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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI RAVENNA

in sintesi

I castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.

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ALFONSINE (borgo)

L'antico molino di Alfonsine, dal sito www.racine.ra.it   Dal sito http://alfonsinemonamour.racine.ra.it

«La città di Alfonsine nella sua forma attuale appare molto diversa da quello che era in origine. La seconda guerra mondiale rappresentò, infatti, un momento di drammatica ed intensa cesura. Il livello di distruzione a seguito degli eventi bellici fu tale da portare ad un cambiamento anche urbanistico notevolissimo. La guerra spostò il paese “da un lato all’altro del fiume Senio”. ... La zona su cui era destinata a sorgere Alfonsine veniva indicata nei documenti come "valli e terre palustri situate nel Ravignano a destra del Po di Primario, dirimpetto alle Case Selvatiche, Filo e a Longastrino". è con la donazione fatta da Borso d'Este a Teofilo Calcagnini la notte di Natale del 1464 che il territorio assume una sua fisionomia e comincia il suo percorso storico. Risolte nel 1468 alcune contestazioni di proprietà, prima Teofilo stesso, poi il figlio Alfonso procedettero, sfruttando le torbide del Senio e del Santerno, alla bonifica di parte del territorio. Questo primo intervento, costato ai Calcagnini diecimila scudi, permise la nascita di un nucleo abitativo originario che, idealmente raccolto intorno alla chiesa di Nostra Signora innalzata nel 1502, prese il nome Alfonsine dal suo feudatario. Per rendere stabile la bonifica era però necessario procedere all'inalveamento dei fiumi Santerno, Senio, Po di Primaro e Lamone. ...».

http://www.comune.alfonsine.ra.it/Citta-e-territorio/Cenni-Storici/Le-origini


BAGNACAVALLO (Castellaccio)

Foto Andrea Raffin, dal sito www.globopix.net   Foto di askyman, dal sito http://rete.comuni-italiani.it

«Il Castellaccio è un'antica costruzione fortificata, facente parte dell'antica "cittadella" di Bagnacavallo, la cui parte originaria potrebbe risalire al XII secolo. Rimaneggiato nel Quattrocento, assunse le caratteristiche architettoniche che ancor oggi lo contraddistinguono e divenne in seguito residenza privata. L'imponente edificio si eleva su uno zoccolo a scarpa in mattoni a vista, ed ha piombatoi d'angolo alla sommità. Il portone d'ingresso, con arco a tutto sesto, dà su un androne da cui si accede alle sale a piano terra, alcune delle quali sono decorate con affreschi ottocenteschi. Un altro portone immette in un vasto cortile interno completato da corpi di fabbrica minori adibiti a servizi. Nel XIX secolo il palazzo fu sede dell'Accademia dei Cillaridi e, successivamente, di quella degli Armonici, associazioni culturali di nobili e clericali. La struttura, a tre piani, è stata abitata nel corso dei secoli da diverse famiglie nobili, tra cui i Papini, e attualmente dalla famiglia Bejor Gaiani».

http://www.romagnadeste.it/it/i82-bagnacavallo-castellaccio.htm


BAGNACAVALLO (palazzo Vecchio)

Dal sito www.ravennatoday.it   Dal sito http://icbagnacavallo.racine.ra.it

«"Palazzo Vecchio" che si affaccia su piazza della Libertà, fu costruito a metà del XIII secolo, durante il dominio dei Bolognesi, come sede del Podestà. Oggi ospita alcuni uffici comunali e l'Ufficio Informazioni Turistiche. Distrutto da un incendio all'inizio del Settecento, venne rifatto e rialzato di un piano. A causa dei bombardamenti che lo colpirono durante la Seconda Guerra Mondiale, venne ricostruito nei primi anni Cinquanta, non rispettando esattamente le caratteristiche dell'edificio preesistente. Nel cortile interno del palazzo si trova uno degli accessi all'antica galleria seminterrata, testimonianza dell'antica cittadella, e la stele donata dal popolo armeno al comune di Bagnacavallo nel 1998. Al piano terra, è situata una grande sala pubblica utilizzata per mostre e assemblee».

http://www.romagnadeste.it/it/3-bagnacavallo/i87-palazzo-vecchio.htm


BAGNACAVALLO (porta Pieve, porta Superiore)

Foto Andrea Raffin, dal sito www.globopix.net   Dal sito www.romagnadeste.it

«Porta Pieve è, insieme a Porta Superiore, una delle due antiche porte d'accesso alla città ancora visibili (le altre due erano Porta Bulgarella o San Domenico, in direzione Ravenna, e Porta Inferiore o di Sant'Apollinare o dei Cappuccini, in direzione Villa Prati - Alfonsine). Edificata originariamente all'inizio del Trecento, fu rifatta nel 1836, come è testimoniato dall'iscrizione sulla lapide dell'attico. ... Porta Superiore è, insieme a Porta Pieve, una delle due antiche porte d'accesso alla città ancora visibili (le altre due erano Porta Bulgarella o San Domenico, in direzione Ravenna, e Porta Inferiore o di Sant'Apollinare o dei Cappuccini, in direzione Villa Prati - Alfonsine) edificata originariamente all'inizio del Trecento, fu ricostruita nel Settecento».

http://www.romagnadeste.it/it/3-bagnacavallo/i84-porta-pieve.htm - http://www.romagnadeste.it/it/3-bagnacavallo/i83-porta-superiore.htm


BAGNACAVALLO (Torraccio)

Foto di Gilberto Mincuzzi, dal sito http://rete.comuni-italiani.it   Dal sito www.romagnadeste.it

«La Torraccia viene fatta risalire alla fine del XII-inizio XIII secolo. La costruzione faceva forse parte di fabbricati di proprietà della famiglia Brandolini e della più antica cinta difensiva di Bagnacavallo. L’edificio ha all’interno due stanze sovrapposte con volte a crociera; i muri sud e nord hanno uno spessore di circa 60 centimetri».

http://www.guidacomuni.it/storia.asp?LUNG=21000&pag=7&ID=39002


BAGNACAVALLO (torre Civica)

Dal sito www.pavaglionelugo.net   Dal sito http://archivio.pavaglionelugo.net

«Alta circa 15 metri, la Torre Civica fu costruita verso la metà del '200 ed ampiamente rimaneggiata nel corso del XVI secolo. All'inizio del '500 fu dotata di orologio. Dal XVII alla fine del XIX secolo venne utilizzata come prigione: nel 1849 vi fu imprigionato anche il brigante Stefano Pelloni, più noto col nome de "Il Passatore"».

http://www.romagnaonline.it/comuni/bagnacavallo/guida.htm


BAGNARA DI ROMAGNA (mura, fosse castellane)

Dal sito www.paesionline.it   Dal sito www.domolignea.it

«In tutta la pianura emiliana romagnola Bagnara resta l'unico esempio di "castrum" medievale integralmente conservato. L'intero sistema difensivo fu approntato nel 1354 da Barnabò Visconti, dopo che questi aveva conquistato la località. Egli fece scavare un fossato attorno ad un muro di cinta, il tutto perfettamente visibile anche ai nostri giorni. Al castello si accedeva attraverso un'unica Porta. Le mura sono ancor oggi costeggiate, nella parte interna, dai quattro terragli, le vie ottenute con terreno di riporto, su cui, in caso di assedio, accorrevano i falconieri coi falconi e i balestrieri con le balestre per svolgere le rispettive funzioni. Non è possibile stabilire l'originaria profondità delle Fosse; ma sicuramente ancora nel Seicento vi stagnava l'acqua anche d'estate. Il loro prosciugamento fu deciso nel 1738, quando un tal Francesco Antonio Liverani s'impegnò ad eseguire quel lavoro, mediante colmata, ottenendo come contropartita il diritto di sfalciarvi gratuitamente l'erba per un quinquennio, e poi ancora di sfalciarla per un ulteriore quinquennio dietro pagamento di un modico canone. Negli ultimi decenni del Settecento nelle Fosse si praticava il gioco del Ballone. Le case tuttora situate nel lato occidentale risalgono al diciannovesimo secolo, ad eccezione del fabbricato adibito a caserma dei carabinieri che risale agli anni 1964-1965. Le Mura servivano ovviamente alla difesa contro il nemico. Su di esse erano situati sei bastioni, destinati ad ospitare i soldati con compiti di avvistamento e di difesa. Nel corso dei secoli furono necessari frequenti restauri, ma la loro ubicazione non cambiò mai. Un abbassamento di circa un metro di tutta la cinta fu operato a più riprese nel periodo che va dal 1860 al 1878, allo scopo, si diceva allora, di dare maggiore ventilazione al paese e di migliorarne le condizioni igieniche e l'estetica. Sul finire dell'Ottocento si praticarono altre tre aperture per l'accesso carrabile al paese, essendo ormai insufficiente l'accesso attraverso la Porta. In occasione dell'ultima guerra le Mura andarono quasi completamente distrutte, per cui richiesero in seguito importanti lavori di ripristino. Nei primi decenni del Novecento stazionava spesso presso le Mura la mendicante Elvira Pomidori detta la Munàca, che si fingeva paralitica all'atto di chiedere l'elemosina, però camminava speditamente quando se ne andava per i fatti propri. I più anziani dicono ancora che fa la Munàca chi si finge tonto per ottenere dei vantaggi».

http://www.grifo.org/comuni/bagnaradiromagna/index.asp


BAGNARA DI ROMAGNA (palazzo Comunale)

Dal sito www.comune.bagnaradiromagna.ra.it   Dal sito www.comune.bagnaradiromagna.ra.it

«Il palazzo comunale si trova da tempo immemorabile nella Piazza. Vi si tenevano le sedute del consiglio, dopo che il donzello aveva avvisato personalmente tutti i consiglieri ed aveva strombazzato l'avviso di convocazione, in piazza ed in altri luoghi, affinché il popolo fosse reso edotto della riunione. Sono documentate importanti ristrutturazioni al Palazzo nel 1608, nel 1780 (quando vi fu costruita una camera ove furono collocati i pesi e le misure campione) e nel 1815, dopo quasi un ventennio di occupazione francese durante il quale la sede del comune era stata trasferita in Rocca. In quel periodo il palazzo, destinato a quartiere per i militari, si presentava fatiscente e minacciava di crollare. Un'altra importante ristrutturazione al Palazzo avvenne nel 1908, quando il comune acquistò una casa adiacente per ampliare il fabbricato e nel contempo ricostruire il loggiato antistante, quattro metri più a nord. In tal modo la Piazza assunse la forma di una figura geometrica regolare. Dopo l'ultima guerra si dovette procedere al rifacimento quasi totale del Palazzo, che divenne sede di scuola media nel 1961. In una stanza a pianterreno era ubicata la farmacia comunale, istituita con delibera consiliare nel 1776 ed affidata allo speziale imolese Luigi Reggi, che morì nel 1807. Il comune provvide ad arredare l'ambiente, compreso il retrobottega, e a fornirlo dei preziosi vasi. Alla morte del Reggi la speziaria restò chiusa diversi anni e fu riaperta, a periodi intermittenti, dietro semplici accordi verbali con i gestori. Per questo si verificarono frequenti liti giudiziarie tra il comune e i farmacisti, poiché non sempre era agevole stabilire se costoro fossero affittuari o dipendenti comunali e se avessero o meno la proprietà dei medicinali giacenti all'atto dell'inventario. I pregevoli vasi andarono distrutti o perduti durante l'ultima guerra. Verso la fine del secolo ventesimo l'attività di farmacia fu ceduta dal Comune ad un privato. Il cerchio si chiude con il ritorno degli uffici comunali nella piazza centrale, nell'antica sede, in modo da lasciare la Rocca al suo naturale destino di luogo di storia e di conoscenza».

http://www.comune.bagnaradiromagna.ra.it/Citta-e-territorio/La-citta/Informazioni-generali-sulla-citta/Il-Palazzo-Comunale


BAGNARA DI ROMAGNA (porta urbana)

Dal sito www.comune.bagnaradiromagna.ra.it   Doto di tajmahal, dal sito http://rete.comuni-italiani.it

«L'unica Porta d'ingresso a Bagnara era situata sul lato occidentale delle mura castellane e restò tale fino al termine del diciannovesimo secolo. In origine la Porta era dotata di un ponte levatoio, che fu demolito nel 1617 per essere rimpiazzato da un ponte in muratura, tuttora esistente sebbene non se ne vedano le arcate, coperte di terra il cui livello si è alzato nel corso dei secoli. Alla porta stazionava il portonaro che aveva il compito di tenerla chiusa di notte, ed aprirla di giorno, dopo essersi accertato che chi entrava non portasse armi con sé. Nel Settecento e nell'Ottocento è attestata la presenza di due camere adibite a prigione e poste al piano superiore della Porta stessa. Nel 1814 vi furono posti l'orologio e la torre campanaria, dopo che erano stati tolti dal palazzo comunale. La Porta fu minata e fatta saltare dai tedeschi in fuga durante l'ultima guerra mondiale. Nella ricostruzione del 1949 non si procedette al ripristino della torre campanaria. Legato alla porta c'è un antico detto, caro ai paesani: questa è Bagnara da una porta sola, chi passa questa Porta s'innamora».

http://www.grifo.org/comuni/bagnaradiromagna/index.asp


BAGNARA DI ROMAGNA (rocca sforzesca)

Dal sito http://viaggiare.dimoredepoca.it   Dal sito www.emmeti.it

  

