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![]() Così le Cronache Anglo-Sassoni menzionano la prima grande incursione vichinga sulle coste britanniche e il terribile eccidio di tutti i monaci del monastero dell'isola di Lindisfarne da parte dei "diavoli del nord". Molti altri attacchi seguiranno, tanti da far inserire nei messali di numerose zone d'Europa preghiere specifiche per impetrare la protezione divina contro i temibili vichinghi [2]. Ma chi erano questi biondi guerrieri, esploratori, mercanti e pirati che terrorizzarono per secoli le maggiori nazioni europee, che, provenienti dalla Scandinavia con le loro lunghe navi , arrivarono a est fino a Costantinopoli e al Volga in Russia e a ovest fino all'Islanda, alla Groenlandia e al Nowfoundland canadese, che, tra VII e XI secolo, allargarono tanto i loro domini da far parlare oggi di un "Età Vichinga"?
![]() Quelli che chiamiamo vichinghi, non si riferivano a se stessi con questo termine, ma, normalmente, unicamente come uomini ("mannen") o a seconda del clan tribale d'appartenenza. In realtà, il nome "vichingo" si diffonde, come "Wicing", solo a partire dal poema anglosassone, probabilmente del IX secolo, Widsith e dalle cronache di Adamo da Brema, ma i questi scritti risulta solo un equivalente di pirata e non designa in alcun modo una intera cultura. Infatti, già in medio-inglese la parola scompare completamente, sostituita dall'equivalente dell'italiano "normanno" (e, da parte di alcuni studiosi [3] si discute se tale appellativo derivi dal connotativo geografico "North-Men" - "Uomini del Nord" o dal connotativo culturale "Norse - Men" - "Uomini Norreni"), per poi ricomparire solo nel periodo romantico (a partire dal XVIII secolo), in quella corrente (storicamente altrettanto erronea che quella che vedeva, in precedenza, i vichinghi come animali assetati di sangue) di esaltazione del "guerriero barbarico" e del "buon selvaggio" che prende il nome di "Revival vichingo". Di fatto, comunque, per un norreno, come risulta ancora oggi dall'evoluzione terminologica nelle lingue scandinave, vichingo era solo chi si imbarcava in spedizioni per terre lontane da casa, fossero esse spedizioni bellicose, piratesche o commerciali [4]. A est, questi "popoli del nord" erano più comunemente conosciuti come "Variaghi": così erano detti a Bisanzio, dove la parola, come comprendiamo fin dal suo primo utilizzo (nelle cronache di una guarnigione della Tracia nel 1034) stava, però, più che altro ad indicare una funzione, quella della "guardia variaga", cioè di quel corpo scelto di norreni posto a difesa personale dell'imperatore a partire dal 1000 circa (e definito, in Scandinavia, con il termine in questione a partire dalle saghe islandesi scitte da Einarr Skúlason nel 1153 [5]); così erano detti in Russia, in riferimento diretto agli scandinavi che percorrevano i fiumi interni verso sud per commerciare con Costantinopoli. E' molto probabile che il termine derivi dal persiano: il geografo iraniano Al Biruni, infatti, definisce il Baltico come "Mar Variago" ed è forse a partire da ciò che, nella Cronica Primaria Russa, troviamo il nome "Variago" riferito ad ogni popolazione germanica il cui territorio si affacciasse sul Baltico stesso [6]. Più discutibile è che l'origine indiretta della parola fosse il norreno "Væringjar", altra variante, di radice svedese, di quel "Vikingr" di cui si diceva [7]. ![]() a) o quelle popolazioni tribali germaniche che, per ragioni politiche o di clan, avevano deciso di non abbandonare il loro approdo nomadico primario, non venendo, dunque, per molto tempo in contatto con le civiltà mediterranee e, di conseguenza, mantenendosi in qualche modo "pure" dal punto di vista etnico e di sviluppo di una civiltà propria; b) o quelle popolazioni germaniche appartenenti all'ultima fase nomadica da est, etnicamente non completamente coese nei confronti delle tribù nomadiche precedenti, che, essendo arrivate "in ritardo" rispetto a queste ultime, avevano dovuto accontentarsi di stanziarsi in aree più povere e meno fertili, lasciate libere dai movimenti verso sud di ceppi germanici precedenti [8]. Gli studi genetici sulla diversità etnica sembrerebbero far propendere per questa seconda ipotesi: l'aplogruppo I1 (definito da un particolare marcatore del cromosoma Y), infatti, appare come specifico unicamente delle popolazioni norrene e non delle altre popolazioni germaniche, facendo supporre l'esistenza di una non-omogeneità di origine antichissima e pre-migratoria. A tutt'oggi, tale aplogruppo risulta esistente unicamente in Norvegia, Danimarca e Svezia (35% della popolazione), in Finlandia (con punte del 40% nelle aree occidentali) e nelle aree di successivo stanziamento norreno, quali le Shetland, le Orcadi e, ovviamente con percentuali molto più basse, l'area di Liverpool e il West Lancashire [9].
