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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI CROTONE
in sintesi
I castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.
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CACCURI (castello dei Barraco)
«Percorrendo la statale 107 che collega il Tirreno con il mar Jonio da Paola a Crotone, attraverso la Sila e la Valle del Neto, superata San Giovanni in Fiore inizia la discesa verso il mare. A circa 650 metri sul livello del mare si erge Caccuri, antico borgo medioevale cresciuto intorno al magnifico castello che edificato su una rupe sovrasta e “osserva” come una vedetta il Marchesato, dai monti fino al mare. Il centro storico è uno dei più integri e meno compromessi fra quelli del circondario. Il tessuto urbano, infatti, conserva intatte le caratteristiche del vecchio centro costituito da un intreccio di strade e vicoli che sfociano tutti al castello. Le origini dell’insediamento abitativo rimangono incerte: alcune fonti tramandano l’esistenza di popolazioni sin dall’epoca neolitica, altre rimandano all’età romana, infine al periodo bizantino al quale si fa risalire anche la prima edificazione del castello come presidio difensivo a guardia della Valle del Neto. Nel corso dei secoli il “castrum” subì importanti trasformazioni e dal XV secolo in poi fu teatro di una serie di passaggi feudali, ospitando i membri delle famiglie più prestigiose e potenti dell’epoca. ... Nel 1418 il castello è incluso tra i lasciti del Conte Carlo Ruffo di Montalto alla figlia Polissena che va in sposa al giovane Francesco Sforza, figlio appena diciassettenne di Muzio. è proprio in virtù di questo matrimonio che il caccurese Cicco Simonetta segue Francesco a Milano, fino a divenire segretario di questi e abile ed illuminato amministratore del GranDucato, oltre a potente e fine tessitore della politica milanese del ‘400. Nel XVI secolo inizia per Caccuri un periodo di rapidi trasferimenti sotto il dominio successivo delle famiglie Spinelli, Sersale e Cimino, sino al 1651 quando il feudo pervenne ai Cavalcanti che lo conservarono fino alla eversione della feudalità.
Per i Cavalcanti, che acquisirono il titolo di Duca di Caccuri, il castello rappresentò una stabile dimora per quasi due secoli, fino a quando nel 1830 l’ultima erede della stirpe vendette il feudo e il castello ai baroni Barracco. In particolare Guglielmo Barracco ne fece la propria dimora realizzando una serie di cospicui interventi di ammodernamento tra i quali spicca la torre acquedotto progettata dall’architetto napoletano Antonio Mastrigli. Dopo la morte di Guglielmo il castello fu disabitato per anni fino a quando i Barracco nella prima metà del ‘900 lo vendettero agli attuali proprietari. Poco sotto il castello s’impone la mole della chiesa di Santa Maria delle Grazie, la cui facciata, affiancata a destra da un campanile, è preceduta da una scalinata con rampe laterali e da una possente balaustra in pietra, coeva probabilmente al portale della chiesa. La facciata tripartita, coronata da un grazioso motivo mistilineo, riflette la partizione dell’interno trinavato, rivestito sul finire del settecento da una graziosa decorazione di stucco. Fuori dal nucleo abitativo antico la chiesa della Riforma, cosiddetta perché passata ai Riformati nel 1833. La chiesa ed il convento, fondati dai domenicani, vennero edificati a partire dal 1520. Il periodo è testimoniato anche da preziose emergenze architettoniche quali il portale della chiesa, che reca la data del 1543 - riportata nella trabeazione conclusiva preceduta dall’iscrizione che indica l’originario titolo “Sancta Maria Succurre Miseris” - ed il rosone sovrastante. La chiesa a navata unica è coperta da un soffitto ligneo a cassettoni dipinti ed è ornata da numerosi altari lignei. Sulla parete destra si apre l’imponente cappella seicentesca di San Domenico, aperta o rinnovata dalla famiglia Cavalcanti, come rivela lo stemma sulla chiave di volta. Significativo l’Oratorio del Rosario che occupa un ambiente dell’antico convento. Appena fuori il borgo, Caccuri offre un paesaggio suggestivo ed una natura sorprendente, punto d’incontro tra la macchia mediterranea e i boschi della Sila. …».
CAPOCOLONNA (torre di Mariello)
«La torre di Capocolonna, detta anche torre Mariello, è una struttura difensiva edificata lungo il litorale crotonese nel corso del XVI secolo. A pianta quadrata, era munita di robusti contrafforti e cordonatura in pietra. Il fortilizio, dotato di una scala esterna e di un piccolo ponte d'accesso, fu voluto dal vicerè spagnolo Pedro di Toledo e rientrava nel dispositivo di difesa costiera, di cui facevano parte anche la torre di Scifo o dei Saraceni, di forma quadrangolare, e la torre di Nao, edificata nel 1550, e recentemente oggetto di restauro».
http://web.tiscali.it/desessa/capocolonna.htm
«La Torre di Capo Nao, più semplicemente conosciuta come Torre di Nao o Torre Nao, è un monumento risalente al XVI secolo situato a Capo Colonna, in provincia di Crotone. Carlo V iniziò una vasta ed imponente opera di fortificazione dei litorali calabresi nel XVI secolo, per potenziare le strutture difensive del Regno di Napoli. Inizialmente, il progetto iniziato dal viceré Don Pedro di Toledo prevedeva la costruzione di 3 torri, ovvero la Torre di Capo Nao, la Torre di Scifo e la Torre Mariedda. Solo la prima torre venne però costruita, pare per mano di Fabrizio Pignatelli, che iniziò la costruzione nel 1550 e la termino all'incirca nel 1568. La torre venne interamente ricoperta di pietra arenaria, di cui è composto anche tutto il Promontorio Lacinio. La torre resistette alle incursioni saracene, anche se in seguito, nel 1860, passò nelle mani dei Francesi, che la inserirono nel loro sistema doganale, prettamente a scopo difensivo. Dopo l'Unità d'Italia, divenne una sede del comando della Guardia di Finanza, mentre oggi è un piccolo museo. La torre viene costruita come un elemento di difesa, composta da una base quadrata, un aspetto tozzo e semplice, ma allo stesso tempo massiccio ed imponente. L'accesso alla torre è rialzato, e per entrarci bisogna salire tre rampe di scale, che conducono ad un piccolo ponte levatoio a scomparsa, azionabile tramite una carrucola dall'interno. Questi due particolari rendevano la torre quasi impenetrabile ed ancora più difesa, considerando anche i diversi elementi di offesa di cui questa è dotata, come diverse archibugiere, ora trasformate in semplici finestre, e dei piombatoi situati sulla cima della torre. Solo dopo la recente ristrutturazione, venne implementata una porta a piano terra, per permettere anche le più basilari misure di emergenza. Dopo una fase di restauro sia interno che esterno, la torre è stata adibita ad antiquarium, ovvero un piccolo museo nel quale poter osservare ritrovamenti archeologici subacquei della zona. Si possono osservare reperti archeologici Greci e Romani, con un'età compresa tra il 600 a.C. ed il 200 d.C., tutti rinvenuti nei fondali presso il promontorio, ma anche in tutta la riserva marina, che si estende fino a Capo Rizzuto. Inizialmente, venne adibita alla mostra dei reperti rinvenuti all'interno dell'area archeologica adiacente, ma con il passare del tempo e l'aumentare dei reperti, venne costruito il Museo archeologico nazionale di Crotone, nel quale vennero trasferiti tutti i reperti rinvenuti all'interno dell'area archeologica (anche se alcuni reperti vennero portati al Museo Archeologico di Reggio Calabria) e lasciò spazio all'esposizione nella torre di numerose anfore, monete antiche, ceramiche, vasi e marmi. Salendo inoltre in cima alla torre, si possono osservare a pieno splendore le coste ed i litorali, nonché la città di Crotone».
http://it.wikipedia.org/wiki/Torre_di_Nao
CASTELSILANO (castello dei Rota)
«Il Principe Scipione Rota, che governava il Principato di Acheronthia, tra il 1650 e il 1670 fece costruire il Castello sulla parte più alta del suo territorio. La struttura, che serviva sia come residenza estiva sia per le continue battute di caccia, era maestosa e dominava tutta la valle. Agli inizi del '900, però, il Castello non venne più valorizzato e venne dato ad alcune famiglie del posto che pensarono bene di andarci a vivere».
http://www.falbocast.it/castello.htm
CERENZIA (ruderi del castello di Acheroentia)
«Il nucleo originario del borgo risale all’età del bronzo e l’insediamento si è, nel corso dei secoli, sviluppato fino a raggiungere il numero di 6000 abitanti. Sono tuttora riconoscibili i resti delle abitazioni e della Cattedrale di S. Teodoro, all’interno della quale si possono apprezzare le navate e la scala che conduceva alla torre campanaria. Poco oltre, è possibile ammirare le volte a crociera della torre del Vescovo, il palazzo del Principe ed il castron di pietra arenaria. Nel ‘700 la piazza, costruita sulla cavità di una grotta, sprofondò danneggiando le condutture dell’acqua. In seguito all’inquinamento dei pozzi, epidemie mortali decimarono la popolazione. A metà dell’800 i Borboni decisero di spostare l’abitato più a nord, dando vita alla nuova Cerenzia».