«La meta principale della visita [alla città] è costituita ovviamente dalla maestosa rocca di Bagnara, sorta nel XV secolo ad opera delle famiglie Riario e Sforza, i signori dell'epoca, sulle rovine del castello medievale fatto costruire, nel 1354, da Barnabò Visconti. La Rocca originale era la parte più importante del sistema difensivo trecentesco, benché più modesta e più bassa rispetto a quella attualmente visibile, con due torri simmetriche, a levante e a ponente, perfettamente uguali. Tale fisionomia fu il frutto di alcuni interventi ad opera del Visconti, tesi non tanto all'inseguimento di un puro ideale estetico ma bensì al miglioramento dell'uso a fini difensivi della rocca contro le armi manesche e da lancio. Quel primo manufatto andò completamente distrutto nel 1428 nella battaglia tra Filippo Maria Visconti e Angiolo della Pergola. Il suo ripristino richiese diversi decenni, durante i quali Bagnara passò alla Santa Sede, poi agli Estensi, poi di nuovo alla Santa Sede, quindi a Taddeo Manfredi, a Galeazzo Sforza e, nel 1479, a Galeotto Manfredi. Nel 1482 la Rocca fu assegnata a Girolamo Riario quale dono di nozze da parte di Papa Sisto IV, suo zio, assieme alle città di Imola e Forlì con le rispettive pertinenze. Alla morte del Riario, ucciso a Forlì in una congiura, gli subentrò la vedova Caterina Sforza. In questo periodo, si ha l'introduzione dei primi esempi di artiglieria da fuoco di grande levatura, le bombarde. Il loro rapido perfezionamento rappresenta un'importante innovazione nell'arte militare, spingendo in Italia e in particolar modo in Romagna i Signori dei castelli a ricorrere a numerose modifiche architettoniche, atte a contrastare la forza d'urto dei proiettili. Si sviluppa così una famiglia di forme nuove, che si staccano dalle tradizionali forme medioevali per rincorrere le forme del successivo fronte bastionato all'italiana, ma proprio perché si parla di una fase di passaggio, anche se breve, queste due caratteristiche seppur differenti tra loro convivranno all'interno delle rocche che si svilupparono durante il periodo chiamato della "transizione". Exemplum indiscusso di tale passaggio è il fortilizio bagnarese. In particolare analizzando la Rocca bagnarese si annota sotto il dominio di Caterina Sforza un importante ampliamento e sistemazione del fossato, il passaggio dalle semplici feritoie delle cortine ad ampie svasature tronco-coniche per contenere le bombarde (si notino ad esempio le aperture sulle cortine murarie del cortile a pozzo o nelle casematte del mastio); interventi simili si fecero anche per il torrione visconteo, che fu predisposto per l'utilizzo di armi promiscue aprendo al pianterreno tre fori per cannoniere e due al primo, mantenendo anche l'assetto per l'utilizzo di armi manesche. Di particolare rilievo è inoltre la realizzazione dello splendido loggiato che percorre quasi i tre quarti dell'intera cortina muraria, e presenta tutte le caratteristiche del "bello stile cinquecentesco" ovvero dell'arco con ornamento in cotto; è da attribuirsi alla scuola di Mastro Giorgio fiorentino, secondo la bibliografia locale, da identificarsi probabilmente con Francesco di Giorgio Martino (Siena 1439-1501) pittore, scultore ma soprattutto architetto militare, attivo nel pieno XV secolo in diversi centri come Urbino, Siena, Gubbio, il quale si recò anche a Milano su istanza di Gian Galezzo Sforza. La costruzione del mastio, considerato da molti studiosi una delle migliori opere d'arte fortificatoria del XV secolo in Italia, comincia nel settembre 1479; è suddiviso in tre ordini di casematte che sono costituite da camere circolari molto ampie, coperte con volte semisferiche laterizie, tuttora ben conservate.

Sul finire del 1499 la Rocca passò al duca Cesare Borgia come gran parte delle terre romagnole, ma la gloria di costui passò ben presto. Nel 1535 il fortilizio era diventato un covo di falsari che vi coniavano illegalmente monete. Nell'accordo raggiunto il 30 luglio 1562 tra il comune imolese e il vescovo di quella città, la Rocca passò sotto la piena proprietà di quest'ultimo, status ribadito nei secoli successivi. Verosimilmente nel Seicento fu soppresso il ponte levatoio, ampliata la porta d'ingresso, ostruiti con muratura gli spazi esistenti tra i merli nelle torri, che furono ricoperte con tetto. Si procedette in quel tempo ad una riconversione da uso militare ad uso civile della Rocca, che divenne residenza del commissario del vescovo al piano superiore, mentre il pianterreno fu destinato a deposito e a vani di servizio. In alcuni periodi la Rocca fu anche destinata a carcere, come si può verificare osservando alcuni graffiti in una cella posta nella casamatta superiore del mastio. Durante l'occupazione napoleonica la Rocca fu espropriata al vescovo ed assegnata al comune, che ne fece la residenza municipale. Tornata al vecchio padrone con la restaurazione del 1814, divenne definitivamente, nel 1868, proprietà del Comune che l'acquistò al pubblico incanto per il prezzo di lire 2.570 più lire 500 per le Fosse ad essa adiacenti. Furono subito necessari lavori di rinforzo e di riadattamento del manufatto; quindi fu costruita una ghiacciaia, a ridosso del suo fianco settentrionale. Dopo l'acquisto il Comune vi stabilì la sede delle scuole elementari, che vi restarono fino al 1926, quando furono trasferite nell'attuale ubicazione. Nel 1930 la Rocca divenne sede del dopolavoro fascista; durante l'ultima guerra vi trovarono rifugio diverse centinaia di bagnaresi sfollati dalle loro case. Nel 1960 fu destinata a sede provvisoria delle scuole medie, per diventare residenza municipale nel 1962. Altri importanti lavori vi furono eseguiti nel 1968, nel 1974 (dopo che un settore del mastio era crollato), nel 1986 quando vi fu soppresso il ballatoio a mezzogiorno e rinvenuto lo scivolo originale che conduceva al ponte levatoio; infine, vanno citati i lavori eseguiti negli ultimi anni, grazie ai quali gli spazi sono stati progressivamente recuperati a fini espositivi e museali. Elementi di notevole interesse sono il mastio e il cortile centrale, restituito all'aspetto rinascimentale, alcuni ambienti interni con i soffitti lignei originali, i supporti di ferro del ponte levatoio posto a mezzogiorno, i bei loggiati sulle cortine di levante e settentrione, il pozzo di riserva idrica e la scala a chiocciola formata da 78 monoliti in arenaria sovrapposti. Di sobria eleganza è l'ufficio di rappresentanza del sindaco, ottenuto dalla casamatta superiore della torre a levante, la parte più antica della rocca, nella quale è ancora riconoscibile lo stile visconteo. In detto ambiente è conservata un'interessante tavola in terracotta maiolicata dipinta a colori, risalente al 1770. La magnifica sala consiliare, ricavata da un ambiente a pianterreno, è adornata da otto importanti dipinti, arte bolognese del Seicento e Settecento, con tele che vantano attribuzioni a Donato Creti (o scuola), al Gennari, al Cavedoni ed anche al Crespi (lo Spagnuolo), lascito testamentario del ricco signor Luigi Deggiovanni, morto il giorno 11 gennaio 1841».

http://www.comune.bagnaradiromagna.ra.it/Citta-e-territorio/Cultura/Rocca-Sforzesca


BAGNARA DI ROMAGNA (Torrioncello)

Dal sito www.comune.bagnaradiromagna.ra.it   Dal sito www.comune.bagnaradiromagna.ra.it

«Via Terraglio a Ponente-angolo Via Terraglio a Settentrione. Piccolo bastione di nord ovest, lungo la cinta delle mura. Ospita oggi la biblioteca comunale e l’archivio storico».

http://gerico.sis-ter.it/prado_apps/ere/ere_bagnara/index.php?page=infocitta&type=da_scoprire&bds_cod=BDS0000001&fotostoriche=y


BARBIANO (rocca di Barbiano [non più esistente])

Pieve di S. Stefano in Barbiano: foto kicco92, dal sito http://italia.indettaglio.it   Alberico da Barbiano

«Piccola località del comune di Cotignola, di origine romana. Terra natale del capitano di ventura Alberico da Barbiano. Barbiano ha origine in epoca romana; il suo nome, infatti, deriva dalla gens Balbia, una famiglia molto nota nell'antica Roma. La divisione dei poderi e il tracciato delle strade di campagna conserva ancora chiaramente il reticolo della centuriazione. Intorno all'anno 826 fu donata ad Everardo, uno dei figli di Desiderio, re dei Longobardi, insieme ai due castelli di Cunio e di Lugo. Trentaquattro anni dopo fu costruito a Barbiano un castello piuttosto imponente che venne poi distrutto nel 1409. Barbiano ha esercitato un peso determinante nella storia dei primi secoli dopo il mille; era, infatti, sede di una Pieve antica, che per centinaia di anni calamitò attorno a sé le popolazioni delle parrocchie vicine. Nel 1450 fu ceduta a Cotignola dal duca Borso d'Este e da allora le sue vicende storiche si accomunarono a quelle della città vicina. Barbiano è la terra natale di Alberico da Barbiano, considerato uno dei più illustri capitani di ventura italiani, per l'eccezionale coraggio dimostrato durante le battaglie e per la riforma da lui attuata sulle tecniche di combattimento. Ogni anno, l'ultima domenica di maggio, si svolge il tradizionale "Palio di Alberico"».

http://www.romagnadeste.it/it/7-cotignola/i27-barbiano.htm


brisighella (porte, mura, Torretto)

Porta delle Dame, dal sito www.brisighella.org   Il Torretto in primo piano, dal sito www.ebay.it

«Torretto. È un bastione della cinta muraria quattrocentesca, ancora visibile per un tratto. Un secondo bastione è costituito dall'abside della chiesa di S. Croce. Le mura cittadine erano interrotte da tre porte: Buonfante, Fiorentina e Gabalo, verso Faenza».

«Porta Buonfante. Vi si arriva dopo aver percorso la caratteristica strada acciottolata, su cui si affacciano basse casette. La porta, abbattuta nell'Ottocento, conduceva verso i campi, sui fianchi della collina. Una lapide segnala che nelle vicinanze esisteva fin dal 1626 un pilastrino con un'immagine della Madonna, in seguito trasferita nel santuario in cima al colle e venerata sotto il titolo del Monticino. Porta delle Dame. Ingresso al cuore antico del paese e alla via del Borgo o degli Asini. La denominazione sembra derivi dal fatto che qui le signore del paese accoglievano i forestieri. Il nucleo originario di Brisighella si sviluppò ai piedi dello spuntone gessoso su cui si ergeva una fortificazione (oggi torre dell'orologio), fatta costruire nel 1290 da Maghinardo Pagani da Susinana per controllare il castello di Baccagnano, sulla riva destra del fiume Lamone. Qui si erano rifugiati i Manfredi, signori di Faenza, dopo esserne stati da lui cacciati. Quando il castello di Baccagnano fu espugnato, gli abitanti di quel borgo oltrepassarono il fiume e costruirono le loro case, addossandole allo sperone roccioso su cui sorgeva la torre, usando come materiale dei blocchi di gesso, collegando i piani più alti alla parete rocciosa tramite piccoli ponticelli, ancora oggi visibili».

http://www.brisighella.org/storia/il_borgo/edifici_e_monumenti... - http://www.brisighella.org/storia/il_borgo/le_piazze_e_le_porte...


Brisighella (rocca dei Veneziani)

Dal sito www.appenninoromagnolo.it

a cura di Renzo Bassetti

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Monica Chiarabella (https://www.facebook.com/monlovesadventure?hc_location=ufi)


BRISIGHELLA (ruderi del castello di Rontana)

Dal sito www.venadelgesso.org   Dal sito www.memoriastorica.org, copyright FlatAlbums

«Il castello, di proprietà di Ugone di Rontana, si ergeva sulla cima del monte Rontano ed è ricordato per la prima volta nel 973. Nel 1201 fu espugnato dai forlivesi per tornare dopo 8 anni nuovamente in mano ai faentini. Nel 1291 fu dei Manfredi e l'anno successivo fu conquistato da Maghinardo Pagani di Susinana, che riedificò il castello, precedentemente distrutto, curando anche la ricostruzione della Pieve. Nel corso dei secoli successivi passò più volte di mano: nel 1310 vu venduto dai Fantolini al Manfredi, dal 1361 fu sotto l'alterno controllo dei Manfredi e della Santa Sede. Nel 1405 fu effettuato un restauro da parte di Astorgio Manfredi. Otto anni dopo se ne impossessò nuovamente il Papa che lo diede ai Manfredi di Marradi; ritornò di nuovo ai faentini che vi rimasero fino al 1500, quando venne espugnato da Dioniso Naldi per conto di Cesare Borgia. Nel 1506 fu dei Veneziani, poi tornò alla Santa Sede e nel 1591, papa Gregorio XIV lo fece distruggere, essendo rifugio di una grossa orda di briganti. Oggi non restano che pochi ruderi, completamente invasi dalla vegetazione».

http://www.venadelgesso.org/caseborghi/rontana/roccarontana.htm


BRISIGHELLA (torre dell'Orologio)

Dal sito www.entroterra-riviera-adriatica.com   Dal sito www.brisighella.org

«In origine era il fortilizio fatto erigere nel 1290 da Maghinardo Pagani da Susinana con massi squadrati di gesso, per controllare le mosse degli assediati nel vicino castello di Baccagnano. Fino al 1500 costituì, insieme alla Rocca, il sistema difensivo del centro abitato. Danneggiata e ricostruita più volte, la torre fu completamente rifatta nel 1850 e nello stesso anno vi fu posto anche l'orologio. Il quadrante dell'orologio è a sei ore. Interessante vista sui calanchi, una formazione di argille azzurre, dilavate dagli agenti atmosferici».

