ne sono state ritrovate 64), prediligendo frammentarie imitazioni, cambi ritmici e rigore nel contrappunto.

Fra le tre messe a quattro voci vi è anche una sul tema profano de L’homme armé (vedi Dufay ed Ockeghem).

 


L’ANGOLO DELL’ASCOLTO

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  Ockeghem, Canon Epidiatesseron.

 


1 Basti pensare alla cattedrale di Notre Dame di Cambrai che divenne il fulcro della musica sacra polifonica dell’epoca: «Notre Dame di Cambrai raggiunse grande floridezza economica nel XV secolo (poteva contare sui redditi di 1029 parrocchie) e poteva mantenere un nucleo di 20-25 cantori altamente qualificati nonché una scuola annessa dove si insegnava la polifonia mensurale»: Elvidio Surian, Manuale di Storia della Musica, vol. I, Edizione Rugginenti, Milano 1998.

2 A proposito delle dediche: «è il caso… del mottetto “Omnium bonorum plena” che Loyset Compère,…all’inizio della carriera, scrive… come preghiera alla Vergine “pro salute canentium”; qui un “elenco di musicisti” pone al primo posto Guillame Dufay, il celebre maestro…, e poi altri dodici compositori tra cui Ockeghem e Busnois; il carattere “corporativo” di quest’opera, vera musica sui musicisti e per i musicisti, è accentuato dal fatto che nel mottetto è utilizzata come tenor la voce superiore del rondeau “De tous bien plaine est ma maitresse” di Hayne van Ghizeghem, citazione-omaggio ad un altro noto compositore del tempo»: F. Alberto Gallo, La polifonia nel Medioevo, edizioni EDT, Torino 1991. Vedi figg. 2-4. Il mottetto di Compère, in cui Dufay viene ricordato come “astro della musica”, viene scritto e pubblicato dopo la morte di Dufay stesso.

3 In realtà, grazie prima alla caduta dell’Impero di Bisanzio e poi all’insorgere del neonato Umanesimo nella seconda metà del Quattrocento, l’Italia accoglie anche i filosofi e gli scienziati greci. L’interesse al mondo classico ebbe una lenta e vincente evoluzione, ma non dimentichiamo altri stranieri che in questo periodo hanno onorato la penisola del loro prestigioso tributo artistico in ambito polifonico: gli inglesi John Dunstable e Lionel Power per esempio! Ancora, il vallone Johannes Ciconia, che nell’ultimo periodo della sua vita si dedicò alla composizione su stile fiammingo, lo si ricorda ancora in Puglia per il componimento “Oh Beatae Nicola”, dedicato a S. Nicola pellegrino di Trani.

4 Gli italiani torneranno a farsi sentire verso gli ultimi anni del secolo con personaggi del calibro di Marchetto Cara e più in là Bartolomeo Tromboncino, entrambi famosi per le “frottole”.

5 «Dufay tende a passare dalla messa-cantilena (generalmente a tre voci in cui il superius, come nell’analogo mottetto, presenta la melodia accompagnato dalle altre due voci in stile strumentale) alla messa costruita su di un unico cantus firmus affidato al tenor, nella quale le quattro voci intessono una polifonia libera e di carattere essenzialmente vocale»: Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti, vol. II, Le Biografie, Edizioni UTET, Torino 1999.

6 Come l’uso del “falsobordone” (fauxbourdon). Per quanto il termine sia apparso per la prima volta in Francia da Dufay, il falsobordone ha origini inglesi ancora più antiche. Per gli inglesi il cantus firmus era tendenzialmente la voce più grave e le altre si muovevano in successione di terza e sesta superiore (rispetto al cantus firmus). In Francia il cantus firmus (tendenzialmente posto come voce acuta) era accompagnato dalle due voci inferiori che si muovevano alla quarta e sesta inferiore. Quindi, non essendo più il bordone una voce grave  “ferma”, un bordone alla voce superiore diviene “falso”.

 

©2003 Olimpia Amati

 


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