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Montalbano Jonico, torre di Papaciommo
a cura di Pierfrancesco Nestola
La torre.
In basso: mattoni laterali.
In basso: nucleo cementizio.
Epoca:
medievale.
Conservazione:
stato di rudere.
«Sul promontorio che, profondamente scavato dalle acque, s’affaccia sul secondo rialzo delle colline marittime, alla confluenza del fosso Ferrarulo e del fosso Confine, sorgeva ancora nel 1934 un vecchio casale che portava il nome di Torre di Papa Ciommo […]» 1.
Così il Quilici descriveva quanto «i vecchi del posto […] ricordano ancora come una torre, affermando che sul posto esiste una antica città, di cui si sarebbero rinvenute anche tombe sull’opposto versante del fosso del Confine, quello che oggi porta il nome di Papa Ciommo […]» 2.
Era il 1967 e lo stesso autore ipotizzava potesse trattarsi di un «posto di vedetta medioevale in funzione di Montalbano, sui confini del tenimento di Scanzano» 3.
Ricerche più recenti di carattere archeologico hanno confermato l’ipotesi, parlando dei «ruderi di un’antica torre di vedetta post-antica, forse parte di un precedente edificio (sembrerebbe romano imperiale), visto il nucleo in cementizio e le parti angolari in mattoni, che nel medioevo (bizantino?) sicuramente rientrava in un sistema di controllo del territorio […] 4» .
Chi scrive non ha trovato ulteriori menzioni della torre di Papa Ciommo (o Papaciommo), né di un suo utilizzo in un sistema di controllo territoriale. C’è però da notare almeno la sua ubicazione non lontana dalla “difesa” di Andriace, dove sorge ancora oggi un’antica masseria: casale Andriachium. Il luogo in questione fu oggetto di diverse donazioni in età normanna, per quanto le notizie vadano prese con il beneficio del dubbio, data l’alta incidenza di interpolazioni dei documenti coevi nell’ambito dei bella diplomatica settecenteschi. Sappiamo inoltre che Ruggero il gran conte fortificò nel secolo XI San Basilio, sul fiume Cavone 5: già in quel periodo, l’azione dei nuovi dominatori suggerisce interessi strategici diversi per la stessa area.
In età sveva, lo Statutum de reparatione castrorum ci informa di come gli abitanti di Andriace, San Nicola de Silva e addirittura Stigliano fossero tenuti alla riparazione di Petrullo, probabilmente la fortificazione di Tempa Petrolla, sempre nel territorio di Montalbano, unica domus nell’attuale provincia di Matera (e riparata dai soli abitanti del luogo) 6.
Chi scrive pensa dunque ad un progressivo spopolamento dell’ipotetico abitato, protrattosi nei secoli, a partire dalla sistemazione territoriale bizantina, caratterizzata da un’incisiva trasformazione del paesaggio rurale che conciliava le esigenze difensive con quelle del popolamento e dello sfruttamento agricolo 7, passando per l’incastellamento normanno, volto ad un controllo capillare dei centri abitati e del territorio, per arrivare quindi all’età di Federico II, con la sua logica del divide et impera, per la quale una fortezza non doveva diventare centro di aggregazione territoriale 8. L’utilizzo degli abitanti nelle corvées di varia natura esatte dai nuovi dominatori (e quindi dai nuovi sovrani), potrebbe aver determinato un lento ma costante spostamento di popolazioni rurali da alcune zone, ormai non più nevralgiche nelle dinamiche politiche ed economiche, ad altre preposte alle nuove funzioni di controllo del territorio.
1 LORENZO QUILICI,
Siris-Herakleia, in Forma Italia, Regio III, Roma 1967, s. v. 19,
pp. 212-123.
2 Ibidem.
3 Ibidem.
4 DOMENICO ASPRELLA, Montalbano e le sue origini. Dall’epoca ellenistica
al XV sec., Santa Rufina di Cittaducale 2017, p. 43.
5 RAFFAELE LICINIO, Castelli medievali. Puglia e Basilicata: dai Normanni
a Federico II e Carlo I d’Angiò, Bari 1994, p. 43.
6 Idem, pp. 176; 177; 308; 311.
7 Idem, pp. 18-25.
8 Idem, pp. 169-183.
©2018 Pierfrancesco Nestola (test e foto).