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CALVELLO, CASTELLO
redazionale
scheda la storia la struttura per saperne di più video
Immagini del castello.
Conservazione: inagibile.
Come arrivarci: con l'autostrada A3 (SA-RC), uscita Sicignano; raccordo autostradale Potenza - Sicignano, uscita Albano di Lucania.
Dal sito: www.comunecalvello.com
«Appollaiato sulla cima d'un promontorio, a fronte del colle "Timpo del Castagno", si erge un grosso caseggiato, impropriamente detto "Castello".
A Nord sprofonda su un
rigagnolo a corso stagionale, con uno strapiombo di circa 200 m.; a
mezzogiorno degradano le case accavallate l'una sull'altra con vicoli
stretti. Poco discosta vi è la Chiesa di San Nicola, con nell'interno il
coretto per i signori feudatari.
La grossa e sgraziata costruzione, con ogni probabilità, fu eretta sui resti
di un'antica roccaforte che i Longobardi nel 700 stabilirono lassù, a
guardia della vallata, che dalle falde del Volturino si stende lungo il
fiume "La Terra" e del "Piesco", confluenti nel Basento, e separata
nettamente dalle vallate dell'Agri e del Vallo del Diano.
I Longobardi, ottimi strateghi, intesero, e bene a proposito, ergervi una
ben munita postazione militare, che controllasse il flusso per i tratturi
che, provenienti dall'altro versante, dalla Campania, portano, superando il
valico dei quattro confini, verso le Puglie, attraversando la valle del
Basento per la strada delle cinque Chiese.
Non vi è notizia alcuna, né segni, né reperti, né tradizione di insediamenti
abitativi intorno alla roccaforte.
Essa era isolata in un mare di verde, e vegliata unicamente dal mormorio
delle acque del fiume e dal passaggio dei viandanti.
La roccaforte esaurì la sua funzione e cadde in rovina, quando i costruttori
persero il potere.
L'altura con i ruderi della roccaforte, come ancor oggi quella di fronte,
era ricoperta da folti castagneti; e la foresta degradante dal Volturino,
lambiva il cenobio. I monaci, con paziente costante lavoro, disboscarono la
zona, permettendo ai primi abitanti, che si andavano raccogliendo, la
coltivazione di cereali, ortaggi e la piantagione della vite.
Quando, tra la fine del 1200 e gli inizi del 1300 i due Cenobi iniziavano
l'inesorabile declino che li portò all'estinzione, sui resti della
roccaforte fu edificata, dal conte Bernardo, divenuto nel frattempo
feudatario di un vasto territorio che dal Volturino si spingeva fino alle
radici,del Caperrino, una grossa casa di campagna; una brutta costruzione
quadrangolare di nessuno interesse architettonico. Non vi sono segni o resti
indicanti che originariamente vi fossero bastioni, merlature, feritoie,
ponte levatoio. Non vi è alcuna traccia di caratteristiche che possa far
pensare ad un "castello".
Dopo il conte Bernardo, nell'età sveva, Calvello fu feudo di Gentile De
Patruno, il quale ribellatosi agli Angioini, perdette il feudo che fu
assegnato da Carlo I d'Angiò ad Enrico Bourguignon. Successivamente passò a
Roberto de Carny, e poi a Oddone de Oddone de Fontaine. Nel secolo XVI
Calvello era feudo dei Carafa, per passare poi ai Cutini, e infine ai Ruffo
di Calabria.
Dei Carafa si ricorda l'obbligo contratto, con atto notarile nel 1786, per
sé ed eredi, dalla duchessa Dorotea Laguy Carafa, di fornire l'olio
occorrente ad alimentare la lampada del SS.mo Sacramento nella Chiesa di San
Nicola "prope Castellum", ove la nobildonna si recava per le sue devozioni,
durante la permanenza a Calvello. Da notare che tutti i feudatari,
succedutisi nei secoli, non hanno avuto mai alcuna influenza sul paese, che
si riconobbe invece, sempre ed unicamente, nei due Cenobi, fino alla loro
estinzione, e nei francescani, succeduti ai benedettini alla fine del 1500.
La vita e il progresso sociale, nelle molteplici componenti
artistico-culturale e di sviluppo, nella fierezza indipendentistica e
libertaria, erano regolate dai Monaci; mentre i "signori feudatari", non si
vedevano mai, se non per esigere, a mezzo di incaricati, le rendite dei
terreni e dei balzelli, avallati dai dominatori di Napoli.
La famiglia Ruffo di Castel Cicale, ultima proprietaria, circa trent'anni fa
vendette i terreni e il fabbricato; quest'ultimo lottizzandolo fra 12 o13
famiglie. Gli ultimi personaggi di detta famiglia, venuti a soggiornare a
Calvello nel periodo estivo, sono stati: il conte de la Tour, consorte della
Principessa di Castel Cicale e duchessa di Calvello, scomparsa qualche anno
fa, ambasciatore a l'Aia; e l'ultimo rampollo, il conte Paolo de la Tour,
deceduto 4 anni fa. Era ben conosciuto dallo scrivente, al quale si
premurava di corrispondere l'importo di lire 5 annue per l'olio della
lampada della Chiesa di San Nicola. Avviato alla carriera diplomatica, come
il genitore, esercitò le funzioni d'incaricato d'affari presso la Santa Sede
nel periodo bellico; e nel 1946, per solidarietà con Umberto II, esiliato
per referendum, rinunciò agli incarichi diplomatici e si ritirò a vita
privata nel feudo di Castel Cicale presso Nola.
La secolare storia dei feudatari di Calvello finiva così squallidamente,
nella dimenticanza di tutti.
Nel 1958 Paola, dei Principi di Ruffo di Calabria, ora Paola di Liegi del
Belgio, col fratello Antonello venne a Calvello, e visitò, accompagnata
dallo scrivente, i luoghi e il castello ove il genitore, Principe Ruffo di
Calabria, valoroso aviatore nella guerra 1915-18 e compagno inseparabile nei
memorabili raids dell'eroico pilota Francesco Baracca, era solito
soggiornare per lunghi periodi, ospite dei cugini.
Il sisma del 23/11/1980 ha reso inagibile il grosso fabbricato che ora si
vuole restaurare».
Schede:
www.basilicata.cc/lucania/calvello/indexc.htm#1
www.calvelloturismo.it/index.php?option=com_content&view=article&id=37&Itemid=31
www.vacanzeinbasilicata.it/Basilicata/Potenza/Comuni/Calvello/
www.aptbasilicata.it/Calvello.297+M5d637b1e38d.0.html
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