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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI CATANZARO
in sintesi
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«Il borgo sin dalle origini ebbe scopi eminentemente difensivi, come testimoniato dalla cinta muraria e dal castello risalenti al XI secolo circa. Il castello, con la sua torre, serviva da punto d’avvistamento contro le invasioni dei Saraceni o dei Turchi che per tutto l’Alto Medioevo attraversavano il Mar Ionio. Poco o nulla rimane oggi a testimonianza della fortificazione, se non la struttura stessa del paese, le cui innumerevoli stradine si aggrovigliano in gironi concentrici convergenti verso il culmine dell’altura. Da qui il piccolo borgo si sviluppava in abitazioni contadine e botteghe che ne costituivano la vita stessa. A Badolato si avvicendarono varie casate a partire dal 1506: dai Ruffo ai Toraldo, dai Raveschieri ai Pignatelli, i Pinelli ed i Gallelli. Divenne un importante punto di riferimento religioso per le zone circostanti, essendo frequentato da monaci Basiliani, Francescani e Domenicani, che costituirono numerose confraternite, ancora oggi operanti ed occupate nella gestione e custodia delle magnifiche chiese e dei conventi edificati nei secoli passati. ... Badolato si presenta come un delizioso borgo medievale caratterizzato da un impianto bizantino con numerose chiese e con molti vicoli caratteristici. ... Badolato è uno dei borghi in cui si conservano le tecniche e gli strumenti tradizionali: dal telaio a mano al coltellino, dallo scalpello al tornio a ruota. Molti degli elementi decorativi si ricollegano alla prestigiosa arte greca, per cui gran parte della produzione ne riprende le forme e i colori. Ancora oggi vengono tessuti, con telai antichi, i drappi, i ricami, gli arazzi e le coperte. A Badolato, il telaio domestico è rimasto il segno dell’antica nobiltà, la silente operosità delle piccole case».
http://www.mycalabria.it/2011/03/11/badolato
BADOLATO (ruderi del castello Ravaschieri o Gallelli)
«Il castello Gallelli di Badolato, che oggi non esiste più, era la residenza più antica della famiglia. Edificato come primitivo fortilizio in legno, al centro del borgo attorno al 1100 da Filippo di Badulato, per 800 lunghi anni il costituì una valida difesa per la gente del borgo, e allo stesso tempo una rocca egemonizzante, che grazie alla sua valida fanteria e una temibile cavalleria, nei secoli conquistò i paesi limitrofi e i loro territori, come S. Andrea, Isca, e S. Caterina. Con l’avvento dei Ruffo, attorno al 1284 il castello venne d loro trasformato in una inespugnabile fortezza in pietra, facendo aggiungere al lato del portone una grande torre merlata, che all’interno era ottagonale. Il maniero fu alla fine protetto da altissime mura merlate, che all’interno ospitavano il cortile esagonale, nel quale trovava posto l’edificio del signore, le scuderie, la caserma dei soldati, i granai, e l’armeria. La rocca divenne così via via sempre più efficiente, perché dal 1283 tutti i feudatari di Badolato, a partire proprio dai Ruffo, avviarono una serie di campagne di guerra, volte a conquistare i paesi limitrofi e i loro territori, come S. Andrea, S. Caterina, e Isca sullo Ionio, i così detti casali. Il castello ebbe altri signori feudali, dopo Filippo de Badulato, i Ruffo, e Ruggero di Lauria, passò infatti ai Toraldo nel 1456, brevemente ai Borgia, poi ai Pignatelli, ai Ravaschieri, fino al 1806 data dopo la quale il castello divenne demaniale. Attorno al 1815 fu acquistato dai baroni Gallelli di Badolato, ma indebolito dal terremoto del 1700, e danneggiato da vari incendi nel corso dei secoli, il castello intorno al 1968 fu a loro espropriato, ad opera del comune di Badolato, che lo abbatté per realizzare l’attuale piazza castello. Badolato perdeva così definitivamente la sua storica fortezza, tra le più antiche in Calabria, della quale oggi rimangono solo alcuni dipinti e stampe di proprietà dei baroni Gallelli».
http://digilander.libero.it/baronigallelli/il_mediovale_castello_gallelli_di_badolato.html
(e cfr. http://www.laradice.it/view.php?cod_art=0102012)
BADOLATO (villa fortificata dei Baroni Gallelli)
«Situata tra le floride e sinuose colline di Badolato (CZ) prospicienti il mar ionio, la tenuta di Pietra Nera, è sempre stata al centro della vita agricola e produttiva dell’azienda agraria di famiglia, scandita dai ritmi delle stagioni e dai tempi della natura. All’interno del parco di 10 ettari, la ottocentesca villa fortificata dei baroni Gallelli è uno degli esempi di architettura tipici del periodo. La dimora in stile neogotico fu costruita in contemporanea alle scuderie, ed è un tipico esempio di residenza nobiliare fortificata, commissionata da quell’aristocrazia meridionale di tradizione terriera, che ancora nel diciannovesimo secolo, per difendersi dalla minaccia del brigantaggio, ne assegnava la progettazione a valenti architetti, e abili maestranze. Commissionata a due architetti toscani, dal barone avv. cav. della corona d’Italia don Giuseppe Gallelli attorno al 1853, la dimora ha infatti caratteristiche difensive care al medioevo, difesa da quattro imponenti torri sormontate da merli, e potenziata da sette feritoie per ogni torre, fino a un totale di 28. Gli architetti per tutta la durata dei lavori di progettazione e realizzazione dell’opera, furono inoltre ospitati nel cinquecentesco palazzo Gallelli, sito nel borgo medioevale di Badolato superiore, vicino all’attuale piazza fosso, dove fino al 1968 sorgeva anche l’antico castello Gallelli, edificato dai Ruffo intorno al 1000. La residenza della tenuta di Pietra Nera, peraltro nella sua storia respinse solo un attacco dei briganti, verificatosi all’imbrunire di una calda giornata di giugno del 1861 conclusosi quasi subito con una scaramuccia. A quell’epoca si stima infatti che nella tenuta soggiornassero 35 persone tra custodi, guardiani, stallieri, domestici, e camerieri personali, che dimoravano nell’edificio della servitù. La residenza e le scuderie sono rimaste praticamente fedeli al progetto originario, mentre l’ edificio della servitù ha subito modifiche nei magazzini del piano terra. Il parco infine negli ultimi 20 anni è stato ampliato, aggiungendo a quello secolare, anche zone moderne con strutture e attrezzature per il tempo libero».
http://www.agrariagallelli.it/sede.htm
BELCASTRO (castello dei conti D'Aquino)
«Il castello, eretto nell'XI secolo, come indicato dalle fonti, sorge sulla parte più alta del paese. La sua poderosa Torre Maestra, una massiccia costruzione quadrilatera a tre piani, posta al centro della fortezza, era circondata da mura difensive con torrette quadrangolari, cilindriche e semicircolari. Verso la fine del XV secolo il castello fu fortificato ed il mastio fu rinforzato alla base mediante la realizzazione di un barbacane. Questi interventi sottolineano l'importanza militare del castello fino al XVI secolo. Successivamente, modificato ed ampliato, divenne residenza dei feudatari. Attualmente del maestoso maniero rimangono il mastio, tratti di mura perimetrali, la facciata di un’ala residenziale e la Cappella di San Tommaso d'Aquino, costruita il 18 ottobre 1334, nella stessa stanza del castello dove, secondo alcune tradizioni, sarebbe nato il santo».
http://www.iluoghidelcuore.it/castello-dei-conti-daquino
«L’imponente Palazzo Poerio, così detto dal nome degli ultimi feudatari, ma costruito dalla famiglia dei duchi Sersale, è chiamato volgarmente anche palazzo Cirillo. Fu edificato dal duca Francesco Sersale nel 1645, in seguito al terremoto di quell’anno che distrusse gran parte del paese ed il castello, provocando 61 vittime. L’edificio mostra all'esterno un portone arcuato incluso nella decorazione architravata fiancheggiato da colonne, finestre rettangolari profilate in pietra e cornicione ornato di dentellature, con facciata laterale in tufo coricata da balcone rinascimentale, probabilmente proveniente dai ruderi del castello; nell'interno cortile e scale arcate in pietra».
http://www.belcastroweb.com/belcastro/Arte.htm
BELCASTRO (ruderi del castello bizantino)
«Resti del castello bizantino: sul colle Timpe (Rupe) sono ancora visibili la torre d’entrata di chiaro rifacimento medievale e spezzoni della cinta muraria».