http://www.brisighella.org/storia/il_borgo/i_tre_colli?phpMyAdmin=DXb5i600UPZ%2CkqOEDVWCY7KqyD3


brisighella (via del Borgo o degli Asini)

Dal sito www.brisighella.org   Dal sito www.brisighella.org

«Caratteristica strada sopraelevata, coperta, illuminata da mezzi archi di differente ampiezza, unica al mondo. Nei secoli XII e XIII fu baluardo di difesa per la retrostante cittadella medioevale. Con molta probabilità congiungeva la Porta Gabalo (o delle Gabelle) con Porta Bonfante (o Porta Buonfante). Lo storico assedio dell’anno 1467 da parte del Duca di Urbino sortì esito negativo, in quanto da questi mezzi archi anche i valligiani organizzarono eroica resistenza, sconfiggendo l’assalitore. In seguito questa via sopraelevata divenne centro di famiglie di birocciai che traevano il loro sostentamento dalle cave del gesso nella valle retrostante l’antico abitato. Questi lavoratori del gesso avevano le stalle (“cameroni”) per le loro bestie di fronte agli archi, mentre le loro abitazioni erano poste nel piano superiore. I carri da trasporto (birocce) erano collocati invece nella piazza sottostante. Oggi questo caratteristico e storico percorso, riportato a primitiva bellezza, completato di recente dal retrostante sentiero panoramico alle falde della Torre dell’Orologio, rappresenta una forte attrazione turistica per i tanti visitatori».

http://www.comune.brisighella.ra.it/index.php?module=articles&func=display&ptid=2&catid=103&aid=33#asini


CASOLA VALSENIO (il Cardello)

Dal sito www.fondazionecasadioriani.it   Dal sito www.comune.casolavalsenio.ra.it

«Il singolare edificio in cui Alfredo Oriani (1852 - 1909) trascorse quasi intera la vita e scrisse tutte le opere, sorge in uno dei tratti pittoreschi della valle del Senio.Si ignora l’epoca in cui fu edificato, ma sappiamo Il Cardelloche costituì per un lungo periodo la foresteria dell’abbazia di Valsenio, risalente forse al sec. XI (attestata comunque dal 1126). è verosimile che il Cardello, nella sua originaria struttura romanica, sia di poco posteriore all’abbazia. è invece documentato che nel 1419 esso fu concesso in affitto, con le terre adiacenti, per quindici anni. Numerosi contratti di vendita e di enfiteusi e di vendita si susseguirono dal sec. XV al sec. XIX, quando il 26 settembre 1855, Luigi Oriani, padre di Alfredo, acquistò la tenuta e la villa, che divenne la dimora stabile degli Oriani. L’aspetto attuale dell’edificio risale al 1926. La documentazione fotografica dimostra che, più che di un restauro, si trattò di una disinvolta ristrutturazione, solo in parte rispettosa dei valori architettonici originari. I guasti provocati all’edificio nel corso dell’ultimo conflitto furono riparati con un certo rigore, anche se con evidenti stonature nella scelta dei materiali.oriani. Resta comunque il fatto che la mole del Cardello, pur nel suo ormai sedimentato intreccio di romanico autentico e di finto antico, costituisce un monumento di indubbio interesse, la cui austera suggestione è accentuata dalla stupenda cornice del parco. ...».

http://www.comune.casolavalsenio.ra.it/index.php/docs/437


Casola Valsenio (rocca di Monte Battaglia)

a cura di Renzo Bassetti


CASTEL BOLOGNESE (cinta muraria, torrioni)

Dal sito www.emiliaromagna.beniculturali.it   Dal sito www.emiliaromagna.beniculturali.it

«Quando il Castello, che prese il nome di Castel Bolognese, venne costruito nel 1389 dal Senato di Bologna, fu provveduta la costruzione di mura resistenti e di una porta, nonché d’un fossato difensivo. Questo primo nucleo, destinato successivamente ad ingrandirsi, corrispondeva all’attuale percorso di Via Roma, Via Antolini, Piazza Fanti, Piazza Bernardi (ove sorgeva la torre di Giovanni da Siena che fungeva da porta), Via Ginnasi, Piazzale Poggi. Il castello misurava m. 125 x 222 con un perimetro di circa m. 700 e la sua distanza dalla via Emilia era di circa 90 metri. La comunità insediatasi nel castello si ingrandì presto, tanto da formare un borgo a ridosso della porta d’accesso. Per difendere anche queste case, le mura vennero ampliate nel 1425, racchiudendo pure un tratto di Via Emilia. Il castello, ormai persa la sua funzione difensiva e di avamposto bolognese, diveniva città murata, le cui dimensioni erano di m. 222 x 310 per un perimetro di circa 1.100 metri. Le porte d’accesso furono due, entrambe a cavaliere della Via Emilia, e poste l’una verso Faenza e l’altra verso Imola. Furono costruiti bastioni angolari e rinforzata la rocca che Antonio di Vincenzo aveva edificato nel 1391. Le mura del vecchio castello rimaste all’interno della nuova cinta furono demolite, il ponte d’accesso alla vecchia porta ed il fossato intercluso furono interrati, rimase a testimone la torre che vigilò sui destini di Castel Bolognese fino al 4 febbraio 1945 giorno in cui la rabbia nemica ne decretò la fine, minandola. La tradizione ricorda che nel 1434 i Bolognesi provvidero a rinforzare il nuovo castello; tuttavia un documento da me trovato nell’archivio notarile di Faenza ritarderebbe di quasi cinquant’anni questi lavori: in un contratto del 23 agosto 1481 Rinaldo Quarneti vende a Pietro di Milano macerie e 600 corbe di calcina per la costruenda nuova rocca di Castel Bolognese, e Giovanni Pallantieri vende a detto Pietro 20.000 mattoni di cotto e 200 corbe di calcina. Potrebbe dunque risalire a quest’epoca il misterioso disegno dei lavori di riparazione alla rocca di Castel Bolognese, conservato nell’archivio di Stato di Bologna, che alcuni attribuiscono a Leonardo da Vinci, il quale qui avrebbe sostato al seguito di Cesare Borgia che inferse una prima, violenta offesa alle mura cittadine nel 1501. Il Valentino fece atterrare la rocca e le mura, fece riempire il fossato che ne circondava il perimetro e ordinò che la località non fosse più chiamata Castel Bolognese, ma Villa Cesarina. Passato il Borgia, le mura e i torrioni furono restaurati e ricostruiti a partire dal 1506. Sulla ricostruzione della rocca esistono divergenze. Leandro Alberti nella sua Descrizione dell’ Italia (1550) afferma che "non è mai stata ristorata la forte rocca che vi era, a terra per maggior parte gettata dal Valentino"; tuttavia alcune memorie riferiscono che la rocca venisse ricostruita tra il 1501 e il 1516. I lavori alle mura non erano forse ancora terminati quando il castello dovette subire l’attacco dei Guasconi nel 1509.

L’assalto fu respinto grazie all’impavida resistenza dei Castellani guidati dal capitano di ventura Giovanni Francesco Pallantieri, padre di quell’Alessandro che diventerà Governatore di Roma. Le mura furono nuovamente restaurate e il 20 febbraio 1515 il Comune diede incarico al muratore G. Battista Pallantieri di togliere i merli e costruire bordonali. Probabilmente in questa epoca altri lavori vennero eseguiti, anche ai torrioni, per aggiornare il sistema difensivo alla evoluzione delle tecniche di guerra. Altri restauri furono compiuti alla cinta muraria nel 1582, nel 1585 e nel 1601. Successivamente altre riparazioni furono condotte nel 1730 e, su perizia dell’architetto Cosimo Morelli, nel 1761 e dal 1771 al 1773. Ormai privi di funzione difensiva torrioni e mura furono adibiti ad altri usi, abitazioni od opifici i primi (nel torrione di fronte all’ospedale fu alloggiato fino al 1944 un forno per il pane), pareti maestre per case, o muri di confine per le seconde. Inizia così la lenta decadenza del sistema difensivo cittadino. Nel 1863 il Comune decise di aprire un varco nelle mura, a nord, in corrispondenza della strada che conduceva alla neonata ferrovia ed alla stazione cittadina. Un altro varco, detto "porta nuova" fu aperto a sud in corrispondenza di Via Garavini, portando così da due a quattro gli accessi alla città. Successivamente nell’anno 1865 il Comune decise l’abbattimento delle porte, poi eseguito nel 1876, giustificando il provvedimento con la necessità di allargare la strada principale per consentire una viabilità più agevole. La demolizione delle mura proseguì nel 1896/97 quando esse, ad eccezione di quelle a nord, furono abbassate fino all’altezza di un metro a guisa di parapetto. Nel 1935 per ottenere dalle Monache Domenicane un tratto della loro proprietà al fine di ampliare Via Costa, fu ad esse permesso di inglobare la Via Guidi che correva tra il loro orto e le mura. La Via Guidi fu dirottata al di fuori della cinta muraria aprendo un altro varco. Sempre degli anni ‘30 è la demolizione del torrione sud-est (il cosiddetto Torrione della Turca per via di una donna di probabile origine levantina che lì viveva col marito ed i figli) per far posto alla scuole elementari. A causa della guerra crollò il torrione di nordovest poi malamente ricostruito addossandovi una abitazione negli anni successivi. Negli anni ‘60 parte di mura ad est a ridosso della vecchia porta del mulino lasciò il posto ad un brutto edificio dallo stile incerto adibito ad albergo. Uniche opere di rilievo fra tanto degrado sono state il restauro compiuto nel 1983 a cura della Soprintendenza di Ravenna e del Comune di Castel Bolognese al torrione ed al tratto di mura di fronte all’ospedale, ed alcuni interventi di conservazione eseguiti dai privati proprietari, come il lodevole restauro del bastione di nord-est, dei resti della rocca ed a tratti di mura. Null’altro. E pensare che in Via Pallantieri le mura stanno affiorando, per la gioia degli automobilisti che sopra vi parcheggiano, mentre ancora si attende il restauro del torrione sudovest, anch’esso di proprietà privata, il più antico della cerchia muraria, risalendo alla primitiva costruzione del secolo XIV. Non resta che aspettare un serio intervento che coinvolga Comune, Soprintendenza, proprietari, volto a dare restauro e meritata dignità alle mura, ai torrioni, alla rocca del nostro castello che è pur sempre "città murata" fra le più singolari della nostra Romagna».

http://www.castelbolognese.org/mura.htm (a cura di Paolo Grandi)


CASTEL BOLOGNESE (resti della rocca)

Ricostruzione ipotetica della Rocca di Castel Bolognese (prof. Fausto Ferlini), dal sito www.castelbolognese.org   Dal sito www.castelbolognese.org

«A Castel Bolognese, guardando da Ovest, ossia dalla "Filippina" e da piazzale Roma, si possono osservare i bastioni superstiti che si affacciavano sulla fossa che circondava le fortificazioni del Castello.è in questa zona che le vestigia del passato sono più evidenti e conservate. Queste strutture così ben architettate, vennero a costituire le nuove mura e le nuove torri ricostruite nel 1506 dopo la generale distruzione operata dal Valentino nel 1501. Tali opere murarie rappresentano in origine la fascia aggettante rispetto al corpo dell'antica Rocca che era anch'essa circondata da un fossato e forse munita di un rivellino per la difesa verso Imola. Osservando però la pianta del 1516, si può vedere chiaramente che a quella data il lato Ovest della Rocca era già stato praticamente inglobato nella cinta muraria rialzandone i muri lungo il perimetro costituito dalle mura trecentesche e dai torrioni semicircolari. Recentemente nel sito della Rocca, già proprietà della ex Ditta Santandrea, sotto la direzione dell'architetto castellano Oreste Diversi, si sono conclusi i lavori per la costruzione di un Centro residenziale che rappresenta uno degli interventi di recupero più importanti per la sua vicinanza con il centro storico. Il complesso edilizio che è risultato dalla generale ristrutturazione può essere così illustrato: a Sud-Est sorgono i fabbricati più alti di via Camerini e di via Fornasari uniti da una bella torre quadrata a Nord-Est ed a Sud-Ovest le abitazioni che fiancheggiano l'ampio cortile caratterizzate dal motivo ricorrente dei portici bolognesi ed infine a Nord-Ovest la sagoma sporgente dei bastioni verso la "Filippina". Nella pavimentazione della piazzetta interna è stata riprodotta la pianta originale della Rocca con lastre di arenaria nell'acciottolato antico. Su piazza Camerini la torre ricostruita vuole ricordarci l'antica torre maestra della Rocca che sorgeva a cavaliere delle mura. Sulla sommità si è pensato di collocare un orologio, ma poi il progetto è stato accantonato. Le torri ed i bastioni sono stati restaurati e riportati al loro aspetto originario. L'accesso al complesso residenziale è duplice: da piazza Camerini attraverso il passaggio sotto il volto della torre e dall'antico varco nelle mura verso Imola. Si prevede inoltre che possa essere scavato un fossato a scarpata sotto le mura per riportarle all'imponenza di un tempo. In tal caso un ponticello dl legno renderà possibile il transito.