http://www.crotoneturismo.it/schede.asp?ID=322
«Il castello, che risale alla fine del XV sec., con le sue mura e le sue torri è la principale attrattiva del paese”, così scriveva lo storico prof. Mezzi in un suo libro. Da studi recenti effettuati, pare che il maniero fu edificato, almeno il piano terra, nel 1496 dal Conte Andrea Carafa, ma fu il nipote Galeotto a far costruire tutto intorno il muro di cinta che lo avrebbe protetto dalle incursioni Saracene. Si racconta che al suo interno, ci siano ben 365 stanze, di cui una racchiuderebbe un gran tesoro, non ancora trovato. Ma la maggior ricchezza del Castello, fu quella di ospitare nella sua reggia, personaggi illustri come Casoppero, il re Carlo III di Borbone ed il grande scienziato Luigi Lilio, che ancor prima della riforma del calendario gregoriano(1582), aveva disegnato e costruito proprio nell’atrio del Castello una grande stella a otto punte, da molti indicata erroneamente a nove punte, in realtà è una meridiana,con intorno tutti i segni dell’oroscopo. Col tempo poi il maniero, caduto il feudalesimo venne abbandonato e, messo all’asta nel 1842, fu comprato dalla famiglia Giglio, i quali hanno costruito il secondo piano, come testimoniano alcuni dati sui muri esterni. L’atrio del castello che gelosamente custodisce la grande ed enigmatica opera di Lilio, studiata anche di recente dall’Università di Reggio Calabria, che tra l’altro ha rivelato molte cose importantissime e mai prima affrontate, oggi si ritrova ricoperto di erbacce e cespugli, calpestando un opera che il mondo intero ci invidia. ...».
http://www.secom.it/ecom/fotografie/scheda/articolo/332/
«L’abitato medievale di Ypsicrò, analogamente a quelli circostanti (Crucoli, Melissa, Terravecchia), compare a seguito dell’arretramento dei centri abitati dalla costa, dopo l’abbandono del tratto della via romana che, seguendo il mare, dalla stazione di Paternum giungeva presso l’antico tempio di Apollo Aleo (2). Esso si segnala, per la prima volta, agli inizi del secolo XII, quando il primitivo elemento urbano, identificato dal “castellum quod dicitur Psichro”, si evidenzia in un’area soggetta alla giurisdizione del vescovo di Ebriaticum (Umbriatico), nelle vicinanze della “ecclesiam S. Andreae Apostoli” e del luogo che, nel passato, era stato occupato dal castrum di Licia/Licie ormai in abbandono. L’atto dal quale risulta la presenza di questi elementi che, agli inizi del periodo Normanno, componevano il panorama dei principali insediamenti nell’attuale territorio cirotano, si riferisce ad una donazione di terre fatta da Riccardo Senescalco, figlio del conte Drogone e nipote di Roberto il Guiscardo, in merito alla quale si rileva la presenza in quest’area, dei cavalieri dell’ordine di S. Giovanni di Gerusalemme. A loro deve essere ricondotta l’erezione della chiesa di S. Giovanni, che è ricordata come la primitiva matrice di Cirò, e che rappresenta l’elemento chiave, attorno al quale coagulerà la nuova organizzazione urbana generata dall’età feudale. Tale organizzazione appare consolidata con l’apparire del castrum di Ypsigro (1276)/Ypsicrò (1326)/Ypcigro (1444) che era caratterizzato da un circuito murario regolare ed ellittico circostante la chiesa di S. Giovanni, dal quale si snodavano le strade che collegavano l’abitato medievale ai principali centri vicini (Crucoli, Alichia, S.Venera). La sua importanza risulta sottolineata dal fatto che bisognava necessariamente attraversarlo percorrendo la via che permetteva di raggiungere la costa, dove, in prossimità di un importante incrocio stradale, sorgevano l’abitato di Lutrivio ed il Palazzo Alitio. Qui, dove passava la via regia, i funzionari regi erano deputati a garantire i diritti della corona, esigendo il passo da quanti vi transitavano. A questa rocca, nel tempo, si andranno aggregando altri nuclei che si formeranno fuori dalle porte lungo gli assi stradali principali. Tra questi la Judeca che si organizza in corrispondenza della strada che collegava la città di Cirò a quella di Crucoli. L’insediamento degli Ebrei determinerà lo spostamento dell’accesso originario, la deviazione dell’asse stradale pertinente e l’erezione di una nuova porta, che permarrà nelle cinte murarie successive. Quest’assetto caratterizzerà la città anche in seguito, quando, specie dopo la Guerra del Vespro, essa evolverà velocemente, mentre si assisterà ad un progressivo regresso di tutta la dorsale interna. Ciò accrescerà l’importanza di Cirò che, dagli inizi del Trecento , diventerà la sede di fatto del vescovo umbriaticense.
Tale importanza appare confermata alla metà del sec. XV, quando, al tempo della discesa di re Alfonso in Calabria, quest’ultimo “Entrato nelle terre del Marchesato, per la prima terra assaltò lo Zirò, il quale non fece resistenza, ...”. L’otto novembre 1444 la città si arrendeva al sovrano che concedeva privilegi ed esenzioni. In questa fase essa doveva ancora mantenere il suo assetto medievale che, ad ogni modo, sul finire del secolo fu interessato da importanti modifiche, necessarie a adeguare le difese in ragione della minaccia incombente dei Turchi. Nel 1489 Alfonso, duca di Calabria e Antonio Marchesi di Settingiano, ispezionarono le fortificazioni della Calabria. Provenienti da Belcastro, il 12 marzo giunsero a Le Castella e nello stesso giorno ripartirono per Crotone, visitando in seguito Cirò e Cariati. A seguito di questa visita, le difese cirotane furono dotate di strutture adeguate ai tempi, come testimoniano le torri superstiti del castello, che trovano riscontro con quelle che caratterizzano la cinta difensiva di Cariati, mentre i resti di un’altra torre riferibile a questo periodo, si evidenziano alla base del bastione del castello verso la Piazza Mabilia. Al tempo di Andrea Carrafa - la prima metà del Cinquecento - analogamente ai casi d’altri possessi feudali del conte, le mura della città di Cirò furono riorganizzate sulla base dei nuovi principi della difesa bastionata. La realizzazione di queste nuove opere comportò anche un riassetto dell’organizzazione cittadina, attraverso l’accorpamento dei suoi diversi elementi (castrum, castello, judeca, borghi) che, riuniti attraverso l’erezione di un’unica cortina difensiva, determineranno il consolidamento di una nuova forma urbana, più articolata rispetto alla precedente e che, successivamente, sarà interpretata come un richiamo alle antiche origini della città. Si trattava di una fortificazione continua che, ancora alla metà del sec. XIX, cingeva quasi tutto l’abitato, mentre attualmente si conserva in diversi tratti. In questa fase la città si caratterizzava per la presenza di quattro porte e di un “portello”, mentre nuovi “spontoni” munivano tutto il perimetro che, da quest’ultimo accesso di soccorso, si collegava al castello, fino a comprendere la “Timpa di Capoano”, dove sorgerà la chiesa di S. Cataldo vescovo. Queste nuove difese non impediranno il saccheggio della città da parte dei Turchi nel settembre del 1594, anche se essa saprà riprendersi rapidamente dimostrando una notevole vitalità. ...».
http://www.archiviostoricocrotone.it/urb_soc/stor_urb_cir%C3%B2.htm (a cura di Pino Rende)
CIRÒ MARINA (castello Sabatini o palazzo Alice)
«Il Castello, anche denominato “Il Palazzo” o “Villa Alice”, è posto alle falde della collina di Madonna d’Itria, in ottima posizione su un vasto pianoro. La leggenda tramandata dal Pugliese vuole che a volerne la costruzione fosse stato l’imperatore Costantino che, navigando per l’oriente, si fermò in questi luoghi per adorare la Madonna miracolosa custodita nel santuario dell’Itria. In realtà la costruzione del Castello risale ai primi decenni del XVI secolo. Furono i Carafa, conti di Santa Severina e feudatari di Cirò, a costruire l’originario impianto quadrangolare con pozzo di luce centrale; successivamente la costruzione fu resa più massiccia con l’aggiunta di quattro robuste torri sporgenti sugli spigoli. La base, sia per quanto riguarda la parte centrale che le torri angolari, è a scarpa alla fine della quale è presente un cordolo di separazione dal paramento superiore che è verticale. Nel XVII secolo fu Vespasiano Spinelli ad attuare un connubio fra la fortezza e la dimora gentilizia, aggiungendo, nel lato a monte, un corpo contenente il corpo scala a portico per il primo piano ed un secondo piano aggiunto. Con l’eversione della feudalità, il Castello fu acquistato, nel 1845, dalla famiglia Sabatini dalla quale oggi prende il nome. Il castello corrisponde a vista verso costa nord con la Torre Vecchia a 4,5 km, e verso costa sud con la Torre Nuova a 2 km, e con Torre Melissa a 7 km».
http://www.ciroaltra.it/joomla/sistema-di-difesa/il-sistema-di-difesa/2.html
«Alla ricognizione fatta da Vittorio Faglia nel 1980 la Torre Nuova si presentava in un contesto caratterizzato da “...natura intatta alla foce del torrente Lipuda ... splendida coltivazione a vite fino in riva al mare...”. A non molti anni di distanza lo scenario non è certo lo stesso...; la foce del Lipuda è stata snaturata da invadenti costruzioni in cemento armato e la coltivazione a vite sta man mano scomparendo per lasciare posto ad altre costruzioni. La torre fu fatta costruire nel 1596, in ottemperanza alle ordinanze viceregnali, dal feudatario di Cirò, il Marchese Vespasiano Spinelli. Il Valente parla di un’incursione turchesca respinta nel 1697, di un’incursione senza resistenza nel 1707, e di un’incursione e conquista nel 1805. Come possiamo leggere nella descrizione del Faglia ed osservare dalle fotografie di qualche anno fa, la torre si presentava come un grosso rudere di 16 metri di lato, con base a scarpa collegata senza raccordo, e “...nessun segno di caditoie anche forse cancellate da evidenti restauri.” I “restauri” realizzati negli ultimi anni, attualmente sospesi, tendenti più che alla conservazione alla ricostruzione della torre stessa, hanno già in parte cancellato gli ultimi segni superstiti, come buche pontaie o tracce di feritoie. Da segnalare la presenza, nelle vicinanze della torre, di una costruzione in pietra, sventrata dal passaggio di una strada in epoca recente. Costruzioni di questo tipo si trovano in prossimità di molte altre torri (vedi anche torre Melissa); dalle ricerche storiche non è emersa una possibile relazione con le torri stesse, ma è verosimile che potessero avere la funzione di deposito delle derrate alimentari che le navi reali venivano a caricare in questi territori. La Torre Nuova corrisponde verso costa-nord con il Castello del Principe a 2 km e con Torre Vecchia a 5,5 km; verso costa-sud con Torre Melissa a 6,5 km».