BELCASTRO (torre di Magliacane)
«Oltre alle torri di guardia marittime, costruite ed amministrate dalla Regia Corte, esistevano sul territorio considerato anche altre torri. La torre di Magliacane costruita sul feudo omonimo è ancora attualmente visibile, anche se in degrado. Essa è situata alla destra e presso la foce del Tacina in territorio di Belcastro».
http://www.archiviostoricocrotone.it/ambiente_paesaggio/torri_costiere_tacina_neto.htm (a cura di Andrea Pesavento)
BOTRICELLO (ruderi della torre Tagliacarne)
«Botricello è un comune della Costa Ionica in provincia di Catanzaro, noto per il turismo balneare ed enogastronomico, posto sulla parte settentrionale del Golfo di Squillace. Divenuta comune autonomo solo nella seconda metà degli Anni Cinquanta, Botricello si è sviluppata molto dal punto di vista turistico negli ultimi 20 anni grazie soprattutto alla Strada Statale 106 Ionica. La maggiore attrattiva della cittadina è rappresentata delle spiagge che ogni estate si riempiono di bagnanti, accolti da lidi attrezzati e da strutture ricettive che vanno offrendo pacchetti vacanze sempre più completi. Molto caratteristica è anche Botricello Soprano o Superiore, in un’area collinare che rappresenta l’antico abitato del comune e che consigliamo a quanti amino i borghi tradizionali autentici, non modellati ad uso e consumo dei turisti stagionali. Qui troverete anche molti esercizi commerciali nel settore dei prodotti tipici calabresi e diversi laboratori artigianali specializzati nella panificazione tradizionale e nella produzione dolciaria. Per chi apprezza le testimonianze storiche segnaliamo la “Torre Tagliacarne”, una fortezza di avvistamento eretta in funzione antisaracena, e gli scavi della necropoli del V secolo d.C.».
http://www.mobitaly.it/Comune.aspx?id=41
CASTIGLIONE MARITTIMO (Castel Leone)
«Il castello, di origine normanna, fu distrutto dal terremoto del 1638, venne riedificato dal principe Luigi d'Aquino e divenne il più forte e complesso militare della zona. Un'autentica fortezza che in epoche remote dominava un vasto territorio, alle estremità settentrionali del golfo di S. Eufemia. Mura che si ergono verso il cielo, torrioni che sembrano sfidare lo scorrere dei secoli, resti dell'edificio che ospitava il corpo di guardia e, poi ancora, la grande porta d'ingresso, il campanile, la meridiana che segnava il tempo. Oggi a duecento metri sul livello del mare si fiancheggia una collina sulla quale si ergono i resti del maestoso castello».
«Catanzaro era racchiusa da una cinta muraria di circa tre miglia e fino al 1805 era ancora intatta. Era una città fortezza dotata, di torri, bastioni e porte civiche. Da Porta Marina fino alla fonte di Tubolo (nella zona della Vallotta) vi erano 4 torri di guardia (3 bastioni secondo il D’Amato). Mentre il rione Palmenta, o Parmenta o Paulino che si estendeva da Tubolo fino alla valle del Giglione era fortificato da trincee. A Montecorvino (Santa Maria de Figulis), si trovava il Baluardo dei Palmeti, mentre un altro si trovava nella zona della chiesa di San Nicola di Morano o delle Donne. A guardia della valle del Musofalo o Conaci, vi era la torretta di Cerausto o della marchesa. Dal Cerausto in poi vi erano 8 bastioni e tre torri, di cui una nell’ultimo dipartimento detta Torre Rossa, forse per il toponimo del quartiere di Terra Rossa. Dalla torretta (che si trovava sulla strada nazionale in corrispondenza della discesa di Monaco, ed è stata coperta nel riempimento operato per la piazza e la relativa via. I resti della stessa, giacciono, tutt’oggi, sepolti sotto l’asfalto) fino al Castello vi erano la porta di San Giovanni o Castellana con l’adiacente fosso rivellino e ponte levatoio (nei pressi dell’odierna piazza Matteotti) e la porta del Gallinaio. Dal quartiere Paradiso, oggi case Arse, fino alla porta di Pratica o di Prattica o di San Leonardo (in quanto nei pressi si trovava l’antico convento omonimo) vi era il bastione di San Nicola Coracitano. Seguiva poi il quartiere Malacinadi fino alla porta Marina in questa zona vi erano 6 bastioni e più torri. Un’ultima torre di guardia, era la Cavallara sopra l’abitato della Marina. Insomma, Catanzaro aveva un impianto difensivo complesso, come tutte le città medioevali. Ancora sono visibili la porta di Sant’Agostino o Portella, sita sotto il costone di roccia su cui è posto il convento omonimo, oggi ospedale civile in disuso, e nonostante tutto, è in discrete condizioni per quanto riguarda la muratura. Invece, in condizioni pessime si trova la chiesetta di Santa Maria della Portella, che aveva la duplice funzione di luogo di culto e di postazione di guardia, in pratica, in caso di pericolo veniva suonata la campana, oppure, suonandola ad una data ora si avvertiva la popolazione della chiusura delle porte civiche. Il tetto è inesistente.Tuttavia, oltre all’antica porta civica, è ancora visibile il sentiero che sale dalla valle del Conaci o Musofalo. L’altra porta, con annessa chiesa, è quella di Stratò (il toponimo dal greco significa falso, occulto, oppure potrebbe derivare dal nome di un magistrato, tale Straticò). La stessa, sita sotto viale De Normanni, nei pressi del palazzo Sanguedolce purtroppo è seriamente compromessa nella struttura muraria. La parte destra della chiesetta è crollata assieme al piccolo campanile pochi anni fà, all’interno, è ancora visibile l’altarolo in stucco con la piccola pala d’altare affrescata, raffigurante la Sacra famiglia della Madonna (S. Gioacchino, S. Anna e la Madonna ), inoltre, ancora leggibile è la piccola icona sovrastante la porta d’ingresso raffigurante sempre la Vergine Maria. La porta civica d’accesso con l’arco a sesto acuto è crollata solo pochi anni fa. Anche in questo caso, è ancora praticabile il sentiero che scende a valle, e conduce fino alla fonte dell’acqua Bona, in questa zona dovrebbe trovarsi secondo una leggenda locale il giardino di Lencriste mitica moglie di Cattaro (uno dei capitati della milizia bizantina che condusse gli abitanti di Scolacium sui Tre Colli) con la sorgente omonima».
http://www.comunecatanzaro.it/?q=node/868
CATANZARO (resti del castello di Roberto il Guiscardo)
«Ben poco rimane del poderoso fortilizio normanno, eretto come struttura difensiva da Roberto il Guiscardo – verso il 1060 – forse sui resti di una precedente rocca bizantina. Il castello era costituito da una cortina muraria difesa da torri alte e merlate. Una torre, probabilmente con funzioni di mastio, guardava la città. Simbolo del potere feudale, il castello fu parzialmente distrutto nel Quattrocento, sotto gli Aragonesi, e trasformato in cava di materiali per costruzione. I suoi materiali furono utilizzati – in particolare – per abbellire la Cattedrale e la Chiesa dell’Osservanza, e per la costruzione della Chiesa di San Giovanni. Nel 1589, la Congregazione dei Bianchi di Santa Croce, che già si occupava di assistenza agli infermi, chiese di poter realizzare nell’area un padiglione da adibire a ospedale: la richiesta fu accolta nel 1596 dal viceré don Enrico Gusmann, e ancor oggi il corpo centrale del complesso coincide con l'Ospizio dei Bianchi. Nel 1663 i Padri Teresiani vi costruirono il loro convento. L'area ospitò, successivamente, l'ospedale, le carceri dell'Udienza, gli uffici del Genio militare. In tempi più recenti, fino al 1970, ha ospitato le carceri cittadine. Dell’originario complesso di età normanna, spicca la bella torre quadrata merlata che un tempo accoglieva l’orologio pubblico. In una nicchia del muraglione perimetrale prospiciente sulla Piazza Matteotti, si trova la monumentale e artistica Fontana de “Il Cavatore”, pregevole opera scultoria in bronzo e granito realizzata alla metà del Novecento dallo scultore calabrese Giuseppe Rito».