L'area dalla Rocca è estremamente interessante dal punto di vista storico-archeologico per Castel Bolognese. Gli scavi ad i sondaggi condotti dalla Soprintendenza hanno permesso di trovare ad una certa profondità le fondamenta delle antiche costruzioni. Le ricerche condotte sul campo confermano praticamente la planimetria del manufatto come risulta da un documento scoperto dal ricercatore L. Donati e dallo schizzo del 1516 rinvenuto dallo studioso P. Costa che ci presenta le modifiche successive. Il primo documento, che costituisce un inventario di munizioni ed attrezzi, confrontato con lo schizzo del 1516 ne conferma in pieno la struttura. Viene descritto un torrioncino che essendo detto di "sotto" verosimilmente dovrebbe coincidere con quello Ovest: questo torrioncino "torexino" in cui era ricavata una cantina, risulta essere il più armato di bombarde, perché situato nella zona più sguarnita del sistema difensivo del Castello. Sul lato verso il Castello troviamo poi tre camere coperte da volta che costituivano il maschio: di esse una è la camera del Castellano ben armata, l'altra non contiene artiglieria, e quella detta "de sopra" serviva per l'avvistamento. Sul perimetro quadrangolare della rocca altri due torrioni angolari erano dotati di bombarde ed altro. In condizioni normali la Rocca era abitata dal "Castellano" e dai suoi "famigli" che erano a capo di un contingente di circa dodici soldati. Secondo le Cronache la Rocca venne costruita nel 1391 sotto le direzione di Antonio di Vincenzo, che aveva lavorato lo stesso anno al S. Petronio di Bologna. La zona dove venne costruita ad occidente del Castello, è ancor oggi leggermente rialzata rispetto al resto del paese, e tale dislivello altimetrico certamente non naturale, lascia supporre che sia dovuto all'impatto del nuovo nucleo difensivo. La Rocca, atterrata nel 1501 in seguito alle distruzioni operate dal Valentino, sembra sia stata risistemata nei 1503 ma si ha comunque ragione di credere che sia stata abbandonata verso la metà del XVI secolo. La fisionomia del manufatto piuttosto che dalle opere murarie ancora conservate, è ricostruibile in base ai disegni riportati nei documenti già menzionati del 1412 e del 1516 e rinvenuti presso l'Archivio di Stato di Bologna. Dai disegni risulta abbastanza chiaro l'impianto che si può ragionevolmente attribuire al 1391. Si tratta di una struttura quadrilatera con due torrioni quadrati agli angoli Nord ed Est ed un avancorpo quadrangolare sul lato Ovest in prossimità di uno dei due accessi. L'altra entrata si trovava sul lato opposto verso l'interno del Castello di fianco alla torre maestra di forma quadrata a cavaliere delle mura. Tutte queste strutture alla data indicata sul documento (1516) sono indicate come "ruinate".

Una fase successiva è rappresentata dall'inserimento su ogni lato dei quadrilatero di quattro ampi torrioni semicircolari che vengono definiti nel disegno come "torri nuove". La spiegazione più plausibile è che la Rocca sia rimasta sostanzialmente inalterata fino alle distruzioni del Valentino e che le nuove strutture siano state costruite tra il 1501 ed il 1516 quando sappiamo che vengono condotti lavori di rifacimento delle torri e delle mura. Nella pianta si vede bene l'impianto che si è andato configurando dopo l'inserimento dei torrioni semicircolari ed il mantenimento degli spigoli angolari, lasciando quindi una pianta "polilobata". Se questa interpretazione è giusta, dovremmo pensare che la Rocca restaurata con l'aggiunta di nuovi torrioni semicircolari tra il 1501 ed il 1516 venne poi definitivamente abbandonata dopo quella data. Che la Rocca fosse comunque in disuso verso la metà del XVI secolo è testimoniata dai fatto che in questo periodo venne costruita la Chiesa dei Corpus Domini o Chiesa Nuova (S. Gaddoni). Tale edificio, per quanto non invadente rispetto al perimetro delle Rocca, ne è talmente attiguo da far pensare che l'area interna alla medesima doveva aver perso qualsiasi originaria funzione. Oggi, dell'antica Rocca resta, molto alterata, solo la fascia aggettante rispetto al perimetro del Castello che si va a raccordare con quest'ultimo».

http://www.castelbolognese.org/rocca.htm (a cura di Ettore Badiali)


CASTIGLIONE DI RAVENNA (palazzo Grossi o castello dei conti)

Dal sito www.ambrinf.com   Dal sito it.wikipedia.org

  

«Costruito da mastro Giovanni di Jacopo da Canobio tra 1560 e il 1565, su commissione di Pietro Grossi, nominato conte dall'imperatore Federico III e conestabile delle milizie di papa Giulio III, il castello pare sorgesse sull'impianto di un precedente edificio fortificato fatto erigere da Battista Grossi nel 1461, per concessione del vescovo di Cervia, sulle terre confiscate dai veneziani ai da Polenta e concesse al capitano di ventura Pietro Grossi - capostipite della famiglia Grossi in terra ravennate - e comprese tra l'attuale frazione di Castiglione di Ravenna e l'abitato di Savio. Con l'estinzione della famiglia Grossi, il castello passò di proprietà in proprietà e fu adibito anche ad usi non abitativi. Nel 1830 venne acquistato dai conti Rasponi e, alla morte del conte Cesare Rasponi Bonanzi, il castello fu acquistato da una cooperativa agricola che lo tenne fino all'inizio del '900 quando fu acquistato da fratelli Sama che vi trasferirono la loro azienda di tabacco. Dopo la seconda guerra mondiale fu acquistato, prima dalla cooperativa coltivatori diretti di Castiglione, poi dal CEM (Consorzio Esercizio Macchine) e, da ultimo, dal Comune di Ravenna che ne è tuttora il proprietario. Nel libro Viaggio fra le rocche e i castelli della provincia di Ravenna, curato da Giordana Trovabene e pubblicato dalla Provincia di Ravenna, il castello viene così descritto: "realizzato interamente in laterizio; ha pianta quadrata con lato di 28,50 metri, orientata con le fronti principali verso sud-est e nord-ovest e munita agli angoli da torri sporgenti pure quadrate. […] I successivi due piani, delimitati da un marcapiano, sono coronati da un apparato a sporgere con beccatelli sormontati da archetti, sui quali poggia la fascia sottotetto caratterizzata dalla presenza di oculi. […] Sopra i due ingressi principali si notano ancora tracce delle scanalature di scorrimento dei bolzoni, evidenti testimoni dell'esistenza in origine di due ponti levatoi e, quindi, di un fossato che doveva circondare l'edificio. All'interno si succedono un piano seminterrato con le cantine coperte da volte ribassate; seguono due piani caratterizzati da un ampio corridoio centrale passante da una fronte principale all'altra lungo la quale si dispongono le sale, ed infine il piano sottotetto". Oggi, dopo diversi interventi di restauro (l'ultimo al tetto risale al 1996), l'edificio si presenta all'esterno in condizioni quasi intatte, ma all'interno, per colpa di spregiudicati quanto futili utilizzi alternati a lunghi periodi di abbandono, la situazione si sta progressivamente deteriorando. ...».

http://dev.racine.ra.it/sistemamusei/sezioni/articoli1.php?art=76


CASTIGLIONE DI RAVENNA (palazzo Lovatelli o villa Doria, e torre Polentana)

Foto di Andrea Valicelli, dal sito www.cerviaintavola.it   Foto di Andrea Valicelli, dal sito www.cerviaintavola.it

«Buona parte del patrimonio storico architettonico della zona è costituita da ville padronali di proprietà privata: Palazzo Lovatelli (noto come Villa Doria,1630) e torre Polentana (sec. XIII). è [villa Doria] nascosta alla vista da un folto bosco-giardino, così come accade per molte altre ville del territorio. Per poterla osservare da un punto di vista migliore, si consiglia di imboccare la via Ponte della Vecchia in direzione San Zaccaria e di prendere la prima strada a sinistra. Questa villa di due piani in mattoni “faccia a vista” fu costruita nel 1630 dal conte Simone Lovatelli. La villa, frutto di un compiuto disegno architettonico, costituisce uno dei migliori esempi di architettura rurale seicentesca caratterizzata dalla predilezione per modelli di stampo padano più pacifici rispetto alla villa-castello di stampo neofeudale di cui Palazzo Grossi è uno dei più efficaci esempi. Elementi qualificanti la villa sul piano architettonico sono il doppio loggiato centrale, che in pianta corrisponde ai saloni principali della casa e la torre eretta nel 1288 (appartenuta alla famiglia ravennate dei da Polenta, Signori di Ravenna dal 1275) che, una volta inserita nel palazzo, venne poi trasformata in colombaia».

http://www.cerviaintavola.it/index.php?id=35


CAVINA (torre Pratesi)

Dal sito www.charmerelax.it   Dal sito www.torrepratesi.it

«Il toponimo Torre Cavina o Torre di Cavina lascia intendere che un tempo fossero state più di una le Torri innalzate in questa località dai vari membri della famiglia Cavina. La loro costruzione, comunque, risalirebbe agli anni a cavallo tra il 1400 e il 1500; sull'unica oggi superstite è stata rinvenuta la data 1592 con la sigla C.A. (probabilmente Antonio Cavina). Il toponimo Cavina deriva da "Caba" cioè forra, fogna e si riferisce probabilmente al Torrente Sintria che qui scorre entro un alveo incassato e profondo. Quanto rimane dell'antica Torre, è sempre visitabile esternamente. Come arrivare: la località Cavina, presso cui si erge la Torre omonima, si raggiunge dalla Statale che collega Brisighella a Marradi. All'altezza di Fognano si imbocca la provinciale per Valletta che sale per circa 10 Km. sino a Torre Cavina».

http://www.terredifaenza.it/scoprire_territorio/arte_cultura/ter_castelli/pagina29-081.html


CERVIA (torre di San Michele o delle Saline)

Dal sito www.cervia-affitti.com   Dal sito http://fr.wikipedia.org

«La Torre S.Michele si trova nel centro storico di Cervia e risale al 1691, cioè prima della fondazione di Cervia Nuova, quando era stata edificata per difendere la città da Turchi e Saraceni. La torre è costruita in mattone ed argilla, ha una pianta quadrata con il muro a scarpa che la rende ancor più massiccia e sicura. Considerata inespugnabile per le poche e strette finestre, era collocata sul mare e collegata alla terraferma da un ponte levatoio che conduceva all'ingresso originale rialzato di un piano rispetto all'attuale. La dedica all'Arcangelo Michele è testimoniata da una formella in rilievo rappresentante il Santo intento a combattere contro il demonio. I suoi 22,5 m di altezza sono suddivisi in 4 piani che in passato dovevano ospitare un sotterraneo, cucina e dispensa, le stanze dei soldati ed una imponente piazza d'armi all'apice, oggi scomparsa. Col passare del tempo la torre venne adibita ad alloggio per la Guardia di Finanza, che aveva il compito di proteggere i magazzini del Sale e naturalmente il prezioso "oro bianco" che rendeva celebre Cervia. Negli ultimi anni è stata sede della biblioteca comunale, ora è sede dell'Ufficio Informazioni e Accoglienza Turistica di Cervia e, al primo piano, della Fondazione CerviaAmbiente».

http://www.turismo.comunecervia.it/scoprire_il_territorio/arte_cultura/castelli/pagina950001183.html


CONSELICE (casino delle Galvane)

Dal sito www.comune.conselice.ra.it   Dal sito www.comune.conselice.ra.it

«L'allargamento del canale Fossatone e il rialzo della via Predola premono oggi al fianco di questa che è la più antica costruzione della zona del Bonacquisto, ad occidente della provinciale Bastia; essa sorse nel XVII secolo in un ambiente dai connotati in gran parte vallivi. La tenuta fu di proprietà della famiglia Galvani (altro casato bolognese che, come i Bentivoglio e i Marconi, estese i suoi interessi al territorio della Bassa Romagna) fino al 1699, anno della vendita ai Dal Buono di Lugo, i quali ne curarono l'appoderamento e la dotazione di fabbricati colonici e servizi; la casa padronale era infatti l'unico edificio in muratura, mentre i lavoranti abitavano in capanni di canne. Oltre alla dimora delle Galvane, dotata – come afferma Angelo Francesco Babini – «di un piccolo porto e di una chiesa che sorgeva ove ora passa il Fissatone», i nuovi proprietari eressero un secondo edificio, chiamato «Ca' nova» o palazzo Dal Buono, all'estremità della carraia che dava accesso alla tenuta da via Bastia e che tuttora porta il loro nome (edificio oggi frazionato e molto alterato)».

http://www.comune.conselice.ra.it/Citta-e-territorio/La-Citta/Le-Ville-Storiche/Casino-delle-Galvane


COTIGNOLA (palazzo Sforza o casa Attendoli)

Dal sito www.tamburini.info   Dal sito www.ravennaintorno.it

«Il Palazzo Sforza (Casa Attendoli) si trova poco distante [dalla Torre d'Acuto], lungo l'omonimo corso che diparte dalla piazza centrale di Cotignola: distrutto anch'esso dalla guerra, fu ricostruito nel 1961 rispettando lo stile originale. Si una certa importanza al suo interno la stele funeraria romana (di Caio Vario), ritrovamento archeologico del 1817. Di fronte al Palazzo Sforza si trova Casa Varoli (ex stalla Sforza), l'abitazione di Luigi Varoli, insigne artiste della città, che contiene alcuni oggetti personali, oltre che disegni e strumenti musicali. Sempre lungo Corso Sforza si trova la piccola ma graziosa Chiesa del Pio Suffragio. Altri monumenti da visitare in periferia sono il convento dei Minori Osservanti del XV secolo con la chiesa di S. Francesco, mentre nelle frazioni sono meritevoli di visita la Pieve di Barbiano e la Chiesa di San Severo, che si trova sulla riva destra del Senio, oltrepassando il ponte della Chiusaccia. Per chi ha un attimo di tempo e vuole rilassarsi consigliamo anche una visita al parco Sandro Pertini».