http://www.ciroaltra.it/joomla/sistema-di-difesa/il-sistema-di-difesa/4.html
«Uscendo dalla statale ionica 106 al km 290 è possibile raggiungere il promontorio che domina Punta Alice caratterizzato dalla chiesa dedicata alla Madonna del Mare, il cui impianto si fa risalire all’epoca del monachesimo basiliano, e dai cosiddetti “Mercati Saraceni”, costruiti nel 1818. Poco distante dal complesso dei Mercati, restaurati nel 1987-’88, sorge la Torre Vecchia, così denominata perché costruita sui ruderi di una torre più antica, forse risalente ai tempi delle prime incursioni saracene che infestarono i mari calabresi dal secolo IX fino all’avvento dei Normanni. Scrive lo storico cirotano Giovan Francesco Pugliese: “Dopo che Crimissa Paterno fu distrutta si pensò di edificare una torre di guardia sull’eminenza della difesa piana, ove finisce l’oliveto, ed ove dicesi torre Vecchia e Madonna di mare, sito elevato che guarda quasi tutto il nostro litorale dall’un lato e dall’altro del capo Lice. La torre attuale è nuova, ma ritiene il nome della vecchia i cui ruderi superiori a quella appena ora si scernono...” Le prime notizie certe riguardanti la torre risalgono al 1569, anno in cui è torriero Giovanni Dias; nel 1598 la torre viene assalita ed occupata da Bascià Cicala. Si conoscono poi i nomi dei torrieri nel 1601, 1661, 1668; nel 1741 la ritroviamo in un elenco di torri da riparare. Si tratta di una torre viceregnale di forma quadrata di 10 metri di lato, a leggera scarpa raccordata senza cordolo. è caratterizzata da due livelli coperti entrambi da volta a botte; al piano superiore si accedeva da un’apertura soprelevata, posta sulla parete a monte, alla quale si arrivava mediante una rampa fissa in muratura, forse caratterizzata da un ultimo tratto mobile, testimoniato dalla presenza di una stretta feritoia murata al di sopra dell’apertura di ingresso. Tramite una scala interna, realizzata nel vivo della muratura, si accedeva al livello del terrazzo, dove era posta l’artiglieria. Delle due pareti a mare, quella sul tratto di costa-est risulta priva di aperture; quella sul tratto di costa-nord presenta una piccola finestra. Sulla restante parete a monte, è ancora visibile una stretta feritoia murata. La torre è posta su un leggero dislivello; il piano inferiore risulta, pertanto, in parte esterno ed in parte seminterrato. Sono sicuramente successive le aperture esterne che portano ai locali di questo primo livello. La volta a botte che copre il livello seminterrato è ordita in direzione est-ovest; quella del primo livello in direzione nord-sud. La muratura è stata realizzata in materiale locale costituito da pietrame di diversa pezzatura. La Torre Vecchia di Capo Alici corrisponde verso costa-nord con la Torre di Fiumenicà a 12 km e con la Torre “feudale” di Solagi a 3 km; verso costa-sud con la Torre Nuova a 5,5 km e con il Castello del Principe a 4,5 km».
http://www.ciroaltra.it/joomla/sistema-di-difesa/il-sistema-di-difesa/3.html
COTRONEI (ruderi del castello, centro storico)
«Popoloso centro della presila, ha poche reminiscenze storiche nel centro abitato, pare che i crotonesi lo abbiano fondato come avamposto per la difesa di terra. Certo è che il vecchio abitato è stato costruito attorno ad uno dei principali percorsi, per la transumanza del marchesato, posti sulla dorsale collinare tra le vallate del Tacina e del Neto. Il centro cittadino per i pochi elementi interessanti è medioevale, citiamo la tardo barocca chiesa parrocchiale dedicata a S. Nicola, palazzo Verga e numerose architetture minori ed elementi di arredo urbano come edicole votive, acciottolati, targhe stradali e fontane. Alla periferia di Cotronei sono ancora visibili i ruderi della residenza fortificata dei Filomarino, Conti di Castella, che dal 1711 lo tennero in feudo. La costruzione della residenza è a pianta quadrata, posta su un’altura curiosamente circoscritta da grotte, di cui una reca stemmi graffiti sulle pareti. Nei dintorni di Cotronei, sull’altipiano silano, si trovano i resti di antiche torri a pianta quadrata utilizzate per i pascoli estivi dalle famiglie nobili e latifondiste del Marchesato. Al piano terra trovavano riparo gli armenti, mentre al piano superiore, con ingresso indipendente, i pastori».
http://www.kaulon.it/crotonese/crotonei.htm
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Della rocca fortificata che costituiva l'antica acropoli crotoniate, non si ha notizia fino all'840 d.C., quando in occasione di una scorreria delle orde musulmane che avevano conquistato Taranto e occupato S. Severina, queste, cintala d'assedio, tentarono più volte ed invano di espugnarla. In questo periodo non era ancora avvenuta la corruzione del nome da Crotone a Cotrone per metatesi della "erre". Quasi un secolo dopo, nel 931, i Saraceni faticosamente conquistano la città e ricostruiscono le sue mura mantenendo una flotta nel suo porto. Infatti il porto ci Crotone era un comodo rifugio e la posizione della città politicamente e strategicamente importante perché costituiva una porta di accesso alle terre italiane per le armate orientali. Nel secolo XI, i Normanni riescono a conquistare la città e nel 1140 il Castello di Crotone risulta essere tra i 75 castelli allora esistenti nel Registro delle terre dei vassalli di Ruggero II. Federico II di Svevia, fortifica il sistema dei reali castelli e cura il castello e il porto di Crotone sempre in virtù della particolare posizione strategia della città. Gli Angioini succedutisi agli Svevi, provvedono alla difesa militare della Calabria, mediante i reali castelli, che erano affidati ai castellani. Carlo d'Angiò ordina a vari feudatari tra 1270 e il 1271 a riparare le torri del castello che chiama: Mamunela, Barbacana, Triangula, Thesauro, Turricella e Turris "Ante Hostium". Nel 1284, sempre Carlo d'Angiò diede la castellania di Crotone a Pietro Ruffo, e nel 1296, durante la guerra dei Vespri tra Angioini ed Aragonesi, l'ammiraglio Ruggero di Lauria invano cercò di conquistare la città. I Ruffo signori di Crotone col titolo di Marchese, da cui deriva il nome di Marchesato, che ancora si conserva, detennero la città fino al 1444, quando assieme a Catanzaro passò da Nicolò Ruffo a sua figlia Enrichetta che aveva sposato contro il volere del re, Antonio Centelles di Ventimiglia, che per aver guidato la rivolta dei baroni, morì in carcere e le sue terre confiscate. La leggenda dice che Enrichetta, marchesana di Crotone, morisse per il dolore in una sua terra detta poi, per questo motivo Crepacuore. Alfonso d'Aragona che aveva riconquistata a stento la città, resosi conto dell'importanza strategica del sito, sia come punto di offesa che di difesa, diede particolare concessioni ai cittadini, per favorire le loro attività mercantili e resa la città demaniale. Nel 1456, concesse che la città potesse impiegare le imposte arretrate per la riparazione delle mura del castello.