http://guide.travelitalia.com/it/guide/catanzaro/castello-normanno/
CATANZARO (torre Cavallara o torre Cavallara dell'Aranceto)
«Sopra l'abitato del quartiere lido, sorge una torre cinquecentesca a pianta quadrata, su due livelli, con corpo parallelepipedo e base tronco-piramidale, secondo i canoni più tipici di tali costruzioni del periodo. è uno degli edifici che componevano il sistema difensivo costiero della Calabria, collegata con gli altri impianti di avvistamento sul mare e con le fortificazioni del territorio interno. L'elemento che la caratterizza è la poderosa scala con struttura ad arco, che consentiva - mediante ponte levatoio oggi scomparso; l'accesso al primo piano. Il livello più basso è costituito da un solo vano voltato a botte, quadripartito da un grosso pilastro centrale non ascrivibile all'età di fondazione dell'edificio. L'unica apertura di ingresso a pian terreno è presente in corrispondenza della scala esterna, semi nascosta dal corpo di quest'ultima. Vari ambienti intercomunicanti componevano il piano superiore, presumibile risultato di ricostruzioni e rifacimenti in epoche successive. La copertura, oggi totalmente scomparsa, era a due falde ricoperte da tegole e struttura lignea».
http://www.comunecatanzaro.it/?q=node/1514
CROPANI (borgo medievale, Antica Porta)
«Il nucleo artistico di Cropani è rappresentato dal Duomo e dalle altre chiese minori. Per quanto riguarda gli edifici civili, meritano di essere menzionati alcuni palazzi storici, la Torre di guardia di Crocchia e l'Antica Porta che in passato sanciva l'ingresso nell'attuale centro storico paesano. ... L'Antica Porta (XIII secolo) è costituita da un ampio arco in granito posto all'ingresso del borgo, nei pressi della piazza principale; esso dà accesso al centro abitato, direttamente sulla facciata principale della collegiata della chiesa dell'Assunta».
http://it.wikipedia.org/wiki/Cropani#Architetture_civili_e_militari
CROPANI (torre del Crocchio o di Crocchia)
«La Torre di Crocchia, di cui ormai restano solo i ruderi, era l'antica torre di guardia eretta per difendersi da possibili attacchi provenienti dalla costa ionica. La sua costruzione è stata iniziata intorno al 1594; il mastro addetto all'edificazione, durata un paio di decenni, era Adante o Dante Cafaro, al quale i Gesuiti tre anni più tardi commissionarono la costruzione di una torre nel vicino villaggio di San Leonardo. In una fase successiva, come emerge da alcuni documenti notarili dell'epoca, la torre fu utilizzata come magazzino dove venivano depositati legname e grano».
http://it.wikipedia.org/wiki/Cropani#Architetture_civili_e_militari
CURINGA (torre saracena di Mezza Praia o di Moddone)
«Di antica origine, il paese conserva delle età passate un interessante assetto urbano, e l'architettura spontanea delle case ravvivata talvolta da portali in pietra. Nei pressi dell' abitato si trovano i resti di un monastero basiliano; in contrada Acconìa sono invece venuti alla luce resti di terme romane d'età imperiale ed infine in località Torre Vecchia, una torre saracena detta di Mezza Praia o di Moddone».
«Sotto gli Spagnoli la Calabria è circondata da torri di guardia poste sulla costa contro le incursioni di Turchi, Arabi e Barbareschi, e sul territorio di Falerna sorge Torre di Rupe (detta oggi Torre Lupo), che si collega verso sud con la Torre dei Cavalieri di Gizzeria e verso nord con la Torre del Piano di Terina a Nocera».
http://spazioinwind.libero.it/cario/falerna.htm
«Questa difesa della costa era composta da tre torri che funzionavano regolarmente nei secoli della pirateria, quando in Calabria ne esistevano isolate circa 100. Ma nel '700, man mano, andavano sempre più perdendo l'importanza della loro primitiva funzione, tanto che furono abbandonate e, tra esse, sorsero le prime residenze estive, sebbene ancora munite di torri e feritoie di difesa come nel caso del Casino di Stocco che è, appunto, una residenza castellana marittima, su una collina adiacente all'autostrada, con fronte a mare tra due torri cilindriche e muro di cinta sul retro. Probabilmente è stato costruito nel Settecento quando la pirateria andavo scomparendo dalle nostre campagne; tuttavia è protetto da torri di cui una provvista di proprio ingresso. La conservazione è discreta [di recente è stato oggetto di una ristrutturazione]. Oggi la suddetta difesa è stata sostituita con gli aerei e i sommergibili, nonché con ponti radio e satelliti, sicché le vecchie torri hanno soltanto un valore storico-monumentale che non è poco».
http://www.iannazzo.it/gizzeria/ambart_difesa.html (a cura di Ettore Iannazzo)
GIZZERIA (torre di Capo Suvero o dell'Ogliastro)
«Torre Capo Suvero (sec. X?) a pianta circolare tutta scarpa, con interno quadrato. Il raggio della base è 5,25 metri; quella che sembra una rampa, è un mucchio di pietre cadute dal primo piano del lato mare. è stata spaccata dal terremoto del 1638 che causò la morte del torriero e del suo aiutante, tuttavia ancora sfida il tempo. Aveva una capienza di tre uomini ed era in servizio ancora nel 1820 come posto telegrafico».
http://www.iannazzo.it/gizzeria/ambart_difesa.html (a cura di Ettore Iannazzo)
GIZZERIA (torre Santa Caterina)
«Torre di Santa Caterina (sec XV?) a base troncoconica, con scarpa cieca divisa dal corpo cilindrico da una risega, probabilmente lasciata durante il rifacimento di questa parte crollata. Ha l'ingresso a monte, al primo piano raggiungibile con scaletta esterna retrattile, con sopra una bella caditoia per la difesa piombante. Le altre caditoie sono distrutte. Sorge su un'altura, l'ex capo Condurro che dominava il lago Maricello. A sud-est della torre abbiamo la frazione di Mortella e Gizzeria Lido; al perfetto nord di quest'ultima abbiamo La Presa, frazione montana di Gizzeria».
http://www.iannazzo.it/gizzeria/ambart_difesa.html (a cura di Ettore Iannazzo)
«Sul corso principale del paese si affaccia l'ottocentesco Palazzo Rispoli, con cortile interno da cui si sviluppa una bella scala, a pezzi intagliati di granito, che porta al piano nobile dell'antico edificio, dove erano situati gli ambienti abitativi. è della stessa famiglia la villa ottocentesca che sorge su una collinetta di contrada "Coltura". Spiccano, su due lati dell'edificio, altrettanti torrioni, che ingentiliscono l'intera costruzione, già residenza di campagna dei Rispoli».
http://www.prolocoguardavalle.it/index.php?option=com_k2&view=item&id=10:i-palazzi
«Il palazzo ha diversi ambienti che si organizzano su quattro livelli. Nell’androne d’ingresso vi sono due volte a crociera e le scale che portano ai piani superiori, a destra e a sinistra due porte con alcuni gradini permettono l’accesso al livello più basso dell’edificio (seminterrato) che è palese anche dall’esterno grazie alla presenza di finestre basse con inferriate. Il livello più basso, come i livelli superiori, gira intorno al corpo scala e si suddivide in quattro ambienti. Qui vi sono ancora oggi: la macina in ferro per le olive, recipienti in terracotta per il deposito dell’olio, cioè le giare, alcune delle quali sono incassate interamente nel terreno per risparmiare spazio; vi sono anche scaffali in legno con ripiani in stuoia per il deposito dei viveri».
http://www.guardavalle.net/gol/guida/torri.php
GUARDAVALLE (torri del Crocco, di Caminise, Toscano, e altre)
«Le torri furono divise in torri di allarme e torri di difesa. Nel territorio di Guardavalle sorsero ben dodici torri, da cui il nome di "paese delle dodici torri" dato al paese. Le torri di allarme sorsero nella marina, quelle di difesa nel centro del paese. Delle torri costruite nel paese fa menzione anche il card. Guglielm Sirleto: scrivendo, infatti, al Nunzio Apostolico di Napoli per raccomandargli di intercedere per il suo paese natale, il porporato afferma che guardavallesi, nell'attacco del 15 luglio 1569, si salvarono 'Tuggendo i alcune torri fatte dopo che gli anni passati patirono una simile rovina" . Se, come sembra evidente, il card. Sirleto si riferisce all'incursione del 1555, allora bisogna dedurre che le torri all'interno del paese furono costruite in poco più di un decennio, cioè tra il 1555 e il 1569.