http://www.palazzoboschi.it/dintorni.asp?art=1026&idLingua=1


COTIGNOLA (torre d'Acuto)

Foto pelleas, dal sito http://italia.indettaglio.it   Dal sito www.bedandbreakfastcotignola.it

«Risale alla fine del XIV secolo la torre rotonda detta “il Campanone ”, edificata nel 1376 a fianco della pieve di S. Stefano in Panicate. Autore della torre e di altri sistemi difensivi fu il condottiero inglese John Hawkwood. L'Acuto aveva fatto costruire la torre ed altri sistemi di fortificazione attorno alla città dopo aver ricevuto in feudo Cotignola da Papa Gregorio XI nel 1370. La Torre è stata ricostruita nel 1972 e dagli scavi si è scoperto che il basso tronco era a pianta quadrata, secondo lo stile di costruzione delle antiche torri ravennati, il che fa supporre che la torre sia stata costruita sul basamento del vecchio campanile della Pieve di S. Stefano in Panicale (sec. IX - X), le cui rovine sono state portate alla luce durante gli stessi scavi ed in prossimità della torre. Sulla ricostruita Torre d'Acuto è stata nuovamente installata la campana civica detta "E' Campanòn", rimasta indenne quando la torre venne fatta saltare dai tedeschi nel 1944. Fusa in bronzo da Pier Francesco Censori nel 1616, presenta un motivo decorativo a bassorilievi raffiguranti immagini sacre, intervallati da quattro stemmi di antiche famiglie Cotignolesi. La campana porta incisa anche un'epigrafe che elenca gli eventi per i quali essa deve suonare: "Arma - Ignem - Excubias - Senium - Sontesque - Senatum - Jubila" (suono per la guerra, per il fuoco, per le sentinelle, per il Senio, per i briganti, per il Senato, per le feste)».

http://www.comune.cotignola.ra.it/Citta-e-territorio/Presentazione


Fabriago (castello estense)

Dal sito www.agenzieimmobiliari.com (ag. Rubboli, Ravenna)   Dal sito http://www.nyhome.it

«Castello di fondazione medievale con ristruttrazioni risalenti al XIX secolo, di 3000 mq, suddiviso in 3 livelli con parco di mq 7000. Il castello è appartenuto alla famiglia Estense, è situato nel Ducato di Fabriago frazione di Lugo di Romagna a circa 30 minuti dal mare. Le stanze del castello sono perlopiù affrescate, in molti casi i soffitti sono lignei intarsiati così come anche i pavimenti di rovere antico. All'interno vi sono ancora molte porte e finestre originali. Il fulcro del castello risulta essere il grande salone a tutta altezza con matroneo di affaccio, finestre a sesto acuto e soffitto voltato affrescato. Il grande parco verde avvolge tutto il castello».

http://www.nyhome.it/it/specials/Castello%20del%20%27500%2C%20Ducato%20di%20Fabriago/1069.html


FAENZA (palazzo del Municipio, palazzo del Podestà, torre dell'Orologio)

Dal sito www.teleromagna.it   Dal sito it.wikipedia.org

«Il centro della città è costituita dalle piazze della Libertà e del Popolo. Da queste partono i corsi principali che dividono la città stessa in quattro rioni, denominati Rosso, Verde, Giallo e Nero. Su un lato della piazza della Libertà si staglia la poderosa mole della Cattedrale, costruita da Federico Manfredi, che pose la prima pietra il 25 maggio 1474. ... Tipica è la Torre dell'Orologio, ricostruita dopo il 1944; in una nicchia si trova una Madonna col bambino di Francesco Scala (sec. XVII). Nella piazza del Popolo sorge il palazzo del Podestà (sec. XII), unito alla Torre da un ballatoio. Di fronte si trova il palazzo del Municipio coi suoi antichi merli ghibellini. Da ricordare all'interno la vastissima sala d'ingresso con soffitto a cassettoni e le tre sale del Sole, delle Stelle e delle Rose, così chiamate dagli affreschi decorativi opera di pittori bolognesi.».

http://www.passatore.it/comune/faenza.htm


FAENZA (porta delle Chiavi)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito http://waatp.it

«Tra i luoghi di maggiore interesse a Faenza figura senz’altro Borgo Durbecco. Il primo nucleo abitativo si è trasferito nella zona del borgo nell'XI secolo. Solo nel 1313 fu completato il ponte delle Torri sul fiume Lamone, per collegare Faenza al Borgo. Il ponte fu distrutto nel 1842, con una piena del fiume. Attualmente è possibile recarsi nel Borgo Durbecco da Faenza attraversando il Ponte delle Grazie. Tra i monumenti più interessanti ci sono senz’altro la Chiesa della Santissima Annunziata, oggi sede espositiva, la Chiesa di Sant’Antonino, progettata da Giuseppe Antonio Soratini. Molto interessanti è l’altare maggiore all’interno dell’edificio. L’edificio sacro più antico del borgo è la Chiesa della Commenda, risalente al XII secolo. A difesa del borgo era stata eretta una cinta muraria, molto simile a quella che cingeva Faenza. È ancora visibile la porta delle Chiavi, che ha subito importanti rimaneggiamenti nel tempo. La porta deve il nome al dono delle chiavi della città a papa Pio IX nel XIX secolo».

http://www.geoplan.it/luoghi-interesse-italia/monumenti-provincia-ravenna/cartina-monumenti-faenza/monumenti-faenza-borgo-durbecco.htm


FOGNANO (Torretta)

Foto di Claudio Pedrazzi, dal sito www.panoramio.com   Dal sito www.appenninoromagnolo.it

«A circa 7 Km da Brisighella, lungo la provinciale (SP23) che porta al parco del Carnè - deviazione segnalata - poi su sterrata seguendo le indicazioni turistiche. Torre di guardia risalente al XV secolo al servizio del "Castrum di Fognano". Attualmente risulta inglobata in un edificio colonico».

http://www.appenninoromagnolo.it/comuni/brisighella_escursioni.asp


FUSIGNANO (mulino Calcagnini)

Dal sito http://bassaromagna.blogspot.it/   Dal sito www.flickr.com

«Il Mulino si trova all'incrocio del Canale dei Mulini con la via che da Fusignano conduce direttamente alla frazione Maiano Monti, un percorso antico, così come antiche sono le direttrici che servono il paese: la via Quarantola o del Mercato di Lugo, la via Cocorre e la via Del Porto che correndo a destra del canale lo collegava alle valli. In origine si trovava in posizione isolata, a circa 500 metri a ovest dell'abitato, oggi l'edificio viene a trovarsi sul limitare dell'agglomerato urbano. Da una attenta analisi della storiografia locale il Mulino sembra già esistere dalla prima metà del Trecento, alimentato dall'acqua che dal fiume Senio giungeva attraverso un caminello. La conferma ufficiale Oratorio dell'Angelo Custodedell'attività dell'opificio verrà data più tardi il 25 dicembre 1465, nell'atto di infeudazione di Fusignano al Conte Teofilo Calcagnini da parte di Borso d'Este. Alcuni preziosi rilievi del Mulino effettuati nel 1732 ne chiariscono la tecnologia consistente allora in una sola posta di macine collegate per traverso ed una ruota a pale. Nel corso degli anni il corpo di fabbrica ha subito inevitabili adeguamenti sia tecnologici che strutturali, nel 1770 nella lavorazione si utilizzano le ritrecine (motori idraulici) e le poste diventano due, nel 1883 vengono raddoppiate le poste ed installati altri due motori idraulici. Fra le innovazioni tecnologiche nel 1940 è documentata la presenza di una turbina idraulica, delle diverse macine una è ancora oggi al suo posto accoppiata ad un motore elettrico. La struttura realizzata nel 1740, e ancora oggi visibile addossata ai successivi corpi di fabbrica, consiste in un edificio a pianta quadrata su due piani e sottotetto, con copertura a quattro acque. Dall'apertura centrale del portico si accede agli altri locali del Mulino, fra i quali si distingue un vasto ambiente caratterizzato da grossi pilastri in muratura. Il primo piano, delle medesime dimensioni di quello terreno, era occupato dalla abitazione del mugnaio. Il sottotetto tutto adibito a granaio conserva ancora gli originari pilastri, mentre la struttura lignea del tetto è caratterizzata dalle originarie grosse capriate. Le vicende belliche hanno distrutto l'ala di ponente dell'edificio con il porticato risalente all'ottocento. Attualmente il Mulino ospita il laboratorio artigiano di oggetti in ferro battuto del proprietario Sig.Martini».

http://www.fusignano.info/da_vedere.html


LUGO (porta San Bartolomeo)

Dal sito www.scopriincitta.it   Dal sito www.romagnadeste.it

«è ubicata sulla Via Lumagni, all'incrocio con Via Fermini. è l'unica porta superstite delle cinque che anticamente chiudevano gli accessi in Lugo. I borghi che si erano sviluppati lungo le tre vie più importanti (attuali Corso Garibaldi, Matteotti e Mazzini) erano circondati nel Medioevo da fosse rincalzate da argini, che racchiudevano la città ad anello lungo il percorso delle odierne strade circondarie. Lugo, che - sviluppando i borghi fuori del primitivo nucleo fortificato accentrato attorno alla Rocca - aveva privilegiato l'aspetto commerciale, aperto, rispetto a quello di difesa, chiuso, ancora estremamente importante nei primi secoli dopo il Mille, non fu mai infatti protetta da una cinta muraria. Le porte che chiudevano gli ingressi delle città integrandosi a questo sistema di argini e fosse furono costruite, rifatte, demolite in età diverse. Questa di S. Bartolomeo, che in origine si chiamava S. Carlo, era una delle più antiche. Come le altre, aveva a difesa un terrapieno sul davanti, denominato rivellino. Era inoltre, a detta del Bonoli, la meglio protetta con fortificazione anche ai fianchi, poiché si trovava più lontano dalla cittadella ed era esposta alle scorrerie di chi riusciva ad entrare dalla Via Cento, difesa all'inizio del '600 solo dalla fossa. Durante la signoria estense esistevano quattro porte: questa di S. Bartolomeo, quella "della Madonnina" poi detta del Ghetto in fondo alla strada di Codalunga, probabilmente la più antica insieme a quella di Brozzi che si apriva sulla strada omonima, e la porta di Pontenuovo di cui non si sa nulla se non che era posta infondo alla strada che fiancheggiava la Rocca verso est terminando, più o meno, a fianco della attuale Piazza Garibaldi. In ognuna di queste stava un capitano, generalmente ferrarese, che provvedeva alla porta e veniva stipendiato dalla Comunità di Lugo. La più recente fu quella costruita nel 1635 infondo alla strada del Limite, la porta di S. Maria, poi di Faenza, che sempre il Bonoli nella Storia di Lugo definiva "di tanta infelice struttura e sì angusta… specialmente in confronto dell'altre, le quali, benché malridotte conservano però non so che di grandiosità". Malridotte probabilmente lo erano davvero, poiché due di esse vennero smantellate per essere immediatamente costruite secondo nuovi disegni, la porta di Faenza nel 1757 e quella di Brozzi nel 1821. Tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento poi vennero demolite definitivamente tre delle quattro porte superstiti. La prima ad essere abbattuta fu quella del Ghetto nel 1870, che aveva ancora la sua struttura originaria, La riedificata porta di Faenza, in stile barocco, pur essendo ancora funzionale e ben conservata, venne demolita nel 1907 insieme con quella di Brozzi - non ancora centenaria - di ispirazione invece neoclassica. La porta di S. Bartolomeo già all'inizio del Novecento rimaneva dunque l'unica in città».

http://prolocolugo.racine.ra.it/Porta_S_Bartolomeo-storia.htm


Lugo (rocca estense)