![]() Dal punto di vista geografico, l'"Età vichinga" si sviluppa non solo nelle zone scandinave, ma anche in tutti i territori sotto il dominio di questi Germani settentrionali, in particolare nel Danelaw britannico, che comprendeva l'ex regno di Northumbria, gran parte della Mercia e l'East Anglia. Tra la fine del IX e l'inizio dell'XI secolo, navigatori vichinghi aprirono, inoltre, rotte verso nuovi territori nel nord, dell'est e dell'ovest, sviluppando centri indipendenti nelle Shetland, nelle Orcadi, nelle Isole Faroe, in Islanda, in Groenlandia e nell'Anse aux Meadows, con un piccolo insediamento nell'odierno Newfoundland, sorto circa nel 1000 e, comunque, di breve vita [11]. Rimane tuttora incerto se tali colonie venissero scoperte da marinai fuori rotta o fossero ricercate attivamente sulla base di avvistamenti avvenuti a grande distanza, ma, in molti casi, come visto per i territori americani, come per la Groenlandia (in questo caso probabilmente per cambiamenti climatici posteriori) o come per molte aree lungo il Volga ben presto slavicizzate (già intorno al 950), i loro insediamenti avevano per lo più carattere temporaneo e di sfruttamento delle aree circostanti e non erano viste come vere e proprie estensioni della madrepatria [12]. ![]()
Insomma, nel momento della loro
massima espansione i Vicinghi erano i padroni indiscussi
dell'Atlantico settentrionale, avevano raggiunto, come soldati,
predatori e commercianti, l'Africa e il Medioriente, creato basi
in Russia e, con Leif Eriksson, erede del grande leader Erik il
Rosso, avevano toccato il Nord America, sviluppando piccoli
insediamenti nell'odierno Canada. La domanda che ci dobbiamo
porre è quale fosse la molla che li spingeva a questi continui,
lunghi e pericolosi movimenti .