Nel 1497, quando entra in città il gran capitano Consalvo da Cordova, a sostegno degli spagnoli contro i francesi, le fortificazioni erano in uno stato deplorevole. Alla fine del 400 due delle torri antiche vengono inglobate in torrioni cilindrici, iniziano così i lavori di riparazioni delle regie fabriche delle mura e del castello, che continuano per oltre un secolo e a cui è destinata la gabella della seta, che colpisce molto Cosenza e i suoi casali. In periodo viceregnale,m le fortificazioni subiscono cambiamenti radicali per adeguarle alle nuove teorie sull'arte fortificatoria, che veniva formandosi per far fronte alla diffusione delle nuove armi da fuoco e in specie dell'artiglieria, anche nel regno di Napoli per la conoscenza delle opere di Francesco di Giorgio Martini. Ingegnere militari come Antonello da Trani, Juan Sarmientos, il padovano Giovanni Maria Buzzacarino, il barone leccese Gian Giacomo D'Acaja, Ambrogio Attendolo, si susseguono nella direzione delle imponenti opere di fortificazioni. Il Castello da un impianto pentagonale con cinque torri ai vertici di derivazione fridericiana, viene ridotto in forma quadrata prevedendo l'inserimento delle torri circolari in quattro bastioni a scarpa risegati. Parte dell'antico castello fu rinchiuso nel nuovo a pianta quadrangolare e soprattutto ne fu modificato l'aspetto mediante l'inserimento di tre torrioni angolari in bastioni pentagonali risegati e speronati, uniti ai due torrioni cilindrici da megalitiche muraglie a cortina cordonate. La scarsezza dei materiali edilizi impose il riuso dei grandiosi resti della città greca, delle vecchie mura e degli avanzi di case dirute Il progetto viene realizzato parzialmente con la realizzazione dei bastioni S. Giacomo e S. Caterina. Nel 1743, il castello fu ancora vinto da Carlo IV di Borbone, che conquistò il Regno di Napoli agli Imperiali austriaci. Nel 1799, la città, capeggiata dai suoi nobili si dimostrò favorevole alla proclamazione della repubblica partenopea, ma riconquistata in breve dal Cardinale Ruffo, furono fucilati sul castello i civici magistrati: Francesco Antonio Lucifero, Giuseppe Suriano, Bartolo Villaroja Col perfezionamento delle armi da guerra il castello perde la sua importanza strategico-militare e nel corso del secolo XIX venne parzialmente smantellato nella parte superiore, anche a seguito di danni subiti per i frequenti terremoti. Infatti il terremoto del 1832 provocò il crollo della chiesa di S. Dionigi che era nel castello e della scala che conduceva alla Torre Marchesana; nel 1873 rovinò la cortina di ponente e la Torre marchesana rimase gravemente lesionata, tanto che si decise la sua demolizione e quella delle murature che formavano la parte superiore della cortina sud e gli alloggiamenti; nel 1895 furono eseguite alcune demolizioni sulla spianata superiore del bastione S. Maria. Perduta la sua funzione strategica, il castello passò dall'Amministrazione militare al Demanio dello Stato, eccetto alcuni locali usati come caserma di fanteria. Durante la prima guerra mondiale vi furono istallate alcune batterie costiere. Nel 1960 il Genio Civile ha ricostruito la cortina sud, e nel 1980 la Soprintendenza per i beni A.A.A. e S. ha curato il restauro della Torre Aiutante».
http://www.comune.crotone.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/315
CROTONE (cinta muraria, porte)
«Dopo l'acquisizione della città al regio Demanio (1541), valutando l'importanza strategica del sito, il Vicerè Don Pedro De Toledo, ordinò la sua fortificazione, sia con la ricostruzione del castello, sia con la ricostruzione delle mura medioevali ormai inadatte a resistere alle nuove armi da guerra. L'opera si protrasse circa un secolo ed essendo la città priva di cave di pietra, furono usati gli ancora grandiosi resti della città greca, delle vecchie mura, degli avanzi di case dirute. La nuova cinta muraria, in forma poligonale fu costituita da cinque baluardi avanzati e risegati, e da due rivellini modellati ad orecchione, siti a proteggere i fianchi del castello. I baluardi, in onore del Vicerè , presero rispettivamente il nome di Don Pedro, Toledo, Marchese, Villafranca, e l'ultimo conservò il nome di Pedro Nigro, che venne poi mutato in Orsini dal nome della famiglia nobile che nei pressi aveva la sua residenza. Il Bastione Don Pedro fu detto anche delle Armi perché reca l'insegna di Carlo V e del Vicerè. I rivellini sono noti, uno come Bastione del Fosso, su cui è incisa la data 1550; l'altro più tardo, come la Conigliera che reca la scritta Miranda, dal nome del Vicerè, sotto il quale fu costruito (1595) per consiglio dell'architetto Ambrogio Attendolo. Le porte erano tre: quella di terra la principale si apriva verso la campagna, ed era posta tra il Baluardo Toledo e quella Villafranca; quella segreta della Pescheria era sita presso il Bastione Pedro Nigro; e quella di mare presso la Conigliera. L'invenzione dei proiettili esplosivi e dei cannoni a lunga gittata resero inutili le fortificazioni, per cui nel periodo francese, parte delle mura furono abbassate per garantire la ventilazione dei quartieri bassi. Nel 1867 l'Amministrazione Comunale pervenne alla risoluzione di abbattere la porta di terra e parte delle mura per formare i portici e uno stradone panoramico verso il mare (l'attuale Viale Regina Margherita). Le restanti parti, pur se rimaneggiate sono ancora visibili ed emergenti».
http://www.comune.crotone.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/760
CROTONE (palazzo Olivieri Susanna)
«Costruzione di arenaria locale, risale all’anno 1526 come è attestato dalla data incisa nel ricco portale lapideo. Il palazzo apparteneva alla famiglia del Barone Olivieri oriunda da Otranto, che imparentata con la famiglia Susanna di Crotone, ne riporta lo stemma gentilizio. Il portale e adorno di palle di pietre e di motivi zoomorfi; lateralmente reca lo stemma gentilizio della famiglia Susanna. Nella cornice del portale è riportata un’ iscrizione mutilata e l’anno di fondazione. Stato di conservazione discreto. Secolo XVI».
http://www.galkroton.it/cultura/palazzi.html#crotone
«La struttura difensiva venne edificata nel corso del XVI secolo. Presenta una pianta di forma quadrata ed è munita di robusti contrafforti e cordonatura in pietra. Il fortilizio, costruito per volere del viceré spagnolo Pedro da Toledo, è dotato di una scala esterna e di un piccolo ponte di accesso. La sua costruzione rientrava in un disegno di difesa costiera di cui facevano parte anche la Torre di Scifo o dei Saraceni, di forma quadrangolare, e la Torre di Nao».
http://www.crotoneturismo.it/luogo.asp?id=22
«Con deviazione all'ingresso nord della città, una torre tonda di modeste dimensioni (diametro 6 metri ) e di modestissimo spessore (60 centimetri), in posizione non dominante, forse più edificio rurale o vecchio roccolo. Proprio in quel punto però indica Torre Tonda, da la carta del Rizzi Zannoni, ma non dimentica di indicare la valle di Lampos. Piccola costruzione a pianta circolare , di datazione incerta ma di tipologia normanna. Già alla fine dell'Ottocento risultava mozza ed adattata a costruzione rurale. La collina nei pressi di Crotone , sulla quale è sita , era forse sede in epoca greca del tempio dedicato alla Vittoria».
http://www.comune.crotone.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/315
«...Con l’arrivo dei Normanni e la cacciata dei Bizantini Crucoli vive una nuova fase, con l’impianto del poderoso castello sulla sommità più alta, a dominio dell’abitato, sul modello di altri centri calabresi (Nicastro/S. Teodoro, Morano Calabro, Santa Severina, Squillace ad esempio), imperniando la difesa su un poderoso Mastio o Dongione centrale, protetto da un forte recinto con torri adatte alla difesa piombante, passiva, con caditoie, scivoli ed altri apprestamenti tecnici tipici di questi manieri. Stando a notizie di Gioacchino da Fiore, tuttavia, qualche forma di fortificazione dovette già esistere nel sito del castello già intorno al Mille. Con i vari passaggi a varie famiglie feudali (Gentile, Tarsia, Regibajo, D’Aquino, che lo tennero dal 1356 al 1631) che si successero a seguito dei cambi di dominazioni che ebbero il Regno di Napoli (Svevi, Angioini, Aragonesi) fino alla creazione del Viceregno non si ebbero imponenti ristrutturazioni del castello, come in altre città calabresi, ma tuttavia furono adottati accorgimenti funzionali per rendere la struttura sempre ‘moderna’ e atta alle nuove tecniche di guerra e per l’impiego di nuove tecnologie belliche, come le armi da fuoco, adatte alla difesa radente in caso di assedi ed assalti. Grazie alla sua presenza la stessa Città di Crucoli fu un caposaldo strategico dell’allora Calabria Citra (il cui capoluogo era Cosenza), a controllo di un tratto di costa notevole tra Rossano e Cotrone, tanto da comparire in tutte le cartografie d’epoca. La sua organizzazione interna, attualmente poco leggibile ma legata ad un progetto di recupero e restauro da parte dell’Amministrazione Comunale, è nota grazie a due atti notarili. Il primo, redatto nel 1780 dal notaio De Luca, ci informa che "il castello destinato per abitazione del padrone, consiste in due membri inferiori e superiori e di due consignazioni di vassalli, le quali sono parti al piano terreno e parti anche con consignazioni al di sopra, coverte per lo più a tetto e scandole di legno, ma quest'altre d'alcuni casini di delizie anche attinenti all'uso comodo della camera marchesale, consistenti uno di essi nel luogo denominato Torretta anche di più membri inferiori e superiori, gli altri nel luogo detto Cassia, oltre l'altro Belvedere il quale è ridotto a casaleno ed inabitabile". Il secondo, del notaio Iuzzolino (1894), oltre ad informarci che è raggiungibile anche in carrozza e dotato di sei bastioni, riporta che «... in mezzo al castello vi è una specie di rocca o fortezza, le cui muraglia sono antichissime e ora abbandonate...», dunque testimonianza del più antico Mastio che a modello di quelli di Scribla, Squillace, Santa Severina e Nicastro, distingueva i castelli normanni. Dall’ atto si apprende anche l’esistenza di tre cisterne, cantine, quartini abitabili al piano "del gran cortile" e quartini per i nobili Superiori "...In modo che possano rifugiarsi nel castello fino a 1000 persone...". Nel 1631 il castello fu venduto agli Amalfitano che lo tennero fino al 1781. Tra il 1866 e il 1940 il castello fu noto come "Castello del Marchese di Crucoli, Conte di Savelli" ed era sede dei magazzini del Monte Frumentario».
http://mav.comune.crucoli.kr.it:10080/web/it/storia.territorio.php (a cura di Alfredo Ruga)
CURRIALE DI CIRÒ MARINA (torre Curiale)
«Nel territorio di Cirò, non molto distante dalla località Santa Venere, nelle vicinanze del Torrente Curiale, si possono osservare i resti di una antica costruzione. Le trasformazioni subite nel corso dei secoli non aiutano nella lettura del manufatto, tanto che è difficile capire se possa realmente trattarsi della Torre di Curiale di cui parla il Pugliese o semplicemente di una costruzione di tipo rurale. Ulteriori indagini sulla muratura e sugli elementi che potrebbero essere considerati estranei alla originaria struttura (la copertura a tetto), potrebbero fornire indicazioni utili ad una maggiore comprensione del manufatto, che, in ogni caso, doveva controllare una parte meno esposta del feudo».
http://www.ciroaltra.it/joomla/sistema-di-difesa/il-sistema-di-difesa/8.html
ISOLA CAPO RIZZUTO (resti del castello feudale, borgo medievale)
«Nel centro storico vi sono avanzi del complesso fortificato cinquecentesco del Castello Feudale (in via S. Marco), eretto in periodo medievale, ampliato nel 1549, dal feudatario napoletano Giovanni Antonio Ricca; resti di torri quadrilatere angolari speronate; Reliquie delle muraglie della cortina perimetrale con pivellini; "l'Orologio", la Porta del borgo medievale, sormontata da una torretta dell’orologio posteriore, che divide la zona antica da quella più moderna».