Dal sito http://cislfnpravenna.racine.ra.it   Dal sito it.wikipedia.org

«Il monumento più caratteristico di Lugo, tale da significarne il passato di centro di grande importanza strategica e commerciale, è la Rocca. Di un nucleo fortificato, attestato all’incrocio di due aree della centuriazione romana (cardo e decumano) si ha notizie a partire dal X secolo. Il complesso fu distrutto dai Faentini nel 1218 e ricostruito a più riprese nei secoli XIII-XIV. Tra le scarse notizie pervenuteci, gli storici pongono in evidenza l’iniziativa del condottiero ghibellino Uguccione della Faggiola negli anni 1298-1300, al cui nome viene tradizionalmente associato il mastio di nord-ovest, l’aspetto attuale del quale, in realtà, sembra dovuto alle sistemazioni quattrocentesche. Il periodo più significativo per lo sviluppo della fortificazione corrisponde comunque alla dominazione estense durante la quale i connotati dell’apparato difensivo vennero modificati almeno due volte. Nella seconda metà del Quattrocento, per iniziativa di Ercole I, la piazza d’arme antistante la Rocca fu trasformata in cittadella, provvista di una cinta muraria dotata di torri rotonde e completamente racchiusa da un fossato. Di questa fase rimangono oggi leggibili l’impianto quadrangolare articolato sul cortile interno, alcuni tratti della cortina muraria e la cosiddetta Torre di Uguccione. Sotto il profilo urbanistico, la fortezza estense fu il fulcro attorno al quale la città ricevette un forte impulso di sviluppo, nel senso dell’occupazione stabile del territorio. Il complesso quattrocentesco, tuttavia, appariva troppo legato alla prassi guerresca medievale e poco funzionale rispetto alla potenza distruttiva delle bombarde e artiglierie moderne, per cui fu interamente ristrutturato. Nel 1568-1570 il duca Alfonso II fece abbattere la cittadella, divenuta superflua ai fini difensivi: parte del materiale di risulta venne probabilmente impiegato per dotare la Rocca di bastioni sui versanti sud, est e ovest, oltre che per ispessire la cortina nord e le basi delle torri. L’area liberata sarà poi destinata alla Fiera verso la metà del ‘600. Mediante questo intervento, la Rocca di Lugo venne assumendo un aspetto peculiare a metà fra il tipo quattrocentesco della rocca a pianta quadrangolare e il tipo tardo-cinquecentesco della fortezza bastionata. Con il passaggio di Lugo alla Chiesa, la Rocca subì alcuni ampliamenti con l’inserimento di un palazzo, parzialmente bruciato nel 1775, che divenne sede dei governatori pontifici. Nello stesso periodo, si adattarono a prigioni le parti ormai non usate a scopo militare, in particolare la torre circolare di nord-ovest e quella quadrata di sud-est, mentre i bastioni a sud-ovest furono trasformati per dar luogo al Giardino Pensile che ancora oggi ammiriamo, e a cui si accede dal cortile interno. Esso occupa un’area di circa 1000 mq ad una quota di circa 7 mt. rispetto al piano delle attuali piazze del centro storico; la composizione arborea comprende specie con foglie aghiformi, squamiformi e latifoglie, naturalmente con caratteristiche sia sempreverdi che caduche; il giardino non presenta particolari disegni architettonici. Lungo le sue mura esterne più assolate trova il suo habitat naturale la Capparis Spinosa , della famiglia delle Capparidacee. Questo arbusto, dalla foglia e dai frutti carnosi, dai grandi fiori bianchi e rosati, da secoli radica spontaneamente nelle fessure. Quando, a fine maggio e per tutta l’estate, ha luogo la fioritura, breve ma dal profumo intenso, le gemme dei fiori, note col nome di capperi, vengono raccolte e messe a conservare sotto aceto da mani di esperti artigiani, secondo l’antica ricetta di “Pellegrino Artusi”. Fino ad alcuni decenni fa la raccolta dei capperi della Rocca veniva appaltata e costituiva una delle voci di entrata nel bilancio del comune.

Il monumento si presenta attualmente costituito dall’intreccio di due componenti: una parte emergente, corrispondente alle sovrapposizioni di epoca moderna, e una parte seminascosta, che rappresenta il residuo dell’antico organismo fortificato. Il fossato che cingeva il complesso è stato colmato a più riprese tra il XVIII e il XIX secolo. Il portone che chiude l’accesso è stato realizzato con il legno dell’antico ponte levatoio, e l’antica lamiera che lo ricopre riporta ancora segni di colpi di fucile, risalenti probabilmente al periodo di dominazione francese iniziato nel 1796 (i lughesi avevano opposto una dura resistenza e la città venne saccheggiata dopo la sconfitta dei rivoltosi). Da notare sopra l’ingresso lo stemma recentemente restaurato della prima Repubblica Italiana istituita da Napoleone nel 1802.  Al centro del cortile si trova una pregevole vera da pozzo con le insegne di Borso d’Este, e pertanto databile al XV secolo. Nel vasto locale al piano terra sul lato nord della Rocca, già sala delle artiglierie nel XV-XVI sec., a fine’800 furono collocate le Pescherie , dopo il rovinoso crollo dell’edificio in stile neogotico che in precedenza ospitava il commercio del pesce, costruito nel 1846 a ridosso della antica cortina muraria ad ovest. Attualmente ospita mostre di arti figurative e mostre documentarie. Sui muri esterni della Rocca sono da notare le numerose lapidi, testimonianza di avvenimenti storici significativi e spesso tragici: due in onore di Garibaldi a nord, sotto l'antico balcone, una riguardante la fine del potere temporale pontificio (1859) sul bastione sud/ovest, una lapide in ricordo delle famiglie ebraiche lughesi deportate, una dedicata ad alcuni patrioti lughesi del Risorgimento, una in onore di Giuseppe Compagnoni “inventore del tricolore”, una a ricordo della Liberazione dal nazifascismo vicino all’ingresso; infine una lapide ricorda il rogo decretato dall’Inquisizione per l’eretico luterano Relencini nel 1581. Altre lapidi dedicate alla Resistenza e alle vittime civili della guerra di liberazione sono nel cortile interno, mentre lungo le pareti dello scalone d’onore sono collocate le lapidi dedicate a patrioti risorgimentali e ai caduti lughesi nella grande guerra. Di particolare interesse e importanza è inoltre il Salone Estense , recentemente rinvenuto nell’area nord della Rocca. Verso il 1860 la Rocca divenne sede dell’Amministrazione Comunale. In precedenza erano stati progressivamente trasferiti in essa gli uffici e servizi che nei secoli precedenti si trovavano nell’antico palazzo del comune, demolito a fine ‘800, ubicato nell’area ora occupata dalla Banca di Romagna. Infine, ricordiamo che verso gli anni ’30 dell’800 era stato costruito il loggiato e soprastanti piani sul lato est della Rocca per ricavare uffici, in particolare quelli giudiziari e postali. La Rocca ospita interessanti sale di rappresentanza: Sala d'attesa, Sala Giunta, Saletta Rossini, Studio del Sindaco, Antisala Consigliare, Sala Consigliare e Salone Estense».

http://www.comune.lugo.ra.it/Citta-e-territorio/Arte-e-Cultura/Rocca-Estense/Cenni-Storici


MASSA LOMBARDA (palazzo Comunale, torre dell'Orologio)

Fal sito www.paginegialle.it/massalombarda   Dal sito www.comune.massalombarda.ra.it

«La piazza centrale del paese è piazza Matteotti, racchiusa entro le facciate di palazzi storici e dominata dalla Torre dell’Orologio. Cuore politico amministrativo e fulcro della città è il Palazzo Comunale. Nella seconda metà del ‘700 l’incarico di progettarne la ricostruzione fu affidato a Cosimo Morelli, che aveva già costruito con il padre altri edifici pubblici. Il prospetto del palazzo è costituito da un portico a cinque arcate su pilastri a bugnato lisci, ai lati dei quali sono addossate semicolonne doriche; le quattro finestre della facciata hanno semplici cornici coronate da classici timpani curvilinei. Nel braccio laterale della fabbrica, invece, le finestre sono di impronta ancora tardobarocca. La differenza stilistica tra questa parte e il prospetto principale rivela presumibilmente due diversi momenti dell’intervento morelliano: l’architetto avrebbe progettato il braccio laterale prima del ’59, anno in cui si recò per la prima volta a Roma, mentre la facciata sembra il frutto di influenze nuove, assorbite nel fervido clima della capitale. Anche l’interno serba alcuni spazi architettonici di un certo interesse, quali la sala consigliare e le scalinate. Dalla parte opposta della piazza si erge la Torre dell’Orologio, divenuta ormai simbolo architettonico della città, in quanto visibile da molti chilometri di distanza fuori dal centro abitato. Nel luglio del '57 veniva affidato a Morelli il compito di ricostruire la torre distrutta a causa di un incendio nel 1655. La torre si alza fino alla prima cornice con un nitido volume geometrico scandito da semplici riquadrature, nell'ultima delle quali è collocato l'orologio; i piani successivi ad angoli smussi e marcati da un cornicione, sono alleggeriti da arcate balaustrate. La torre nasce lineare, si arricchisce successivamente di un misurato movimento, culminante nel vibrante bordo mistilineo della cupoletta».

http://www.comune.massalombarda.ra.it/Citta-e-territorio/Cultura/Chiese-ed-Edifici-Storici/Il-Palazzo-Comunale-e-la-torre-dell-orologio


MONTE MAURO (ruderi del castello)

Dal sito www.venadelgesso.org   Dal sito www.venadelgesso.org

«Il Castello di Monte Mauro sorge in un punto alto e scosceso della Vena del Gesso, su un sito più antico di probabile origine bizantina, e fu edificato per motivi di ordine difensivo e per controllare la valle del Sintria. La prima attestazione storica risale al 953 d.C.; il castrum viene poi citato in un documento di enfiteusi del 1055 d.C. In tale epoca il castello era denominato Montismaioris, probabilmente per la sua collocazione. Nel XIII secolo il sito prende il nome di Mons Mauri. Il Castello fu aspramente conteso tra gli imolesi e i faentini e passò alla fine del secolo alla Santa Sede, ma il casato più legato alla sua storia è quello dei Manfredi di Faenza, che lo acquistarono nel 1309. Con i Manfredi il Castello visse la sua epoca d’oro per oltre un secolo, fino a che non attrasse le mire dei Visconti di Milano a cavallo dei secoli XIV e XV. Nel 1470 il Castello di Monte Mauro venne conquistato da Galeazzo Maria Sforza, padre di Caterina Sforza e nel 1500 dal Valentino Cesare Borgia, che secondo le cronache faentine ne distrusse gran parte. Tra il 1503 e il 1506 Monte Mauro e la stessa Faenza passarono in mano ai Veneziani, da cui poi i Vespignani di Brisighella acquistarono il Castello per salvarlo dalla rovina. Ma ormai la struttura era fortemente compromessa (come testimoniano alcune fonti del 1600) e a ciò si aggiunse l’occupazione di un gruppo di banditi, che richiese l’intervento armato del Legato di Romagna. Il castello rimase in possesso dei Vespignani sino al XVII secolo. Il declino di Monte Mauro si compie inesorabilmente nel 1835, quando crolla l’antica torre, ultimo baluardo del castello. Attualmente sono visibili i ruderi della cinta muraria poligonale, che poggia sul banco affiorante della Vena del Gesso, una torre, una cisterna e paramenti murari di ambienti a incerta destinazione».

http://www.52domeniche.it/ricerca_scheda.asp?sc_cod=44


ORIOLO DEI FICHI (torre)

Dal sito www.torredioriolo.it   Dal sito http://livingravenna.blogspot.it

«Oriolo fu una località importante già nell'Alto Medioevo. Nel 1057 il sito di Oriolo venne fortificato con un castello voluto dall'Arcivescovo di Ravenna. Alla Chiesa di Ravenna appartenne formalmente con discontinuità fino al 1474. Successivamente Carlo II Manfredi acquistò la rocca esistente e la ristrutturò, costruendo la possente torre esagonale "a doppio puntone", unica in Italia, che ancora oggi ammiriamo e che da allora è il simbolo di Oriolo. Conquistato e saccheggiato da Cesare Borgia, il castello venne restaurato dai Veneziani; nel 1509 la rocca, unitamente alla città di Faenza, divenne definitivo dominio dello Stato Pontificio perdendo importanza militare vera e propria. Fin dal XIV secolo al territorio di Oriolo fu riservata un'ampia autonomia amministrativa che garantì sicurezza e prosperità ai suoi abitanti. Il Comune di Oriolo continuò ad esistere anche sotto il governo pontificio ed ebbe i propri Statuti nel 1518. Il Consiglio del Castello, formato da dodici tra i maggiori possidenti residenti in zona, nominava alcuni pubblici ufficiali e gestiva i proventi delle imposte locali sui terreni, sotto la sorveglianza del castellano nominato dal Consiglio Generale di Faenza. L'acquisizione di vaste estensioni di terreno da parte del clero cittadino portò alla scomparsa quasi totale dei piccoli coltivatori locali, causando un generale impoverimento della località e la crisi del Comune di Oriolo, che fu soppresso nel 1689. Nel 1753 la Rocca, ormai in rovina, venne ceduta in enfiteusi a Sebastiano Orioli; nel 1771 passò a Vincenzo Caldesi. Infine nel 1983 attraverso un atto di donazione la Torre, con il parco circostante vasto un paio di ettari, è ritornata di proprietà del Comune di Faenza, ed è stata in parte restaurata».

http://www.torredioriolo.it/home.php?Lang=it&Item=storia


RAVENNA (mura, porte, torrioni)

Dal sito www.hotelsravenna.it   Dal sito http://idiprotrartorpidi.blogspot.it

«Della cinta muraria rimangono quasi tutte le porte costruite in epoche diverse e i resti di qualche torre. Ricordiamo di queste: Port'Aurea, come attestato da fonti documentarie, eretta nell'anno 43 d.C.; fu demolita sul finire del XVI secolo; Porta San Mamante, di origine medievale (X sec.), fu pesantemente rimaneggiata nel XVII sec.; Porta Sisi, o Sisina, o Ursicina; Porta Gaza, o dei Gazzi, prende il nome da una rocca merlata di origine medievale che quivi aveva fondazione; Porta Pamphilia, meglio nota come Porta Nuova; Port'Aurea nuova, meglio nota come Porta Adriana; Porta Anastasia, meglio nota come porta Serrata; Porta S. Lorenzo, inglobata in area residenziale presso i Giardini Pubblici; Porta Vandalaria, della quale se ne scorge l'arcone d'ingresso interrato presso i Giardini Pubblici; Porta Nuova "de i Veneziani", risalente alla costruzione della Rocca Brancaleone. Un tempo collegata alla Cittadella, è visibile difficoltosamente essendo stata cinta dalla cancellata di un'abitazione privata. "Il portonaccio", l'ultima costruita, di fronte a Porta Sisi, eretta dall'architetto Morigia nel 1785 a seguito dell'annessione del Borgo S. Rocco alla città; Torrione dei Preti, edificato nel XV secolo presso le Mura di Port'Aurea all'incrocio col tratto di mura de la Rocca dei Gazzi; Torrione Zancano, edificato nel sec XV presso le mura di Port'Aurea, ora basamento della chiesa di Santa Maria del Torrione; Torrione Veneziano delle Mura di S.Vitale, in stato di rovina presso il cortile d'una casa d'abitazione; Torre Sllustra (o Sallusta), d'origine Romana, la si crede parte di un'antica Porta del nucleo più antico della città. È ora inglobata nel complesso del Palazzo Arcivescovile. Resti della cinta muraria sono visibili partendo da Porta Gaza; proseguendo verso Port'Aurea si può arrivare fino alla Madonna del Torrione, torre demolita durante la seconda guerra mondiale sui cui resti è attualmente edificata l'omonima chiesa. Proseguendo lungo le mura è possibile seguire l'antico percorso dietro lo stabilimento Callegari (recentemente demolito) che continua fino a via Oberdan. La cinta muraria riprende a Porta Adriana e prosegue dietro alla basilica di San Vitale per qualche decina di metri per poi interrompersi. Altri resti sono ancora visibili più avanti percorrendo via Sabbionara fino al piazzale di Torre Umbratica, dove le mura si ricongiungono a Porta Serrata. Del tratto tra Porta Serrata e la Rocca Brancaleone rimane solo qualche pietra, visibile lungo via Rocca Brancaleone. Saltando la stazione FS, i resti visibili rimangono sul tratto lungo la linea ferroviaria che conduce a Rimini seguendo il viale dei giardini che giunge fino a Porta Nuova. Infine, partendo da Porta Sisi, rimane qualche resto verso Porta Nuova, mentre tra Porta Sisi, Porta San Mamante e Porta Gaza non si trovano più resti visibili».