Le torri di allarme. 1.
La torre di Caminise (o Torre Caminiti) così detta dal feudo su cui venne
edificata, nota anche come torre Matrimona, aveva forma circolare ed era di
proprietà regia. Costruita a seguito dell'ordinanza del 12 novembre 1480,
era in funzione nel 1576: in tale anno era torriero il caporale Orazio
Principato, mentre dal 1585 al 1587 risulta come torriero il caporale
Alfonso Pavia. Altro torriero di cui si ha notizia è il caporale Michele
Brescia, che tenne l'incarico nel 1605 1606. La torre fu assai danneggiata
dal terremoto del 1638. Durante l'occupazione francese fu compresa tra
quelle utilizzate per l'ordinamento doganale. Di essa non ci sono né disegni
né fotografie: è ricordata da tutti come un ammasso di pietre e di rovine.
Nel 1955 le pietre lavorate e i grossi mattoni della torre furono utilizzati
dal sig. Liberato Tedesco, attuale proprietario, per costruire la propria
casa. Nell'asportare il materiale, fu trovato uno scheletro d'uomo e si
scoprì anche che la torre aveva una scala in pietra con cui si scendeva
sotto terra. Attualmente il posto dove sorgeva la torre viene indicato col
nome "timpuni d'a turri". Questo era un vero e proprio cocuzzolo, alto 91
metri s.l.m., capace di accogliere sulla sua sommità soltanto la torre. Il
sig. Liberato Tedesco, per poterlo rendere seminativo, lo ribassò due volte
(nel 1985 e nel 1990) per un totale di una decina di metri: per questo
motivo il "timpuni d'a turri" ha acquistato l'attuale forma di collina.
2. La torre di Vinciarello
...
Le torri di difesa. Le
torri di difesa o torri fortezze sorgevano tutte all'interno del centro
abitato. Hanno tutte le stesse caratteristiche: mura in pietra, base
quadrata di circa 7 m., altezza media di 15 m. Sono costituite da stanze
sovrapposte: in pratica, ad ogni piano corrisponde una sola stanza. Forse,
in caso di attacco, le persone che vi si rifugiavano abbandonavano un piano
alla volta, ritirandosi nella stanza superiore e togliendo eventuali scale
di legno. La forma quadrata e longilinea delle torri guardavallesi ha spinto
qualcuno ad avvicinarle alle costruzioni turrite medioevali di S. Gimignano
in Toscana.
1. La torre Giordano
...
2. La torre Toscano sorge sotto la chiesa matrice, nella parte del paese che
scende verso il Carmine, in Via della Luce. Originariamente terminava con
una bella merlatura, visibile ancora fino a circa cinquant'anni or sono. La
torre fu parzialmete demolita nel 1948, dopo le lesioni causate da una
scossa di terremoto nel 1947. Oggi è adibita a civile abitazione.
3. La torre del Crocco o del Greco era ubicata nella parte alta del paese,
sopra il municipio vecchio, in Via S. Martino. Oggi è del tutto
irriconoscibile perché è stata completamente trasformata, anche nella sua
struttura esterna, in locale di civile abitazione.
4. La torre Carafa di proprietà di Fabrizio Carafa (o Carrafa), dalla quale
si poteva "guardar il passo principale della marina" (12)~ Cioè la
mulattiera che dal Carmine portava al mare. Questa torre era imperfetta
(cioè non compiuta) già nel 1569. E' ubicata in Via Grimaldi 79: è stata
completata ed è abitata.
5. La torre Menniti, di cui ancora oggi si può notare la costruzione in
tutto simile alla torre Giordano, è ubicata in Via Roma n. 8 ed ha la porta
di accesso in Via Garibaldi.
6. La torre Rintano, che sorgeva all'inizio di Via S. Carlo, è stata
distrutta intorno al 1950 non si sa per quale precisa ragione.
7. La torre del vaglio (d'o vagghiu) è attigua alla chiesa del Purgatorio,
sulla destra per chi guarda la chiesa. Le sono state addossate altre
costruzioni: per questa ragione non è facilmente individuabile come le altre
torri. "VagghiC deriva dal francese antico "bail" = cortile del castello.
Ad opera di chi sorsero queste torri? Dai nomi che ancora oggi hanno quelle
del centro storico, sembra logico dedurre che siano state costruite dalle
famiglie più facoltose, da cui poi presero la denominazione che tuttora le
contraddistingue.
La torre di trasmissione dell'allarme. La torre di Nena (di cui si vedono ancora oggi i ruderi lesionati) sorge in aperta campagna, su un cocuzzolo, a metà strada tra la marina e il centro abitato, in località S. Bartòlo. Essa doveva servire sicuramente per ricevere il segnale dalla torre Caminise e trasmetterlo alle torri del paese: infatti la torre di Nena è ben visibile sia dal centro di Guardavalle, sia dal Timpone della Torre. Delle altre due torri non rimane assolutamente nulla, neanche il nome».
http://www.galluccifausto.it/badolato/dintorni/new.asp?id=58
MAIDA (fortificazioni bizantine e castello normanno)
«Non è dato sapere con precisione quando Maida fu fondata. Molto probabilmente l’importanza strategica del luogo, che permetteva di controllare lo svolgersi dei traffici e dei movimenti delle truppe lungo tutto l’istmo, non sfuggì ai bizantini i quali costruirono (o ricostruirono?) lì una cittadella fortificata (resti di mura bizantine erano ben visibili fino ad una trentina di anni fa lungo la via così detta costiera prima che la cementificazione li inghiottisse per sempre. Del resto, lo stesso etimo del nome Maida, anticamente Maghida, è da ricercare nella parola greca Maghis-Maghidos che significa pane, spianatoia e, non a caso, lo stemma della città raffigura una donna guerriera in atto di difendere una torta di pane. Il ruolo di guida politica, militare, culturale che, durante lo svolgersi del Il millennio, Maida esercitò su tutto il territorio circostante è testimoniato dai resti delle sue imponenti fortificazioni, dalle numerose chiese e dagli importanti monasteri che qui sorsero e che per secoli furono centri di irradiazione di cultura e civiltà» - «Nel paese sono ancora presenti i ruderi dell'antico castello. Esso era di forma quadrata con quattro torri agli angoli. Di una delle torri orientali è ancora ben distinguibile il corpo, anche se parzialmente nascosto da costruzioni moderne. È stato sede di una prigione, di cui esistono ancora alcune celle e la scala in ardesia. Il castello è stato, negli anni '50, circondato da costruzioni moderne, che in parte lo nascondono. Il castello e Maida erano rifornite d'acqua attraverso un acquedotto, di cui fa parte l'arco di Sant'Antonio, restaurato negli anni '90. Il paese era così attraversato da un corso d'acqua che alimentava un mulino con abbeveratoio all'entrata nord dell'abitato».
http://www.guidacomuni.it/comune/maida/3769/3/ - http://it.wikipedia.org/wiki/Maida#Il_Castello_Normanno
«Il suo castello, insignito personalmente da Roberto il Guiscardo, tra l'XI e XII secolo rappresentò uno dei capisaldi del potere feudale normanno: nelle sue prigioni venne destinato il ribelle figlio di Federico II, Enrico, e fino alla fine del Settecento fu il baricentro politico di tutto il territorio circostante. Il castello fu completamente demolito dal terremoto del 1905» - «“Pochi i resti del poderoso castello descritto in un documento posseduto dalla famiglia Bernardelli e trascritto nel 1610 che fa risalire la costruzione della fortezza al 1113, a difesa del corso del Savuto, via di accesso al Crati e quindi a Cosenza. Dal documento apprendiamo che nel 1197 fu aggiunta una torre che, danneggiata in seguito da fulmini, fu oggetto di riparazione nel 1226. Federico II vi fece aggiungere un’altra torre, rese più munita la porta d’ingresso e vi tenne prigioniero il figlio Enrico. In epoca angioina fu prigione; nel 1496 fu dei De Gennaro e poi dei d’Aquino (1578); centro importante per la produzione della seta fu distrutto da un terribile terremoto nel 1638 e definitivamente nel 1905”. Fonti bibliografiche: Calderazzi A. - Carafa R. (a cura di), La Calabria fortificata. Ricognizione e schedatura del territorio, Vibo Valentia, 1999».