«Il primitivo castello di Isola, il “kastello ton Asulon”, compare nell’ottobre 1131 in un documento riferito ad alcune concessioni fatte dai conti di Loretello al monastero di San Stefano del Bosco. L’esistenza di questo castello sembra anche avvalorata da uno scritto del Campanile il quale afferma: che Alessandro Malena all’inizio del Trecento ebbe in feudo “per parte di Catarina Merceria il castello della Torre dell’Isola nelle pertinenze di Cotrone”. La costruzione, di cui oggi vediamo le rovine, fu eretta, o riedificata, nel 1549 assieme alle mura della città dal feudatario napoletano Giovanni Antonio Ricca. Isolato con un fossato dalle mura cittadine, l'edificio era usato come palazzo/abitazione dai baroni di Isola, i quali lo utilizzarono per tutto il Seicento e per buona parte del Settecento. Di mediocre struttura, munito di baluardi angolari, all’inizio del Seicento era “ben messo e provveduto di molti pezzi e munizioni” dal feudatario e come tale era ritenuto un valido aiuto nella difesa contro il pericolo di sbarchi turchi. Vi si entrava attraverso un ponte levatoio ed al suo interno oltre alle stanze di abitazione, alle quali si accedeva attraverso una gradinata, vi era la cappella o oratorio dedicato a San Geronimo sempre di iuspatronato del barone, dove un cappellano, di sua scelta ed a suo carico, celebrava per i dimoranti nel castello la messa ogni domenica e nei giorni festivi. Al riparo dentro le sue mura vi erano i magazzini, dove il feudatario conservava il grano, e le pubbliche carceri. Lasciato andare in abbandono, anche a causa dei danni che subì dai terremoti, specie quello del 1832, alla fine dell’Ottocento appariva “diruto” ed “in frantumi”».
http://it.wikipedia.org/wiki/Isola_di_Capo_Rizzuto#Principali_monumenti - http://castelliere.blogspot.it/2016/07/il-castello-di-lunedi...
ISOLA CAPO RIZZUTO (torre Brasolo)
«La Torre Telegrafo “resti”, è stata costruita alla fine del XVI secolo e fa anche essa parte dell'apparato difensivo costiero. Intorno il 1500 Con la ripresa delle incursioni turche sia gli aragonesi che i viceré spagnoli ordinano la fortificazione della costa poiché le precedenti difese risultano insufficienti alle nuove armi da fuoco, Venne ideato quindi un sistema permanente di difesa costiera, che riprendendo il sistema normanno e feudale, viene definito in modo organico per volere del vicerè Don Pedro da Toledo, ma raggiunge la completa attuazione durante il viceregno di Parafan de Ribeira, duca di Alcalà (1553). Il piano generale, predisposto da Fabrizio Pignatelli, prevede la costruzione di torri costiere che siano visibili tra loro, per poter segnalare con tempestività, in tutto il regno di Napoli, l'arrivo di navi nemiche. Stato di conservazione: cattivo. Cronologia generica: secolo XVI».
http://www.galkroton.it/cultura/torri.html#isola
ISOLA CAPO RIZZUTO (torre Bugiafro)
«Pochi avanzi vicini agli scavi di un importante sito del neolitico testimoniano la presenza di una torre medievale. La Torre Bugiafro“resti”, è stata costruita alla fine del XVI secolo e fa anche essa parte dell'apparato difensivo costiero. Intorno il 1500 Con la ripresa delle incursioni turche sia gli aragonesi che i viceré spagnoli ordinano la fortificazione della costa poiché le precedenti difese risultano insufficienti alle nuove armi da fuoco, Venne ideato quindi un sistema permanente di difesa costiera, che riprendendo il sistema normanno e feudale, viene definito in modo organico per volere del vicerè Don Pedro da Toledo, ma raggiunge la completa attuazione durante il viceregno di Parafan de Ribeira, duca di Alcalà (1553). Il piano generale, predisposto da Fabrizio Pignatelli, prevede la costruzione di torri costiere che siano visibili tra loro, per poter segnalare con tempestività, in tutto il regno di Napoli, l'arrivo di navi nemiche. Stato di conservazione: cattiva. Cronologia generica: secolo XVI».
http://www.galkroton.it/cultura/torri.html#isola
ISOLA CAPO RIZZUTO (torre Cannone)
«Torre di guardia a pianta quadrata costruita in località Capo Cimiti agli inizi del 1600 e recentemente ristrutturata e adibita a residenza privata. Intorno il 1500 con la ripresa delle incursioni turche sia gli aragonesi che i viceré spagnoli ordinano la fortificazione della costa poiché le precedenti difese risultano insufficienti alle nuove armi da fuoco, Venne ideato quindi un sistema permanente di difesa costiera, che riprendendo il sistema normanno e feudale, viene definito in modo organico per volere del viceré don Pedro da Toledo, ma raggiunge la completa attuazione durante il viceregno di Parafan de Ribeira, duca di Alcalà (1553). Il piano generale, predisposto da Fabrizio Pignatelli, prevede la costruzione di torri costiere che siano visibili tra loro, per poter segnalare con tempestività, in tutto il regno di Napoli, l'arrivo di navi nemiche. Stato di conservazione: cattivo. Cronologia generica: secolo XVI».
http://www.galkroton.it/cultura/torri.html#isola
ISOLA CAPO RIZZUTO (torre di San Pietro in Tripani)
«Situata ai confini del territorio di Isola con quello di Cutro, la località fu abitata fin dai tempi più remoti. Numerosi sono i resti di insediamenti accertati lungo la vallata di Tripani ... Morto nel maggio 1599 il barone Gaspare Ricca subentrò nel feudo di Isola il figlio Antonio. Si deve ad Antonio Ricca la costruzione della torre, che così è descritta nell’apprezzo del 1633: “Dentro questo territorio detto San Pietro è una torre quadrata grande, fatta con molta spesa, forte per ogni assalto inimico, have habitationi superiori, et inferiori, e s’entra in essa per ponte, et anco in detto territorio un molino, il quale con alcuni territorii baronali s’affitta e se porta compensamente in docati dieci” (Carnì M, Isola di Capo Rizzuto in età moderna. Nuove prospettive da un apprezzo inedito del 1633, in "Quaderni Siberinensi", a. 2009, p. 60). La presenza della torre e lo spopolamento del casale sono anche documentati nella relazione del vescovo di Isola Giovan Battista Morra (1647–1649): “Prope flumen Tacinae adest quodam aliud Casalem dictum Sanctae Mariae Magdalenae, sed nunc dirutum, et Casalem Sancti Petri de Tripano similiter dirutum; in istis locis non adsunt aliqua aedificia, nisi quaedam Turris Baronis in qua nequidem ab aliquo habitatur” (Rel. Lim. Insula. 1648). Colpito dalla malaria e dai debiti, Antonio Ricca, barone di Isola, è costretto a mettere all’asta il feudo nel Sacro Regio Consilio, che comprende la città di Isola con tutti i suoi diritti e membri, compreso Santo Pietro, che è comprato nel 1634 da Francesco Catalano, figlio di GiovanLoise e di Isabella Ricca. Alla sua morte seguì l’anno dopo il figlio Loise (Rel. Lim. Insula., 1644). ... La località riprese vita soprattutto quando nel 1837 Luigi Barracco vi costruì un concio per la lavorazione della liquirizia. Nel 1854 Alfonso Barracco, figlio ed erede di Luigi e di Chiara Lucifero, vi fece costruire una moderna fabbrica, che nel 1865 fu potenziata con l’introduzione di una potente macchina a vapore. Il prodotto, esportato in America, Inghilterra e Russia, nella seconda metà dell’Ottocento è pregiatissimo ed ottiene la medaglia d’oro nel 1867 alla esposizione di Parigi e quelle d’argento a Torino nel 1884, a Vienna ed a Chicago. Nel 1909 lo stabilimento fu ampliato. Accanto allo stabilimento, al palazzo baronale e alla chiesa sorse un vero e proprio insediamento di famiglie operaie, che vitalizzarono il luogo. Negli anni Cinquanta la fabbrica dà lavoro a circa un centinaio operai ed esporta il prodotto soprattutto negli Stati Uniti D’America. Con il cambiare dei gusti e con la Riforma agraria lo stabilimento chiuse e il luogo detto “Il Concio” fu temporaneamente utilizzato come sede di attività agricola».
http://www.archiviostoricocrotone.it/urbanistica-e-societa/storia-di-un-casale-scomparso-san-pietro-di-tripani... (a c. di Andrea Pesavento)
ISOLA CAPO RIZZUTO (torre Manna)
«A pianta circolare. La costa continua pianeggiante e rocciosa fino al Capo Cimiti. Sorge molto vicino alla seconda punta. A base circolare, fu costruita nel corso de Quattrocento. Sita in località torre Cannone, è oggi allo stato di rudere» - «Poco dopo la metà del Cinquecento, per proteggere la navigazione dai Turcheschi, fu costruita dalla parte del capo dove c’è l’insenatura del vecchio porticciolo una torre regia detta di Manna. In seguito all’inizio del Seicento si dette inizio dalla parte opposta del capo ad un’altra torre regia detta di Civiti. Quest’ultima non fu mai completata».
http://www.comune.crotone.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/315 - http://www.archiviostoricocrotone.it/ambiente...