![]() ![]() Certamente, anche il declino delle possibilità di profitto lungo le vecchie vie commerciali ebbe un ruolo fondamentale nell'espansione norrena: il commercio tra Europa occidentale e il resto dell'Eurasia aveva ricevuto un durissimo colpo dalla caduta dell'Impero Romano nel V secolo e la continua conquista di territori da parte dell'Islam nel VII secolo aveva reso la situazione ancora più grave, cosicché quando i vichinghi cominciarono la loro fase apogeica, gli scambi sul Mediterraneo erano al loro minimo storico. Aprendo nuove vie commerciali sia nelle zone arabe che in quelle franche, i vichinghi ebbero, dunque, la possibilità di ottenere enormi profitti e di svilupparsi oltre i propri confini nazionali, possibilità amplificata dalla distruzione da parte dei Franchi della flotta dei Frisoni e dalla conseguente opportunità di sostituirsi ad essa sui mercati internazionali [19]. Proprio a seguito di questa spettacolare fase espansiva, sia militare che commerciale, i domini vichinghi cominciarono ad essere toccati dagli impulsi culturali provenienti dal resto d'Europa. Così, il Cristianesimo ottenne ben presto una notevole e sempre crescente presenza nelle aree norrene e soggette, di pari passo con lo sviluppo di autorità sempre più centralizzate e di sistemi di difesa costiera nemici sempre più perfezionati, che rendevano le incursioni più rischiose e meno redditizie. L'insieme di tutti questi elementi portò alla progressiva decadenza del dominio vichingo. ![]() Un nuovo sistema quasi feudale si inserì così, a poco a poco, a partire dall'organizzazione ecclesiastica, all'interno delle leggi tradizionali scandinave, portando a divisioni intra-norrene tra tribù di aree diverse: numerose cronache dell'XI secolo riportano attacchi da parte dei vichinghi cristianizzati occidentali contro i vichinghi delle sponde orientali del Baltico, attacchi sempre più organizzati, che porteranno i Danesi e gli Svedesi a partecipare alle "Crociate Baltiche" del XII e XIII secolo e che saranno l'origine ultima della successiva Lega Anseatica [21]. Inoltre, una delle maggiori fonti di reddito dei vichinghi era sempre stata il commercio degli schiavi, ma la Chiesa aveva da subito preso posizione contro questa pratica, tanto che, dopo una drastica diminuzione, il traffico di esseri umani finì per essere proibito per legge e sostituito con il servaggio della gleba: ciò eliminò gran parte degli incentivi verso l'organizzazione di spedizioni oltremare e, sebbene alcuni raid continuassero ad essere organizzati anche dopo la conquista normanna dell'Inghilterra, la drastica diminuzione delle incursioni vichinge sulle coste occidentali finì per segnare la fine dell'epoca d'oro dei popoli scandinavi [22].
NOTE:
(1) Anonimo,
Cronache
Anglo-Sassoni, riportae in J.H. Ingram (a
cura di), The
Anglo-Saxon Chronicle, Quill Pen Classics
2008, pp. 89-90.
(2) Tipica, in questo senso, l'inclusione del testo "Libera nos a malo et a diabulo septentrionale" rinvenuto in molti messali del IX secolo francesi . Cfr. A. Jouffre, Histoire de la Normandie, Couvain 1999, pp. 187 ss. (3) M. Chibnall, The Normans, Wiley-Blackwell 2006, p. 23. (4) P. Sawyer, The Oxford Illustrated History of the Vikings, Oxford University Press 2001, pp. 18 ss. (5) B. Benedikz, The Varangians of Byzantium, Cambridge University Press 2007, pp. 8-32, passim. (6) G. Jones, A History of the Vikings, Oxford University Press, 191 ss. (7) Ivi, p. 197. (8) P. Sawyer, cit., pp. 37 ss. (9) J.M. Clements, The Vikings, Sterling 2007, pp. 18-19. (10) A. Thierry, History of the Conquest of England by the Normans; Its Causes and Its Consequences in England, Scotland, Ireland and on the Continent, Kessinger Publishing 2004, pp. 107-109. (11) M .Harrison, The Vikings: Voyagers of Discovery and Plunder, Osprey Publishing 2008, passim (12) G. Jones, cit., pp. 46 ss. (13) M. Harrison, cit., pp. 71-73. (14) Ivi, pp. 49 ss. (15) R. Hall, The World of the Vikings, Thames & Hudson 2007, pp. 97-114. (16) G. Jones, cit., pp. 71 ss. (17) Ivi, p. 84. (18) Ivi, pp. 91 ss. (19) J.M. Clements, cit., p. 88-93. (20) S. Sturluson, Saga di Sant'Olaf, cap. 73, in L.M. Hollander (a cura di), Heimskringla: History of the Kings of Norway, University of Texas Press, pp. 308 ss. (21) F. Donal Logan, The Vikings In History, Routledge 2005, pp. 189 ss. (22) Ibidem. |
©2009 Lawrence M.F. Sudbury