http://www.calabriaturistica.it/torri_e_castelli.php - http://atlante.beniculturalicalabria.it/schede.php?id=65
«La fabbrica occupa la parte più alta della rupe ad una quota di spiccato che va dai 320 ai 330 m s.l.m. L'attuale costruzione andò presumibilmente a sostituire dei manufatti preesistenti, forse in legno o comunque non di tale mole, risalenti ai primi insediamenti. Ciò è indicato, sia dal fatto che il maschio insiste su un muro probabilmente più antico e sicuramente di diversa fattura, sia dalla vicinanza della torre alla parte muraria che è considerata dagli esperti come la struttura di più antica costruzione. Tale ipotesi è supportata anche dagli storici locali. Padre Giovanni Fiore da Cropani sostiene che il castello esisteva fin da epoca antichissima e che fu diroccato per la prima volta dal terremoto succeduto alla morte di Cristo. L'abate Pacichelli ne attribuisce la fondazione a Federico il Barbarossa. Lupis sostiene che fu edificato dai Greco-Bruzi come risultato dell'abbandono della parte denominata Terravecchia e dell loro trasferimento nella zona più alta e riparata della piana. Don Antonio Fiore credeva similmente che ad edificarlo furono gli abitanti del luogo che avevano abbandonato, in seguito a qualche calamità, la vecchia città. Pasquale Giuliani scrive che il castello è di epoca normanna, ma che vi era un nucleo più antico esistente già al tempo del re Teia. La cosa certa è che i resti più antichi, ancorché veramente esigui, siano di origine normanna e che il castello si sia poi ampliato nelle successive epoche storiche, arrivando ai nostri giorni. D'altronde nel diploma di fondazione dell'abbazia benedettina del 1062 ad opera di Roberto il Guiscardo, non si parla del castello o perché non era stato costruito o perché era una struttura di poco conto. Nel 1122 invece il castello era già edificato in quanto vi risiedeva per quindici giorni il papa Callisto II. Nel 1198 veniva restaurato per ordine di Costanza D'Altavilla e nel 1235 da suo figlio Federico II. I lavori terminarono nel 1238. Secondo alcune fonti storiche, tali lavori si limitavano al restauro della rocca, inserendola nel suo sistema difensivo, ed all'ampliamento del perimetro verso la zona bassa, determinando un restringimento dell'aggere. Dalle stesse fonti si apprende che in questo periodo il castello non aveva cinta muraria e che affidava la sua difesa all'inespugnabilità del sito, garantita dalla rocca, la cui via d'accesso doveva essere sottoposta ad una particolare protezione militare, cosa che fa presupporre l'esistenza in quest'epoca di una qualche fortificazione. Nel periodo Angioino, il castello fu sottoposto a lavori di restauro. Per tutto il periodo aragonese, che inizia nel 1442, non si hanno notizie del castello. Nel periodo feudale la fabbrica era in possesso della famiglia D'Aquino. Nel 1609, in seguito ad un sisma, cadde un torrione e nel 1638 l'intero castello fu gravemente danneggiato da un'altra forte scossa. In tale circostanza, i bastioni caddero sull'abitato ed il castello, che nel frattempo era diventato un carcere, fu sgombrato per essere riaperto a restauro ultimato. Un ulteriore sisma lo danneggiò nel 1783. Da allora fu praticamente abbandonato. Nel 1883, la parte superiore delle torrette del prospetto principale fu smantellata ed i materiali impiegati per la costruzione della vicina chiesa di San Teodoro».
http://www.lameziastorica.it/castello1.htm (a cura di Massimiliano Cantafio)
NOCERA TERINESE (arco Procida, borgo)
«Ci inoltriamo nelle viuzze del paese e ammiriamo la Ponta, ponte tra il rione Motta e il centro storico. L’arco Procida è un portale risalente al XV secolo del palazzo della famiglia omonima estinta nel 1900. Molto caratteristico è il rione Motta, ove si svolgono sagre paesane. Continuando il cammino scorgiamo bellissime case nel centro storico. Scorgiamo la Chiesa di San Francesco, risalente al 1400. Ampliata nel 1595 si arricchì con la cappella dedicata a S. Antonio di Padova. Vi è anche il Convento dei Padri Cappuccini del 1581, sulle rovine del castello Normanno, poi assurto ad asilo per i poveri nel 1861».
NOCERA TERINESE (torre Piano del Casale o Pietra della Nave)
«Di forma troncoconica (con il lato monte crollato), la Torre, appartenente per struttura a quelle edificate nel 14º secolo, è situata su un pianoro a circa 140 metri s.l.m., immediatamente a ridosso della Marina di Nocera Terinese, da cui è ben visibile. La sua sagoma è anche evidente dall'Autostrada A3, ma solo in direzione sud, circa 3 chilometri prima dello svincolo per Falerna. Per raggiungerla, bisogna imboccare la SP164 dalla SS18 all'altezza di Nocera Marina e seguire le indicazioni per Nocera Terinese (sede comunale). Subito dopo il km 8 della provinciale in oggetto, in un incrocio dove è presente una grande quercia, svoltare a destra. Proseguire su una stradina che è inizialmente asfaltata (primi 500 metri) e successivamente sterrata. Al secondo crocevia che si incontra, posteggiare l'auto e procedere a piedi in direzione mare. La Torre, se la vegetazione lo permette, dovrebbe essere visibile già da questo punto, ma, in ogni caso, lo sarà sicuramente dopo una piacevole passeggiata di cinque minuti. Visto che il Forte è inserito in una proprietà privata, bisogna chiedere, sempre e comunque, le dovute autorizzazioni per accedere al luogo indicato».
http://www.francescocataudo.it/TorriDifesa/TorriDifesaLametine.htm (a cura di Francesco Cataudo)
NOCERA TERINESE (torre Piano di Tirena)
«Anche se tra le più recenti per quanto riguarda la sua edificazione (forse del ‘700), la Torre Tirena è certamente la più interessante, in quanto situata in un luogo di grande valenza archeologica. è infatti su questo pianoro, stretto tra i fiumi Grande e Savuto che, probabilmente, aveva ubicazione la città magnogreca di Temesa. Di fatto, il ritrovamento, a qualche centinaio di metri dalla nostra Torre, di diversi reperti di epoca classica, tra cui delle mura di cinta e un acquedotto, lascia sempre più supporre che, la prima località calabrese ad essere citata da Omero nell’Odissea, fosse localizzata proprio qui. A questo terrazzo mesopotamico, posto a circa 170 metri sul livello del mare, nel Comune di Nocera Terinese, si accede lasciando la SS 18 all’altezza dello svincolo A3 di Falerna e, dopo 500 metri, invece di svoltare a destra verso le rampe di accesso autostradali, procedere dritti per Nocera. Dopo tre chilometri di provinciale, perfettamente piana, che corre all’interno dell’abitato, inizia una leggera salita con una curva destrorsa. Procedendo per qualche centinaio di metri, si giunge ad un bivio. Svoltare a sinistra per Salerno. Si sta percorrendo la SP 164 (ex SS 18 dir.), la quale, attraversato il torrente Grande, costeggia le rocce affioranti situate alla base del piccolo altopiano di Tirena. Dopo circa tre km dal bivio precedente, subito dopo esser passati sotto i cavi aerei di un elettrodotto, svoltare a destra su una stradina stretta e sterrata. Inizia la scalata verso il pianoro che, forse, custodisce la leggendaria Temesa. Bisogna ora salire all’interno di un bellissimo e secolare uliveto, attraverso un sentiero sorretto a monte e a valle da splendidi ed antichissimi muri a secco. Purtroppo non è sempre possibile andare in auto fino alla sommità dell’altopiano, in quanto vi è una catena metallica che ne impedisce l’accesso. Si tratta di una proprietà privata. Bisogna chiedere il permesso ai proprietari e, magari, lasciare l’auto a valle e farsi una bella e salutare mezz’oretta di passeggiata all’ombra degli ulivi. Ma ne vale veramente la pena! Giunti alla fine della salita, si gode di uno stupendo panorama mozzafiato: da un lato, la valle del Savuto, dalla Sila fino al mare, dall’altro, questo terrazzo sul Tirreno, ricoperto da un tappeto erbaceo, interrotto da qualche ulivo ed alcune querce che cercano di celare la vista della Torre, posizionata dal lato opposto del piano. Essa è lì da secoli, solitaria, tra il mare ed il cielo, con il suo compito di avvistare i nemici e comunicare, con il fuoco o con il fumo, il loro arrivo all’entroterra. Probabilmente all’abitato di Nocera Terinese, che da qui si vede chiaramente, senza intralci. Il torrione è di forma parallelepipeda, costruito con pietre e mattoni, il ché, secondo il Faglia, farebbe supporre la datazione settecentesca. L’ingresso è posto sul lato monte, le altre aperture d’avvistamento sono situate sui quattro lati: piccole sul pianoterra, grandi su quello superiore. Lo spessore delle pareti del piano basso è di circa un metro e mezzo e la lunghezza dei lati misurata all’esterno è di circa 10 metri. La volta del piano terra è a botte, mentre il tetto è crollato. ...».