http://it.wikipedia.org/wiki/Ravenna#Architettura_militare


RAVENNA (palazzo di Teodorico)

Dal sito http://proxy.racine.ra.it   Dal sito http://guide.travelitalia.com

«L'antico edificio in laterizio, conosciuto con il nome di “Cosiddetto Palazzo di Teodorico”, sorge vicinissimo alla chiesa di Sant'Apollinare Nuovo. Alcuni studiosi lo identificano come un corpo di guardia chiamato anticamente "Calchi", o anche "Sincreston", o Segreteria degli esarchi. Tuttavia, è più accreditata l’ipotesi che si tratti della facciata del nartece della chiesa altomedievale di San Salvatore, di cui si è rinvenuta qualche traccia nel corso degli scavi. Inquadrata da due lesene, la costruzione presenta un leggero aggetto mediano, nella parte inferiore del quale si apre un grande arco, mentre in quella superiore s'incurva a mo’ di balcone un'ampia nicchia. Le parti laterali dell’avancorpo sono animate in basso da due grandi bifore e in alto da due piccole logge cieche, sostenute ciascuna da tre colonnette che poggiano su una mensola di marmo. Nel portico e nella saletta al primo piano si conservano mosaici provenienti dal vero palazzo di Teodorico».

http://guide.travelitalia.com/it/guide/ravenna/palazzo-di-teodorico/


RAVENNA (rocca Brancaleone)

Dal sito www.aglio-olio.it   Dal sito www.ravennaedintorni.it

«Quando la Serenissima conquistò Ravenna, spodestando l'ultimo dei Da Polenta (1441), si preoccupò subito di costruire valide fortificazioni per ridare agli abitanti sicurezza e fiducia nel nuovo governo. In questo quadro, i Veneziani pensarono anche ad una fortezza. Iniziò così, nel 1457, la costruzione della possente Rocca Brancaleone, la cui struttura era parte integrante della cinta muraria di Ravenna. La costruzione fu completata nel 1470. L’edificio è costituito di due parti: la rocca in senso stretto e la cittadella. La prima è formata da un ampio quadrilatero di 2180 metri quadrati di superficie, con quattro imponenti torrioni circolari agli angoli, uniti da cortine murarie. La cittadella, invece, occupa un'area di 14.000 metri quadrati ed è circondata da mura, con porta fortificata, due torrioni circolari ai due angoli e due semicircolari lungo la cortina muraria. All’interno della costruzione è stato recentemente realizzato un bel parco - il cosiddetto Giardino della Rocca - che ospita alberi di grandi dimensioni: ad esempio, presso il torrione della Ghiacciaia cresce e fa bella mostra di sé una grande quercia abbarbicata alle mura».

http://guide.travelitalia.com/it/guide/ravenna/rocca-brancaleone/


Riolo Terme (rocca sforzesca)

a cura di Renzo Bassetti


RUSSI (castello)

Dal sito www.pavaglionelugo.net   Dal sito www.sistemamusei.ra.it

«Le origini dell'abitato di Russi e del suo castello vanno ricercate nell'antichità; il ritrovamento di due tombe ad inumazione databili tra fine VII e inizio VI secolo a.C. sotto il piano di calpestio della Villa Romana, costituisce la più antica testimonianza di genti non etrusche stanziate in Romagna a partire dal VII secolo a.C. Da ciò si può comprendere come già in quel periodo il territorio russiano fosse abitato e come da allora, con continuità nei secoli, sia sempre stato sede di insediamenti di discreta importanza a livello locale. Senza la comprensione di ciò sfuggirebbe il perché della scelta, ad opera dei Da Polenta signori di Ravenna, di edificare proprio in questa zona un fortilizio che ha rivestito un ruolo molto importante, tra Medioevo e Rinascimento, nelle lotte per la supremazia nel territorio romagnolo tra le città di Faenza e di Ravenna, ma non solo. Dall'analisi delle fonti, emerge come il villaggio di Russi sia sempre stato un agglomerato piuttosto importante nel territorio (come testimoniato dai termini vico e villa , presenti in alcuni documenti a descrizione dell'abitato russiano) in quanto è testimoniato a partire dal X secolo d.C. e con continuità; curioso e significativo è anche il fatto che il toponimo sia rimasto praticamente invariato nei secoli. La maggior parte dei documenti consultati per ricostruire la storia di Russi nei primi secoli del Medioevo provengono dall'Archivio Storico Arcivescovile di Ravenna; la chiesa ravennate infatti esercitò un controllo diretto sul territorio per molti secoli. Solo a partire dal XII secolo fece la sua comparsa sulla scena ravennate la famiglia Da Polenta che ben si inserì nei centri di potere ravennate. Nel tardo Duecento e per tutto il Trecento una buona politica espansionistica della famiglia ravennate portò ad una crescita delle fortune patrimoniali del casato in area urbana ma anche nel territorio circostante e Russi appare all'interno di un'area di addensamento di possessi della famiglia. Sicuramente Guido Da Polenta, nella seconda metà del XIV secolo, sentì il bisogno di fortificare i confini del territorio ravennate per difendersi dai Manfredi di Faenza, e la necessità fu resa più impellente dalla scomparsa dei castelli di Cortina, Raffanaria e dal generale peggioramento delle strutture difensive preesistenti. In seguito a ciò Guido Da Polenta decise di costruire il castrum Russi che fin dai primi anni dalla sua fondazione (i primi documenti che lo citano risalgono agli anni '60 del Trecento) fu oggetto di aspre contese tra ravennati e faentini, passando nel 1381 sotto il diretto controllo dei Manfredi con Astorgio I che lo governò fino agli inizi del XV secolo e poi ancora nel 1438 quando Astorgio II, nonostante i rapporti di parentela con i Da Polenta, si impadronì nuovamente di Russi.

Molto utile per completare il quadro storico relativo a Russi nel Basso Medioevo si è rivelata la documentazione relativa alla dominazione polentana e veneziana, conservata presso l'Archivio di Stato di Ravenna e la Biblioteca Classense. Così tra Quattrocento e Cinquecento il castello di Russi mantenne la sua primaria funzione di sentinella avanzata dei Manfredi di fronte al dominio dei Da Polenta, per poi passare nel 1503 sotto il dominio della Repubblica di Venezia; solo quest'ultima concesse qualche sporadico momento di tranquillità al territorio russiano ma la riconquista del territorio da parte dello Stato della Chiesa nel 1509 portò Russi nuovamente nella giurisdizione faentina. Anche il passaggio delle truppe franco-ferraresi guidate del celebre Gastone de Foix lasciò un segno indelebile nella storia di Russi: nell'aprile 1512, prima di attaccare Ravenna, il condottiero decise di assicurarsi il territorio a nord della città impadronendosi anche del castello di Russi e abbandonandosi ad inaudite crudeltà. Pochi anni dopo, nel 1527, il territorio russiano fu sottoposto a nuovi saccheggi da parte dei Lanzichenecchi in marcia verso Roma. Per tutto il Seicento e buona parte del Settecento il castrum Russi fu soggetto a riesaminazioni e riparazioni del sistema difensivo e ad ampliamenti e modifiche dell'impianto urbano; crolli naturali e demolizioni delle mura della rocca continuarono per tutto il Settecento quando ebbe inizio anche la costruzione di case sui fossati e quindi l'ampliamento dell'abitato. Così, lentamente, il castrum Russi, come tanti altri luoghi fortificati, venne a perdere quella che era la sua primaria funzione di rocca eretta a controllo e difesa del territorio contro le offese di nemici vicini e lontani e così iniziò la trasformazione del volto di Russi».

http://www.comune.russi.ra.it/La-Citta/Russi-e-la-sua-storia/Presentazione2/Storia


RUSSI (palazzo San Giacomo)

Dal sito www.italia-eventi.com   Dal sito www.ravenna24ore.it

«Il Palazzo di San Giacomo sorge nel territorio di Russi in prossimità dell'argine destro del fiume Lamone a circa due chilometri dal centro abitato ed è attualmente di proprietà comunale. Le prime notizie sul palazzo sono piuttosto frammentarie: da una pergamena del Monastero dei Canonici di Porto del 1121 si desume che in quell'anno esisteva nella località una chiesa dedicata a S. Giacomo, mentre la prima notizia del castello è in un documento del 28 ottobre 1155. Il 15 maggio 1156 il vescovo Ramberto concede quel luogo ai canonici regolari di S. Maria in Porto i quali nei sec. XV e XVI vi ebbero un piccolo monastero. L'antico nome di Raffanara contraddistingueva la località in riferimento ad un castello andato distrutto nelle lotte tra faentini e ravennati. La tenuta di Raffanara viene acquistata dal Conte Guido Carlo Rasponi, fratello del futuro Cardinale Cesare, nel 1664. Inizia così l'ampliamento dell'antico corpo di fabbrica che porterà alla costruzione del Palazzo di S. Giacomo, residenza di villeggiatura estiva della nobile famiglia ravennate. La facciata dell'edificio, comprese le due torri laterali, misura m. 84,50 di lunghezza, nel piano centrale i piani sono tre, cinque nelle torri laterali: una tipologia architettonica che ricorda molto da vicino il palazzo dei Farnese a Colorno ed il palazzo ducale degli estensi a Modena. Si può presumere, dai documenti d'archivio, che l'architetto del palazzo sia stato lo stesso conte Guido Carlo. Il portone centrale è contornato di pietra d'Istria, sovrastato da quattro mensole che sostengono il balcone con ringhiera panciuta di ferro, mentre la porta del balcone è adorna di due colonne ioniche di marmo e di due lesene. Sopra l'arco si trova lo stemma dei Rasponi con due zampe di leone incrociate e sormontate dalla testa del moretto bendato e dalla corona. La decorazione degli interni costituisce, nonostante le menomazioni subite, forse il più vasto ciclo pittorico che ci sia giunto in Romagna fra Sei e Settecento, almeno sul fronte della decorazione privata e gentilizia. L'intero piano nobile si presenta ancora oggi affrescato, mentre poco resta delle antiche caminiere a stucco, a parte i fronti rocaille. Le decorazioni pittoriche si susseguono negli anni fra la fine del Seicento e la prima metà del Settecento. La galleria dei Rasponi (il progetto è attestato già nel 1688) porta le firme di Filippo Pasquali, della bottega di Carlo Cignani, e di Cesare Pronti. Alla morte di Guido Carlo, il figlio Filippo continua i lavori di costruzione e decorazione del piano nobile fra il 1696 ed il 1698. La tenuta di Raffanara viene acquistata dal Conte Guido Carlo Rasponi, fratello del futuro Cardinale Cesare, nel 1664. Inizia così l'ampliamento dell'antico corpo di fabbrica che porterà alla costruzione del Palazzo di S. Giacomo, residenza di villeggiatura estiva della nobile famiglia ravennate. ... Molti elementi architettonici del palazzo sono andati distrutti dopo rilevanti demolizioni avvenute all'inizio del XX secolo. La proprietà del palazzo passa nel 1947 al Seminario di Faenza e nel 1975 al Comune di Russi. Lavori di consolidamento antisismico e di messa in sicurezza sono stati realizzati fra la fine del secolo scorso ed i primi anni duemila grazie a finanziamenti europei, statali, regionali, comunali e da parte di privati, fra i quali vanno ricordati la Fondazione Banca del Monte di Bologna e Ravenna, per il restauro di alcuni affreschi, e la Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna che ha sostenuto il restauro del tetto e della lanterna della Chiesa di San Giacomo».

http://www.comune.russi.ra.it/La-Citta/Musei-e-monumenti/Monumenti/Palazzo-San-Giacomo


SAN SEVERO (castello di Cunio [non più esistente])

Il castello di Cunio nella "Storia di Lugo ed Annessi Libri Tre", di Girolamo Bonoli, Faenza 1732   Le condizioni del fiume Senio, oggi, nella zona di San Severo, dal sito www.equilibriosostenibile.it

«La località di San Severo sorge sulla destra del fiume Senio, in piena campagna a sud-ovest di Cotignola. Nei primi secoli dopo il Mille il territorio dipendeva dalla giurisdizione parrocchiale della chiesa di S. Maria di Cunio, ricordata anche in un documento del 1257 con il nome di S. Severo di Cunio. Da segnalare la chiesa omonima ricostruita nel dopoguerra. Nell'attuale territorio di San Severo esisteva il castello dei Conti di Cunio con a fianco la chiesina di Santa Maria. Il luogo esatto dove sorgeva il castello è stato identificato nei pressi del ponte sul Senio, alla chiusa, su un fondo all'inizio di via Ponticella. San Severo entrò a far parte del territorio di Cotignola a metà del tredicesimo secolo, quando Federico II donò il "Serraglio" e Granarolo a Raniero conte di Cunio, come ricompensa per gli aiuti ricevuti nella conquista di Faenza, nel 1241».