ISOLA CAPO RIZZUTO (torre Nuova)
«La Torre Nuova, tipologia viceregnale con pianta inferiore a scarpa e doppio cordolo litico, fu costruita alla fine del XVI secolo; fa anche essa parte dell'apparato difensivo costiero. La torre nuova ha una pianta quadrata, e dopo il restauro è diventata sede di un comando della Guardia della Finanza. Stato di conservazione: buona. Cronologia generica: secolo XVI» - «Ad Isola Capo Rizzuto, in prossimità del mare, sorge la “Torre Nuova”, tipico esempio di torre vicereale, di notevoli dimensioni e “a pianta quadrata con scarpa segnata da toro marcapiano sul quale si eleva il corpo parallelepipedo delimitato da una ulteriore cornice. La torre si distribuisce su tre piani. Sul lato nord vi è la scala esterna di accesso al primo piano” che conduce ad un torrino coperto posto sull’angolo ad est della copertura a terrazzo. “Dal coronamento aggettava su ogni facciata una caditoia sorretta da beccatelli, ai cui lati erano ricavati due merloni”. Le facciate sono caratterizzate da un unico ordine di aperture e l’intera struttura della torre è in muratura in pietrame misto, mentre le parti in pietra sono solo quelle relative al toro di separazione e alla cornice. Oggi la torre è ben tenuta in quanto sede dalla Guardia di Finanza».
http://www.galkroton.it/cultura/torri.html#isola - http://atlante.beniculturalicalabria.it/schede.php?id=115
ISOLA CAPO RIZZUTO (torre Telegrafo)
«La Torre Telegrafo “resti”, è stata costruita alla fine del XVI secolo e fa anche essa parte dell'apparato difensivo costiero. Intorno il 1500 con la ripresa delle incursioni turche sia gli aragonesi che i viceré spagnoli ordinano la fortificazione della costa poiché le precedenti difese risultano insufficienti alle nuove armi da fuoco, venne ideato quindi un sistema permanente di difesa costiera, che riprendendo il sistema normanno e feudale, viene definito in modo organico per volere del vicerè don Pedro da Toledo, ma raggiunge la completa attuazione durante il viceregno di Parafan de Ribeira, duca di Alcalà (1553). Il piano generale, predisposto da Fabrizio Pignatelli, prevede la costruzione di torri costiere che siano visibili tra loro, per poter segnalare con tempestività, in tutto il regno di Napoli, l'arrivo di navi nemiche. Stato di conservazione: cattivo. Cronologia generica: secolo XVI».
http://www.galkroton.it/cultura/torri.html#isola
ISOLA CAPO RIZZUTO (torre Vecchia)
«Sulla costa sorge la "Torre Vecchia", una torre cilindrica, con massiccia cordonatura a conci lapidei, eretta nel sec. XVI a guardia costiera contro le incursioni barbariche. La torre era custodita da un caporale e da un milite, che avevano il compito di vigilare giorno e notte e segnalare la presenza di navi sospette con particolari segnali: fumo durante il giorno e falò la notte. L’accesso all’interno della torre avveniva mediante un rustico ponte levatoio in legno».
http://it.wikipedia.org/wiki/Isola_di_Capo_Rizzuto#Principali_monumenti
Le Castella (castello aragonese)
a cura di Vito Bianchi
«In cima al paese in località Mazzocca, si trova il Castello Del Gaudio, villa padronale in stile neo-gotico, restaurata dal proprietario e oggi sede della Lega degli scrittori italo-albanesi».
http://www.galkroton.it/melissa/default.asp
MELISSA (resti del castello medievale)
«Collegato attraverso passaggi segreti alla Chiesa di S. Giacomo apostolo, è il Castello situato nel rione "Porta di Garda", porta d'accesso posta a nord del paese. Altra porta d'accesso dell'antico borgo feudale di Melissa, è la "Porta Jusa", di questa però rimane solo il nome. Oggi, del castello risalente al XV secolo, rimangono solo resti, ma inizialmente era formato da tre torri circolari e costruito su di un alto costone roccioso. ... Nelle vicinanze del maschio dell'antico Castello Medievale, si trova "Garda", la cui denominazione fa riferimento al posto di guardia del Castello».
http://www.galkroton.it/melissa/default.asp
MESORACA (castello neo-rinascimentale Marescalco e torre medievale di avvistamento)
«...In epoca bizantina è certa e forte la presenza della cultura ellenica, attraverso l’insediamento di un cenobio, vale a dire di un convento di religiosi, e di un castrum (castello), gravitante intorno a quello di Belcastro (che era peraltro sede vescovile) insieme a quello posto a Policastro; tutti e tre sono sistemati su di una linea virtuale, a difesa della valle del Tacina. La latinizzazione dell’area avvenne per opera dei Normanni, al cui seguito si posero i monaci Cistercensi. Costoro fecero di Mesoraca il centro di influenza sull’intero territorio attraverso la grandiosa Abbazia di Sant’Angelo in Frigillo e grazie all’opera svolta dai monaci cistercensi. Dai documenti storici risulta che nel 1213 Mesoraca era retta da Andrea da Pagliara, fino al 1254, data in cui il feudo mesorachese passò sotto la reggenza di Pietro Ruffo di Calabria e della sua famiglia, la quale perpetuò il suo dominio per tutto il periodo angioino. Intorno al XV secolo Mesoraca fu retta dagli spagnoli Centelles, i quali, tuttavia, nel 1483 dovettero cedere il dominio a Paolo Caivano da Milano e successivamente a Giovanni Andrea Caracciolo, divenuto primo marchese di Mesoraca nel 1523. Alla famiglia Caracciolo è legato uno degli episodi più noti e cruenti della storia mesorachese, allorché nel 1527 una rivolta contadina ne sterminò tutti i componenti, ad eccezione della figlia Isabella; la rivolta fu repressa da Ferrante Spinelli, il quale sposò Isabella Caracciolo e ripristinò il feudo, conservato dalla famiglia Spinelli fino al 1584, data in cui si instaura il dominio degli Altemps perpetuatosi, tra alterne vicende, fino al 1806.Il periodo di massimo splendore della vita culturale di Mesoraca si pone senz’altro a cavallo tra il XVIII ed il XIX secolo, nel corso del quale nascono Don Matteo Lamanna (1710), fondatore della Chiesa del Ritiro ed il filosofo Vincenzo de Grazia (1785).Il terremoto dell’8 marzo 1832, che devastò il territorio del Marchesato, provocando rovine e lutti in tutti i paesi, portò alla costruzione di una nuova Mesoraca, spostata più a sud e ad ovest, con la creazione di nuovi rioni a ridosso delle mura di cinta e di una frazione staccata dal paese, Filippa. ...».
http://www.galkroton.it/mesoraca/default.asp
PETILIA POLICASTRO (centro storico, palazzi)
«Il centro storico di Petilia Policastro si erge su una rupe, di difficile accesso, ed è un esempio di aggregato urbano sviluppatosi nel medioevo. Le strade sono strette, adattate all’orografia del terreno e formano un reticolo che fa perno su tre direttrici (via Difesa, via Petilina, corso Roma), che collegano la parte alta e la parte bassa del paese. Nella parte inferiore esistevano sostanzialmente due porte d’accesso al paese: a porta da Judeca e a porta du Ringu. I principali assi viari sono collegati tra di loro da vicoli stretti (che confluiscono in piazzole denominate rughe) e vi si affacciano palazzi di notevole valore architettonico, costruiti dalla seconda metà del ‘500 fino all’‘800. Tra questi ricordiamo: il Palazzo Portiglia, Palazzo Madia e i Palazzi delle famiglie Vallone, Filomarino, Girifalco-Tronca, Carvelli, Aquila, Giordano, Ferrari, Mazzuca, Mancini, Campitelli. In passato è prevalso un desiderio di rinnovamento, che ha portato ad abbattere vecchie casupole del centro per ampliare le strade o per isolare le chiese e i palazzi più famosi. Neanche il centro storico è riuscito a sfuggire al cemento, ma ha conservato le sue connotazioni stilistiche; per cui i portali dei palazzi su indicati, i loro stemmi e fregi, le chiese, rappresentano un vero e proprio patrimonio artistico cittadino».
http://www.crotoneturismo.it/citta.asp?id=26
PETILIA POLICASTRO (ruderi del castello feudale)
«Ruderi del complesso, fondato in età normanna (sec. XI) e successivamente ricostruito, e appartenuto ai feudatari Ruffo, Pignatelli, e infine ai Filomarino.Stato di conservazione: cattivo. Cronologia generica: secolo XI».