http://www.francescocataudo.it/TorriDifesa/TorriDifesaLametine.htm (a cura di Francesco Cataudo)
RAZZONA (castello o casino della Razzona)
«...Non mi è possibile dare notizie certe e ampie della edificazione del castello di Razzona. Probabilmente qualche notizia esiste negli atti del Museo Filangieri in Napoli fondato da Gaetano, figlio di Carlo [Filangieri]. Tali atti, però, non ho avuto la possibilità di consultare e, pertanto, non sono in grado di affermare se la costruzione risale all’ epoca del dominio dei Ravaschieri o a quella dei Filangieri. È certo che non è stato costruito da Carlo che ne ha avuto la cessione da Filippo il 1818. Il castello, infatti, esisteva all’epoca del terremoto del 1783, quando Carlo non era ancora nato, se nel 1784 ha subìto delle riparazioni. Infatti, su alcuni appunti manoscritti trovati in uno dei volumi della Scienza della Legislazione, reperito nel fabbricato di Razzona, si legge: "Nota dei denari pagati in conto delle fabbriche fatte e che sta facendo a Giuseppe Staglianò Mario da Chiaravalle sulla ferriera del Principe di Satriano in Razzona". Seguono nota dei materiali utilizzati per il “casino” (così viene chiamato il castello), il prezzo dei materiali e i mesi a cui si riferiscono i pagamenti, una firma indecifrabile e l’anno 1784 in numero romano. Chiaramente, si è trattato di lavori per riparare i guasti apportati dal terremoto dell’anno precedente. E questa circostanza prova sicuramente la preesistenza al 1783 del castello. ...».
http://www.chiaravallepro.it/?p=3377 (a cura di Francesco Squillace)
«Trai beni architettonici presenti sul territorio lametino il Bastione di Malta è quello meglio conservato. La sua costruzione risale alla metà del XVI secolo, quando per fronteggiare le continue scorrerie dei saraceni riorganizzate sotto bandiera ottomana, che minacciavano la sicurezza e i commerci delle città rivierasche, il vicerè di Napoli don Pedro da Toledo, per ordine della corona spagnola, impose alle comunità il rafforzamento a loro spese del sistema di difesa costiera già esistente. Il tratto di costa dal Savuto fino al Turrina era sotto la giurisdizione dell'Ordine gerosolimitano dell'Abbazia di Sant'Eufemia detto dei Cavalieri di Malta da quando, nel 1530, questa isola era diventata la loro ultima sede. Furono pertanto essi a costruire lungo questo fronte sia il poderoso Bastione, che ancora si erge maestoso e in buono stato ad 800 metri dalla battigia (per effetto dell'avanzamento nei secoli della linea di costa), sia le numerose torri costiere a nord e a sud di esso, poco distanti fra loro. Il Bastione ha una struttura compatta, a base tronco-piramidale e soprastante torre quadrata, divisa all'interno in quattro grandi ambienti con volte a botte. All'interno della merlatura e del parapetto, un'ampia terrazza, su cui insistono tre ambienti di più modeste dimensioni, copre il Bastione. Sulla porta d'ingresso alla torre quadrata sulla facciata est si trova lo stemma con scudo del Balì Fra Signorino Gattinara, che nell'iscrizione datata 1634 si attribuisce il merito di aver dotato il Bastione di macchine belliche. Con la vendita dei beni ecclesiastici imposta nel regno di Napoli da Giuseppe Bonaparte nel 1806, anche il Bastione divenne di proprietà privata».
http://www.comune.lamezia-terme.cz.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/879
San Floro (castello Caracciolo)
«Il castello Caracciolo (presumibilmente del X secolo) con annesso borgo, sorge ad est dell'abitato, in posizione emergente di fronte al mare. Era utilizzato come residenza estiva dal duca Caracciolo di Girifalco. Presenta una pianta rettangolare con quattro torri, su base quadrata e cortina muraria a scarpa. Si accede da un portale in pietra ad un androne coperto da una volta a botte. Ha una corte centrale con quadriportico sul lato est ora murato e sul lato opposto uno scalone interno in pietra che porta al piano superiore adibito ad abitazione privata».
http://www.felicianoparavati.it/cosa_vedere.htm
San Floro (palazzo baronale Zolea, palazzo Curcio-Costa, palazzo Costa Mario)
«Il borgo di San Floro è come una piccola perla incastonata sulle colline ad est di Catanzaro, a pochi chilometri dal Golfo di Squillace. Ad un’altezza di 260m s.l.m., esso offre una vista mozzafiato sull’ampia vallata e conserva una suggestiva configurazione dell’abitato, con stradine anguste e antichi palazzi. ... La posizione geografica, che lo vede aggrappato allo sperone di un ripido pendio, gli ha conferito nei secoli la funzione di baluardo difensivo. Ecco perché nella piazza principale del paesino sorge un castello, edificato probabilmente nel XV secolo. San Floro fu un casale di Squillace ad appartenne alle famiglie Strivieri, Mangione, Marincola e infine ai Caracciolo. Con l’arrivo dei Francesi, divenne comune autonomo e con il riordino amministrativo del 1811, diventò un comune inserito nel circondario di Borgia e tale rimase anche dopo la riorganizzazione dei Borboni del 1° maggio 1816. Il terribile sisma che colpì la Calabria nel 1783, mise in ginocchio anche il piccolo borgo di San Floro. Ci furono morti e distruzione. Furono poche le strutture importanti che riuscirono a sopravvivere, tra queste il castello (che tuttavia riportò ingenti danni) e la chiesa di San Nicola, quasi completamente ricostruita ed elevata a chiesa principale dopo la distruzione della vecchia chiesa Matrice, quella di Santa Caterina, situata al posto dell’attuale palazzo municipale. ...» - «Nella vicina piazzetta, si affacciano il Palazzo Zolea Nicola con portale in pietra e stemma nobiliare sulla chiave di volta, il palazzo Curcio-Costa e, alle sue spalle, il palazzo Costa Mario (tutti costruiti tra il XIV e il XVII secolo)».
http://www.terreioniche.it/place/san-floro - http://www.felicianoparavati.it/cosa_vedere.htm
SAN SOSTENE (memoria del castello normanno nella chiesa di S. Maria del Monte)
«Il centro storico situato nel capoluogo ha varie case antiche e palazzi nobiliari: Palazzo Scicchitano, Palazzo Ranieri, Palazzo Puliti, Palazzo Mongiardo, Palazzo Eredi Giovanbattista Gatto; ma soprattutto la Chiesa Matrice Santa Maria del Monte (ricostruita dopo il terremoto del 1789) sorta sui resti di un antico castello medievale che fu anche del principe Raffaele Pignatelli. Si ritiene che sia stato un Castrum Normanno, ove era la presenza di una guarnigione. L’altezza della Chiesa, alla quale si accede per 50 gradini, induce a credere che tale opinione sia fondata. ...».
http://www.comune.sansostene.cz.it/index.php?action=index&p=76
SANT'ANDREA APOSTOLO DELLO JONIO (resti del castello)
«Nel XV secolo, in seguito all'ordine del re di dotare la costa calabra di postazioni difensive contro le scorrerie dei turchi e dei saraceni, fu costruito il castello del "Belvedere". Il castello, dotato di quattro torri (una delle quali, rimasta ancora integra, è l attuale torre dell' orologio), fu trasformato definitivamente in chiesa matrice nel '700 (la chiesa, fu purtroppo abbattuta nel 1966). Il paese fu inoltre dotato di tre porte d'accesso costruite in granito locale nel 1727: quella del castello (dove ora vi è la torre dell'orologio), quella di Malajra (ricostruita), l'ultima, ancora al suo posto originale, presenta i segni dell'invasione dei soldati francesi».