«Il Castello di Cunio è un castello fondato attorno al VIII secolo sulle rive del fiume Senio a 3-4 km a est di Barbiano di Cotignola. Le prime notizie su di esso ci giungono all'incirca dall'anno 1000, anche se il nome di chi l'ha costruito è tuttora ignoto (probabilmente un antico signore imolese). Fu raso al suolo dapprima nel 1147 e poi nel 1257, ma fu sempre ricostruito. I ghibellini di Faenza e Bologna lo distrussero definitivamente nell'anno 1296. Al giorno d'oggi del castello non vi è più traccia. I conti di Cunio si trasferirono poi a Barbiano, dove resistettero fino al 1409, anno di distruzione del castello barbianese. Proprio a Barbiano è dedicata loro una via adiacente alla piazza. Nella letteratura. I conti di Cunio sono citati nella Divina Commedia, nel Canto XIV del Purgatorio, nella cornice degli invidiosi».

http://www.romagnadeste.it/it/i28-cotignola-san-severo.htm - http://it.wikipedia.org/wiki/Cunio


SANT'AGATA SUL SANTERNO (palazzo Comunale)

Dal sito www.comune.santagatasulsanterno.ra.it   Dal sito www.pdravenna.it

«Incerta l’epoca di costruzione; si presume che sia dello stesso secolo del Castello del quale faceva parte come appare dal catasto napoleonico del 1800; i muri obliqui, a "scarpata" nella base ne sono una prova. è sempre stato usato come edificio pubblico».

http://www.comune.santagatasulsanterno.ra.it/Citta-e-territorio/Cultura/Palazzo-Comunale


SANT'AGATA SUL SANTERNO (torre Civica o dell'Orologio)

Dal sito www.comune.santagatasulsanterno.ra.it   Dal sito www.comune.santagatasulsanterno.ra.it

«La Torre dell'orologio fu ricostruita sull'antica porta d'accesso al Castello medievale che appare anche sullo stemma del Comune e sorse nei primi secoli dopo il 1000. Fonti autorevoli ne attribuiscono l'edificazione al Barbarossa. La costruzione era cinta da solide mura che formavano un quadrilatero circondato da un grande fossato detto "La Fossa". Dall'antico castello non rimase che un torrione, ma pare ve ne fossero due, trasformato, poi, nella torre dell'orologio, con ampio arco, "La Porta" come viene comunemente chiamato, che immette nel piazzale della Chiesa arcipretale costruita più volte nel recinto del castello. I più recenti lavori di restauro alla Torre, su progetto dell'architetto P. Mazzotti, furono eseguiti nel 1990. La campana dell'orologio detta "della ragione" fin dai tempi remoti, certamente già nel 1487, come appare dagli antichi "Statuti", serviva per chiamare a raccolta i cittadini che governavano il paese e si è mantenuta fino ai tempi nostri».

http://www.comune.santagatasulsanterno.ra.it/Citta-e-territorio/Cultura/Torre-civica


SOLAROLO (maschio della rocca, mura, porta del castello)

Dal sito www.comune.solarolo.ra.it   Dal sito www.prolocosolarolo.it

«Maschio della Rocca. Rudere della Torre minata dal Tedeschi nel 1945, in cui persero la vita decine di solarolesi. La Rocca, completata intorno alla metà del XV secolo, si estendeva tra le attuali Piazza Garibaldi e Via Montale - fu quasi totalmente smantellata nei primi anni del '700 - fondamenta e materiali origiriari giacciono ancora nel Parco della proprietà Orlati.
Mura del Castello. Realizzate in laterizio nella seconda metà del '400 per volere dei Manfredi di Faenza, ricalcano in parte il precedente steccato risalente al secolo precedente. Pur considerando i numerosi rimaneggiamenti e restauri, le mura conservano la struttura originaria, con scarpa, cordolo ed archi di rinforzo alla base. La cinta murale è stata smantellata completamente solo nel lato Nord.
Porta del Castello. Ricostruita nel Dopoguerra sul modello originario (secolo XV). Fu detta "Porta Vecchia" o "di Ponente" dopo l'apertura di un'altra sul versante Est, nel XVI secolo, fu anche sede del Monte di Pietà. Nella seconda metà del XIX secolo fu abbattuta e sostituita da ingresso con due torrette. Conserva stemma originario cinquecentesco della casata Este - Gonzaga».

http://www.comune.solarolo.ra.it/La-Citta/Turismo-e-Ospitalita... - Mura-del-CastelloPorta-del-Castello


TRAVERSARA (torre)

Dal sito http://torreditraversara.weebly.com   Dal sito www.traversarainfiore.it

«La Torre sorge nelle vicinanze di Traversara, ai piedi dell’argine sinistro del fiume Lamone. L’insediamento originale dell’abitato è di epoca romana, come documentato dal ritrovamento di monete imperiali sul suo suolo, benché modificato rispetto ad allora da numerose esondazioni e cambiamenti di percorso del fiume. È da notare che ancora nel XIII secolo il fiume era molto più vicino a Bagnacavallo di oggi e Traversara si trovava dalla parte di Ravenna. Ma di quel tempo non c’è altra memoria. Le origini della torre sono poco documentate. Secondo alcuni la potente famiglia dei Traversari, fra le più eminenti in Ravenna assieme ai Da Polenta, avrebbe dato il nome al Castello dei Traversari, forse edificato da Teodoro I, prefetto di Ravenna sotto Odoacre, già nel 495 ed uno dei più antichi della Romagna, situato al di là del fiume Lamone ( o Amone, o di Raffanara) in vicinanza del Castello di Raffanara che presidiava prima il guado e quindi il ponte sul Lamone. Per altri la fondazione potrebbe risalire attorno al 1100 nel periodo dei frequenti scontri fra Ravenna e Faenza. Nel 1171 i conti di Bagnacavallo, con alleati imolesi e bolognesi, pongono l'assedio a Faenza. I faentini tuttavia riescono a rompere l'assedio. Nel 1205 essi poi distruggono dalla fondamenta la rocca di Bagnacavallo, ne ardono le case e catturano 700 prigionieri, fra cui il conte di Cunio - castello nelle vicinanze di Cotignola e del Senio - Ugolino, nonché la madre e il fratello di Malvicino il Grande, signore di Bagnacavallo, temutissimo dai ravennati. All’impresa collaborarono dal loro castello di Traversara, con quattrocento cavalieri, i Traversari, allora signori di Ravenna. Nel 1281 Giovanni d'Appia tentò l'assalto al castello, ma quando da questo ne uscì Guglielmo Traversari con i suoi armati, il d'Appia fu costretto a fuggire e dirigersi altrove. La zona è teatro degli scontri fra Guelfi e Ghibellini fino alla fine del XIII secolo. Nel 1303 il Conte Pietro, Legato di Romagna inviato da Bonifacio VIII, considerando ingiusto l'ordine del Conte di Romena, ghibellino e Podestà di Bagnacavallo, di trasportare tutte le biade e le granaglie a Ravenna – il senato aveva invece accordato al conte Bernardino da Cunio la facoltà di portare nei castelli sotto la sua giurisdizione le biade raccolte nelle sue proprietà che si trovavano nel ravennate - le fa invece ammassare nel castello dando l'impressione di volersi preparare alla difesa. Mentre le biade vengono caricate e inviate a Ravenna, su ordine del senato il castello viene incendiato dai ravennati e distrutto dalle fondamenta. I Traversari si rifugiano parte a Venezia e parte a Portico di Romagna sull'Appennino Tosco-Romagnolo dove nel 1386 nasce Ambrogio Traversari, detto Ambrogio Camaldolese, una delle figure più illustri della famiglia Traversari. I discendenti del ramo porticese, per sostentarsi, esercitano il mestiere di fabbro-ferraio e prendono il nome di Fabbri.

Durante i lavori di restauro è stato ritrovato un mattone di cm. 55x31x9, proveniente dall'arco di una porta distrutta, su cui è inciso "1371"; potrebbe essere questo l'anno di fondazione o di rifondazione del castello e sarebbe congruente con le linee generali dell'edificio che ha le caratteristiche architettoniche di quel periodo. La documentazione più antica della torre è costituita da due mappe del 1717 e del 1736, conservate nel Museo di Russi, che riproducono un tratto del fiume Lamone indicato come “Bòtta Hercolani”, fra i comuni di Russi e Bagnacavallo, realizzate per documentare i lavori di una palizzata per rinforzare gli argini. La Torre è appartenuta ai Conti Hercolani fino al milleottocento, quindi ai Conti Vitelloni di Bagnacavallo che a fine secolo la cedettero all'Ing. Leonardo Rambelli, Magistrato alle Acque di Venezia. Da questi essa passò al pittore Giuseppe Rambelli, allievo del Fattori, che vi ha creato molte delle sue opere. Negli anni ’50 ha soggiornato alla Torre anche il pittore Mattia Moreni. L'edificio oggi è ridotto alla originale pianta rettangolare di m. 16.25x9.00 ma era stato nei secoli adattato a civile abitazione con l'aggiunta di una estesa ala di due soli piani, come si rileva da una delle due mappe di cui sopra. Durante l'ultima guerra la Torre fu colpita da 127 granate d'artiglieria e subì gravi danni: l'ala bassa fu quasi completamente distrutta, mentre la torre vera e propria rimase eretta ma sventrata sullo spigolo est. Sopra la cavità rimase sospesa una grande massa instabile che rischiava di precipitare e non permetteva di fare opere di consolidamento lavorando in condizioni di sicurezza, per cui fu deciso di demolire i barbacani e abbassare la falda del tetto Purtroppo durante l'intervento di risanamento terminato nel 1999 non è stato possibile riportare la copertura alla forma e al livello originari in quanto la Soprintendenza ai Beni Storici di Ravenna ha ritenuto che la Torre sia divenuta un segno caratteristico del territorio e debba rimanere nella forma attuale a testimonianza degli eventi bellici subiti».

http://torreditraversara.weebly.com/storia.html


VEDRETO (resti del castello)

Ruderi di abitazione, dal sito www.venadelgesso.org   Ruderi di abitazione, dal sito www.venadelgesso.org

«A proposito del Castello di Vedreto scrive Giovanni Cavina (Antichi Fortilizi di Romagna, 1964): ...apparteneva nel secolo XIV ai Manfredi, nel 1329, per vendita da Francesco Manfredi passava ai figli di lui Riccardo e Malatestino. Insieme con i Castelli di Monte Maggiore e di Cavina, che il Manfredi aveva ricuperato dai Conti di Montefeltro e ai quali "aggiunse i Castelli di Baccagnano, di Cerone, di Rontana, di Podiale, di Vedreto, della Collina di Pozzo, col Castello di Gattara e col distretto: della Zattaglia, dove a que' dì tenevasi mercato" (Metelli, I, 221). Nel 1360 Vedreto pagava le imposte a Imola al pari di Stifonti, Santo Andrea, Pozzo, Lozzano e Valdifusa (Metelli, I, 261). Dopo il 1371 seguì le stesse sorti di Monte Mauro; dal Contado d'Imola passò sotto Brisighella e Val di Lamone (Gaddoni). Ancora oggi questa località è compresa nel Comune di Brisighella. Nel luogo dove secondo la tradizione esisteva l'antico Castello, attualmente vi è una casa colonica denominata Ca' Vedreto di Sopra, in cui alcune mura diroccate di antica costruzione e di solida struttura fanno pensare ai resti di una fortificazione. Ca' Vedreto è posta sulla sinistra del Sintria alle falde di Monte Maggiore. Da Brisighella vi si arriva per la via delle Calbane (km. 7 circa). Si scende nella valle del Sintria e si attraversa il torrente omonimo in località La Fornace, donde per un sentiero si sale a Ca' Vedreto, da cui si domina tutta la vallata fino alla Zattaglia. ...».

http://www.venadelgesso.org/caseborghi/case/case3/vedreto/vedreto.htm


VILLA VEZZANO (torre del Marino)

Dal sito www.appenninoromagnolo.it   Dal sito www.appenninoromagnolo.it

«Nei pressi di Villa Vezzano. Usciti dal paese procedendo verso valle, dopo poche centinaia di metri deviazione poco visibile sulla sinistra con indicazioni "agriturismo Torre del Marino". Alcuni chilometri su stretta strada asfaltata in zona calanchiva e, ad un passetto, si staglia all'orizzonte la torre. Costruita nel 1460 dalla famiglia Naldi, dal 1794 di proprietà di Antonio Marino dal quale eredita il nome. Edificata a scopi difensivi è a pianta quadrata, alta 16 metri, apparato di difesa con beccatelli, caditoie e feritoie su tutti i lati. Accanto alla torre l'omonimo agriturismo».

http://www.appenninoromagnolo.it/comuni/brisighella_escursioni.asp


        

 

 

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