http://www.galkroton.it/cultura/castelli.html#petilia
POZZELLO di ciro' marina (torre di Pozzello)
«La Torre di Pozzello è situata in posizione leggermente arretrata rispetto al tratto di costa caratterizzato dalla foce del Lipuda, lungo il corso dello stesso torrente. Ricade nel territorio del comune di Ciro’ Marina, nella località omonima, non molto distante dal Casino del Principe (Castello Sabatini) e dalla Torre Nuova. Si tratta chiaramente di una torre feudale, la cui costruzione è, con molta probabilità, anteriore all’epoca viceregnale. La sua tipologia, per alcuni aspetti simile a quella della Torre di Solagi è molto semplice; si tratta, infatti, di una torre quadrata con pareti verticali La muratura è costituita da pietrame di varia pezzatura, ed in alcuni tratti sono ancora visibili tracce di buche pontaie ed un accenno di cornice orizzontale. Da una prima analisi sulle murature si potrebbe azzardare una datazione ancora antecedente alla Torre di Solagi, anche se in contrasto con quanto afferma il Pugliese : “...In tutta l’ampiezza del territorio non rinvengonsi che due sole fabbriche antiche come piccole fortezze, cioè la torre di Solagi e quella di Porcari; dopo si costruirono la torre di Puzzello, quella di Cerrello e quella di Favaro, altra in S. Vennera, ed altra in Curiale e tutte per l’idea di porsi al sicuro o da’ barbari o da’ banditi...”; utili a tale proposito potrebbero essere confronti con torri note normanne o sveve presenti nel territorio calabrese. La torre non è in contatto visivo con l’abitato fortificato e probabilmente doveva servire al controllo di una importante via di transito quale era il Torrente Lipuda; la necessità di un maggiore controllo della costa e di un contatto visivo con l’abitato è sicuramente un’esigenza dei secoli successivi, e per tale scopo furono successivamente edificati nelle vicinanze prima il Casino del Principe e successivamente la Torre Nuova.».
http://www.ciroaltra.it/joomla/sistema-di-difesa/il-sistema-di-difesa/7.html
ROCCA DI NETO (palazzo Barracco)
Palazzo settecentesco appartenuto alla famiglia dei Barracco; si trova nella Piazza Castello.
ROCCA DI NETO (resti del castello feudale Ruffo Ventimiglia)
«Il Castello: Situato in posizione panoramica sull’area dell’acropoli greca fu costruito nel 1541 dal viceré Pedro di Toledo a difesa delle coste dagli assalti dei Turchi. All’interno del castello si possono visitare il Museo Civico e la Biblioteca».
http://www.portalecalabria.com/site/province/crotone.asp
ROCCABERNARDA (ruderi del castello)
«Abitato di origine medievale, per alcuni storici cambiò più volte nome. Dapprima fu Targe, o Targine, poi Rocca dei Pagani, quindi Rocca di Tacina. Secondo una leggendaria tradizione seicentesca il toponimo Rocca di Tacina cambiò in Rocca di Bernardo, in onore di Bernardo del Carpio, che lo ricostruì e lo popolò, dopo avere cacciato i Saraceni, che occupavano la rupe. Per altri si chiamò “Vernauda” perché esposto all’aria primaverile oppure, forse con qualche ragione in più, dal nome del ladrone Bernaudo, che vi aveva fatto il suo covo e luogo obbligato di sosta e di passo, dove depredava i malcapitati viandanti1. Altri ancora legano la sua origine alla ribellione di Abelardo, figlio di Onfroi, uno dei fratelli di Roberto il Guiscardo. Il ribelle tra il 1070 ed il 1076 si rinchiuse nella Rocca di Santa Severina, dove fu assediato dapprima dalle truppe di Ruggero, alle quali poi si unirono anche quelle del fratello Roberto il Guiscardo. Nell’occasione fu posto il blocco al ribelle, costruendo nelle sue vicinanze tre "castelli". Roberto il Guiscardo affidò il primo a Hugo Falloc, il secondo a Rainaldus (Renaud) de Simula ed il terzo a Herbertus Falloc, fratello di Hugo, e ad Custinobardo (Tustinus le Barde), fratello di Rainaldus de Simula2. Secondo alcuni storici i tre castelli sarebbero Rocca Bernarda, Rocca di Neto e Belvedere Spinello. Questa ipotesi non è condivisa da altri per i quali almeno uno dei castelli sarebbe stato Catanzaro, a convalida di ciò portano il fatto che il normanno Hugo Falloc, al quale sarebbe stato assegnato la custodia di uno dei tre castelli, fu conte di Catanzaro. Qualunque sia la verità, le versioni situano l’origine della fortezza sulla rupe, in un periodo compreso tra la fine dell’occupazione bizantina e l’inizio di quella normanna. Periodo storico in cui compaiono nei documenti le tre rocche di Rocca Bernarda, Rocca Santa Severina e Rocca San Petro de Cremastro. La prima a controllo del passo sul fiume Tacina, la seconda sulla via che collega le vallate del Tacina e del Neto, la terza dominante il passo sul Neto. Risulta evidente da queste considerazioni che l’origine e lo sviluppo di Rocca Bernarda fu legato alla sua particolare posizione sulla via che collegava i pascoli della marina con quelli della Sila e gli abitati della contea di Crotone con quelli della contea di Catanzaro. La rocca venne sempre più assumendo importanza dopo che la decadenza e la distruzione degli antichi centri costieri, situati sul golfo di Squillace, a causa delle devastazioni dei saraceni e dei pirati, portò anche all’abbandono della antica via romana che li univa. ...».
http://www.archiviostoricocrotone.it/doc/storia_roccabernarda.htm
SAN MAURO MARCHESATO (castello feudale dei Principi Sanseverino)
«Complesso feudale dei Principi Sanseverino, Marchesi di S. Mauro. Bell'esempio di magione feudale rinascimentale (sec. XV). Stato di conservazione: discreto. Cronologia generica: secolo XV».
http://sanmauromarchesato.asmenet.it/index.php?action=index&p=76
SANTA SEVERINA (castello Carrafa)
«Sottoposto dal 1991 al 1998 ad un accurato restauro, il castello è composto da un maschio quadrato con quattro torri cilindriche angolari e fiancheggiato da quattro bastioni sporgenti in corrispondenza delle torri, e domina la piazza del paese. La sua costruzione risale all'epoca della dominazione normanna (XI secolo) su una fortificazione preesistente di epoca bizantina. Nel corso dei secoli e dei passaggi dalle varie famiglie regnanti, ha subito varie modifiche. Si ipotizza che l'area dove sorse il Castello fosse già occupata in età greca, come fatto supporre da alcuni scavi condotti durante il restauro. Di notevole interesse sono i resti di una chiesa bizantina (con pareti affrescate) e di una necropoli dello stesso periodo storico. Di interesse gli scavi condotti, nel 2008-2009, dalla Soprintendenza archeologica nel cosiddetto "avamposto C" e nella "grotta del coniglio". Altre ricerche archeologiche, nel corso del 2011, hanno evidenziato l'uso abitativo o funerario di numerosi anfratti della rupe, ora difficilmente raggiungibili ed a rischio di frana. Nel Castello ha sede il Museo Archeologico, dove sono esposti reperti - di proprietà dello Stato - provenienti dal territorio o rinvenuti nel corso degli scavi nella fortificazione. Sono visitabili alcune aree archeologiche (grotte, necropoli, chiesa bizantina, fondazione torre normanna etc.) messe in luce nel corso degli scavi condotti dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria».
http://it.wikipedia.org/wiki/Santa_Severina#Il_castello
SANTA VENERE DI CIRÒ MARINA (torre di Santa Venere)
«Nel territorio di Cirò, nella vallata solcata dal torrente Santa Venere, da cui prende nome la località stessa si trova una costruzione molto interessante, conosciuta con il nome di Torre di Santa Venere. La costruzione si trova sulla riva destra del torrente e non è in contatto visivo né con l’abitato di Ciro’, né con altre torri. La sua particolare posizione fa pensare ad una torre feudale posta, lungo un via di transito, sicuramente più sicura di quella costiera, fra territori confinanti, appartenenti a diversi feudatari. Si tratta, più che di una torre vera e propria, di una grossa costruzione fortificata, in cui si possono distinguere due parti: una parte avanzata di minori dimensioni, ed una parte contigua, arretrata, di dimensioni maggiori. La prima parte è costituita da una vera e propria torre, rettangolare, con base a scarpa raccordata senza cordolo alla parte superiore. L’accesso è costituito da un’apertura elevata, alla quale si accede a mezzo di una scala in muratura, posta sul lato maggiore del parallelepipedo a base rettangolare, verso il torrente. Sono, inoltre, presenti su questo lato, delle aperture simmetriche rispetto all’apertura d’ingresso ad arco. Su uno dei due lati minori, la parte inferiore è aperta ed è caratterizzata da una volta a botte con unghie, denunciata all’esterno da un grande arcone ribassato. Realizzato in pietrame e mattoni di varie dimensioni, il paramento murario presenta ancora interessanti segni di buche pontaie, di feritoie, di scoli. Contigua al restante lato maggiore della torre, la seconda costruzione, anch’essa a base rettangolare, costituita da tre livelli e con copertura a capanna. è interessante notare la disposizione pressoché simmetrica delle aperture, soprattutto sui lati maggiori, ed il locale al piano inferiore, al quale si accede dalla parte inferiore della torre voltata a botte, caratterizzato dalla presenza di numerose nicchie».