http://www.andreolesi.com/storia/s_andrea.htm
SANTA CATERINA DELLO IONIO (torre Sant'Antonio, castello dei Marzano)
«La Torre di S. Antonio, di proprietà della famiglia Badolato da circa due secoli, è il simbolo di S. Caterina dello Jonio. Torre cavallara di avvistamento nel XIII secolo; fu trasformata dai marchesi Badolato in un piccolo castello sul mare, dimora patrizia per i periodi estivi. ... La Torre S. Antonio è una torre cavallara costruita nel XIII secolo che serviva per l'avvistamento delle avanzate turche dal mare. Si definisce "cavallara" perché conteneva i cavalli necessari per correre ad avvisare gli abitanti dell'entroterra del pericolo imminente. Si trova sul litorale del paese di Santa Caterina dello Ionio. Lungo il litorale calabrese si possono trovare moltissime torri cavallare. Da Sempre Torre S.Antonio è un simbolo positivo per il paese di S. Caterina: l'attività profusa dalla sig.ra Liana Badolato, erede e moglie del defunto proprietario Francesco Badolato, nella promozione dello sviluppo turistico del paese è spesso stata riconosciuta dalle associazioni locali».
http://bettylafeaecomoda.forumcommunity.net/?t=47352420
«Il fortilizio venne edificato verso la metà del XII secolo. La sua costruzione risale, dunque, al periodo normanno. è certo, comunque, che anche il castello di Sellia faceva parte del complesso sistema difensivo della Calabria, realizzato in epoca normanna per esigenze difensive e feudali. Costruito sulla sommità del colle sovrastante il paese, a presidio del nucleo abitato, il castello doveva essere simile ad altre costruzioni fortificate dell'epoca: grosse muraglie a carattere difensivo, con torri alte e merlate, atte alla difesa piombata, chiudevano una corte interna. Questa struttura fortificata garantiva la sicurezza e la difesa al palazzo baronale, dove il signore dimorava ed amministrava la giustizia. Una torre quadrata di dimensioni superiori alla media, probabilmente con funzioni di mastio, era posta a protezioni dei punti più vulnerabili ed aveva la duplice funzione di sorvegliare il terreno circostante e di costituire l'ultimo baluardo di difesa contro gli assalitori. Inizialmente era nel mastio che alloggiava il feudatario. Su di esso veniva, di norma, alzato il vessillo del signore del luogo, prova tangibile della potenza feudale. Il castello fu, quindi, residenza ordinaria dei baroni che si succedettero al dominio feudale di Sellia, fino all'epoca dell'invasione francese, quando abolita la proprietà feudale e ristretta la proprietà dei vassalli, le famiglie di coloro che erano gli ultimi feudatari furono costretti a riparare nei paesi vicini. Seriamente danneggiato dal devastante terremoto del 1783, il castello venne completamente distrutto e ridotto a pochi ruderi dalla terribile alluvione del 1943. Dall'antico fortilizio, oggi, rimangono,solo alcune parti delle presenti mura, che dominano, imponenti, l'intera valle, a cui fa da corona la catena montuosa della Sila Piccola».
http://www4.asmenet.it/opencms/opencms/asmenet/sellia/Turismo_info/info_turistiche.jsp?it_codice=4371...
SIMERI CRICHI (ruderi del castello bizantino)
«Caratteristica di questo paese è quella di essere composto da due distinti agglomerati urbani. Simeri è il borgo più antico, d’origine medievale: in questa zona sono stati portati alla luce una serie di reperti della prima metà del ferro e del periodo magnogreco. Crichi, invece, fu fondato nella seconda metà del XVIII secolo, pare da un gruppo di contadini di Sellia. Per quanto riguarda Simeri i primi feudatari risultano i Falloc e poi i Ruffo. A loro seguirono i Centelles e poi, nel 1482, i d’Aragona d’Ayerbe che, conti dal 1519, mantennero la titolarità fino al 1580. La baronia, da quest’anno, passò attraverso diverse famiglie. Fu di Casa Borgia, poi dei Ravaschieri di Satriano, dei De Fiore (marchesi dal 1715), dei Barretta Gonzaga (con titolo di duchi dal 1749) ed infine, dei De Nobili di Catanzaro, ultimi feudatari. Danneggiato dal terremoto del 1783, Simeri fu riconosciuto comune con decreto del 4 maggio 1811 e gli furono attribuite le frazioni di Crichi e di Petrizia (quest’ultima gli fu tolta con il riordino amministrativo borbonico del 1816 e attualmente fa parte del comune di Sellia Marina). Con decreto del 16 settembre 1848 il comune fu riunito e la sede municipale spostata a Crichi. Da vedere: ... i ruderi del Castello Bizantino X secolo: Si trovava nella parte alta del paese e oggi se ne possono ammirare i ruderi. Era costruito in pietra fluviale e malta».
Soverato (torre di Santa Maria di Poliporto o di Carlo V)
«Solitaria sullo sperone a nord di Soverato, seppure ormai assediata da agglomerati urbani, si affaccia sullo Ionio una Torre Antica. È una delle 339 Torri marittime, castelli o fortini, edificate tre secoli addietro lungo le coste del Mezzogiorno; oggi parecchio scomparse, altre distrutte. Il regno di Napoli a quel tempo era dominio di Carlo V, ritrovatosi padrone di un vasto impero,tanto da poter dire che dal suo regno non tramontava mai il sole, estesi come erano i suoi possedimenti dall’Europa alle Americhe. Dal mare le scorrere piratesche minacciavano da sempre le indifese borgate costiere, bruciando e saccheggiando interi villaggi. Sul finire del quindicesimo secolo i pirati turchi e algerini presero maggiore audacia nelle loro imprese; e le spiagge della Calabria furono teatro di insolita violenza dei remi Caireddin e Oruc, detti i Barbarossa; del famigerato Dragut, conosciuto col nome di Sirra, sospettato di magia nera; del rinnegato Kiligi-Alì (la sfida) noto come Occhiali per gli storici cattolici nativo delle Cautela; del Pascià Sinan, Hassan Cicala, anch’egli rinnegatore della fede e della patria. Fu proprio a causa di sempre maggiori pericoli che il vicerè di Napoli don Pedro de Toledo, nella metà del 1500 pensò di edificare lungo tutto il litorale del regno una serie di manieri disposti in ordine e a distanza tali da costituire una valida catena di posti di avvistamento e un efficiente sistema difensivo. Le torri disseminate su tutto il litorale erano divise in cavallare o di allarme, e di difesa vera e propria. Le " cavallare" avevano il compito specifico di avvistamento e quello di consentire il cambio dei cavalli per coloro che percorrevano la costa, portando dispacci o in esecuzione di altri incarichi reali. Erano affidate a un torriere o a cavallari e sopracavallari che perlustravano il litorale; in occasione di avvistamento di navi sospette veniva dato repentinamente l’allarme a mezzo di spari, di fuochi o con un suono di campana; i cavallai avevano anche, e soprattutto il compito di percorrere a cavallo le marine suonando la tromba affinché le persone addette alla pesca ed ai lavori campestri potessero rifugiarsi nei borghi fortificati.