http://www.ciroaltra.it/joomla/sistema-di-difesa/il-sistema-di-difesa/6.html
SOLAGI DI CIRÒ MARINA (torre di Solagi)
«La Torre di Solagi è situata in posizione leggermente arretrata rispetto al tratto di costa che va da Punta Alice alla Punta Fiumenicà, nel territorio del comune di Cirò, nella località omonima. Si tratta chiaramente di una torre feudale, la cui costruzione è, probabilmente, anteriore all’epoca viceregnale. La sua tipologia è molto semplice; si tratta, infatti, di una torre quadrata con pareti verticali, più piccola rispetto alle vicine Torre Vecchia e Torre Nuova di Capo Alici. Costituita da un unico locale voltato a botte, al quale si accedeva da un’apertura posta sulla parete a monte, probabilmente elevata; la parete a mare, anche se in parte crollata, così come parte della parete a monte, doveva essere priva di aperture, che, invece, si ritrovano sui restanti lati. La muratura è costituita da pietrame di varia pezzatura, ed in alcuni tratti sono ancora visibili tracce di buche pontaie ed una feritoia o finestrella in parte murata. Il contatto visivo con l’abitato fortificato era garantito; la torre è infatti ben visibile, oltre che dal Castello, anche dalla parte più antica dell’abitato, che non aveva, invece, un contatto visivo con Punta Alice. Lo storico cirotano Giovan Francesco Pugliese, nel 1849 scrive: “...In tutta l’ampiezza del territorio non rinvengonsi che due sole fabbriche antiche come piccole fortezze, cioè la torre di Solagi e quella di Porcari; dopo si costruirono la torre di Puzzello, quella di Cerrello e quella di Favaro, altra in S. Vennera, ed altra in Curiale e tutte per l’idea di porsi al sicuro o da’ barbari o da’ banditi...”».
http://www.ciroaltra.it/joomla/sistema-di-difesa/il-sistema-di-difesa/5.html
STRONGOLI (castello di Stringylos)
«Il castello di Strongoli, in provincia di Crotone, sorge sul punto più alto del paese su quella che un tempo doveva essere l’acropoli della città di Petelia, una delle più interessanti ed evolute della Magna Grecia in Calabria. Qualcuno ipotizza che il termine ‘Strongoli’ derivi dal greco ‘strongylos’ col significato di rotondo: Petelia, dopo aver resistito eroicamente all’assedio portatole dai Cartaginesi di Annibale, venne ricompensata da Roma per la fedeltà dimostrata con enormi privilegi rispetto alle altre città che invece avevano optato per il passaggio al nemico. Il castello di Strongoli doveva essere completo nel V secolo d.C. ma le notizie sono piuttosto confuse: si sa che fu distrutto probabilmente a seguito delle invasioni saracene, ma venne più volte parzialmente ristrutturato dai feudatari che si avvicendarono da queste parti, che lo utilizzarono dapprima come abitazione signorile e poi come magazzino o riparo per le greggi. Dopo aver ospitato anche una scuola negli Anni Cinquanta, la struttura è abbandonata a se stessa. Tuttavia sono ancora visibili le vestigia di un glorioso passato, con spesse mura in pietra, archi, resti di scalinate e torri di guardia a due piani e a base circolare. Molto bello è il panorama che si gode da quassù e molti visitatori ne approfittano per scattare qualche foto di Strongoli dall’alto o farsi ritrarre all’interno delle strutture più caratteristiche. Vi segnaliamo un’ultima curiosità: la torre a Sud-Est è detta “Torre mozza” in quanto era il luogo in cui, nel Medio Evo, si eseguivano le condanne a morte».
http://www.mobitaly.it/DettaglioPoI.aspx?IId=286
STRONGOLI (residenza castellata di Fasana)
«La famiglia dei Pignatelli «aveva come dimora estiva e casino di caccia, quello che oggi resta una bella testimonianza del richiamo rinascimentale: il castello di Faggiana, nomato anche di Fasana. è situato sulla riva sinistra del fiume Neto, il corso d'acqua che delimita i comuni di Strongoli e Crotone, e nelle immediate vicinanze dell'oasi protetta della sua foce. Si tratta di grandi edifici merlati e chiesetta arricchiti, tra l'altro, di preziose maioliche fiorentine, che richiamano alla mente gli artistici centri rinascimentali di Toscana ed Umbria e che dominano una grande e fertile pianura a colture cerealicole, agrumeti e uliveti. Verso est il nostro castello di Fasana si affaccia sull'antico mare magnogreco, dal quale è separato da un esteso bosco di variegati alberi: pinus pinea, abeti, conifere, cipressi, eucaliptus ed altri. Nello stesso bosco, essendo il terreno, in alcuni punti, sotto il livello del mare, vi troviamo laghetti naturali in cui vi erano nei secoli scorsi, ed ancora oggi, diversi specie di selvaggina, di pesci e di uccelli, tra quest'ultimi predominava il "fagiano": da questo deriverebbe il nome dato al Castello, appunto "Fagiana" prima e poi Fasana. ... Sono pochi i riferimenti storici di Fasana e ciò probabilmente anche per via della sua collocazione alquanto isolata come lo è ancora oggi. Infatti dalla Statale 106 ionica sono appena visibili i tetti merlati...».
http://www.archeologiapetelina.it/castellodifasana.htm (a cura di Mimmo Stirpara)
STRONGOLI (torre Borgontorio, torre Magazena)
Torre Borgontorio o Limara: «La torre si trova ad almeno 6 chilometri prima del Neto. Di pianta quadrangolare fu anche detta Limara o Vigna d’oro. In buono stato di conservazione ha un impianto caratteristiche proprie di castello-residenza, simile alla Torre di Melissa, ma con una vistosa sopraelevazione. Torre d'avvistamento e difesa. Risalente XVI secolo, faceva parte del sistema difensivo delle coste calabresi realizzato per ordine del vicerè Pedro da Toledo».
Torre Magazena: «Torre di Guardia facente parte del sistema difensivo delle coste calabresi realizzato per ordine del vicerè Pedro da Toledo. Stato di conservazione: discreto. Cronologia generica: secolo XVI».
http://www.strongoli.org/scheda.asp?id=463 - http://www.lovecalabria.com/risorse_turistiche...
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Tra le torri di avvistamento più spettacolari e complesse della Calabria, la Torre Merlata si trova nella frazione Torre Melissa della provincia di Crotone. Ubicata sopra uno sperone roccioso a picco sul mar Ionio, dal quale si gode una splendida veduta che da Punta Alice spazia sino al promontorio di Capo Colonna, la Torre Merlata presenta una netta divergenza con le altre torri di avvistamento spagnole edificate nel corso del XVI e XVII secolo a protezione delle coste. In effetti il corpo centrale dell'edificio sembra essere inserito in un complesso più grande che doveva funzionare come punto di difesa autosufficiente e non come semplice torre di avvistamento. Le proporzioni tra l'altezza ed il diametro dell'edificio portano a considerare la Torre Merlata di Melissa più simile ad un piccolo castello con guarnigione interna. Il corpo centrale a base tronco-conica è sostenuto da sei possenti contrafforti, che ne aumentano la stabilità e la presa sul terreno. Lato mare un corpo di forma quadrangolare più avanzato è stato aggiunto in tempi successivi. La Torre Merlata di Melissa si sviluppa su tre livelli complessivi, partendo dal piano terra dove su di un cortile interno si affacciano piccole stanze, adibite a magazzini. Una scala esterna conduce al secondo livello, adibito a dimora dei signorotti locali succedutisi nel possesso del maniero. L'ultimo livello è costituito dal coronamento. La Torre Merlata è stata nel corso degli anni proprietà dei principi di Strongoli, dei conti di Melissa e della famiglia Berlingeri. Attualmente la torre è proprietà del comune di Melissa che ne ha curato anche il meticoloso restauro nonchè la sua valorizzazione. Edificata sul finire del XVI secolo, la Torre Merlata di Melissa doveva appartenere al complesso sistema difensivo voluto dai vicerè spagnoli per proteggere le coste calabresi dalle continue scorrerie piratesche delle navi turche. La costruzione però aveva compiti di guardiania e non solo di avvistamento. In seguito i proprietari dell'edificio lo adattarono a dimora, apportando modifiche interne ed esterne alla struttura. Oggi la torre ospita il piccolo museo della tradizione storica contadina che espone antichi strumenti ed utensili di varia natura ed origine. La torre è anche sede di convegni e conferenze, nonchè mostre d'arte ospitate nelle sale di rappresentanza, tra le più attive della provincia di Crotone».
http://www.calabriatours.org/castelli/torre_merlata_melissa.htm
«La Torre Nuova “resti”, è stata costruita alla fine del XVI secolo e fa anche essa parte dell'apparato difensivo costiero. Torre quadrata con cordolo a cui sono stati aggiunti nel corso degli anni due corpi laterali e un tetto a campana, che l’hannno trasformata in edificio di residenza. Stato di conservazione: buono. Cronologia generica: secolo XVI».
http://www.galkroton.it/cultura/torri.html#isola
TORRETTA (Casino degli Amalfitani, torretta)
«Torre residua dell’antico castelletto, dalla quale trae il nome la frazione Torretta. Oggi casa Clausi. Da alcune annotazioni attribuite a Don Cesare d'Aquino, si rileva che "Torretta" costituiva una partita del feudo da lui posseduto. Si conservano, inoltre, due atti di vendita: del 1635 (dagli eredi D'Aquino a Jacopo Amalfitani) e del 1780 (dal marchese Nicola Amalfitani a D. Barbaba Abenante). Qui si legge "nel luogo denominato Torretta c'è una consignazione consistente in un casino di delizie, destinate all'uso e comodo della camera marchesale anche di più membri inferiori e superiori". Stato di conservazione: buono. Cronologia generica: secolo XVI».
http://www.galkroton.it/cultura/torri.html
©2012 ss.