La Torre di Soverato, comunemente e genericamente indicata di Carlo V, a ricordo del periodo in cui fu edificata, o anche di Galilea, ma il cui esatto nome storico è quello di Santa Maria di Poliporto (o Paleporto) era "cavallara", retta da un sopracavallaro e con cavalli ordinari e straordinari, che venivano eletti in pubblico parlamento dall’amministrazione locale con l’intervento del governatore della Provincia. Durava in carica tre anni. Nel Liber Mortuorum dell’Archivio Parrocchiale di Soverato Superiore è annotato che il 18 gennaio del 1796 morì Francesco Ghareri di Satriano "custode della Torris Polipori". In un altro documento del 1880 si legge: "Fabbricato denominato Torre Antica e di recente restaurata ed ampliata, prima detta Santa Maria di Poliporto, alla contrada Santicelli alla Marina di Soverato". Alle spese generali di manutenzione, ai salari e per l’acquisto di polvere da sparo partecipava per un terzo il Casale di Argusto, altra partecipazione era a carico del Comune di Petrizzi. Il nome deriva dalla località, detta nel passato Marina di Santa Maria di Poliporto, a ricordo dell'antico nome del primo sito di Soverato, la greca (o sikela) Poliporto (o Paloporto) bruciata e distrutta verso il Mille dagli arabi e che sorgeva sulla collina dov’è la torre, con propaggini verso mare in località San Nicola. Le antiche fabbriche di quel villaggio sono oggi interrate e sotto mare. Nacque poi la Vecchia Soverato, distrutta dal terremoto del 1783 e i cui ruderi, solitari e abbandonati, mariterebbero una degna attenzione; quindi la Nuova Soverato (l’attuale Soverato Superiore); e infine la moderna Soverato, nuovamente a mare ufficialmente (trasferimento del Municipio) dal 1881. L’antico Fortino, il Turrazzo per i Soveratani, più volte ammodernato è oggi al centro di questo "pellegrinaggio" urbano, a guardia ora non più di turchi e di pirati, ma del volto nuovo della città e della sua storia antica».
http://www.calabriamondo.it/index.php?option=com_content&task=view&id=705&Itemid=74
Squillace (resti del castello normanno o dei Borgia)
a c. di Stefano Favero
TAVERNA (resti del castello di Taverna Vecchia o rocca di San Martino)
«Costruito tra la fine del X e gli inizi dell’XI secolo dai profughi di Trischene, il castello, o Rocca di S. Martino, costituì il nucleo centrale per lo sviluppo urbano e la difesa militare di Taverna medievale. Venne parzialmente distrutto nel 1162 dalle truppe di Guglielmo il Malo, poiché vi si erano rifugiati un gruppo di cospiratori e, in modo definitivo nella prima metà del XV secolo, durante la guerra tra Aragonesi e Angioini, quando venne abbandonato assieme alle abitazioni vicine della città, il cui completo trasferimento nel casale di Bompignano diede origine all’attuale nucleo urbano di Taverna. Dell’imponente struttura architettonica, che presumibilmente ricalcava una tipologia dettata dagli usi abitativi e difensivi: alloggi signorili e per i soldati, torrette di avvistamento, avamposti, depositi di armi, prigioni, stalle e magazzini, alcuni storici ne riportano addirittura la descrizione, tuttavia non supportata da riferimenti documentari certi4. I ruderi rimasti sono considerevoli, situati alla sommità di un impervio costone roccioso, indicato dal Galas come «Monte Paramite o Consuolo» e riportato nella topografia moderna come località Taverna Vecchia, a pochi chilometri dall’abitato di S. Giovanni d’Albi, in una zona alla quale si accede percorrendo i tornanti di una scoscesa mulattiera. È ancora visibile il vasto perimetro del castello, i vani parzialmente interrati e delimitati da muraglie con tracce di intonaco rosso; le possenti fortificazioni che cingono il rilievo alle fondamenta e s’innalzano in alcuni punti, lasciando immaginare la conformazione della costruzione militare. Gran parte del materiale edificatorio (veri e propri massi, misti a pietrame, cocci e malta) è stato utilizzato per i terrazzamenti degli orti attigui che lasciano intravedere nel terreno e tra la vegetazione altri ruderi dell’antico insediamento medievale».
http://www.museoditavernaediting.it/BeniCulturali/patrimonio%20perduto.pdf (a cura di Giuseppe Valentino)
TAVERNA (torre di guardia o Torrazzo)
«Costruita tra il 1428 e il 1431 a spese comuni dei basiliani di Pesaca e dell’Amministrazione cittadina di Taverna nuova, chiamata per questo Torrecene, venne posta a guardia dell’importante passo per la Sila che ancora oggi è percorso dai pastori durante gli spostamenti stagionali degli armenti. L’opera militare contava: un piano parapetto, due baluardi, una torre cilindrica, 42 merli; vi erano 16 soldati di guardia con falconetti ed archibugi, probabilmente dopo ebbe anche qualche pezzo di artiglieria. Gli uomini di servizio, deve credersi che li desse il battaglione di cui dispose sin dal 1700 la città. In occasione del sisma del 1783 la torre subì gravi danni e divenne, nel XIX secolo, un avamposto per le scorrerie dei briganti, di cui si tramanda a Taverna una viva memoria storica. I ruderi della cinta muraria e della costruzione cilindrica, ancora considerevoli nonostante i continui crolli succedutisi nel corso dei secoli, sono situati sul fianco del costone roccioso di fronte a Pesaca, a circa 3 Km dall’abitato, sono stati consolidati nell’ultimo decennio da un intervento di parziale recupero, promosso dal Comune di Taverna e curato dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici della Calabria».
http://www.museoditavernaediting.it/BeniCulturali/patrimonio%20perduto.pdf (a cura di Giuseppe Valentino)
«Nel cuore della parte storica del comune di Tiriolo si trovano i ruderi del castello eretto dagli aragonesi sui resti di una fortezza romana e restaurato a più riprese tra il XIV e il XVIII secolo. Rimangono in piedi, oltre alle mura di cinta, tre torri di cui una a base quadrata ed i perimetri murari di alcune delle stanze nobiliari interne. è stata rinvenuta in buone condizioni anche una grossa cisterna che un tempo serviva per l’approvvigionamento idrico. Il castello era munito di due porte una monumentale esposta a nord, ed una sul fianco est che collegava il castello con il paese, forse con un pontino levatoio su fossato».
«Fu costruita da Vincio Spedalieri nel 1485. In quell'anno, regnando a Napoli Ferdinando I d'Aragona, donna Maria Brancaccia, signora della terra di S. Caterina e vedova del conte Alberico di Luvo, per volontà espressa da. questi nel suo testamento, diede il feudo rustico di Caminise a Vincio degli Spedalieri. Insieme col feudo, Vincio ebbe l’obbligo di provvedere alla difesa del litorale contro, le incursioni dei Turchi, e perciò edificò la torre Cavallara che noi oggi vediamo. Al piano terra vi era la scuderia per i cavalli, mentre, al primo piano alloggiavano i soldati. Nel ‘700 le scuderie vennero trasformate in magazzini per l’olio: alcune delle giare, in seguito, sono state sistemate all'esterno, nel giardino della torre. Il fabbricato fu parzialmente distrutto nel terremoto del 1783 e poi ricostruito. Sul frontone è murata un’interessante lapide marmorea con la data del 1485 e sul passetto del ponte levatoio è incisa la data del 1756. Accanto alla torre, verso sud, vi era una cappella dedicata a S. Pietro. Della cappella oggi restano la pala lignea con l’immagine del Pescatore di Galilea, e la campana bronzea, datata 1785».
http://www.guardavalle.net/gol/guida/torri.php
«Si erge in tutta la sua imponenza a metà del Corso Sirleto, mentre le facciate laterali sporgono su Via S. Carlo, Via Indipendenza e Via Progresso. Sul portone d'ingresso fa bella mostra di sé, anche se un po’ lesionato, un grosso stemma in travertino raffigurante l’emblema nobiliare dei baroni Crea di Stilo. Questo privilegio fu riconosciuto alla famiglia Giordano perché net 1700 una Clorinda Giordano sposò uno delta famiglia dei baroni Crea. L'ingresso delta torre è posto sulla confluenza di Via S. Carlo e di Via Indipendenza. Le strutture architettoniche dell'ingresso sono rimaste sostanzialmente intatte con i contorni basale e laterale di pietra viva, mentre il grande portone in legno è stato rifatto nel periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale. Nell’androne dell'ingresso si notano tuttora i grandi soffitti a volta e le pareti laterali che separavano da un lato le stalle per i cavalli e dall'altro le cantine e i magazzini di deposito. Le scale di accesso al primo piano delta torre (di proprietà degli eredi del defunto dott. Gioacchino Giordano) mostrano chiaramente l’impronta delta tecnica costruttiva di origine romana, mediante la posa in opera di lunghi massi levigati di pietra viva per la sezionatura degli scalini».
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«La torre, per le sue caratteristiche, è databile al XIII secolo. Essa, disposta su tre piani comunicanti tra loro attraverso una serie di botole e delle scale esterne, è costituita da un corpo cilindrico alto 12 metri e con diametro di 8 metri. La torre aveva funzione d’avvistamento, di segnalazione e di difesa. Successivamente fu utilizzata come prigione e poi come postazione del banditore pubblico».
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